In questo numero

editoriale





Diseguaglianze di trattamento nei pazienti con scompenso cardiaco

Le attuali possibilità terapeutiche hanno consentito di migliorare significativamente la prognosi dei pazienti con scompenso cardiaco e l’impegno del cardiologo è oggi quello di implementare nella pratica clinica l’utilizzo dei farmaci che hanno dimostrato un beneficio prognostico. Mentre disponiamo di ampie informazioni riguardo il trattamento e l’outcome dei pazienti con scompenso nella realtà del mondo industrializzato, scarse sono le informazioni a livello globale e in particolare nei paesi a reddito medio-basso. Questa lacuna conoscitiva è stata colmata dallo studio G-CHF recentemente pubblicato nella rivista JAMA. In questo numero del Giornale Alberto Aimo e Aldo Maggioni ci offrono una sintesi e un commento di questo studio probabilmente non conosciuto da molti cardiologi. Lo studio G-CHF fornisce dettagliate informazioni relative al trattamento e all’oucome di pazienti con scompenso cardiaco, che non sono quelli dei trial, reclutati in 40 paesi dei quali 9 a reddito medio-basso e 4 a reddito basso. Le disparità di trattamento sono eclatanti per quanto riguarda l’utilizzo di beta-bloccanti, inibitori del sistema renina-angiotensina e antialdosteronici. Ancora più eclatante è la variazione percentuale dei pazienti con defibrillatore che va dal 30.3% allo 0.3%. La mortalità a 30 giorni dopo prima ospedalizzazione è 5 volte più alta nei paesi a basso reddito. Il registro G-CHF dimostra chiaramente l’impatto del contesto socio-economico sulle possibilità di accesso ai trattamenti e sulla prognosi. Le malattie cardiovascolari stanno diventando la prima causa di morte anche nei paesi poveri e in un mondo sempre più globalizzato vanno intraprese iniziative per assicurare l’equità delle cure a livello globale. •

rassegne





La terapia ipolipemizzante:
“unmet needs” e strategie gestionali

Partendo dal ruolo chiave dell’ipercolesterolemia nella patogenesi delle lesioni aterosclerotiche la rassegna di Marcello Arca et al. mette in evidenza i bisogni insoddisfatti in termini di target terapeutici e discute le possibili strategie per superarli. La rassegna inizia con una panoramica su epidemiologia e fisiopatologia della malattia aterosclerotica per poi analizzare le opzioni terapeutiche attualmente disponibili per il controllo dell’ipercolesterolemia con un focus sulle terapie di più recente introduzione nella pratica clinica. Inoltre, viene posta l’attenzione sull’aderenza terapeutica come uno dei fattori chiave per il raggiungimento dei target raccomandati. Il lavoro identifica in fiducia, potenza e precocità i tre pilastri su cui si dovrebbe fondare la scelta della terapia ipolipemizzante. Nella disamina delle barriere al raggiungimento dei target viene discusso il ruolo di un’appropriata comunicazione medico-paziente e delle limitazioni prescrittive imposte dalle normative dettate dalle autorità regolatorie nazionali. Gli autori propongono anche un algoritmo per l’identificazione e la gestione dell’ipercolesterolemia familiare sia in età pediatrica che negli adulti. •





Terapia ormonale nel tumore della prostata… attenzione al paziente e non solo all’organo

Le malattie cardiovascolari ed i tumori rappresentano le principali cause di morte e disabilità. È ormai accertato che le due condizioni condividono spesso gli stessi fattori eziologici e meccanismi fisiopatologici e che esiste una relazione bidirezionale resa ormai sempre più evidente dall’invecchiamento della popolazione generale e dal miglioramento della sopravvivenza dei pazienti per effetto dei progressi nei trattamenti sia cardiologici che oncologici. Da oltre 10 anni è nata ed è stata sviluppata una nuova sotto-specializzazione cardiologica, la Cardioncologia, che mira a curare al meglio il cancro cercando di minimizzare i potenziali danni cardiaci legati ai trattamenti oncologici. In questa rassegna Luigi Tarantini e al. analizzano gli effetti cardiovascolari della terapia antiandrogena utilizzata nel tumore della prostata che garantisce ai maschi affetti un significativo aumento della sopravvivenza esponendoli tuttavia ad un rischio più elevato di contrarre malattie cardiovascolari che sono da considerare le cause maggiori di mortalità e comorbilità competitiva. Questo si verifica da un lato per la fascia di età mediamente elevata dei pazienti in cui vi è un’elevata prevalenza ed incidenza di malattie cardiovascolari e dall’altro per il tipo e la durata delle terapie ormonali sempre più efficaci nei confronti della neoplasia ma nel contempo sempre più aggressive nei confronti del rischio cardiovascolare. Questi concetti che sono alla base della nuova sotto-specializzazione cardiologica della Cardioncologia fanno di nuovo prendere coscienza del fatto che la mission del medico, qualsiasi sia la sua specialità e sotto-specialità, rimane quella di curare il paziente e non la malattia. •





Se il cuore muscoloso è pericoloso, sappiamo come controllarlo!

A volte un cuore troppo muscoloso è causato da una cardiomiopatia ipertrofica, la più frequente fra le cardiomiopatie genetiche, la cui storia naturale è spesso gravata da importati complicanze – aritmie, scompenso, morte improvvisa – in parte condizionate dall’ostruzione al tratto di efflusso del ventricolo sinistro. Nella genesi di questa ostruzione sicuramente l’ipertrofia settale gioca un ruolo molto importante. In passato diverse terapie farmacologiche e non hanno cercato di limitarne gli effetti, ma con scarsa efficacia. In questa rassegna Alessia Argirò et al., forti della grande esperienza del gruppo del Careggi, rivalutano le opzioni terapeutiche disponibili e analizzano le nuove opportunità offerte dagli inibitori della miosina. Questi farmaci nei primi studi clinici hanno riportato ottimi risultati tali da far sperare che un cuore troppo muscoloso possa essere reso meno pericoloso (o fastidioso). •





La febbre in UTIC

Un evento non raro nel corso della degenza in terapia intensiva è la comparsa di febbre. Si tratta di una condizione che richiede un appropriato inquadramento diagnostico e conseguente mirata gestione terapeutica al fine di limitarne l’impatto prognostico sfavorevole. Nicola Gasparetto et al. nel discutere dell’inquadramento diagnostico sottolineano l’importanza di una corretta misurazione della temperatura corporea, per poi esaminare le possibili cause di febbre in UTIC in aggiunta alle infezioni. Nell’inquadramento diagnostico, al fine di identificare la localizzazione dell’infezione viene posta l’attenzione sull’anamnesi e l’esame obiettivo. Le indagini diagnostiche per la definizione dell’agente patogeno e l’identificazione della sede di infezione vengono distinte in indagini di primo, secondo e terzo livello. La rassegna include anche alcune flow-chart di ausilio per orientarsi nella gestione diagnostico-terapeutica. Nel paragrafo dedicato alla terapia antibiotica vengono esaminati gli aspetti chiave da prendere in considerazione per una terapia empirica ragionata e i principi alla base di una terapia antibiotica mirata. Infine, viene fatto un cenno al supporto d’organo e nutrizionale che devono essere sempre garantiti nel corso del trattamento dell’infezione. •





Pacing temporaneo: quando e come

Nonostante le ultime linee guida abbiano ridimensionato le indicazioni al posizionamento di un pacemaker temporaneo, questa rimane una procedura salvavita cui è necessario ricorrere in casi particolari. La rassegna di Raimondo Calvanese et al. esamina le attuali indicazioni all’impiego di questa strategia terapeutica discutendo delle bradiaritmie emodinamicamente instabili e del pacing post-valvuloplastica aortica e posizionamento percutaneo di protesi valvolare aortica. In una tabella sono riportati i farmaci utilizzati in acuto nelle bradiaritmie, descritto il relativo meccanismo d’azione e indicato il dosaggio raccomandato. Una particolare attenzione viene posta alle diverse tecniche di stimolazione temporanea attualmente disponibili, dal pacing transcutaneo al pacing transvenoso, con un cenno anche alla stimolazione epicardica e transesofagea. Inoltre, viene discussa la modalità con cui programmare il dispositivo per ottenere una stimolazione efficace e limitarne i possibili rischi. Altro aspetto che viene esaminato è la gestione di eventuali problemi nel funzionamento del dispositivo quali oversensing e undersensing, la mancata stimolazione o cattura. Infine, vengono passate in rassegna le possibili complicanze associate alla procedura con suggerimenti pratici per la loro gestione. •





Cosa concludere quando i risultati di uno studio sono “neutri” o “negativi”?

Talvolta un trial clinico controllato e randomizzato viene pianificato (“disegnato”) per dimostrare la superiorità di qualcosa (una terapia, una strategia diagnostica, ecc.) rispetto a qualcos’altro di controllo, ma alla fine non riesce a dimostrarla. Ossia, il valore di p è >0.05, sinonimo del fatto che le differenze ottenute tra i due gruppi a confronto potrebbero essere dovute al caso. Si parla spesso, in questi casi, di trial “neutro” o “negativo”. Alberto Aimo et al. prendono in esame con estrema accuratezza le possibili cause che possono portare ad un trial neutro o negativo. Spesso si tratta di errori nel calcolo del numero di pazienti da arruolare (pianificazione del campione), nella definizione dei criteri di inclusione e di esclusione, degli endpoint e della gestione del paziente nel follow-up. In questa importante rassegna, gli autori analizzano anche le possibili soluzioni per studi futuri, allo scopo (ovvio) di non ripetere o almeno di limitare gli errori. •

casi clinici





A proposito di zanzare tanto odiose e detestate…

L’infezione da West Nile virus è generalmente paucisintomatica, ma in una minoranza di casi possono insorgere sintomi neurologici gravi secondari ad encefaliti, che possono divenire letali. Il virus viene trasmesso all’uomo da particolari tipi di zanzare e attraverso il passaggio diretto della barriera emato-encefalica si verificano le complicanze neurologiche. Tra le complicanze meno frequenti del West Nile virus rientra la miocardite. Andrea Laurito et al. illustrano il caso di un’anziana signora con encefalite da West Nile virus e sospetta sindrome coronarica acuta. La discrepanza tra la sede delle alterazioni ischemiche all’ECG e all’ecocardiogramma e la sede della malattia coronarica, ha portato all’esecuzione della risonanza magnetica cardiaca, che sorprendentemente ha rivelato edema e late gadolinium enhancement indicativi di infiammazione miocardica acuta. È stata quindi posta diagnosi di miocardite da West Nile virus. •





Una cardiopatia congenita diagnosticata in tarda età... non è mai troppo tardi!

I difetti del setto interatriale rappresentano la più frequente cardiopatia congenita diagnosticata in età adulta, spesso asintomatica o paucisintomatica con sintomi aspecifici quali ridotta tolleranza allo sforzo. Tra questi i difetti del seno venoso sono piuttosto rari. Michele Pagliaccia et al. descrivono il caso di un’ottantenne con difetto interatriale tipo seno venoso superiore emodinamicamente significativo mai diagnosticato, giunto all’osservazione per dispnea persistente ed ipossia dopo infezione da COVID-19. L’anomalia congenita è stata studiata con l’ecocardiogramma transesofageo, che permette di visualizzare anche eventuali ulteriori anomalie associate come il ritorno venoso polmonare anomalo, nonostante la risonanza magnetica rappresenti il “gold standard” per la diagnosi. •

position paper





La cura del paziente diabetico ad elevato rischio cardiovascolare in Cardiologia Riabilitativa e Preventiva

I pazienti diabetici necessitano un’attenzione particolare da parte del cardiologo. Sia che siano già affetti da patologie cardiovascolari definite e sia che rientrino in una valutazione del noto, elevato rischio cardiovascolare insito nella malattia diabetica. La gestione di queste popolazioni, in costante progressiva crescita epidemiologica, non è semplice anche per la presenza di ulteriori comorbilità. La Cardiologia Preventiva e Riabilitativa rappresenta il contesto ideale per la presa in carico del paziente diabetico. Nell’accurato documento dell’ITACARE-P coordinato da Marco Ambrosetti vengano infatti evidenziati gli obiettivi, gli elementi generali e specifici da adottare di fronte al paziente diabetico ad elevato rischio cardiovascolare. In particolare emerge la necessità di una gestione multiparametrica che prenda in considerazione non soltanto il quadro cardio-metabolico e i nuovi algoritmi terapeutici, ma consideri in dettaglio gli aspetti nutrizionali, psico-sociali, di training fisico ed organizzativi del singolo paziente, cardini di un adeguato programma cardio-riabilitativo e preventivo. •

registri





Dati 2022 dal Registro Italiano Pacemaker e Defibrillatori

In questo numero del Giornale come di consuetudine vengono pubblicati i dati del Bollettino periodico del Registro Italiano Pacemaker e Defibrillatori relativo all’anno 2022 a cura di Alessandro Proclemer et al. per conto dell’Associazione Italiana di Aritmologia e Cardiostimolazione (AIAC). Dal Registro Pacemaker, che ha incluso 152 centri con il 35% dell’attività impiantistica in Italia per complessivi 13 944 primi impianti, emerge una stabilità rispetto agli anni precedenti per quanto riguarda le indicazioni all’impianto ed una prevalenza della modalità di stimolazione DDDR insieme ad un basso tasso di impianto di pacemaker biventricolari. Il Registro Defibrillatori ha coinvolto 301 centri per complessivi 5210 primi impianti con una diminuzione degli impianti eseguiti in prevenzione primaria (72%) rispetto al 2021 (83%) e con un utilizzo ampio di defibrillatori biventricolari. Il registro annuale dell’AIAC, pur con i limiti di includere solo una parte dei laboratori di elettrostimolazione italiani e dell’attività complessiva, riveste un ruolo importante per monitorare l’attività aritmologica nazionale e verificare l’aderenza alle linee guida nella pratica clinica. La raccolta periodica dei dati nazionali nel registro consente inoltre un confronto con altri importanti registri europei e consente ai singoli centri un confronto della propria esperienza con quella nazionale. Sarebbe auspicabile che questo registro fondato circa 40 anni fa potesse avere una sua continuità superando le difficoltà economiche e organizzative del momento. La rilevazione periodica dei dati di attività è fondamentale per migliorare la qualità degli interventi. •

imaging integrato
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Rilevanza clinica e prognostica dell’imaging integrato nella cardiomiopatia ipertrofica

Partendo dal sospetto clinico e dall’ECG, vengono utilizzate in modo sequenziale diverse metodiche di imaging cardiovascolare, evidenziando per ciascuna di esse i pro, i contro e il valore aggiunto nello specifico caso clinico, fino a giungere alla diagnosi corretta e al trattamento più appropriato. •