Documento di consenso della Società Italiana di Cardiologia Interventistica (GISE) e della Società Italiana dell’Ipertensione arteriosa (SIIA) sul ruolo della denervazione renale nella gestione dell’ipertensione arteriosa difficile da trattare

Eugenio Stabile1, Maria Lorenza Muiesan2, Flavio Luciano Ribichini3, Giuseppe Sangiorgi4, Stefano Taddei5, Francesco Versaci6, Bruno Villari7, Alessandra Bacca5, Daniela Benedetto4, Vincenzo Fioretti1,8, Gaetano Liccardo9, Eugenio Laurenzano7, Massimiliano Scappaticci6, Francesco Saia10, Giuseppe Tarantini11, Guido Grassi12, Giovanni Esposito8

1Divisione di Cardiologia, Dipartimento Cardiovascolare, Azienda Ospedaliera Regionale “San Carlo”, Potenza

2Dipartimento di Scienze Cliniche e Sperimentali, Università degli Studi, Brescia

3Divisione di Medicina Cardiovascolare, Dipartimento di Medicina, Università degli Studi, Verona

4Divisione di Cardiologia, Università degli Studi “Tor Vergata”, Roma

5Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università degli Studi, Pisa

6Divisione di Cardiologia, Ospedale Santa Maria Goretti, Latina

7Divisione di Cardiologia, Ospedale Sacro Cuore di Gesù, Benevento

8Divisione di Cardiologia, Dipartimento Scienze Biomediche Avanzate, Università degli Studi di Napoli “Federico II”, Napoli

9Dipartimento di Scienze Biomediche, Università Humanitas, Milano

10Unità di Cardiologia, Dipartimento Cardio-Toraco-Vascolare, IRCCS Università Ospedale di Bologna, Policlinico S. Orsola, Bologna

11Dipartimento di Scienze Cardio-Toraco-Vascolari e Sanità Pubblica, Università degli Studi, Scuola di Medicina, Padova

12Clinica Medica, Università degli Studi Milano-Bicocca, Milano

Arterial hypertension is the most prevalent cardiovascular risk factor worldwide. Despite the availability of many and effective antihypertensive medications, the prevalence of uncontrolled blood pressure (BP) remains high. As sympathetic hyperactivity has long been recognized as a major contributor to resistant hypertension, catheter-based renal denervation (RDN) has emerged as a new strategy to reduce BP. RDN aims to interrupt the activity of renal sympathetic nerves by applying radiofrequency (RF) energy, ultrasound (US) energy, or injection of alcohol in the perivascular space. The Symplicity HTN-3 trial, the largest sham-controlled trial using the first-generation RF-based RDN device, failed to significantly reduce BP. Since then, new devices and techniques have been developed and consequently many sham-controlled trials using second-generation RF or US-based RDN devices have demonstrated the BP lowering efficacy and safety of the procedure. A multidisciplinary team involving hypertension experts, interventionalists with expertise in renal interventions and anesthesiologists, plays a pivotal role from the selection of the patient candidate for the procedure to the post-procedural care. The aim of this consensus document is to summarize the current evidence about the use of RDN in difficult to treat hypertension and to propose a management strategy from the selection of the patient candidate for the procedure to the post-procedural care.

Key words. Blood pressure; Denervation; Hypertension; Kidney.

INTRODUZIONE

L’ipertensione arteriosa (IA) è il principale fattore di rischio per le patologie cardiovascolari ed è correlata a circa la metà delle manifestazioni della cardiopatia ischemica e a due terzi degli eventi cerebrovascolari. Oltre un miliardo di persone al mondo è affetto da IA e la sua prevalenza è in continuo aumento a causa dell’invecchiamento e dell’aumentata incidenza di obesità nella popolazione1.

I capisaldi del trattamento dell’IA sono rappresentati dalle modifiche dello stile di vita e dalla terapia farmacologica2. I benefici del trattamento sono ben definiti: una riduzione di 10 mmHg della pressione arteriosa sistolica (PAS) è stata correlata ad una riduzione del rischio di eventi cardiovascolari maggiori del 20%, di insorgenza di malattia coronarica del 17%, di ictus del 27%, di scompenso cardiaco del 28% e di mortalità per tutte le cause del 13%3.

Tuttavia, nonostante la disponibilità di diversi farmaci antipertensivi efficaci e sicuri, solo 1 paziente su 5 ha valori di pressione arteriosa (PA) sotto controllo4. Una forma comune di IA non controllata è l’ipertensione resistente, definita dal riscontro di elevati valori pressori, nonostante l’uso di ≥3 farmaci antipertensivi con differenti meccanismi d’azione comprendenti un diuretico, solitamente un tiazidico, un calcio-antagonista a lunga durata d’azione e un bloccante del sistema renina-angiotensina (SRA) al dosaggio massimale o al dosaggio massimo tollerato. La diagnosi di ipertensione resistente richiede l’esclusione delle diverse cause di ipertensione pseudo-resistente, fra cui la scarsa aderenza alla terapia, l’ipertensione da camice bianco, l’inerzia clinica e la misurazione non accurata della PA5.

Il sistema simpatico svolge un ruolo fondamentale nella patogenesi dell’ipertensione essenziale, difatti l’attività simpatica risulta aumentata in molti pazienti affetti da ipertensione resistente6. Un crosstalk fra reni e sistema nervoso centrale è coinvolto nella patogenesi dell’IA7 (Figura 1): i processi patologici renali favoriscono attraverso le fibre nervose afferenti l’attivazione del sistema nervoso simpatico, che, tramite le fibre nervose efferenti, determina l’aumento dei valori di PA mediante l’attivazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone (SRAA), la vasocostrizione arteriolare, l’aumento della frequenza cardiaca (FC) e della contrattilità miocardica6.




La denervazione renale (DR), attraverso l’ablazione delle terminazioni nervose simpatiche che decorrono lungo le pareti delle arterie renali, riduce l’iperattività simpatica e rappresenta quindi un’ulteriore opzione terapeutica per il trattamento dell’IA8.

UNA NECESSITÀ CLINICA

Il numero di soggetti fra i 30 ed i 79 anni affetti da IA si è quasi raddoppiato dal 1990 al 2019, passando dai 331 milioni a 626 milioni di donne e dai 317 milioni a 652 milioni di uomini. Tra questi soltanto il 47% delle donne ed il 38% degli uomini erano in trattamento e meno della metà raggiungeva gli obiettivi terapeutici, difatti solo il 23% delle donne ed il 18% degli uomini ipertesi avevano una PA efficacemente controllata. Nonostante i miglioramenti diagnostico-terapeutici, in particolar modo nei paesi a reddito medio-alto, il controllo della PA rimane insoddisfacente4. Negli Stati Uniti la prevalenza dei soggetti ipertesi che raggiungevano valori target di PA <140/90 mmHg è aumentato fino al 53.8% nel biennio 2013-2014, prima di ridursi al 43.7% nel biennio 2017-20189. L’insuccesso nel raggiungimento degli obiettivi terapeutici è stato osservato anche in Italia, dove in una decade di osservazione (dal 2000 al 2011) solo il 33% dei soggetti ipertesi ha raggiunto un controllo soddisfacente della PA10.

La scarsa aderenza alla terapia farmacologica rimane una delle cause più frequenti di ipertensione non controllata11,12. Uno studio prospettico italiano, che ha incluso più di 240 000 soggetti all’inizio del trattamento con farmaci antipertensivi, ha valutato l’incidenza di eventi cardiovascolari in relazione all’aderenza terapeutica. Nei pazienti con aderenza terapeutica intermedia (percentuale di tempo di aderenza terapeutica nel periodo osservato tra il 51% e 75%) ed alta (percentuale >75%) è stata registrata una riduzione del rischio cardiovascolare rispettivamente del 20% e 25% rispetto ai quelli con aderenza terapeutica molto bassa (percentuale ≤25%)13.

La mancata aderenza ad un trattamento farmacologico è un fenomeno multifattoriale. Sono state identificate cinque categorie di fattori correlati all’aderenza terapeutica: socio-economici (età, istruzione e stato socio-economico), correlati al sistema sanitario (relazione medico-paziente, accesso alle cure e loro costo), correlati alla terapia (regimi terapeutici complessi, cambiamenti terapeutici, durata ed effetti collaterali), correlati alla condizione clinica (multiple comorbilità, severità dei sintomi e qualità di vita) e correlati al paziente (paura della dipendenza da farmaci o degli effetti collaterali, mancanza di conoscenza, rifiuto della diagnosi, dimenticanza)11,12.

Un questionario sottoposto a circa 1000 pazienti ipertesi in Germania ha rivelato che tra questi circa il 40% già in trattamento con farmaci antipertensivi e circa il 30% non in trattamento sceglierebbero la DR come trattamento antipertensivo piuttosto che la terapia farmacologica per tutta la vita14. Risultati simili sono emersi anche da un’indagine condotta in Giappone, che ha rivelato che i fattori predittivi di preferenza per la DR erano la giovane età, il sesso maschile, valori elevati di PAS, la scarsa aderenza alla terapia antipertensiva, l’insorgenza di effetti collaterali durante la terapia e lo scompenso cardiaco15. Inoltre, la maggior parte dei soggetti coinvolti nel summenzionato questionario condotto in Germania ha individuato i medici come principale fonte di informazione riguardo le loro problematiche di salute in grado di influenzare le loro scelte terapeutiche14. Tuttavia molti medici accettano valori di PA inadeguati senza proporre modifiche terapeutiche appropriate, anche in pazienti a rischio cardiovascolare moderato o alto16,17. Uno studio condotto negli Stati Uniti, che ha analizzato i dati dell’attività assistenziale ambulatoriale primaria dal 2005 al 2012, ha rilevato che, fra i soggetti con ipertensione non controllata, solo ad 1 paziente su 6 è stata potenziata la terapia antipertensiva18. Questi risultati sottolineano la necessità di includere il punto di vista e le preferenze del paziente durante le scelte terapeutiche al fine di individuare il trattamento ideale per ogni paziente.

Per superare queste difficoltà sono state sviluppate nuove strategie terapeutiche non farmacologiche tra cui la DR. La potenziale applicazione della DR nella pratica clinica è stata valutata in diversi studi clinici, che hanno dimostrato un’efficace riduzione della PA sia nei pazienti che già assumevano terapia antipertensiva che non. Di conseguenza, documenti di consenso pubblicati da diverse società scientifiche tra cui European Society of Hypertension (ESH), Società Italiana dell’Ipertensione arteriosa (SIIA), Society for Cardiovascular Angiography & Interventions (SCAI), ESC Council on Hypertension e European Association of Percutaneous Cardiovascular Interventions (EAPCI) hanno considerato la DR come una nuova opzione nell’armamentario per il trattamento dell’IA dopo le modifiche dello stile di vita e la terapia farmacologica19-22.

Le linee guida dell’ESH sulla gestione dell’IA considerano la DR come un’opzione di trattamento nei pazienti con PA non controllata, nonostante l’uso in combinazione di diversi farmaci antipertensivi o nel caso in cui il trattamento farmacologico sia correlato a gravi reazioni avverse e scarsa qualità di vita, in presenza di una velocità di filtrazione glomerulare (VFG) stimata >40 ml/min/1.73 m2 (classe di raccomandazione [CR] II, livello di evidenza [LE] B). Inoltre, raccomandano che la DR venga eseguita in centri specializzati, che garantiscano un’appropriata selezione dei pazienti e una corretta esecuzione della procedura (CR I, LE C)23.

I DATI DISPONIBILI DI EFFICACIA E SICUREZZA CLINICA

Lo studio Symplicity HTN-3, nonostante una riduzione della PAS di 14.1 mmHg dopo 6 mesi dalla DR con radiofrequenza (RF) in soggetti con ipertensione resistente, non ha dimostrato una riduzione significativa della PAS rispetto al gruppo controllo24. Le possibili cause sono molteplici ed includono frequenti modifiche terapeutiche durante il periodo di studio, l’utilizzo di dispositivi di prima generazione, una procedura di denervazione incompleta, la mancanza di esperienza di molti operatori, la variabilità nella procedura e l’insufficiente durata del follow-up25. Diversi cambiamenti riguardanti la terapia medica, le popolazioni oggetto di studio e aspetti procedurali sono stati adottati nei successivi studi in accordo con il documento di consenso europeo per gli studi clinici con i dispositivi percutanei per il trattamento dell’IA26. Successivamente, cinque studi clinici randomizzati controllati hanno dimostrato l’efficacia e la sicurezza della DR utilizzando dispositivi a RF e ad ultrasuoni (US), in pazienti in trattamento con farmaci antipertensivi e non27-31. La riduzione della PAS è stata di 9.0-10.8 mmHg, quella della pressione arteriosa diastolica (PAD) di 5-5.5 mmHg, mentre la riduzione della PAS e PAD media misurate con il monitoraggio pressorio delle 24 h (MAP) è stata rispettivamente di 4.7-9 mmHg e 3.7-6.0 mmHg19 (Figura 2).




Recentemente anche lo studio RADIANCE II ha dimostrato una riduzione significativa della PAS media nelle 24 h dopo 2 mesi dalla DR con US rispetto al gruppo controllo (7.9 mmHg vs 1.8 mmHg) in assenza di qualsiasi terapia antipertensiva32. Un’analisi del registro Global Symplicity DEFINE ha dimostrato che la riduzione della PA dopo DR era indipendente dal numero e dal tipo di farmaci antipertensivi assunti prima della procedura33. Il MAP dopo DR ha dimostrato efficacia durante l’intero periodo di monitoraggio; in particolare la riduzione della PA notturna è risultata meglio correlata con la riduzione degli eventi cardiovascolari rispetto alla riduzione dei valori pressori diurni34,35.

Considerata l’ampia variabilità della risposta pressoria dopo DR, diventa fondamentale riuscire ad identificare i pazienti “responder” alla terapia. La PA di partenza prima della procedura di DR è l’unico parametro chiaramente identificato come fattore predittivo di risposta alla DR36. Nello studio SPYRAL HTN-OFF MED la riduzione della PAS e PAD media nelle 24 h, così come della FC, è stata significativamente maggiore nei pazienti con una FC media basale >73.5 b/min rispetto a quelli con una FC media basale <73.5 b/min, suggerendo un sottogruppo di pazienti ipertesi che potrebbero beneficiare maggiormente della DR37. Inoltre è stato dimostrato che la DR riduce l’attività plasmatica della renina (APR) ed i livelli di aldosterone plasmatici a 3 mesi, e livelli più alti di APR basale (>0.65 ng/ml/h) sono stati associati ad una maggior riduzione della PA38. Tuttavia, nessuno dei predittori individuati di risposta alla DR è stato riportato essere così sensibile e specifico da permettere una selezione specifica dei pazienti22.

La durata dell’effetto della DR sulla riduzione della PA è stata documentata fino a 3 anni negli studi randomizzati SPYRAL HTN-ON MED e RADIANCE-HTN SOLO, e nel registro Global Symplicity39-41. Lo studio Global Symplicity è un registro prospettico multicentrico, che ha coinvolto 196 centri in tutto il mondo e ha arruolato 2237 pazienti con IA, che hanno ricevuto il trattamento di DR con il catetere Symplicity di prima generazione. La PAS di partenza misurata in ambiente medico e quella misurata mediante il MAP erano rispettivamente 166 ± 25 mmHg e 154 ± 18 mmHg. La riduzione della PAS era mantenuta a 3 anni dalla procedura di DR, sia quando misurata in ambiente medico (-16.5 ± 28.6 mmHg, p<0.001) che quando misurata mediante MAP (-8.0 ± 20.0 mmHg; p<0.001)41. Una riduzione significativa della PA è stata anche confermata in pazienti ad alto rischio, fra cui pazienti anziani (età ≥65 anni), pazienti affetti da fibrillazione atriale, diabete mellito di tipo 2, ipertensione severa resistente, insufficienza renale cronica (IRC) definita da una VFG <60 ml/min/1.73 m2 e ipertensione sistolica isolata42. Recentemente l’analisi finale dello studio Symplicity HTN-3, dopo l’iniziale fallimento al follow-up a 6 mesi, ha mostrato una riduzione significativa della PA, misurata in ambiente medico e al MAP dopo 36 mesi dalla procedura di DR rispetto al gruppo di controllo43. Due studi a singolo braccio, che hanno incluso pazienti sottoposti a DR con RF, hanno confermato l’efficacia anche per periodi più lunghi fino a 10 anni44,45. Una riduzione duratura della PA è supportata anche da dati preclinici, che hanno evidenziato un mancato funzionamento delle fibre nervose a 180 giorni dalla DR con evidenza di riduzione della densità assonica ed atrofia delle fibre nervose in suini normotesi46.

Nonostante la documentata efficacia nel ridurre la PA, ad oggi non sono disponibili studi clinici randomizzati controllati che abbiano analizzato l’effetto della DR su endpoint clinici; è noto, tuttavia, da studi epidemiologici l’esistenza di una correlazione lineare fra PA elevata ed eventi cardiovascolari47. Una riduzione di 5 e 10 mmHg della PAS, indipendentemente da come sia stata ottenuta, è stata associata ad una riduzione della frequenza di eventi cardiovascolari maggiori rispettivamente del 10% e 20% e ad una riduzione degli ictus del 13% e 26%47,48. Basandosi sulla riduzione di PA, osservata nei pazienti ad alto rischio inclusi nel registro Global Symplicity, e sulla riduzione degli eventi in un’analisi di meta-regressione, si è stimata una significativa riduzione assoluta degli eventi cardiovascolari maggiori oltre i 3 anni rispetto al gruppo controllo (8.6± 0.7% vs 11.7±0.9%; p<0.01), guidata principalmente dalla riduzione degli eventi cerebrovascolari49. Inoltre un’analisi del registro Global Symplicity ha mostrato che il range di tempo in cui la PA era a target dopo DR era del 30.6% e che un aumento del 10% di tale range dopo DR era associato ad una riduzione del rischio del 15% di eventi cardiovascolari maggiori dai 6 ai 36 mesi (p<0.001)50.

Oltre ad essere un trattamento efficace, la DR è una procedura sicura e ben tollerata. In tutti gli studi randomizzati controllati, le complicanze nel gruppo DR erano comparabili a quelle nel gruppo di controllo27-31. Le complicanze più frequenti sono quelle legate al sito di accesso vascolare (ematoma, pseudoaneurisma, fistola artero-venosa, sanguinamenti, ecc.)27-31. Nello studio Symplicity HTN-3, il più grande studio randomizzato sulla DR, in un solo caso su 352 (0.3%) c’è stata una complicanza vascolare che ha richiesto trattamento24. Le complicanze vascolari del sito di accesso potrebbero essere ridotte dallo sviluppo di sistemi di DR compatibili con l’accesso radiale. Le complicanze correlate all’ablazione dell’arteria renale (dissezione, spasmo, stenosi post-procedurale, ecc.) sono invece molto rare27-31. In una metanalisi che ha incluso 5769 pazienti sottoposti a DR sono stati identificati 26 pazienti con stenosi o dissezione dell’arteria renale (0.45%), di cui 24 hanno richiesto trattamento percutaneo con impianto di stent. L’analisi aggregata dei dati ha rivelato un’incidenza annuale di impianto di stent pari allo 0.2%, che è simile all’incidenza riportata nei pazienti ipertesi. Il 79% degli eventi avversi è insorto entro 1 anno dalla procedura di DR e il tempo medio intercorso fra la procedura ed il successivo trattamento dell’arteria renale è stato di 5.5 mesi51. Non è stata riportata una significativa riduzione della funzionalità renale dopo la procedura di DR: una metanalisi che ha incluso 48 studi non ha documentato effetti significativi sulla funzionalità renale dopo un follow-up medio di 9 mesi52. La sicurezza è stata documentata anche nel registro Global Symplicity al follow-up a 3 anni, in cui è stata rilevata una riduzione della VFG coerente con il declino atteso in pazienti affetti da IA severa41. I dati sulla sicurezza renale non sono validi per i pazienti con VFG <40 ml/min/1.73 m2, che sono stati esclusi dalla maggior parte degli studi randomizzati controllati27-31. Tuttavia, piccoli studi monocentrici non randomizzati hanno riportato l’efficacia e la sicurezza della procedura anche in pazienti con IRC con una VFG <40 ml/min/1.73 m2 53,54.

I DISPOSITIVI PER LA DENERVAZIONE RENALE: PASSATO, PRESENTE E FUTURO

L’idea di controllare la PA mediante simpaticectomia risale agli anni ’3055 ed alcuni anni dopo è stata riportata la prima esperienza in vivo su 76 pazienti56. I primi risultati incoraggianti, riportati nello studio HTN-1 hanno supportato lo sviluppo di numerosi dispositivi con diverse fonti di energia57. Tuttavia, dopo la pubblicazione dei dati dello studio Symplicity HTN-3, questa corsa allo sviluppo tecnologico ha subito una frenata24. Nonostante ciò, negli ultimi anni nuove evidenze cliniche hanno contribuito ad una miglior comprensione del ruolo della DR nel trattamento dell’IA27-32. Le tecnologie attualmente utilizzate per la DR sono di tre tipi: RF, US ed iniezione di farmaci58-60 (Figura 3).




Per motivi di sintesi e rilevanza clinica la trattazione che segue verterà sui dispositivi che hanno ricevuto il marchio CE e che sono quindi utilizzati nella pratica clinica quotidiana.

Denervazione mediante radiofrequenza

La RF è il metodo di ablazione più diffuso. L’energia utilizzata consiste in una corrente elettrica alternata, che esercita un’azione ablativa tramite danno diretto da riscaldamento dei tessuti superficiali e tramite conduzione verso i tessuti più profondi. In pratica, la RF ad alta frequenza e bassa potenza applicata riscalda i tessuti circostanti ed in questo modo denatura le proteine delle fibre nervose simpatiche nella tonaca avventizia e nel tessuto adiposo perivascolare. Lo studio Symplicity HTN-3, come già menzionato, ha fallito nel dimostrare l’efficacia del dispositivo di prima generazione (catetere a singolo elettrodo flessibile) rispetto al gruppo controllo24. I dispositivi di prima generazione sono stati ormai sostituiti da quelli di seconda generazione che, invece, sono basati su cateteri ad elettrodi multipli. Diversamente dal catetere a singolo elettrodo, che doveva essere ruotato per trattare i diversi segmenti del vaso, quello ad elettrodi multipli permette di trattare simultaneamente i quattro quadranti della circonferenza dell’arteria senza necessità di rotazione (ablazione 4SQ [simultaneous quadrantic]), rendendo così la procedura più fluida e meno operatore-dipendente. L’unico dispositivo attualmente disponibile è lo Spyral (Medtronic, Minneapolis, MN, USA), che è un microcatetere elicoidale con 4 elettrodi unipolari che può essere avanzato su una guida workhorse da 0.014”. Quando si ritira la guida, il dispositivo riassume la sua forma originale adattandosi al diametro dell’arteria, consentendo così il trattamento di un ampio range di diametri (3-8 mm), compreso il segmento distale dell’arteria renale, i rami collaterali e i vasi accessori. Una volta posizionati, i 4 elettrodi si dispongono a circa 90° l’uno dall’altro, consentendo così un’ablazione a 360°. Il raffreddamento degli elettrodi durante l’ablazione è garantito dal flusso sanguigno. L’efficacia del trattamento con questa tecnologia in pazienti in terapia antipertensiva è stata dimostrata nello studio randomizzato SPYRAL HTN-ON MED, in cui si è documentata una riduzione significativa della PA misurata in ambiente medico e misurata attraverso il MAP a 6 mesi rispetto al gruppo controllo28. Risultati simili sono stati ottenuti nello studio SPYRAL HTN-OFF MED, in pazienti con ipertensione non controllata, che non assumevano terapia antipertensiva30.

Denervazione mediante ultrasuoni

La tecnologia ad US è un ulteriore metodo efficace per la DR. Questa tecnologia si basa su onde sonore con una frequenza maggiore di 20 Hz, che vengono convertite in energia termica quando raggiungono la parete arteriosa. Evitando il contatto diretto con la parete arteriosa, la DR ad US dovrebbe minimizzare il rischio di danno endoteliale61; inoltre, la DR con US ha una profondità di ablazione maggiore rispetto a quella con RF, che rende non necessaria l’ablazione dei rami collaterali62,63. Il sistema Paradise (RECor Medical, Palo Alto, CA, USA) consiste in un catetere flessibile con un piccolo pallone all’estremità distale che rilascia US e raffredda la parete arteriosa grazie all’acqua circolante al suo interno, così da prevenire danni durante il processo di ablazione. L’efficacia di questo trattamento in pazienti ipertesi che non assumevano farmaci antipertensivi è stata dimostrata nello studio RADIANCE-HTN SOLO con una riduzione significativa della PAS misurata al MAP29. Lo studio RADIANCE-HTN TRIO ha confermato l’efficacia del trattamento anche nei pazienti con ipertensione resistente in trattamento con tre farmaci combinati in una sola compressa31. Lo studio REQUIRE, invece, non ha mostrato una differenza significativa nella riduzione della PA misurata con il MAP in pazienti asiatici con ipertensione resistente rispetto al gruppo controllo64, a causa dell’incompleta esclusione di pazienti affetti da iperaldosteronismo primitivo, dell’inclusione di pazienti con scarsa aderenza alla terapia medica e della randomizzazione a cieco non ben rispettata65,66. Recentemente i risultati dello studio RADIANCE II hanno invece dimostrato l’efficacia della DR con il sistema Paradise nel ridurre la PAS misurata al MAP a 2 mesi dalla procedura nei pazienti con IA non controllata in stadio II rispetto al gruppo di controllo in assenza di terapia antipertensiva32.

Denervazione mediante iniezione di sostanze

Questo metodo consiste nell’iniezione diretta nella parete arteriosa di sostanze neurolitiche attraverso microaghi nella parete arteriosa e con conseguente ridotto rischio di danno endoteliale. Diverse sostanze sono state studiate per questo scopo, fra cui l’alcool, la tossina botulinica di tipo A, la guanetidina e la vincristina. Il sistema Peregrine (Ablative Solutions, San Jose, CA, USA) è costituito da un catetere con 3 microaghi retraibili. Una volta ottenuto il corretto posizionamento del catetere, i 3 microaghi vengono rilasciati contemporaneamente in modo da rilasciare 0.3 ml di alcool disidratato nella tonaca avventizia inducendo una neurolisi permanente. La prima esperienza in vivo ha mostrato risultati favorevoli in termini di fattibilità e sicurezza in un campione di 18 pazienti affetti da ipertensione refrattaria67. Successivamente l’efficacia e la sicurezza sono stati confermati in uno studio clinico in aperto che ha arruolato 45 pazienti con PA non controllata68. Recentemente lo studio randomizzato TARGET BP OFF-MED ha confermato la sicurezza del dispositivo, ma non ha mostrato una differenza statisticamente significativa nella PAS tra i due gruppi dopo 8 settimane dalla procedura di DR in assenza di farmaci antipertensivi. Tuttavia, dopo 12 mesi di follow-up con titolazione della terapia medica, i pazienti dei due gruppi hanno raggiunto valori di PA, ma con un numero ridotto di farmaci nel gruppo sottoposto a DR (dose media:1.5 ± 1.5 vs 2.3 ± 1.7; p=0.017)69. Lo studio randomizzato TARGET BP I per i pazienti che assumono terapia è invece in corso70.

In conclusione, diversi metodi possono essere utilizzati per la DR, ognuno con i suoi pro e contro. Nello studio RADIOSOUND-HTN si è dimostrata la superiorità della DR con US rispetto a quella con RF quando veniva trattata solo l’arteria renale principale, mentre trattando anche le arterie accessorie e i rami collaterali mediante RF non c’era differenza rispetto al gruppo di DR mediante US limitato all’arteria renale principale a 3 mesi63. A 6 mesi i valori di PAS erano significativamente minori nel gruppo sottoposto a DR mediante US rispetto agli altri due gruppi con RF. Dopo ottimizzazione della terapia medica a 12 mesi non sono state rilevate differenze tra i gruppi71. Una recente metanalisi non ha dimostrato differenza nella riduzione dei valori di PA fra la DR mediante RF e quella mediante US72. Gli studi in corso e gli studi osservazionali forniranno nuovi dettagli comparativi fra le tecnologie riguardo sicurezza, efficacia e facilità di utilizzo da parte degli operatori.

VALUTAZIONE DIAGNOSTICA DEL PAZIENTE AFFETTO DA IPERTENSIONE ARTERIOSA DIFFICILE DA TRATTARE

La valutazione iniziale dei possibili pazienti candidati alla DR può essere effettuata da un medico di medicina generale, da un cardiologo, da un internista o da un nefrologo con esperienza nel trattamento dell’IA. In ogni caso, è indicato indirizzare i pazienti verso centri specializzati con esperienza nella gestione dei pazienti con IA difficile da trattare. Un team multidisciplinare per la DR (TMDR) riveste un ruolo chiave nella gestione del paziente, grazie alle diverse abilità cliniche necessarie ad individuare le cause del fallimento della terapia farmacologica convenzionale. È fortemente raccomandato che l’indicazione alla DR sia fornita dal TMDR, composto da esperti nel trattamento dell’IA (un cardiologo e/o un internista e/o un nefrologo), esperti in DR percutanea (un cardiologo interventista o un radiologo interventista) e anestesisti20-23. Tali centri di terzo livello dovrebbero essere certificati dalle società nazionali di ipertensione (Tabella 1).




Una volta che il paziente viene indirizzato ad un centro specializzato per l’IA, la valutazione iniziale deve includere la valutazione del grado di severità dell’IA e del danno d’organo, l’esclusione dell’ipertensione secondaria, dell’ipertensione pseudo-resistente e delle controindicazioni alla DR, come l’insufficienza renale severa (Figura 4).




La PA e la FC devono essere accuratamente misurate e la presenza di IA non controllata deve essere confermata attraverso il MAP. I parametri da valutare del MAP sono la PAS e PAD media delle 24 h di PA ed il numero di misurazioni valide2; data la bassa riproducibilità delle misurazioni, vanno ritenuti validi solo MAP con almeno il 75% delle rilevazioni valide73. La valutazione clinica del paziente va completata con la stima del rischio cardiovascolare globale e la valutazione dell’eventuale danno d’organo in modo da definire i target pressori da raggiungere per il paziente e adattare quindi la terapia2. In presenza di valori di PA non controllati (PA >140/90 mmHg) in un paziente trattato con tre o più farmaci antipertensivi alla dose ottimale o alla dose meglio tollerata, prima di confermare la diagnosi di ipertensione resistente devono essere escluse le cause di ipertensione secondaria. Infatti, circa la metà dei pazienti con una sospetta ipertensione resistente sono non aderenti alla terapia antipertensiva prescritta e devono essere pertanto considerati pseudo-resistenti74. Per ottenere una misurazione oggettiva dell’aderenza terapeutica, i centri dedicati all’ipertensione dovrebbero misurare i livelli sierici e urinari dei farmaci75. Le forme secondarie andrebbero sospettate nelle seguenti condizioni: insorgenza precoce in pazienti senza ulteriori fattori di rischio, insorgenza improvvisa, ipertensione di grado severo, ipertensione resistente, eccessiva riduzione della VFG dopo una piccola dose di ACE-inibitori o in presenza di ipokaliemia non spiegata2. Le cause più comuni di ipertensione secondaria includono la sindrome delle apnee ostruttive nel sonno, IRC, ipertensione renovascolare e iperaldosteronismo primitivo76. Spesso l’iperaldosteronismo è difficile da riconoscere77, dato che alcune delle classiche caratteristiche, come l’ipokaliemia, potrebbero non essere presenti o essere attribuite al trattamento diuretico78. Durante la fase di valutazione, test di laboratorio comprendenti la creatinina sierica e la VFG misurata o stimata, andrebbero eseguiti per identificare i pazienti con una VFG ≤40 ml/min/1.73 m2, che non dovrebbero essere considerati per il trattamento di DR.

Il documento di consenso della Società italiana dell’Ipertensione Arteriosa sul ruolo della DR nella gestione dei pazienti con IA difficile da trattare, ha identificato due tipologie di pazienti che potrebbero beneficiare della DR20 (Tabella 2).




Il primo è rappresentato dal paziente con IA resistente, nel quale un’associazione con tre o più farmaci antipertensivi non è riuscita a raggiungere il target pressorio (raccomandato), mentre il secondo è rappresentato dal paziente con IA essenziale di grado 1-2, non trattata o non controllata con uno o più farmaci antipertensivi (possibile)20. Infatti, mentre inizialmente la RDN era limitata solo ai pazienti con IA resistente, c’è ormai crescente evidenza scientifica che potrebbe essere considerata anche nei pazienti con IA di grado 1-2 al fine di ottimizzare il controllo della PA in combinazione con la terapia farmacologica. Questo approccio è frequentemente richiesto dai pazienti per evitare gli effetti avversi dei farmaci, ridurre il numero di farmaci da assumere quotidianamente ed evitare la mancata aderenza alla prescrizione14,15 , e sottolinea l’importanza di discutere con i pazienti delle differenti opzioni terapeutiche disponibili per ridurre la PA e il bisogno di considerare le preferenze del paziente nel decidere il trattamento terapeutico.

Una volta che il paziente candidato per la DR è stato indentificato, la fase pre-procedurale dovrebbe includere l’imaging non invasivo delle arterie renali con l’angiografia con tomografia computerizzata (angio-TC) o l’angiografia con risonanza magnetica (angio-RM) o l’eco-Doppler delle arterie renali. L’angio-TC e l’angio-RM sono le tecniche di imaging di scelta per valutare la presenza di stenosi, displasia fibromuscolare dell’arteria renale e per valutare l’origine delle arterie renali, la presenza di arterie renali accessorie e l’eleggibilità anatomica attraverso la misura dei diametri. La conoscenza dell’anatomia renale potrebbe avere importanti implicazioni nella scelta della strategia del trattamento endovascolare, sulla scelta del dispositivo da utilizzare e sulla selezione del paziente per la DR.

Di conseguenza la DR dovrebbe essere considerata nelle seguenti situazioni:

• Ipertensione resistente, definita come una PA non controllata nonostante l’uso di tre o più farmaci antipertensivi con meccanismi differenti, compreso un diuretico, solitamente un tiazidico, un calcio-antagonista a lunga durata d’azione e un bloccante del SRA, alla massima dose o a quella meglio tollerata.

• Scarsa aderenza a multipli farmaci.

• Intolleranza a multipli farmaci.

• Preferenza del paziente dopo un’estesa discussione sui limiti e i potenziali rischi della procedura.

Invece, i criteri di esclusione per la DR includono:

• Ipertensione secondaria compresa la stenosi dell’arteria renale.

• Insufficienza renale cronica con VFG ≤40 ml/min/1.73 m2.

• Diametri dell’arteria renale principale e dei suoi rami <3 mm o >8 mm.

• Recente impianto di stent in arteria renale (<6 mesi).

ASPETTI PROCEDURALI DELLA DENERVAZIONE RENALE CON DISPOSITIVI A RADIOFREQUENZA

Preparazione del paziente

Per ridurre il rischio di danno renale indotto da mezzo di contrasto, è consigliato somministrare soluzione salina allo 0.9% indipendentemente dalla funzionalità renale di base. L’idratazione per via endovenosa (e.v.) andrebbe iniziata poche ore prima della procedura con una velocità di infusione in accordo alla funzione ventricolare sinistra: 1 ml/kg/h se la frazione di eiezione è normale o 0.5 ml/kg/h se la frazione di eiezione è <40%. La terapia antipertensiva non andrebbe interrotta prima della procedura ed è consigliato somministrare il carico di aspirina il giorno prima della procedura come raccomandato nelle altre procedure interventistiche endovascolari. Il paziente deve essere digiuno da circa 8 h prima della procedura. Prima di iniziare la procedura la sedazione e l’analgesia sono mandatorie. Infatti, se l’anestesia non è abbastanza profonda, il paziente potrebbe muoversi determinando l’interruzione del rilascio di energia a causa della perdita di contatto tra gli elettrodi e la parete del vaso. La strategia suggerita prevede una sedazione profonda in accordo alla tecnica di “monitored anesthesia care”. Bassa dose di oppiacei (1-3 mg di morfina o 1-2 µg/kg di fentanyl e.v.) e benzodiazepine (midazolam 2-3 mg e.v.) solitamente forniscono un’adeguata analgesia e sedazione con amnesia retrograda. Durante la procedura è necessario monitorare i parametri vitali per riconoscere e gestire eventuali reazioni avverse da trattare con gli appositi antidoti, ovvero naloxone e flumazenil. Infine, uno specifico consenso informato definito dal TMDR deve essere firmato dal paziente prima della procedura.

La procedura di denervazione renale

La DR viene effettuata tramite un accesso vascolare femorale utilizzando un introduttore di 6 Fr. Durante la procedura è necessario somministrare eparina non frazionata e.v. (100 UI/ml) per mantenere i valori di tempo di coagualzione attivato >250 s durante la procedura. In caso di elevati valori pressori, andrebbe considerata un’infusione continua e.v. di nitrati o nitroprussiato. All’inizio della procedura, se non sono disponibili le immagini dell’angio-TC o dell’angio-RM delle arterie renali, deve essere effettuata un’aortografia addominale utilizzando un catetere pigtail posizionato in aorta addominale a livello dell’origine delle arterie renali (L1-L2) con un volume di iniezione di 10 ml di contrasto e con un flusso di circa 10 ml/s. L’angiografia è necessaria per identificare le arterie renali principali e le arterie accessorie, e le loro origini (Figura 5) e di conseguenza per scegliere la forma del catetere guida da utilizzare. Nella maggior parte dei casi è adeguato un catetere per arteria mammaria interna. Altri cateteri come il Judkins destro o il Multipurpose, potrebbero essere utili in caso di origine con take-off verso l’alto. Una volta incannulata selettivamente l’arteria renale, deve essere effettuata un’angiografia selettiva del rene con l’iniezione di 5 ml di contrasto con un flusso di 5 ml/s, che potrebbe essere usata come roadmap durante la procedura. L’angiografia selettiva è utile per identificare i vasi idonei per la procedura di DR con RF: i segmenti target dell’ablazione dovrebbero includere tutti i rami dell’arteria renale con un diametro compreso tra 3 e 8 mm localizzati al di fuori del parenchima renale. Anche le arterie renali accessorie risultano essere innervate e perciò dovrebbero essere trattate se il diametro dell’arteria è idoneo. Infatti, dopo ablazione delle arterie accessorie è stata riscontrata una maggiore riduzione della PA79. Il catetere Spyral (Medtronic, Minneapolis, MN, USA) è un catetere 6 Fr “rapid-exchange” che naviga su una guida coronarica 0.014”. L’uso di guide con punta idrofilica è sconsigliato a causa del rischio di perforazione di vasi distali. Durante la procedura deve essere inoltre posta particolare attenzione alla punta della guida per evitare che possa raggiungere i vasi del parenchima. In caso di anatomia tortuosa, potrebbero essere necessarie guide extra-support o una seconda guida (tecnica “buddy wire”). La maggior parte delle procedure di DR può essere eseguita in proiezione antero-posteriore, ma in caso di tortuosità potrebbe essere difficile identificare i segmenti da trattare; in tali casi potrebbe essere necessario eseguire proiezioni craniate o caudate (Figura 6).




La nitroglicerina deve essere iniettata prima dell’ablazione per evitare lo spasmo. Una volta che il segmento target è stato raggiunto con il catetere ablatore, la guida deve essere retratta prossimalmente agli elettrodi prima di iniziare l’erogazione, in modo che il dispositivo possa assumere la sua forma originale adattandosi al diametro del vaso. L’ablazione dovrebbe essere eseguita partendo dalle porzioni distali verso quelle prossimali, evitando zone di sovrapposizione durante il trattamento. La DR risulterà più efficace quando è eseguita anche nelle regioni distali, che quando è eseguita solo nelle regioni prossimali, a causa della ridotta distanza tra le fibre nervose e la parete del vaso80. In caso di impianto di stent in arteria renale da più di 6 mesi, è possibile trattare i segmenti localizzati prossimalmente o distalmente allo stent. Durante la procedura è essenziale monitorare l’impedenza e la temperatura sul generatore per ogni ciclo. Prima di togliere il catetere guida, un’angiografia selettiva di controllo dovrebbe essere eseguita nella stessa proiezione inziale per escludere la presenza di lesioni. La stessa procedura descritta, andrà poi eseguita controlateralmente. La chiusura dell’accesso vascolare non richiede uno specifico dispositivo, infatti possono essere utilizzati sia la compressione manuale che dispositivi di chiusura.

Gestione post-procedurale e dimissione

Nelle prime 12 h dopo la procedura il paziente dovrebbe rimanere a riposo a letto con valutazione non invasiva dei parametri vitali (PA, FC, temperatura e frequenza respiratoria) e controllo del dolore (secondo la scala VAS [visual analogue scale]). Il giorno dopo la procedura è necessario valutare l’esame emocromocitometrico e la funzionalità renale. In caso di peggioramento della funzionalità renale rispetto al basale, deve essere continuata l’idratazione e.v. con soluzione fisiologica allo 0.9% a 1 ml/kg/h se la frazione di eiezione è conservata o a 0.5 ml/kg/h se la frazione di eiezione è <40% e la funzionalità renale andrebbe rivalutata a 48 h e 72 h dopo la procedura. La valutazione dell’accesso vascolare deve essere eseguita per valutare l’efficacia dell’emostasi. In assenza di complicanze, il paziente può essere dimesso il giorno dopo la procedura. L’aspirina (75-100 mg/die) dovrebbe essere assunta per 1 mese dopo la procedura e successivamente potrà essere interrotta se non ci sono ulteriori indicazioni. L’uso della doppia terapia antiaggregante non è raccomandato a meno di altre indicazioni22.

FOLLOW-UP DOPO LA PROCEDURA

Il TMDR dovrebbe rivalutare il paziente a 1, 3, 6 e 12 mesi dopo la procedura valutando la PA, la terapia antipertensiva e gli esami ematochimici compresi la funzionalità renale e gli elettroliti (Figura 4).

Il MAP andrebbe eseguito a 6, 12 e 24 mesi per valutare la risposta della PA nelle 24 h. I pazienti difficilmente smettono di assumere i farmaci antipertensivi dopo la procedura, pertanto i cambiamenti terapeutici devono essere guidati dalle misurazioni della PA durante il follow-up. Inoltre, la DR è stata associata a una riduzione della massa ventricolare sinistra indicizzata (MVSI), indipendente dalla pressione di partenza e dai suoi cambiamenti81; pertanto un ecocardiogramma potrebbe essere eseguito dopo 12 mesi dalla procedura per valutare la regressione della MVSI. L’imaging routinario post-procedurale dell’arteria renale non è necessario e andrebbe ottenuto solo in pazienti con danno procedurale dell’arteria renale o in caso di sospetta stenosi dell’arteria renale, come indicato da un peggioramento della funzionalità renale o da un peggioramento dell’ipertensione. Ogni centro dovrebbe modificare il tipo e il timing del follow-up in accordo alle condizioni cliniche del paziente.

CONCLUSIONI

La DR è una strategia sicura ed efficace per il trattamento dell’IA difficile da trattare. L’effetto di riduzione della PA conseguente alla DR appare simile a quello di un singolo farmaco antipertensivo e permette quindi di considerare la DR come una valida opzione per il trattamento dell’IA difficile da trattare insieme alle modifiche dello stile di vita e alla terapia medica. Un team multidisciplinare riveste un ruolo fondamentale dalla selezione del paziente alla gestione post-procedurale. Ulteriori studi sono necessari per valutare l’effetto della DR sugli outcome clinici e per identificare meglio i predittori di riposta della PA alla DR in modo da riconoscere i pazienti che possano maggiormente beneficare di tale procedura.

RIASSUNTO

L’ipertensione arteriosa (IA) è il fattore di rischio cardiovascolare più diffuso nel mondo. Nonostante la disponibilità di molti farmaci antipertensivi efficaci, la prevalenza dell’IA non controllata rimane alta. Poiché l’iperattività simpatica è coinvolta nella patogenesi dell’IA resistente, la denervazione renale (DR) è emersa come una nuova strategia per ridurre la pressione arteriosa (PA). La DR interrompe l’attività delle fibre nervose simpatiche attraverso l’utilizzo della radiofrequenza (RF), degli ultrasuoni (US) o dell’iniezione di alcool nello spazio perivascolare. Lo studio Symplicity HTN-3, il più grande studio randomizzato controllato che ha utilizzato un dispositivo di DR a RF di prima generazione, ha fallito nel dimostrare una significativa riduzione della PA rispetto al gruppo controllo. Da allora nuovi dispositivi e tecniche sono stati sviluppati e conseguentemente diversi studi randomizzati controllati con dispositivi di seconda generazione a RF o US, hanno dimostrato l’efficacia nel ridurre la PA e la sicurezza della procedura. Un team multidisciplinare costituito da esperti in IA, interventisti con esperienza in procedure renali e anestesisti, svolge un ruolo fondamentale dalla selezione del paziente candidato per la procedura alla gestione post-procedurale. L’obiettivo di questo documento di consenso è di riassumere le attuali evidenze sull’uso della DR nel trattamento dell’IA difficile da trattare e di proporre una strategia di gestione dalla selezione del paziente candidato alla procedura alla gestione post-procedurale.

Parole chiave. Denervazione; Ipertensione arteriosa; Pressione arteriosa; Rene.

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