Dettagli Gennaio 2024, Vol. 25, N. 1 doi 10.1714/4165.41582 In questo numero titolo - split_articolo,controlla_titolo - art_titolo In questo numero testo - art_testo editoriali Linee guida europee su cuore e diabete All’ultimo Congresso della Società Europea di Cardiologia sono state presentate le ultime linee guida sul trattamento delle malattie cardiovascolari nei pazienti con diabete mellito. Furio Colivicchi e Pasquale Perrone Filardi presentano una sintesi di queste importanti, evidenziando le numerose novità di questo documento rispetto ai precedenti. Il cardiologo viene chiamato ad una maggiore presenza non solo in fase di diagnosi di diabete praticamente nella totalità dei suoi pazienti in assenza di precedenti diagnosi di diabete, ma anche nella scelta e nell’impiego pratico dei farmaci ipoglicemizzanti. Resta fondamentale la ricerca del danno d’organo a livello renale, basata sulla proteinuria e sul filtrato glomerulare, retinico e neurologico (neuropatia diabetica). Le incretine e le gliflozine sono considerate farmaci di prima scelta accanto alla metformina, alla terapia ipolipemizzante, antipertensiva ed antiaggregante piastrinica. Nello scompenso cardiaco, viene sottolineato il ruolo preminente delle gliflozine. • Un vecchio dilemma cardioneurologico Nei pazienti con ictus ischemico acuto e fibrillazione atriale il timing precoce di inizio della terapia anticoagulante per prevenire il rischio di recidive cardioemboliche costituisce da lungo tempo un vero dilemma in considerazione del temuto rischio di trasformazione emorragica dell’infarto cerebrale. In molte occasioni si assiste a una vera diatriba tra il cardiologo e il neurologo della Stroke Unit. A questo dilemma fornisce una risposta lo studio ELAN che Leonardo De Luca et al. commentano insieme ad un’accurata revisione della letteratura. I risultati dello studio condotto nell’era degli anticoagulanti orali diretti ridimensionano il rischio della trasformazione emorragica dell’ictus ischemico, rendendo il clinico confidente verso un’anticoagulazione più precoce. Anche se restano aperte ancora importanti questioni pratiche è verosimile che questo studio cambierà le linee guida e la nostra pratica clinica. • covid-19 e cardiologia Long COVID nelle donne Tra gli esiti della pandemia COVID-19 va annoverata l’emergenza di una nuova entità nosologica che è stata chiamata long COVID, caratterizzata dall’estrema variabilità nella sua presentazione clinica e durata. Così come la malattia nella sua fase acuta, anche il long COVID presenta delle differenze tra i due sessi. La rassegna di Silvana Brigido et al., realizzata a nome dell’Area Cardiologia di Genere ANMCO, analizza le caratteristiche cliniche e fisiopatologiche del long COVID nelle donne. Dal punto di vista epidemiologico viene sottolineato come, fino all’età di 60 anni, l’incidenza del long COVID è più alta nelle donne, per poi diventare simile nei due sessi. Anche sintomi riferibili all’apparato cardiovascolare, oltre che al sistema respiratorio, sono più comuni tra le donne come ad esempio astenia, dolore toracico, polipnea dopo l’esercizio e palpitazioni. Un altro aspetto discusso nella rassegna sono i meccanismi fisiopatologici alla base del long COVID con una particolare attenzione all’ipotesi autoimmune che potrebbe giustificare la più elevata incidenza di questa sindrome nel sesso femminile. Infine, vengono riportati i possibili provvedimenti terapeutici da mettere in pratica sulla base della presentazione clinica.• rassegne Scarsa aderenza alle terapie: un problema con tante soluzioni Nonostante in ambito cardiologico la maggior parte dei trattamenti sono supportati da forti evidenze di efficacia in termini di impatto prognostico, non sempre le terapie prescritte sono poi assunte secondo le indicazioni ricevute. La rassegna di Stefania Angela Di Fusco et al., dopo aver analizzato le dimensioni del problema della scarsa aderenza ai trattamenti per le patologie cardiovascolari, focalizza l’attenzione sulle condizioni comunemente associate alla non ottimale aderenza terapeutica come la scarsa alfabetizzazione, le malattie croniche ed asintomatiche ed i regimi terapeutici complessi. Vengono, poi, riportate le evidenze che dimostrano come una scarsa aderenza ai trattamenti prescritti comporta una riduzione o perdita dei benefici associati al trattamento e quindi ha un impatto anche prognostico. Infine, la rassegna analizza una serie di possibili strategie per migliorare l’aderenza ai trattamenti, tra cui un’adeguata comunicazione medico-paziente, la deprescrizione, l’impiego della polipillola, l’utilizzo di trattamenti che prevedono somministrazioni meno frequenti come in caso di silenziamento genico, e il ricorso a tecnologie digitali. • Il blocco del fascicolo settale della branca sinistra Come è noto, la branca sinistra è caratterizzata da una suddivisione prevalentemente trifascicolare. Pur in presenza di varianti anatomiche, in oltre il 50% dei soggetti può insorgere un blocco del fascicolo settale della branca sinistra. Paolo Alboni et al. presentano un’interessante e pratica monografia su questa non rara condizione. Tale anomalia è suggerita dalla presenza di ampie onde R in V2, e talvolta anche in V1, senza pattern di blocco di branca destro né di deviazione assiale, jump evidente nel passaggio da V1 a V2, piccola onda q nelle precordiali destre, assenza delle onde q settali, QRS di durata normale o solo di poco prolungato. Andrebbero escluse alcune condizioni con ampie onde R in V1 e V2 (ingrandimento ventricolare destro, severa ipertrofia settale, infarto laterale). • Il puzzle della rivascolarizzazione completa nei pazienti con infarto miocardico e malattia coronarica multivasale Opportunità, timing e modalità di rivascolarizzazione coronarica sono nodi nevralgici della gestione moderna del paziente con infarto miocardico acuto e malattia coronarica multivasale. Continuano a essere pubblicati studi che chiariscono sempre più punti di questo intricato puzzle e molti altri studi sono in corso e chiariranno i punti mancanti. In questo numero del Giornale, Chiara Bernelli et al. analizzano in modo critico la letteratura e i dati disponibili chiarendo i punti fermi e anticipando quelli che saranno i prossimi snodi fondamentali da chiarire. Infatti, mentre ormai non si hanno dubbi sull’opportunità della rivascolarizzazione completa (possibilmente nel ricovero indice), più dubbi rimangono sulla modalità di rivascolarizzazione, se guidata dall’angiografia convenzionale o da metodiche più precise quali la fisiologia coronarica o l’imaging intracoronarico. • C’è ancora spazio per le protesi meccaniche? Con l’avvento di nuove e più durature bioprotesi valvolari e con la possibilità di impianto valvolare transcatetere, la scelta tra protesi valvolare meccanica e biologica è divenuto un argomento estremamente dibattuto. Il cut-off di età che faceva da spartiacque tra impiantare una o l’altra, sotto i 65 anni protesi meccanica e sopra biologica, si è abbassato perché sempre più giovani scelgono di ricevere una bioprotesi per evitare la terapia anticoagulante orale. Eppure, le linee guida confermano il ruolo centrale delle protesi meccaniche, in particolare per alcuni sottogruppi di pazienti e gruppi di età e questo significa che le protesi meccaniche sono ancora ampiamente utilizzate in tutto il mondo, soprattutto nelle regioni extraeuropee o nordamericane. In questa rassegna, Giuseppe Santarpino et al. non solo riassumono le evidenze presenti in letteratura ma riportano anche una survey promossa dalla Società Italiana di Chirurgia Cardiaca. Infine, questo articolo si propone di riassumere i risultati più attuali registrati con l’uso di protesi meccaniche e le possibili strategie, soprattutto per la gestione della terapia anticoagulante orale, che possono migliorare la qualità di vita del paziente. • Paradossi in cardiologia In questo numero del Giornale, Vincenzo Polizzi et al. a nome dell’Area Cardioimaging dell’ANMCO propone una rassegna su un tema attualmente molto dibattuto, la stenosi aortica “paradoxical low flow-low gradient” caratterizzata da gradiente medio transvalvolare <40 mmHg, gittata sistolica indicizzata ≤35 ml/m2 e frazione di eiezione del ventricolo sinistro ≥50%. Questa tipologia di stenosi aortica è di frequente riscontro nella popolazione anziana, prevalentemente di sesso femminile e affetta da ipertensione arteriosa, e in generale da disfunzione diastolica come si verifica nell’amiloidosi cardiaca. La sua gestione rimane controversa sia dal punto di vista diagnostico sia dal punto di vista terapeutico. È stato elaborato pertanto un algoritmo diagnostico-terapeutico, in cui occorrono dapprima una valutazione multiparametrica, fatta di misure ecocardiografiche standard e di secondo livello (come la determinazione dell’energy loss index, dell’indice di velocità Doppler, del flow rate e del tempo di eiezione ventricolare sinistra indicizzato), nonché della valutazione del calcium score alla tomografia computerizzata. La prognosi della stenosi aortica “paradoxical low flow-low gradient” sembra addirittura peggiore di quella degenerativa dell’anziano e le opzioni terapeutiche sono rappresentate dalla sostituzione valvolare chirurgica o percutanea. Nei casi ad alto rischio chirurgico o anche nei pazienti asintomatici in follow-up in cui si opta per la strategia conservativa, il rischio di scompenso cardiaco è molto alto. • casi clinici Cerca, cerca e poi si trova… La diagnosi di pericardite costrittiva richiede spesso le migliori capacità mediche “investigative”. Il più delle volte si parte da molto lontano, uno scompenso destro in assenza di una patologia cardiaca strutturale, un’epatomegalia non ben definita, un’ascite senza corrispettivo sistemico, una congestione addominale inspiegabile, segni che possono entrare in diagnosi differenziale con tante altre patologie e dove l’eziologia cardiaca sembra inverosimile. Ciro Pollio Benvenuto et al. descrivono proprio uno di questi quadri subdoli, anzi sicuramente molto più complesso dell’atteso, in quanto una precedente epatopatia rendeva ancor più confuso il quadro clinico. Solo il metodo e un processo diagnostico logico-deduttivo come quello applicato dai migliori detective è riuscito a risolvere questo puzzle. • Fistola atrio-esofagea dopo procedura di ablazione Qualsiasi procedura invasiva prevede il rischio di complicanze. L’ablazione a radiofrequenza non sfugge a tale postulato anche se con un’obiettiva incidenza di complicanze maggiori attualmente estremamente bassa. Davide Di Lazzaro e il gruppo di Cardiochirurgia di Perugia riportano un raro caso di fistola atrio-esofagea, occorso circa 1 mese dopo l’esecuzione di una procedura di ablazione per fibrillazione atriale. Tale complicanza, se non individuata e trattata rapidamente, è gravata da un’elevata mortalità. È quindi essenziale una diagnosi precoce, prestando attenzione a sintomi spesso ambigui e aspecifici, e soprattutto predisporre un trattamento chirurgico tempestivo. Nel caso esposto dai colleghi cardiochirurghi il complesso intervento combinato di riparazione atriale ed esofagea è stato effettuato a cuore battente senza quindi il supporto della circolazione extracorporea, modalità quando possibile preferibile rispetto all’atriotomia con circolazione extracorporea. • documento di consenso Documento ANMCO/SIMEU sugli agenti di reversione delle terapie antitrombotiche Ad oggi sono molteplici e sempre più sicure le terapie antitrombotiche disponibili per il trattamento dei pazienti affetti da aterosclerosi, fibrillazione atriale e tromboembolia venosa. Tuttavia, le complicanze emorragiche associate a tali farmaci impattano significativamente in termini sanitari, sociali ed economici. Di recente, sono stati sviluppati specifici agenti di reversione dei farmaci antitrombotici valutati in piccoli studi di farmacodinamica o trial clinici dedicati. In questo numero del Giornale pubblichiamo un documento di consenso ANMCO/SIMEU che riassume le principali caratteristiche e gli studi di efficacia degli agenti di reversione attualmente disponibili e presenta delle possibili flow-chart operative in cui si definisce il loro possibile impiego nei pazienti con sanguinamento in atto o ad alto rischio di eventi emorragici maggiori. • imaging integratoonline only Imaging multimodale come ancora di salvezza Partendo dal sospetto clinico e dall’ECG, vengono utilizzate in modo sequenziale diverse metodiche di imaging cardiovascolare, evidenziando per ciascuna di esse i pro, i contro e il valore aggiunto nello specifico caso clinico, fino a giungere alla diagnosi corretta e al trattamento più appropriato. •