Empagliflozin: attuali indicazioni e aspetti pratici di utilizzo

Massimo Iacoviello1, Nadia Aspromonte2

1Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Università degli Studi, Foggia

2Dipartimento di Scienze Cardiovascolari, Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS, Roma

Empagliflozin is one of the drugs belonging to the class of sodium-glucose cotransporter 2 inhibitors that inhibit the reabsorption of sodium and glucose, at the level of the proximal renal convoluted tubule. The “serendipity” of empagliflozin was based on its unexpected beneficial effects in diabetic patients and then in patients affected by heart failure and/or chronic kidney disease regardless of the presence of diabetes. The aim of this review is to offer a complete update on the body of evidence on empagliflozin in heart failure, and also to provide a useful tool in daily clinical practice.

Key words. Empagliflozin; Heart failure; SGLT2 inhibitors.

INTRODUZIONE

Lo studio EMPA-REG OUTCOME ha dato il via ad un’eccezionale sequenza di studi che hanno dimostrato l’efficacia di una nuova classe di farmaci, gli inibitori del cotrasportatore sodio-glucosio di tipo 2 (SGLT2i)1. Come spesso avviene per alcune delle scoperte più rilevanti in medicina o in altre discipline scientifiche, ci siamo trovati di fronte ad un caso di “serendipity” poiché sono emerse evidenze inizialmente non ricercate2. L’EMPA-REG OUTCOME, infatti, nasceva dalla necessità di dimostrare la sicurezza di un nuovo farmaco ipoglicemizzante, empagliflozin, ma i risultati del trial sono stati sorprendenti al di là di ogni aspettativa. Non solo, infatti, empagliflozin si è mostrato sicuro, ma ha anche consentito di ridurre endpoint “hard” come mortalità, eventi cardiovascolari avversi maggiori (MACE) ed ospedalizzazioni per scompenso cardiaco rispetto al placebo, una eventualità mai osservata per i farmaci ipoglicemizzanti.

Lo studio EMPA-REG OUTCOME ha rappresentato solo l’inizio di una serie virtuosa di studi che è proseguita superando i confini del diabete mellito e confermando l’efficacia di tale classe dapprima nei pazienti con scompenso cardiaco, indipendentemente dalla concomitanza di diabete mellito3-5, e successivamente nei pazienti con malattia renale cronica6.

LE EVIDENZE DEL TRATTAMENTO CON EMPAGLIFLOZIN NEI PAZIENTI CON SCOMPENSO CARDIACO CRONICO

La dimostrazione dell’efficacia di empagliflozin nel ridurre gli eventi legati alla progressione dello scompenso cardiaco cronico deriva da due studi principali: EMPEROR-Reduced3 ed EMPEROR-Preserved4. Il primo ad essere pubblicato è stato lo studio EMPEROR-Reduced che ha esplorato l’efficacia di empagliflozin nel trattamento dello scompenso cardiaco con frazione di eiezione ridotta (HFrEF)3. Nello studio 3730 pazienti affetti da HFrEF in classe funzionale NYHA II-IV sono stati randomizzati in doppio cieco a ricevere empagliflozin 10 mg/die o placebo, in aggiunta al trattamento standard dell’HFrEF3. Al momento dell’arruolamento, i pazienti dovevano essere clinicamente stabili, con un intervallo dall’ultima ospedalizzazione di almeno 4 settimane. Tra i criteri di inclusione principali vi era anche l’assenza di storia di ipotensione (o pressione arteriosa sistolica <100 mmHg), la presenza di una velocità di filtrazione glomerulare (GFR) >20 ml/min/1.73 m2 e la presenza di valori elevati di frammento N-terminale del propeptide natriuretico di tipo B (NT-proBNP).

L’obiettivo primario era costituito da un endpoint combinato di mortalità cardiovascolare e ospedalizzazione per scompenso cardiaco. Gli obiettivi secondari nello studio erano invece rappresentati dal numero totale di ospedalizzazioni per scompenso cardiaco (inclusi il primo evento e le ricorrenze) e dalla variazione della GFR stimata (eGFR) durante il trattamento in doppio cieco.

Durante un follow-up mediano di 16 mesi l’outcome primario (morte cardiovascolare o ospedalizzazione per scompenso cardiaco) è stato del 19.4% per empagliflozin vs 24.7% con placebo (hazard ratio [HR] 0.75; intervallo di confidenza [IC] 95% 0.65-0.86, p<0.001), un risultato ascrivibile principalmente alla riduzione dei ricoveri per scompenso cardiaco. L’analisi di outcome secondari predefiniti ha mostrato una minore incidenza di esito renale composito avverso nel braccio in trattamento con empagliflozin (emodialisi cronica, trapianto renale, riduzione marcata e sostenuta dell’eGFR: HR 0.50, IC 95% 0.32-0.77, p<0.01) rispetto al placebo. Dei pazienti arruolati, il 50% era affetto da diabete, il 34% da pre-diabete (emoglobina glicata [HbA1c] 5.7-6.4%) e il 16% era normoglicemico (HbA1c <5.7%). È importante, tuttavia, notare come il risultato favorevole sia stato ugualmente ottenuto nei diabetici e nei non diabetici7.

Nessuna relazione è stata rilevata anche fra i valori basali di NT-proBNP e l’efficacia di empagliflozin nei pazienti arruolati nello studio EMPEROR-Reduced8. Tale dato è rilevante, considerando quanto il valore di NT-proBNP sia stato determinante nei criteri di arruolamento dello studio3,9. Se, infatti, la scelta di utilizzare elevati valori di NT-proBNP è stata utile al disegno del trial per selezionare pazienti maggiormente a rischio, il beneficio ottenuto da empagliflozin nell’EMPEROR-Reduced non è stato condizionato dai livelli del biomarcatore8.

L’altro aspetto clinico rilevante che emerge dalle ulteriori sottoanalisi dello studio EMPEROR-Reduced è l’assenza di interazione fra efficacia di empagliflozin e terapia di background10. Ciò è ancor più rilevante se si considera come, nello studio, i pazienti erano in terapia medica ottimizzata con un una percentuale consistente di pazienti in terapia con sacubitril/valsartan (18.3% in EMPEROR-Reduced vs 10.5% in DAPA-HF)3,11,12. Il dato supporta l’ipotesi che gli SGLT2i abbiano un effetto favorevole additivo, attraverso meccanismi d’azione che si integrano e potenziano gli effetti favorevoli delle altre classi farmacologiche raccomandate13-16.

Questi stessi meccanismi d’azione, consentono, verosimilmente, ad empagliflozin di ottenere effetti favorevoli rispetto al placebo indipendentemente dalla frazione di eiezione, ovvero, anche nei pazienti con scompenso cardiaco a frazione di eiezione lievemente ridotta (HFmrEF) ed a frazione di eiezione preservata (HFpEF)4,16-18. Lo studio EMPEROR-Preserved4, infatti, ha dimostrato per la prima volta la capacità di un farmaco di migliorare l’outcome in una popolazione di pazienti affetti da HFmrEF/HFpEF. La popolazione dello studio comprendeva 5988 pazienti con HFmrEF/HFpEF (frazione di eiezione >40%), sintomatici (classe NYHA II-IV), con o senza diabete di tipo 2. Tra i criteri di inclusione vi era anche la presenza di elevate concentrazioni di NT-proBNP, l’evidenza di un danno cardiaco strutturale o di una precedente ospedalizzazione per scompenso cardiaco negli ultimi 12 mesi. L’endpoint primario era costituito da un composito di morte cardiovascolare o ospedalizzazioni per scompenso cardiaco, mentre quelli secondari si basavano sulle ospedalizzazioni per scompenso cardiaco e sulle variazioni dell’eGFR.

Al follow-up medio di 26 mesi, empagliflozin ha ridotto significativamente l’endpoint primario (6.9 vs 8.7 eventi per anno ogni 100 pazienti; HR 0.79; p=0.0003), con un number needed to treat di 31, analogo all’EMPEROR-Reduced. Il risultato favorevole è stato indipendente dalla presenza di diabete ed è stato prevalentemente dovuto alla riduzione delle ospedalizzazioni per scompenso cardiaco.

La capacità di empagliflozin, con lo studio EMPEROR-Preserved, di dimostrare, per la prima volta, un’efficacia significativa su ospedalizzazioni o mortalità nei pazienti con HFpEF, ha consentito di riconoscerlo come primo farmaco innovativo per il trattamento dello scompenso cardiaco con frazione d’eiezione ventricolare sinistra >40%. Il valore clinico di empagliflozin è stato accertato dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) che ne ha riconosciuto l’innovatività condizionata sulla base del bisogno terapeutico importante e dell’elevata qualità delle evidenze presentate (ovvero la robustezza degli studi clinici)19.

Empagliflozin è, dunque, il trattamento di prima linea per i pazienti con HFpEF ed HFmrEF, con un indubbio valore aggiunto rispetto alle alternative terapeutiche finora disponibili.

LE EVIDENZE DEL TRATTAMENTO CON EMPAGLIFLOZIN NEL CONTINUUM CARDIORENALE

Come descritto in precedenza, nell’EMPEROR-Reduced, tra gli obiettivi secondari, vi era anche la valutazione delle differenze nel declino dell’eGFR tra pazienti in trattamento con empagliflozin e placebo. Analogamente a quanto osservato nei pazienti con frazione di eiezione ridotta, anche nell’EMPEROR-Preserved, l’effetto protettivo si traduceva in una nefroprotezione caratterizzata da un rallentato declino dell’eGFR (-1.25 vs -2.62 ml/min/1.73 m2/anno; p<0.0001) nei pazienti trattati con empagliflozin rispetto a placebo3.

Il dato di protezione renale era già emerso nei pazienti diabetici arruolati nello studio EMPA-REG OUTCOME20. Più recentemente lo studio EMPA-KIDNEY6 ha confermato tale effetto nei pazienti con malattia renale cronica. Nello studio sono stati arruolati pazienti con malattia renale cronica che avevano un’eGFR compresa fra 20 e 45 ml/min/1.73 m2 o fra 45 e 90 ml/min/1.73 m2 ma con un rapporto albumina/creatinina urinaria ≥200. L’outcome primario era un composito di progressione della malattia renale (definita come malattia renale allo stadio terminale, una diminuzione permanente dell’eGFR <10 ml/min/1.73 m2, una diminuzione sostenuta dell’eGFR ≥40% rispetto al basale o morte per cause renali) o morte per cause cardiovascolari. Tra i 6609 pazienti randomizzati, durante un follow-up mediano di 2 anni, la progressione della malattia renale o la morte per cause cardiovascolari si sono verificate nel 13.1% dei pazienti del gruppo empagliflozin vs il 16.9% del gruppo placebo (HR 0.72; IC 95% 0.64-0.82; p<0.001). I risultati erano coerenti sia tra i pazienti con che tra quelli senza diabete.

LE RACCOMANDAZIONI DELLE LINEE GUIDA

I brillanti risultati degli studi clinici hanno determinato le attuali raccomandazioni circa l’introduzione in terapia degli SGLT2i e di empagliflozin nel trattamento dei pazienti affetti da scompenso cardiaco21,22. Le linee guida 2021 della Società Europea di Cardiologia (ESC) raccomandano l’utilizzo degli SGLT2i tra i quattro pilastri della terapia per i pazienti con HFrEF, in quanto capaci di modificare la storia naturale della sindrome con classe di raccomandazione I e livello di evidenza A21. Inoltre, gli SGLT2i sono i protagonisti indiscussi del recente update 2023 delle linee guida ESC 2021 sullo scompenso cardiaco acuto e cronico: infatti per i pazienti con frazione di eiezione >40%, cioè i pazienti con frazione di eiezione lievemente ridotta o preservata, le linee guida raccomandano gli SGLT2i in classe IA, la più alta raccomandazione possibile, come per i diuretici23 (Figura 1).




È importante sottolineare anche che l’update 2023 delle linee guida ESC 2021 sullo scompenso cardiaco acuto e cronico prende in considerazione anche la prevenzione dello scompenso cardiaco nei pazienti ad alto rischio, come quelli con diabete e malattia renale cronica in base all’efficacia degli SGLT2i nei pazienti con diabete1 così come i risultati positivi degli studi sul paziente con malattia renale cronica6.

Gli SGLT2i sono farmaci sempre più rivoluzionari, capaci di modificare, nel prossimo futuro, l’approccio terapeutico sia in termini di prevenzione che di trattamento dello scompenso cardiaco cronico. L’update 2023 delle linee guida ESC 2021 sottolinea, per tale motivo, l’importanza di trattare precocemente i pazienti con scompenso cardiaco, con classe di raccomandazione I e livello di evidenza A, indipendentemente dalla frazione di eiezione, nonché di agire precocemente in prevenzione e gestione dell’ospedalizzazione23.

L’INTRODUZIONE DELLA TERAPIA CON EMPAGLIFLOZIN

Gli scenari clinici nel paziente con scompenso cardiaco a frazione di eiezione ridotta

L’implementazione delle raccomandazioni delle linee guida presenta alcuni aspetti pratici che dovrebbero essere considerati nella pratica clinica quotidiana in particolare nel paziente affetto da HFrEF. Il primo di questi aspetti è la necessità di introdurre le quattro classi raccomandate, tra cui gli SGLT2i e, quindi, empagliflozin, nel più breve tempo possibile. Tale strategia modifica radicalmente la precedente basata su una logica “stepwise”, che prevedeva l’introduzione e titolazione prima di inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE-inibitori) e beta-bloccanti e la successiva introduzione delle altre classi nei pazienti ancora sintomatici21. L’abbandono della logica “stepwise” si basa su diverse considerazioni. La prima è che tutte le classi farmacologiche hanno dimostrato un beneficio aggiuntivo in termini di riduzione significativa di eventi legati alla progressione dello scompenso cardiaco già precocemente durante il follow-up24-27. La seconda è che tali benefici sono, per le principali quattro classi raccomandate, indipendenti dalla terapia di background10,24,25. Considerata tale premessa comune vanno inevitabilmente differenziate le logiche di implementazione in base agli scenari clinici. Il medico prescrittore può infatti trovarsi di fronte a diverse tipologie di pazienti: il paziente affetto da HFrEF noto; il paziente ospedalizzato per scompenso cardiaco acuto o riacutizzato; il paziente con HFrEF de novo.

Il paziente con HFrEF noto rappresenta sicuramente lo scenario più frequente nella pratica clinica quotidiana in cardiologia. In questo paziente la terapia con le quattro classi di farmaci capaci di modificare la storia naturale della terapia è, generalmente, già quantomeno parzialmente ottimizzata, con una elevata probabilità che i pazienti siano già in terapia con un inibitore del sistema renina-angiotensina-aldosterone e/o un beta-bloccante. Implementare, in tali pazienti, in aggiunta alla terapia in corso, un farmaco come empagliflozin, che è in monosomministrazione, che non richiede una titolazione e che è ben tollerato, è particolarmente agevole. L’unico ostacolo potrebbe essere costituito dall’inerzia terapeutica causata dalla mancata percezione del rischio aggiuntivo che la ritardata prescrizione può causare già a brevissimo termine. Giova ricordare come nell’EMPEROR-Reduced, che ha arruolato i pazienti di questo scenario clinico, il beneficio nel ridurre l’endpoint composito era già a 12 giorni durante il follow-up26.

Nel paziente ambulatoriale con HFrEF di nuova diagnosi o de novo, l’implementazione della terapia con le quattro classi raccomandate può necessitare di strategie differenti in relazione a diversi aspetti, quali il profilo clinico, la terapia già in corso e le attuali limitazioni ministeriali di rimborsabilità. La raccomandazione è quella di implementare quanto prima le quattro classi farmacologiche introducendo inizialmente almeno bassi dosaggi.

I pazienti de novo già in trattamento con un ACE-inibitore o un sartano e/o con un beta-bloccante non sono infrequenti considerato che gran parte dei pazienti affetti da scompenso cardiaco hanno una storia di ipertensione arteriosa, diabete e/o cardiopatia ischemica. In tale contesto andrebbe anche sottolineato come i pazienti diabetici dovrebbero già essere in trattamento con SGLT2i al momento della diagnosi, sebbene i dati di “real world” indichino, purtroppo, una sottoprescrizione della classe in questi pazienti28. Va ricordato, a tal proposito, che nei pazienti diabetici gli SGLT2i, e dunque empagliflozin, possono essere inseriti da subito in base alle norme di prescrivibilità della Nota 10019. La presenza di una delle quattro classi già in corso consente, ovviamente, di procedere più rapidamente con l’introduzione di SGLT2i e/o la sostituzione con sacubitril/valsartan e/o l’aggiunta di un antialdosteronico. A seconda del profilo clinico si opterà per una sequenza differente ma sempre mirata a raggiungere l’implementazione delle quattro classi nel più breve tempo possibile29. Ad esempio, nel paziente iperteso senza congestione si potrebbe preferire l’introduzione precoce di sacubitril/valsartan in combinazione con SGLT2i, mentre nel paziente tachicardico l’introduzione di SGLT2i con contemporanea somministrazione e/o titolazione dei beta-bloccanti o di farmaci inibitori dell’attività del nodo del seno (ivabradina), per poi completare con la terapia poli-farmacologica da titolare nel corso del tempo.

Il paziente con scompenso cardiaco a frazione di eiezione preservata o lievemente ridotta

Per il paziente con frazione di eiezione >40%, cioè HFpEF e HFmrEF, con gli SGLT2i, finalmente abbiamo un’arma efficace, che va utilizzata come le linee guida indicano chiaramente, cioè in classe di raccomandazione I e livello di evidenza A23. Per questa tipologia di pazienti, infatti, in precedenza, a parte l’uso dei diuretici per risolvere la congestione, non c’erano strumenti terapeutici con evidenza di efficacia. Questo gruppo di pazienti, inoltre, ed in particolare i pazienti con HFpEF, ci pone di fronte ad una nuova sfida. Pur rappresentando i pazienti con HFpEF un peso epidemiologico importante nello scenario dello scompenso cardiaco, la diagnosi non è semplice. Sono, infatti, pazienti prevalentemente anziani, con più comorbilità, più frequentemente ospedalizzati, quando instabili nei reparti di medicina interna, meno seguiti negli ambulatori cardiologici dedicati allo scompenso cardiaco30. Per tale motivo occorrerà una stretta collaborazione tra dipartimento d’emergenza, reparti internistici, geriatrici e cardiologici per assicurare una diagnosi tempestiva ed un altrettanto trattamento precoce con SGLT2i, al fine di ridurre mortalità cardiovascolare e ospedalizzazioni per scompenso cardiaco. Ciò è ancor più rilevante se si considera che anche nell’EMPEROR-Preserved la riduzione delle ospedalizzazioni era estremamente precoce, già a partire dal 18° giorno di trattamento4.

Per ulteriori approfondimenti si rimanda alla Tabella 1 per empagliflozin, per il quale è disponibile una numerosa serie di articoli focalizzati su tipologie di pazienti e sottoanalisi dei trial di registrazione EMPEROR-Reduced e EMPEROR-Preserved7,10,25,26,31-46.




Paziente ricoverato per scompenso cardiaco

L’ospedalizzazione rappresenta un contesto che può facilitare l’applicazione di un approccio poli-farmacologico. Sempre di più, infatti, in questi anni, la fase post-acuzie e di pre-dimissione è stata considerata come strategica per l’inserimento della terapia farmacologica ottimale, come recentemente sottolineato dalle linee guida21,23. La pre-dimissione è il momento in cui inizia la presa in carico del paziente sia con l’ottimizzazione della terapia sia con l’inizio di quel programma di intervento basato su counseling e monitoraggio clinico che ha la naturale prosecuzione nell’ambulatorio dedicato allo scompenso cardiaco. Per quanto concerne l’ottimizzazione della terapia in pre-dimissione, l’ambiente ospedaliero consente uno stretto monitoraggio dei possibili eventi avversi, nonché una frequente valutazione di funzionalità renale ed elettroliti, diversamente da quanto consentito nel contesto ambulatoriale. I risultati di alcuni studi clinici hanno dimostrato come la terapia farmacologica del paziente con insufficienza cardiaca prescritta durante l’ospedalizzazione venga raramente implementata nei controlli a distanza, sottolineando l’importante ruolo del medico ospedaliero nell’ottimizzazione farmacologica in questo contesto47,48. Questo tema è ben affrontato dall’update 2023 delle linee guida ESC 2021 sullo scompenso cardiaco che recepiscono i risultati dello studio STRONG-HF49.

Lo studio STRONG-HF ha recentemente dimostrato la sicurezza e l’efficacia di un approccio basato su un inizio precoce delle terapie orali per l’insufficienza cardiaca (entro 2 giorni prima della dimissione) e nelle successive visite di follow-up pianificate dopo la dimissione, al fine di ridurre, in modo rilevante, gli eventi (mortalità cardiovascolare e riospedalizzazioni). Nello studio STRONG-HF gli SGLT2i non erano ancora raccomandati, ma le linee guida suggeriscono l’utilizzo precoce degli SGLT2i anche nei pazienti in pre-dimissione, in quanto non necessitano di titolazione e possono essere inseriti più facilmente rispetto alle altre classi di farmaci. A tal proposito, le linee guida declinano nel dettaglio i risultati di empagliflozin in questa categoria di pazienti post-acuti23.

ASPETTI PRATICI DI UTILIZZO DI EMPAGLIFLOZIN

All’interno di questa nuova strategia poli-farmacologica, pertanto, gli SGLT2i ed empagliflozin si inseriscono come uno strumento semplice e relativamente sicuro, da utilizzare in ciascuno degli scenari clinici descritti, con alcune accortezze da conoscere nell’approccio pratico al paziente (Figura 2).




Alcuni aspetti nell’utilizzo di empagliflozin ed, in generale della classe, meritano alcune considerazioni utili al suo utilizzo nella pratica clinica quotidiana. La Figura 2 riassume le indicazioni per l’inizio e monitoraggio della terapia con empagliflozin in un semplice decalogo.

Pressione arteriosa

Ipotensione ed ipovolemia possono essere considerati eventi attesi, tenuto conto del fatto che l’effetto glicosurico si accompagna ad una riduzione della pressione arteriosa3-5. Va sottolineato, a tal proposito, che tali eventi possono essere prevenuti attraverso un adeguamento della posologia del diuretico, come frequentemente accade nel mondo reale50. È anche importante ricordare il particolare trend della pressione arteriosa nei pazienti arruolati nello studio EMPEROR-Reduced36. Quando, infatti, la popolazione veniva distinta in base ai valori di pressione arteriosa basale, l’effetto di riduzione della pressione era più evidente nei pazienti con pressione arteriosa più elevata, mentre il gruppo con pressione arteriosa più bassa presentava un lieve trend verso l’aumento. Tali dati sottolineano come tale classe possa essere utilizzata con sicurezza anche in chi ha valori pressori tendenzialmente bassi.

Al momento della prescrizione, dunque, può essere opportuno informare il paziente della possibilità di ipotensione, della necessità di monitoraggio domiciliare della pressione arteriosa (già peraltro generalmente consigliato) e dell’eventuale necessità di riduzione del diuretico dell’ansa. In caso di pazienti stabili ed in ottimo compenso emodinamico, la riduzione del diuretico potrebbe essere già considerata al momento della prescrizione del farmaco.

Funzionalità renale

Gli effetti nefro-protettivi di empagliflozin sono stati già in precedenza menzionati nella descrizione dello studio EMPEROR-Reduced3 e sono stati ulteriormente confermati dalla recente pubblicazione del trial EMPA-KIDNEY6. Per la prima volta, con gli SGLT2i, abbiamo una strategia terapeutica capace di modificare il declino della funzionalità renale che caratterizza i pazienti con scompenso cardiaco51. L’effetto a livello renale è d’altro canto uno dei principali meccanismi attraverso i quali gli SGLT2i riescono a migliorare la prognosi dei pazienti indipendentemente dalla loro frazione di eiezione13-16. Per questi stessi meccanismi, dopo l’inizio di terapia con empagliflozin ed, in generale, con gli SGLT2i è possibile osservare un aumento della creatininemia con riduzione dell’eGFR. È importante sottolineare come tale caduta iniziale corrisponda agli effetti del farmaco e che in nessun modo corrisponde ad un danno renale. D’altro canto, a questa stessa caduta iniziale fa seguito, per questi stessi meccanismi, una straordinaria stabilizzazione della GFR che consente la prevenzione anche di eventi renali maggiori1,3,5. L’inizio della terapia con empagliflozin è possibile fino a 20 ml/min ed è sconsigliata solo in caso di grave compromissione della funzione renale (eGFR <20 ml/min/1.73 m2). Nella pratica clinica, dunque, è indispensabile una valutazione della funzionalità renale del paziente all’inizio del trattamento (al basale) e potrebbe essere utile la rivalutazione a distanza di 2 settimane, con un calo atteso dell’eGFR fino al 10-15% rispetto all’inizio del trattamento, nei pazienti con funzione renale iniziale maggiormente compromessa. In caso di una riduzione superiore dell’eGFR, in particolare nei pazienti stabili e senza congestione va, invece, considerata la possibilità di riduzione del diuretico, quando a tale caduta si osservi o si sospetti la presenza di ipovolemia.

Elettroliti plasmatici

Empagliflozin non ha mostrato un effetto rilevante sugli elettroliti plasmatici ma il suo utilizzo può essere associato ad una minore incidenza di iperkaliemia. Nello studio EMPEROR-Reduced, infatti, empagliflozin ha ridotto la frequenza di episodi di iperkaliemia e/o il ricorso ai nuovi leganti del potassio (6.5% vs 7.7%, rispetto al placebo: HR 0.82, IC 95% 0.71-0.95; p=0.01)31,52. Tale aspetto è particolarmente rilevante se si considera la possibilità di una migliore ottimizzazione della terapia con inibitori del sistema renina-angiotensina-aldosterone52.

Pazienti con e senza diabete mellito

Nei pazienti non affetti da diabete mellito, empagliflozin non ha mostrato un aumentato rischio di ipoglicemia (Tabella 2).




Ciò è legato all’inibizione del riassorbimento di sodio e glucosio solo quando vi è un aumento dei valori glicemici e della filtrazione glomerulare di glucosio. D’altro canto, nei soggetti diabetici, soprattutto con una GFR >60 ml/min/1.73 m2, empagliflozin è un farmaco con una significativa capacità ipoglicemizzante. Gli studi su empagliflozin e SGLT2i hanno anche dimostrato come a tale effetto si possa associare una significativa riduzione della massa corporea, dell’insulino-resistenza e degli indici di compenso glicemico. Per questi motivi, nei pazienti diabetici di tipo 2 è raccomandato uno stretto monitoraggio della glicemia plasmatica, specialmente in quelli in trattamento concomitante con insulina o altri farmaci ipoglicemizzanti. In questi pazienti non è infrequente la necessità, dopo inizio di terapia con SGLT2i, di modulare la restante terapia ipoglicemizzante da cui consegue la necessità di una stretta interazione con il diabetologo per l’ottimizzazione della terapia.

In caso, inoltre, di digiuno prolungato (come prima di interventi chirurgici) gli SGLT2i andrebbero sospesi per ridurre il rischio di chetoacidosi diabetica. Sono, infine, non indicati nei pazienti con scompenso cardiaco e diabete mellito di tipo 1.

Infezioni urinarie e genitali

In seguito all’introduzione di SGLT2i è stato descritto un aumento, in particolare nei pazienti diabetici, delle infezioni dei genitali esterni1. Tale aumentato rischio non è stato evidente negli studi condotti nei pazienti con scompenso cardiaco3-5. Meritano attenzione, tuttavia, i pazienti di età più avanzata o affetti da diabete, con più elevato rischio di infezioni micotiche. In generale, appare opportuno, comunque, consigliare un’accurata igiene personale, una stretta sorveglianza dei sintomi, e nel caso di infezioni fungine sintomatiche un trattamento specifico.

La Figura 3 riassume alcuni accorgimenti in caso di effetti indesiderati riportati in precedenza.




LA RIMBORSABILITÀ DEGLI INIBITORI DEL COTRASPORTATORE SODIO-GLUCOSIO DI TIPO 2: IL PIANO DI MONITORAGGIO AIFA

Attualmente la rimborsabilità di empagliflozin nel paziente con scompenso cardiaco cronico sintomatico prevede la compilazione di un piano terapeutico sul sito AIFA con la registrazione del paziente, compilazione dei criteri di eleggibilità e prescrizione. Il piano terapeutico di empagliflozin è unico indipendentemente dalla frazione di eiezione, che andrà indicata per accedere alla prescrizione di empagliflozin per un paziente con HFrEF oppure con HFpEF, secondo i criteri indicati dal piano terapeutico.

La rimborsabilità nei pazienti diabetici: la Nota 100

Una modalità alternativa (Figura 4) per la prescrizione di empagliflozin è la Nota 100, riservata ai pazienti diabetici19. La Nota consente la prescrivibilità di SGLT2i e di empagliflozin nei pazienti affetti da diabete mellito di tipo 2 indipendentemente dalla presenza di scompenso cardiaco e dalla frazione di eiezione.




Il trattamento con SGLT2i e, dunque, con empagliflozin è riservato, nella nota, ai pazienti diabetici di tipo 2 in cui la modifica dello stile di vita (terapia medica nutrizionale – dieta, attività fisica, astensione dal fumo per almeno 3 mesi) e la successiva somministrazione di metformina (se tollerata) non siano risultate sufficienti a raggiungere l’obiettivo individuale prestabilito di HbA1c (48 o 53 mmol/mol, corrispondenti a 6.5% e 7.0% rispettivamente).

La Nota 100 sottolinea l’importanza della prescrizione di un SGLT2i nei pazienti con scompenso cardiaco e/o in prevenzione primaria nel paziente ad alto rischio (presenza di danno vascolare aterosclerotico documentato; presenza di danno in un organo target; presenza di almeno tre fattori di rischio cardiovascolare (fra età >50 anni, ipertensione arteriosa, dislipidemia, obesità, fumo di sigaretta) o in prevenzione secondaria (ovvero in presenza di malattia cardiovascolare: cardiopatia ischemica, pregresso infarto miocardico, bypass aortocoronarico, angioplastica, procedura di rivascolarizzazione coronarica; malattia cerebrovascolare: pregresso ictus o attacco ischemico transitorio, rivascolarizzazione carotidea; arteriopatia periferica sintomatica).

A tal proposito vanno ricordati i benefici di empagliflozin osservati nello studio EMPA-REG OUTCOME1, nel quale la sua somministrazione, rispetto al placebo, era associata ad una riduzione dei MACE, della mortalità cardiovascolare e dell’ospedalizzazione per scompenso cardiaco. Tali dati hanno portato alle attuali indicazioni alla terapia con empagliflozin ed SGLT2i come terapia di prima linea in pazienti con malattia strutturale cardiaca53,54. In base a tali indicazioni, inoltre, pressoché in tutti i pazienti diabetici con scompenso cardiaco, indipendentemente dalla frazione di eiezione, empagliflozin trova indicazione come farmaco ipoglicemizzante.

La compilazione della Nota 100 è semplice. Non prevede una registrazione su sito AIFA ma solo la compilazione di un cartaceo, compilazione che può essere facilitata dal pdf editabile scaricabile dal sito AIFA. La successiva prescrizione del farmaco avverrà attraverso gli abituali canali prescrittivi da parte del medico di medicina generale. È necessario inserire pochi dati (medico prescrittore, telefono, indicazione se medico di medicina generale o della specialità, eventuale U.O. ed Azienda di appartenenza, dati anagrafici del paziente con codice fiscale e residenza). Va indicato se il paziente è in trattamento con metformina e l’eventuale intolleranza, nonché il mancato raggiungimento/mantenimento degli obiettivi glicemici individuali prefissati. Vanno indicate le principali motivazioni della strategia terapeutica che si propone di prescrivere (prevenzione cardiovascolare, scompenso cardiaco, malattia renale cronica). Vanno infine indicati i dati antropometrici (peso corporeo, altezza, indice di massa corporea), la HbA1c recente e l’obiettivo terapeutico, i valori di GFR e proteinuria. Va, infine, indicata la terapia antidiabetica prescritta e la data di rivalutazione.

La Nota 100 rappresenta sicuramente uno strumento particolarmente agile per la prescrizione degli SGLT2i nei pazienti diabetici e potrebbe essere sfruttata anche per i pazienti con scompenso cardiaco, indipendentemente dalla frazione di eiezione del ventricolo sinistro.

CONCLUSIONI

Empagliflozin è una delle molecole appartenenti alla classe degli SGLT2i con indicazione nei pazienti con scompenso cardiaco cronico sintomatico, indipendentemente dalla frazione di eiezione, per il miglioramento della prognosi. Empagliflozin dovrebbe essere prescritto quanto prima per modificare la storia naturale della sindrome, con riduzione di mortalità cardiovascolare e ospedalizzazioni per scompenso cardiaco, tenendo conto che il beneficio nel ridurre l’endpoint composito si osserva già a 12 e 18 giorni rispettivamente in HFrEF e HFpEF. In quest’ultima categoria di pazienti, il valore clinico di empagliflozin è stato accertato dall’AIFA che ne ha riconosciuto l’innovatività condizionata sulla base di un bisogno terapeutico importante e dell’elevata qualità delle evidenze presentate (ovvero la robustezza degli studi clinici).

La notevole tollerabilità e sicurezza, nonché l’utilizzo di un’unica dose, senza necessità di titolazione, facilitano notevolmente l’introduzione in terapia di empagliflozin nella fragile popolazione dei pazienti affetti da scompenso cardiaco, con un semplice sistema di monitoraggio rappresentato dalla sorveglianza dei sintomi e della funzionalità renale, nella consapevolezza che empagliflozin può essere utilizzato fino a 20 ml/min/1.73 m2 e che rallenta significativamente il declino della funzionalità renale.

Le linee guida riconoscono, per lo scompenso cardiaco, ad empagliflozin e SGLT2i, una indicazione di classe IA, evidenziando i dati di efficacia, indipendentemente dalla frazione di eiezione e nel contesto cronico e nella fase post post-acuzie e di pre-dimissione.

Per la prescrivibilità e rimborsabilità nei pazienti è necessario compilare un piano terapeutico AIFA e completare, a seconda delle regioni, eventuali altre procedure prescrittive. Per i pazienti diabetici è possibile anche l’utilizzo della Nota 100.

RIASSUNTO

Empagliflozin è una delle molecole appartenenti alla classe degli inibitori del cotrasportatore sodio-glucosio di tipo 2 che inibiscono il riassorbimento di sodio e glucosio a livello del tubulo contorto prossimale renale. È stata la molecola che ha dato il via alla “serendipity” di questa classe farmacologica. Una “serendipity” che ha prima mostrato un inatteso beneficio in termini di ospedalizzazioni per scompenso cardiaco nei pazienti diabetici e che, in seguito, ha confermato tali effetti nei pazienti con scompenso cardiaco cronico e malattia renale cronica indipendentemente dalla presenza di diabete mellito. Lo scopo di questa rassegna è quello di offrire un aggiornamento completo sulle evidenze relative ad empagliflozin nello scompenso cardiaco, ma anche uno strumento utile nella pratica clinica quotidiana.

Parole chiave. Empagliflozin; Inibitori di SGLT2; Scompenso cardiaco.

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