Prefazione

Fabrizio Oliva

Presidente Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (ANMCO)

Gli ultimi anni hanno rappresentato un periodo di particolare risonanza storica a livello mondiale. La comunità internazionale – e la Sanità in particolare – hanno fronteggiato momenti delicati, radicalmente destruenti del vivere quotidiano con importanti conseguenze socio-economico-culturali-sanitarie.

Fulcro di tale “eccezionale” realtà contingente è stata la pandemia da SARS-CoV-2 che ha profondamente minato e messo a dura prova la tenuta del Sistema Sanitario Nazionale (SSN), rivoluzionando e ridisegnando gli assetti clinico-assistenziali e attivando un percorso di resilienza dei medici e di tutto il personale sanitario.

In questo contesto straordinario, la Cardiologia italiana è andata incontro a mutazioni e rimodellamenti strutturali ed organizzativi particolarmente impattanti sulla governance di operatori e stakeholder.

L’incalzante sviluppo tecnologico, la necessità di implementare sia in acuto che in cronico il management dei pazienti cardiopatici – sempre più complessi e necessitanti di integrati approcci multidisciplinari – nonché le difficoltà nel “preservare” le risorse umane sanitarie sono diventati pressanti incentivi al miglioramento della gestione della “questione salute”.

Sette anni sono passati dall’ultima valutazione e descrizione dello stato organizzativo delle Cardiologie italiane. Il 7° Censimento ANMCO-SIC delle Strutture Cardiologiche italiane riferito all’anno 2015 aveva chiaramente e puntualmente delineato i modelli strutturali dell’epoca, le loro modalità di adozione nelle singole realtà cardiologiche italiane, la differenziazione delle unità operative italiane in termini di tipologia, complessità gestionale, risorse umane e tecnico-strumentali, nonché lo status evolutivo delle stesse rispetto al più recente passato.

Proprio le rinnovate asperità dei recenti anni e le crescenti incombenze gestionali hanno di fatto richiesto un nuovo sforzo per comprendere lo status attuale dell’intera Cardiologia italiana, ospedaliera ed universitaria, pubblica e privata. L’Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (ANMCO) si è impegnata nella redazione di questo 8° Censimento ANMCO delle Strutture Cardiologiche italiane riferito all’anno 2022 con la collaborazione del Centro Studi che ha coordinato la raccolta ed elaborazione dei dati pervenuti. Una relazione che era auspicata ma che la pandemia da SARS-CoV-2 ha dilazionato di due ulteriori anni rispetto alla quinquennalità precedentemente mantenuta e rispettata con i dati del 2005, 2010 e 2015.

La necessità del Censimento, in effetti, deriva da una serie di constatazioni di ordine socio-economico-sanitario.

I dati prodotti dall’Istituto Nazionale di Statistica (Istat) evidenziano una realtà sanitaria nazionale in crescente cambiamento1. Bisogna tener conto che in Italia l’età media della popolazione è in crescente incremento (80.1 anni per il sesso maschile, 84.7 anni per quello femminile) e non necessariamente ciò si accompagna ad una qualità di vita ottimale. Specificatamente, comorbilità e patologie cronico-degenerative possono pregiudicare in maniera determinante le attitudini individuali ad affrontare la quotidianità, e quindi compromettere irrimediabilmente autonomia e attività produttiva, incrementando la necessità di assistenza e di cure. È stato constatato che più dell’80% dei soggetti ultrasettantacinquenni possono soffrire di patologie cronico-degenerative, dato che sottolinea il notevole burden che il SSN deve considerare nei suoi compiti gestionali precipui. In effetti, è d’uopo considerare che siffatte situazioni epidemiologiche si ripercuotono inesorabilmente non solo in ambito sociale ed economico in termini di riduzione dei quality adjusted life-years e spese dirette/indirette per la gestione integrata farmacologica e non del paziente ma promuovono anche un incremento della prostrazione del SSN in virtù di finanziamenti limitati, personale ridotto, scarsità di posti letto e carichi burocratici di non facile sostenibilità.

Purtroppo le patologie cardiovascolari continuano ad essere la principale causa di morte a livello globale. Anche la situazione cardiologica italiana non consente rassicurazioni2. Stime recenti hanno evidenziato una prevalenza due volte superiore delle patologie cardiovascolari in Italia rispetto a quanto riscontrabile a livello globale, soprattutto quando consideriamo i numeri relativi alla cardiopatia ischemica. In tal senso, sebbene i tassi italiani di mortalità e di disabilità siano inferiori rispetto a quelli globali, valori di tassi di mortalità standardizzati per età di circa 113 casi/100 000 individui e di disability-adjusted life-years standardizzati per età di 1764/100 000 individui rimangono inaccettabilmente elevati.

In questo contesto, la necessità di comprendere e analizzare il quadro della struttura ed organizzazione della Cardiologia italiana diventa il primum movens per cercare di individuare i punti di criticità del Sistema ed implementarlo nella maniera più razionale possibile al fine di garantire ai pazienti il miglior management possibile per evitare la rapida progressione del loro stato clinico.

La pandemia da SARS-CoV-2 di certo non ha aiutato la Sanità nelle sue possibilità di implementazione dei percorsi gestionali ottimali dei pazienti, sia per quanto concerne il management delle comorbilità e delle patologie specifiche, sia in relazione al budget economico messo a disposizione. Stime recenti3 hanno effettivamente rilevato un drammatico decremento dei ricavi in Sanità durante il periodo pandemico a fronte di un innalzamento preoccupante dei costi su quasi tutto il territorio italiano. Ciò in virtù di un calo di ricoveri e prestazioni ambulatoriali derivati dallo stato quarantenale, nonché di un incremento dei costi per l’assunzione di personale e materiale per la gestione dei pazienti. I decreti legge n. 14, 18 e 34 del 2020, pur promuovendo l’aumento dei posti di terapia intensiva e il reclutamento di nuovo personale, hanno sancito l’aumento della spesa sanitaria a scapito di ricavi e di riutilizzo di questi ultimi per la corretta implementazione della gestione dei reparti e la promozione/salvaguardia della salute individuale.

In questo quadro si inseriscono anche disparità socio-economiche-sanitarie relative alle diverse aree geografiche italiane. La Cardiologia italiana – e più in generale il SSN – presenta un divario notevole in termini di quantità e qualità dei servizi forniti al cittadino dalle singole Regioni. Di certo la necessità di rientrare a vario titolo dalle défaillance finanziarie da parte delle Regioni compromette la possibilità di uniformare la gestione integrata del paziente e, di questo, la Cardiologia italiana sta soffrendo da parecchio tempo. Le difficoltà nel reperire il personale sanitario, la mancanza di una coerente presa in carico del paziente nell’immediato periodo post-dimissione sino al suo inserimento nei servizi di assistenza sanitaria territoriale ed ambulatoriale, la ridotta capacità delle singole strutture cardiologiche di poter riorientare al meglio le proprie attività per fornire assetti socio-sanitari più moderni e capaci di rendere centrale il paziente nella sua “patologica complessità” sono tutti aspetti che uniformano le realtà cardiologiche italiane e, al tempo stesso, le differenziano nelle diverse aree regionali in virtù di una gestione sanitaria individualisticamente concentrata sulla singola attitudine del sanitario piuttosto che ad un fattivo supporto istituzionale.

Le recenti disquisizioni circa il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) nella sua sezione dedicata alla sanità territoriale – per la quale sarebbero destinati più di 7 miliardi di euro di investimenti – potrebbe diventare un ottimo viatico per riorganizzare l’assistenza sanitaria non ospedaliera. Tuttavia, “dimenticarsi” di investire nell’Ospedale può diventare un’arma a doppio taglio quando si cerca di ottimizzare la gestione del paziente. Le prospettive provenienti dalle più recenti valutazioni scientifiche nazionali – soprattutto in ambito cardiologico – hanno sancito la necessità della precocità delle cure sin dal momento del ricovero. Per questo motivo la riorganizzazione e il potenziamento delle Unità Operative Cardiologiche deve essere un punto cruciale su cui concentrare le attenzioni politico-finanziarie dei prossimi anni.

Lo scopo precipuo di questo 8° Censimento ANMCO delle Strutture Cardiologiche italiane riferito all’anno 2022, dunque, è sì rappresentato dalla necessità di un update sul numero e sulla distribuzione delle strutture cardiologiche sul territorio italiano, sul loro assetto organizzativo, sulle attività svolte nonché sulla rilevazione del personale impiegato per lo svolgimento delle quotidiane attività clinico-assistenziali, sull’identificazione di centri specialistici nonché la rilevazione delle reti cliniche e formative messe a disposizione in ogni realtà regionale. Tuttavia, precipuo target è certamente fornire al lettore una indispensabile panoramica circa le modalità “reali” con cui la Cardiologia italiana de facto affronta quotidianamente la gestione dello stato di salute cardiovascolare degli italiani.

I dati raccolti, infatti, sono illuminanti nella definizione delle effettive disparità di gestione tra le diverse regioni in termini di accesso alle risorse sanitarie e management delle stesse. Essi forniscono informazioni sull’assetto strutturale, sulle dotazioni strumentali, sul personale, sulle attività assistenziali, sullo stato di attuazione delle reti cliniche e reti formative, la ricerca clinica e sull’impatto della pandemia COVID-19 sulla Cardiologia.

Non si tratta di un mero esercizio epidemiologico-statistico. I risultati della ricerca condotta con l’8° Censimento tracciano appunto un quadro attuale della situazione organizzativa della Cardiologia italiana, sottolineando di fatto le differenze che sussistono tra i diversi gruppi di lavoro disseminati sul suolo italiano. Ciò, in teoria, promuoverebbe la proposta di idee per la valorizzazione e l’implementazione delle diverse entità cardiologiche italiane al fine di una equalizzazione e standardizzazione nel fornire servizi di assistenza.

Gli investimenti previsti in ambito sanitario, infatti, sono da sempre stati esigui rispetto alle reali necessità. La diffusione della pandemia COVID-19 ha fatto emergere con evidenza drammatica alcuni già noti limiti del SSN. Sottolineare i dati carenziali in cui imperversiamo tramite un’analisi dettagliata e compartecipata dell’organizzazione e struttura delle Cardiologie italiane diventa un momento cruciale per ribadire la necessità di un pronto intervento da parte delle Istituzioni anche e soprattutto in Cardiologia, disciplina fulcro di innumerevoli interazioni e necessità non foss’altro per l’impatto mortale globale che la patologia cardiovascolare presenta.

Tanto è reale e sentita la necessità di “capire” lo status quo della Cardiologia italiana da parte dei governors delle varie unità operative, che l’adesione al Censimento è stata tra le più elevate delle ultime ricognizioni in materia: 99% delle Cardiologie ospedaliere ed universitarie, 96% delle Cardiologie private accreditate.

D’altro canto, lo scenario che è emerso dalla ricognizione ed analisi attenta dei dati risulta alquanto particolare e, per certi aspetti, nasconde tratti di amarezza per la consapevolezza che neppure la pandemia COVID-19 ha promosso un innovativo processo di adeguamento delle strutture cardiologiche italiane.

Rispetto al 2015, l’attività cardiologica complessiva – soprattutto in termini di prestazioni di maggiore complessità e alto contenuto tecnologico (emodinamica, elettrofisiologia, imaging cardiologico avanzato) – è stata in effetti incrementata nonostante l’evento pandemico intercorrente, a fronte, tuttavia, di un minimo ma costante ridimensionamento delle strutture complesse cardiologiche (-56), del numero di posti letto di terapia intensiva/degenza (-3%) e di riabilitazione (-7%). Inoltre, è interessante notare l’aumento del personale medico e infermieristico che, seppur lieve, ha prevalentemente interessato strutture cardiologiche universitarie e private accreditate rispetto alle ospedaliere. Sebbene tutto ciò possa costituire un provvedimento provvisorio frutto delle assunzioni straordinarie a tempo determinato durante il periodo pandemico e, dunque, con possibilità di ridimensionamento nell’immediata era post-epidemica, l’auspicio è che si riesca ad ottimizzare l’implementazione delle piante organiche onde far fronte alle rinnovate necessità cardiologiche della popolazione. La “regressione” gestionale del paziente cardiopatico, frutto dell’intermezzo pandemico che ha destabilizzato ed interrotto la continuità assistenziale, ha completamente alterato i processi di prevenzione primaria e secondaria. Questi ultimi, pertanto, vanno necessariamente recuperati nel più breve tempo possibile onde evitare il devastante impatto prognostico sulla popolazione. Ma ciò non è perpetrabile solo per mera volontà ed abnegazione individuale dei sanitari, quanto piuttosto basato sulla necessità di rivedere dotazioni organiche e rimodellare l’università al fine di recuperare il deficit di medici e soprattutto di infermieri dei nostri tempi.

Un dato interessante è rappresentato dalla telemedicina. Il Censimento evidenzia che un quarto delle Cardiologie propone servizi di consulenza per via telematica in modalità di televisita, telemonitoraggio, teleconsulto e telerefertazione. Siamo ancora lontani da una integrazione piena ed assoluta di questa nuova modalità di approccio al paziente e alle sue problematiche come appunto emerso proprio durante la segregazione domestica imposta dalla pandemia da SARS-CoV-2. La Missione 6 del PNRR concernente aspetti di salute pubblica offre incentivi per l’implementazione della telemedicina a livello territoriale. Abbiamo, dunque, a disposizione risorse finanziarie per poter raggiungere compiutamente i nostri pazienti sin nelle proprie abitazioni garantendo un monitoraggio costante e precipuo del loro status clinico. Vanno, però, adottate strategie immediate per la valorizzazione di questi finanziamenti e la loro concreta attuazione in vita pratica quotidiana.

Inoltre, il Censimento evidenzia la scarsa adozione di reti integrate per la gestione delle patologie cardiovascolari complesse. Al di là della rete STEMI organizzata in Hub & Spoke, appena un quinto delle strutture è, invece, dotata di un’organizzazione compartecipata per la gestione di storm aritmici o dello shock cardiogeno, per non parlare della riabilitazione cardiovascolare che ancora oggi continua ad essere trascurata e spesso dimenticata. Il divario Nord/Sud è ancor più preponderante in questo contesto e va necessariamente superato al fine di garantire una reale, puntuale e non attendistica gestione del paziente cardiopatico complesso.

Eppure, nonostante le difficoltà che la vita quotidiana lavorativa pone innanzi agli operatori sanitari, l’8° Censimento riporta il coinvolgimento di circa la metà delle Cardiologie – anche quelle ospedaliere – in attività di ricerca clinica. Bisogna considerare che investire in Ricerca e Sviluppo è importante al fine di garantire competitività, innovazione e crescita del SSN. In Italia, tra il 2011 e il 2020, il budget destinato alla Ricerca è cresciuto dall’1.2% all’1.5% del PIL, pur rimanendo costantemente e significativamente inferiore alla media dell’Unione Europea che nello stesso periodo è salita dal 2% al 2.3%4. Ciò nonostante, vanto ed orgoglio della Cardiologia nazionale è stata la capacità delle strutture e dei medici di riuscire ad integrare attività clinica e ricerca in un connubio che in ambito sanitario non può essere dissociato. Pur affrontando i limiti finanziari imposti, la dedizione verso la scienza medica e la sua evoluzione continuano a crescere, sperando in contributi più sostanziali anche in termini di incentivi.

La strada per rendere ancor più competitiva l’organizzazione cardiologica italiana è ancora lunga. Importanti investimenti finanziari sono necessari per cercare in primis di uniformare l’offerta sanitaria tra le diverse Regioni italiane, quindi implementare nettamente infrastrutture e servizi. Il tempo degli individualismi è terminato per far fronte non tanto agli “Ospedali di Comunità” quanto alla necessità di creare delle forti reti di interconnessioni capaci di rendere più agevole la gestione di patologie cardiologiche tempo- ed expertise-dipendenti. Inoltre, il rafforzamento dei processi di presa in carico dei pazienti e la regolamentazione dei sistemi di interazione ospedale-territorio, magari con l’ausilio di strumenti di telemedicina e/o creazione di percorsi dedicati, devono diventare il fulcro della futura gestione della Cardiologia italiana. Questo 8° Censimento ANMCO delle Strutture Cardiologiche italiane ha certamente posto le basi per una profonda riflessione sullo stato attuale di un apparato strutturale ed umano cardiologico nazionale che ha il dovere di crescere per fronteggiare le complesse sfide che le patologie cardiovascolari pongono costantemente. Non si tratta di un mero gioco di supremazia ideologica o di ottemperare a velleità di successo professionale individuale, quanto piuttosto una necessità comunitaria determinata dall’impatto che le patologie cardiovascolari hanno in termini sia di prognosi che di deterioramento della qualità di vita dei pazienti.

La rieducazione per il miglioramento dei servizi nasce non solo da noi sanitari ma specificatamente dalle Istituzioni che, consapevoli della reale situazione al 2022 e della necessità di migliorare profondamente il settore cardiologico in ogni sfaccettatura, devono impegnarsi all’avvio di una riorganizzazione che preveda l’interazione costante con gli stakeholder. L’8° Censimento ANMCO delle Strutture Cardiologiche italiane ha tracciato una via per la consapevolezza, sperando in una fattiva presa di posizione verso adeguate risoluzioni gestionali.

BIBLIOGRAFIA

1. Istat. Stili di vita e salute. https://www4.istat.it/it/anziani/stili-di-vita-e-salute [ultimo accesso 11 dicembre 2023].

2. Saglietto A, Manfredi R, Elia E, et al. Cardiovascular disease burden: Italian and global perspectives. Minerva Cardiol Angiol 2021;69:231-40.

3. Ufficio Parlamentare di Bilancio. Focus tematico n. 6/7 ottobre 2022: Gli effetti della pandemia sui bilanci delle Aziende ospedaliere. https://www.upbilancio.it/focus-tematico-n-6-7-ottobre-2022 [ultimo accesso 11 dicembre 2023].

4. Istat. Gli incentivi alle imprese per la ricerca e lo sviluppo. Anni 2015-2020. 20 settembre 2023. https://www.istat.it/it/files//2023/09/Focus_incentivi_RS_DEFINITIVO.pdf [ultimo accesso 11 dicembre 2023].