Dispositivi per la preparazione delle lesioni calcifiche del distretto periferico: stato dell’arte

Attilio Leone1, Nicola Verde1, Luigi Salemme2, Grigore Popusoi2, Armando Pucciarelli2, Michele Franzese2, Giuseppe Di Gioia2, Marco Ferrone2, Francesco Spione2, Sebastiano Verdoliva2, Raffaele Moscato1, Giovanni Esposito1, Tullio Tesorio2, Angelo Cioppa2

1Dipartimento di Scienze Biomediche Avanzate, Università degli Studi di Napoli “Federico II”, Napoli

2Unità di Cardiologia Interventistica, Clinica Montevergine, Mercogliano (AV)

Over the last few decades, endovascular revascularization techniques have revolutionized the treatment of peripheral artery disease, offering a less invasive alternative to surgery. However, the successful treatment of heavily calcified lesions is often compromised by various vascular complications, including recoils, dissections, and the need for target vessel reinterventions. This has prompted the development of several tools for lesion preparation, with the aim of achieving better procedural outcomes. This review aims to summarize the main characteristics and current evidence related to the available devices for preparing severely calcified peripheral lesions.

Key words. Atherectomy; Calcified lesions; Lithotripsy; Peripheral artery disease.

INTRODUZIONE

La prevalenza dell’arteriopatia obliterante degli arti inferiori è costantemente cresciuta negli ultimi decenni, con una stima attuale di più di 200 milioni di persone affette nel mondo1. Nel corso degli anni, si sono registrati notevoli progressi nel trattamento farmacologico dei pazienti con arteriopatia obliterante degli arti inferiori attraverso l’utilizzo di farmaci ipolipemizzanti ed agenti antitrombotici2. Tuttavia, è frequentemente necessario ricorrere a procedure invasive per migliorare i sintomi di claudicazione e trattare le lesioni determinanti ischemia critica di arto3.

Grazie agli avanzamenti tecnici e strumentali degli ultimi anni, il trattamento endovascolare rappresenta ad oggi la strategia terapeutica di prima linea nei pazienti con arteriopatia periferica4. L’alto tasso di successo procedurale raggiunto può essere inficiato dalla presenza di calcificazioni vascolari, frequentemente responsabili di complicanze, quali dissezioni flusso-limitanti e recoil precoce (dopo angioplastica con pallone ad alte pressioni), con la conseguente necessità di impianto di stent a rischio di espansione subottimale5. Per tale motivo, si è reso necessario lo sviluppo di dispositivi di modifica della placca che permettessero una migliore preparazione della lesione calcifica, favorendo il successivo impiego di cateteri a palloncino a rilascio di farmaco e migliorando i risultati a breve e medio termine in diversi distretti periferici6,7.

L’obiettivo di questa rassegna è offrire una panoramica sui dispositivi disponibili per la preparazione delle lesioni calcifiche del distretto periferico, riportandone caratteristiche tecniche ed attuali evidenze in letteratura. Le caratteristiche salienti di ogni sistema di preparazione della lesione, ed i principali vantaggi e svantaggi nel loro utilizzo, sono riassunti rispettivamente nelle Tabelle 1 e 2.







ATERECTOMIA ROTAZIONALE

L’aterectomia rotazionale è una tecnica ablativa che consente la modifica della placca calcifica attraverso la rotazione di una fresa ellittica posta all’estremità distale di un catetere flessibile, che permette un guadagno di area luminale proporzionale al diametro della fresa stessa. Attualmente nella pratica clinica vengono utilizzati cinque sistemi: il Jetstream atherectomy system (Boston Scientific, Maple Grove, MN, USA), il Phoenix rotational atherectomy system (Philips, Amsterdam, Paesi Bassi), il Rotarex rotational excisional atherectomy system (BD, Franklin Lakes, NJ, USA), il Peripheral Rotablator System (Boston Scientific) e la sua evoluzione, il Peripheral Rotapro rotational atherectomy system (Boston Scientific).

Il Jetstream (Figura 1A) è un dispositivo dotato di un sistema attivo di aspirazione dei detriti prodotti durante l’aterectomia per ridurre al minimo il rischio di embolizzazione distale degli stessi. Vi sono due cateteri di dimensioni minori (SC) e due cateteri di dimensioni maggiori (XC) con fresa composta da due porzioni: una anteriore, presente in entrambi i tipi di cateteri, costituita da 5 lame che permettono di ingaggiare la lesione, e una posteriore, presente solo nei cateteri XC, costituita da lame espandibili che consentono di massimizzare il guadagno di lume e di trattare vasi di diverso diametro. La velocità di rotazione target è di 70 000 rpm per i cateteri XC e 73 000 rpm per i cateteri SC. La porta di aspirazione si trova prossimalmente alle lame ed una seconda porta addetta al lavaggio del catetere è situata prossimalmente a quest’ultima. Il catetere è connesso ad una consolle che permette di controllare l’aterectomia, il lavaggio del sistema e il monitoraggio del volume ematico aspirato. I cateteri sono compatibili con introduttore da 7 Fr e viaggiano over-the-wire su guida di dimensione massima di 0.014”. L’utilizzo del Jetstream è indicato sia per il trattamento di lesioni trombotiche che per quello di lesioni severamente calcifiche, e la dimensione minima del vaso da trattare prossimalmente alla lesione deve essere di almeno 2.5 mm. Recenti evidenze, inoltre, ne hanno riportato l’utilizzo in maniera efficace anche nel trattamento delle restenosi intrastent8. Nonostante il sistema di aspirazione attivo, non è infrequente il verificarsi di fenomeni di embolizzazione, ed è pertanto consigliabile il posizionamento di un filtro distale.

Il Phoenix rotational atherectomy system (Figura 1B) è un sistema di aterectomia composto da due elementi: un catetere a doppio lume monouso ed un manipolo alimentato a batteria a cui è collegato il catetere. All’estremità distale del catetere è presente una fresa frontale (la cui velocità di rotazione raggiunge 10 000-12 000 rpm) collegata ad un albero di trasmissione che ne permette la rotazione. All’interno del catetere è presente una vite di Archimede che permette la rimozione meccanica del materiale escisso, ed il suo trasporto all’interno dell’intera lunghezza del catetere fino all’esterno, ad un serbatoio connesso all’estremità laterale del manipolo. La dimensione dei cateteri, compatibili con guida 0.014”, varia da 1.8 a 2.4 mm. Il catetere da 2.4 mm, utile per il debulking dei vasi di grande calibro, presenta anche un sistema di flessione della parte terminale in modo da direzionare la fresa secondo varie angolazioni permettendo un’aterectomia efficace delle lesioni eccentriche9. In base alle dimensioni, la compatibilità con gli introduttori varia dai 5 ai 7 Fr. Il diametro minimo del vaso su cui è possibile utilizzare questo sistema è 2.5 mm. È consigliato anche in questo caso l’utilizzo di un filtro distale per il rischio di embolizzazione di frammenti di materiale.

Il Rotarex rotational excisional atherectomy system è un dispositivo per trombectomia rotazionale che può essere utilizzato anche per effettuare aterectomia delle lesioni croniche. Il sistema si compone di un catetere ed un’unità esterna in cui è posizionato il motore. Alla punta del catetere è presente una testina rotante con delle aperture ai lati. Nella parte interna del catetere si trova un’elica rotante che permette sia l’aspirazione passiva del materiale frantumato secondo il principio della vite di Archimede, sia un’aspirazione attiva dovuta a una pressione negativa generata durante la rotazione della stessa. La velocità di rotazione della testina e dell’elica è di 40 000-60 000 rpm. Sono in commercio cateteri da 6 e 8 Fr per il trattamento di vasi di diametro dai 3 agli 8 mm. Anche per questo dispositivo è utile il posizionamento di un filtro distale per ridurre il rischio di tromboembolismo distale10.

Il Peripheral Rotablator System è composto da un catetere a fresa rotante di forma ovalare che nella metà distale è rivestito da microscopici frammenti di diamante delle dimensioni di 5 µ. Il catetere è compatibile solamente con una guida dedicata da 0.009” (Rotawire). La fresa è disponibile in diverse dimensioni, da 1.25 mm a 2.5 mm, ed in base a queste necessita di un introduttore dai 5 agli 8 Fr. L’area luminale ottenuta dipende dalla fresa utilizzata. È consigliato adottare un catetere che abbia un rapporto tra il diametro della fresa e il diametro stimato del vaso di 0.4-0.6. Il tempo massimo di utilizzo del catetere è di 15 min, passati i quali è raccomandata la sostituzione, poiché l’azione della fresa diventa inefficace. L’azione rotante della fresa diamantata sulla placca produce dei frammenti di dimensioni inferiori rispetto a quella dei globuli rossi; pertanto, l’embolizzazione di questi non dovrebbe creare ostruzione del circolo distale. È possibile raggiungere velocità di rotazione di 190 000 rpm. Il catetere, per essere utilizzato, ha bisogno di essere collegato mediante uno shaft all’advancer dove è localizzata la manopola che permette il controllo della fresa. L’advancer, a sua volta, è collegato ad una consolle che, mediante la turbina, permette il movimento rotazionale della fresa. Durante l’utilizzo del sistema vi è un circuito che inietta soluzione salina eparinizzata. La rotazione della fresa viene attivata dall’operatore mediante un apposito pedale.

Per semplificare l’utilizzo di questo sistema, la ditta produttrice ha immesso in commercio una nuova versione, il Peripheral Rotapro (Figura 1C). La differenza sostanziale rispetto al primo sistema risiede nelle ridotte dimensioni della consolle di comando e nella possibilità di azionare la fresa direttamente dall’advancer, soppiantando l’utilizzo del pedale e semplificandone l’uso da parte degli operatori.

ATERECTOMIA ORBITALE

L’aterectomia orbitale è una metodica basata sulla modifica della placca mediante un catetere che presenta all’estremità una fresa diamantata eccentrica. Questa viene collegata ad una consolle pneumatica che ne permette un movimento orbitale ottenendo il fresaggio della placca mediante la generazione di forza centrifuga. La differenza sostanziale rispetto all’aterectomia rotazionale risiede in un guadagno di area luminale indipendente dalle dimensioni della fresa, ma determinato dalla velocità di rotazione della stessa con ottenimento di movimenti orbitali più o meno ampi. Peculiarità dell’aterectomia orbitale è la possibilità di utilizzo anche in retrogrado, a differenza degli altri sistemi che lavorano solo ingaggiando la placca in anterogrado.

L’unico sistema per aterectomia orbitale attualmente in commercio è il Diamondback 360 peripheral atherectomy system (Abbott, Abbott Park, IL, USA) (Figura 1D). Esso può essere utilizzato solamente con guida dedicata (ViperWire) da 0.014”, che fornisce un maggior supporto rispetto alla RotaWire da 0.009” utilizzata per l’aterectomia rotazionale con sistemi Rotablator e Rotapro. È consigliato un tempo massimo di utilizzo del sistema di aterectomia orbitale di 9 min per ogni ViperWire.

Sono disponibili tre tipi differenti di corona: la micro-corona solida, utile nel trattamento di vasi tortuosi, con angoli acuti e nelle lesioni al di sotto del ginocchio; la corona solida, il cui utilizzo è raccomandato nelle lesioni più calcifiche e che garantisce la maggior rimozione di placca; la corona classica, che è quella maggiormente flessibile, utile nelle tortuosità ad angolo acuto, nelle lesioni ostiali e in quelle al di sotto del ginocchio11. Le dimensioni delle corone variano da 1.25 mm a 2 mm. Il Diamondback è l’unico dispositivo da aterectomia compatibile con introduttore da 4 Fr (per le corone di dimensioni di 1.25 mm) e può richiedere introduttori fino a 7 Fr. Inoltre, sono in commercio dei cateteri con shaft più lungo (200 cm) disegnati per l’utilizzo da accesso radiale.

Al catetere ed alla consolle esterna è collegato un circuito in cui circola una soluzione salina eparinizzata a cui viene aggiunta una soluzione ad azione lubrificante e raffreddante (ViperSlide). Prima dell’utilizzo del sistema è necessario effettuare un priming del circuito di lubrificazione ed accertarsi che il paziente non sia allergico alle proteine dell’uovo poiché la soluzione lubrificante ne contiene tracce.

La velocità di rotazione della fresa può variare da 60 000 a 140 000 rpm. La velocità di rotazione, l’avanzamento e la retrazione della fresa sulla guida vengono controllati attraverso un advancer collegato allo shaft del catetere. Ogni corsa della fresa rotante deve durare circa 20-25 s e tra una corsa e l’altra è necessario attendere lo stesso tempo in modo da permettere il raffreddamento del sistema.

Il catetere non è dotato di sistema aspirante e si ritiene che i frammenti non siano di dimensioni rischiose per il circolo distale; tuttavia, potrebbe essere utile l’utilizzo di un filtro di protezione.

ATERECTOMIA DIREZIONALE

L’aterectomia direzionale si basa sull’utilizzo di un catetere che presenta all’estremità distale una lama, che permette il taglio e pertanto la rimozione meccanica della placca. Per esercitare l’azione di taglio, il catetere può essere ruotato in varie direzioni e spesso sono necessari vari passaggi per ottenere il risultato desiderato. Il vantaggio di questa metodica risiede nella possibilità di poter direzionare l’azione della lama, ottenendo un buon debulking delle placche eccentriche e focali. Il materiale rimosso viene raccolto all’interno del catetere, che deve essere svuotato prima di procedere ad ulteriore utilizzo.

Il Silverhawk, il Turbohawk (Figura 1E) ed il più recente HawkOne (Medtronic, Minneapolis, MN, USA) sono dei sistemi di aterectomia direzionale approvati con marchio CE.




Il SilverHawk è un sistema composto da un catetere che presenta una lama rotante, azionata da un motore esterno a cui viene collegato nella porzione termino-laterale. La lama rimuove la placca e ne permette l’accumulo all’interno dell’area di raccolta. Il TurboHawk è un sistema simile, ma composto da quattro lame sagomate che permettono una maggior rimozione di placca. L’HawkOne, infine, è il sistema messo in commercio più di recente. È stato sviluppato per ottenere un’aterotomia ancora più aggressiva nelle lesioni severamente calcifiche. È composto da una sola lama, montata su una piattaforma 7 Fr compatibile, con una crossability migliorata, ed è equipaggiata con un sistema di lavaggio che semplifica il processo di pulizia del catetere traducendosi in un risparmio di step da eseguire e di tempo procedurale impiegato. Tutti e tre i dispositivi sono disponibili in varie dimensioni per l’utilizzo in vasi di diametro compreso tra 1.5 e 7 mm. Le complicanze più comuni associate all’uso di questo tipo di dispositivi sono l’embolizzazione distale (prevenibile con l’utilizzo di filtri), la perforazione e l’occlusione acuta del vaso12.

Di recente un ulteriore sistema per aterectomia direzionale ha ricevuto il marchio CE, il Pantheris OCT-guided lumivascular atherectomy device (Avinger Inc., Redwood City, CA, USA). Il Pantheris è un catetere over-the-wire che integra un sistema di imaging basato sulla tomografia a coerenza ottica ottenendo una migliore visualizzazione della placca, potendo direzionare il taglio verso la parete vasale malata e risparmiando la porzione sana, con ottimizzazione del risultato e riduzione delle complicanze13. Il catetere presenta una lama all’estremità termino-laterale, simile a quella presente negli altri sistemi precedentemente descritti, che taglia la placca e ne permette la raccolta. Inoltre, nella porzione prossimale alla lama è posizionato un pallone che viene gonfiato prima del taglio grazie al quale è possibile regolare la profondità alla quale esso avviene. Questo sistema consente una diretta visualizzazione del lume arterioso durante l’arteriotomia con riduzione all’esposizione di radiazioni ionizzanti, necessitando però dell’utilizzo di un maggior volume di mezzo di contrasto. Vi sono in commercio tre differenti cateteri (compatibili con introduttori da 6 e 7 Fr) che possono essere utilizzati in vasi che vanno dai 3 ai 7 mm di diametro.

LITOTRISSIA ENDOVASCOLARE

L’unico sistema in commercio attualmente per eseguire questo tipo di preparazione della lesione è il sistema Shockwave (Shockwave Medical, Santa Clara, CA, USA) (Figura 2A), che combina due meccanismi: l’angioplastica con catetere a palloncino e l’impiego di ultrasuoni. Il sistema è formato da tre componenti: il catetere, i cavi connettori ed un generatore a cui si collega.

Il catetere Shockwave presenta all’estremità distale un palloncino e degli emettitori di ultrasuoni. Quando il sistema viene azionato, vengono prodotti degli ultrasuoni con andamento pulsatile e ad una frequenza specifica tale da creare delle fratture nel calcio superficiale e profondo della parete vasale con minimo danno per i tessuti sani (principio della litotrissia). A differenza dei sistemi precedentemente descritti, questo sistema non comporta una rimozione fisica della placca e del calcio, che restano in situ, azzerando di fatto il rischio di embolizzazione distale di materiale.

Sono disponibili tre cateteri over-the-wire per eseguire la litotrissia endovascolare nel distretto periferico: (1) lo Shockwave S4 presenta un pallone di dimensioni che variano dai 2.5 ai 4.0 mm di diametro, con lunghezza del pallone da 40 mm e lunghezza dello shaft da 135 cm (che permette il suo utilizzo anche da arteria radiale), compatibile con guida da 0.014” ed introduttore 5 Fr. Questo è il catetere più utilizzato per la preparazione delle lesioni infra-genicolari; (2) il catetere M5, disegnato per trattare le lesioni del distretto iliaco e femoro-popliteo, invece, è disponibile con pallone dai 3.5 a 7 mm di diametro e 60 mm di lunghezza, shaft del catetere lungo 110 cm e compatibilità con introduttore 6 o 7 Fr a seconda delle dimensioni; (3) il catetere M5+ è simile all’M5, ma arriva fino agli 8 mm di diametro ed ha uno shaft più lungo (da 135 cm)14,15.

Dopo aver scelto adeguatamente il pallone da utilizzare (generalmente con rapporto di 1:1 rispetto al diametro del vaso) ed aver rimosso attentamente l’aria al suo interno, si gonfia il pallone a 4 atm e si attiva il sistema dal generatore, con emissione di 10 impulsi di energia a cicli. Successivamente si porta il pallone a 6 atm e si procede allo sgonfiaggio. Sono necessari multipli cicli per ottenere l’efficacia del trattamento e ad ogni ciclo bisogna sempre sgonfiare il pallone. Ogni catetere presenta un numero di impulsi/cicli massimi erogabili dopo il quale la sua efficacia viene meno.

ATERECTOMIA LASER

L’aterectomia laser è un sistema basato su catetere a fibra ottica che emette energia nello spettro dell’ultravioletto (lunghezza d’onda intorno ai 300 nm). L’energia laser emessa garantisce l’ablazione della placca grazie a tre meccanismi distinti: (1) un effetto fotochimico, basato sulla rottura di legami molecolari carbonio-carbonio; (2) un effetto fototermico, con conseguente vaporizzazione dei tessuti grazie all’incremento dell’acqua intracellulare, che causa citolisi e genera bolle di vapore all’estremità del catetere; (3) un effetto fotomeccanico, dovuto all’espansione e all’implosione delle bolle di vapore che rompono la placca e permettono di eliminare i prodotti generati dall’ablazione. Tali prodotti generati sono di dimensioni inferiori ai 10 µm con minimo rischio di embolizzazione ed occlusione del circolo distale16.

In commercio vi sono vari sistemi basati su catetere laser. Tra questi il Turbo-Elite, il Turbo-Power ed il Turbo-Tandem (Philips, Amsterdam, Paesi Bassi)12.

Questi cateteri emettono energia a 308 nm e sono da collegare ad un generatore esterno (il CVX-300) di grosse dimensioni. Possono essere utilizzati sia per le lesioni de novo che per le restenosi intrastent ed il catetere Turbo-Elite può anche essere utilizzato per le lesioni incrossabili con la guida. Immediatamente prima e dopo l’attivazione del catetere è necessario iniettare soluzione salina. L’utilizzo di mezzo di contrasto iodato, invece, provoca un maggior assorbimento di energia da parte dei tessuti con potenziale rischio di dissezioni e perforazioni. I diametri dei cateteri variano da 0.9 a 2.5 mm, compatibili con introduttori dai 4 agli 8 Fr e guide dai 0.014” ai 0.035” in base alle dimensioni.

Un ulteriore sistema da aterectomia laser, l’Auryon è stato sviluppato da Angiodynamics (Latham, NY, USA). Sono in commercio cateteri di varie dimensioni, dai 0.9 a 2.35 mm di diametro, compatibili con introduttori dai 4 ai 7 Fr, che emettono impulsi a 355 nm. Il generatore a cui si collegano i cateteri è meno ingombrante rispetto a quello prodotto da Philips. Per un’efficace aterectomia e per minimizzare le possibili complicanze il catetere andrebbe avanzato ad una velocità di 0.5-1 mm/s iniettando soluzione salina17.

PALLONI (CHOCOLATE/CUTTING/SCORING BALLOON)

La preparazione delle lesioni calcifiche nel distretto periferico può infine essere effettuata attraverso diversi palloni non convenzionali. Tra questi, il Chocolate PTA Balloon Catheter (Medtronic, Maple Grove, MN, USA) (Figura 2B), un pallone semi-compliante che possiede una struttura in nitinolo che si espande insieme al pallone determinandone un profilo a “cuscini” e “scanalature” che permettono di ottenere una dilatazione ed una distribuzione controllata della forza radiale sulla placca, risultando in multiple piccole dissezioni (essenziali per la preparazione della lesione) che limitano il rischio di dissezioni flusso-limitanti. Viene utilizzato con un rapporto diametro pallone/luminale di 1:1, dal distretto iliaco a quello infra-genicolare18.

I cutting balloon (Figura 2 C), invece, sono dispositivi composti da un catetere a palloncino convenzionale non compliante con 3-4 lame disposte longitudinalmente che permettono l’aterotomia durante l’insufflazione (in genere effettuata a basse atmosfere) con la creazione di profondi tagli all’interno della placca. Le lame, a pallone sgonfio, sono disposte all’interno di scanalature per evitare traumi della parete vascolare durante i movimenti del pallone, venendo fuori solo durante la fase di insufflaggio. Questo meccanismo permette l’utilizzo in sicurezza del sistema e la costante ma gentile dilatazione della placca, minimizzando il barotrauma che è uno dei principali fattori implicati nella restenosi della lesione, causata dalla risposta infiammatoria della parete vasale post-angioplastica. A causa del concreto rischio di complicanze, essi non vengono generalmente utilizzati con rapporto 1:1 rispetto al diametro del vaso. Questo sistema può essere efficacemente utilizzato per il trattamento delle stenosi fibrose dell’arteria renale in età pediatrica e nelle stenosi delle fistole artero-venose dei pazienti dializzati19,20.

Gli scoring balloon (Figura 2D) sono cateteri a palloncino che presentano polimeri plastici di varia natura disposti elicoidalmente. Durante il gonfiaggio del pallone, la forza radiale viene trasmessa alle spirali che ruotando e slittando sulla placca, ne provocano la fissurazione e la lacerazione, permettendo allo stesso tempo un’applicazione controllata delle forze con il minimo rischio di perforazioni vasali e dissezioni flusso-limitanti.




Esistono limitate evidenze a supporto dell’utilizzo di questi palloni nel distretto femoro-popliteo; infatti, mancano studi randomizzati di confronto con palloni da angioplastica convenzionale. Nonostante ciò, esistono in letteratura vari registri che ne hanno dimostrato le indicazioni di utilizzo, la sicurezza e l’efficacia sia nelle lesioni de novo che nel trattamento della restenosi intrastent21,22.

CONCLUSIONI

I dispositivi disponibili per la preparazione delle lesioni calcifiche del distretto periferico rappresentano uno strumento importante per ottenere migliori risultati procedurali sia nel breve che nel medio termine, consentendo il miglioramento dei sintomi e della qualità di vita dei pazienti affetti da arteriopatia obliterante. Allo stato attuale, non esistono dati di comparazione tra i diversi dispositivi disponibili, ma ognuno di essi presenta delle peculiarità che lo rendono più adatto all’utilizzo in alcuni tipi di lesioni. Appare necessario ottenere dati di qualità sui risultati a lungo termine e sull’utilizzo delle tecniche ibride (per esempio la combinazione di aterectomia e palloni medicati) sempre più presenti nella pratica clinica.

RIASSUNTO

Negli ultimi decenni, le tecniche di rivascolarizzazione percutanea hanno rivoluzionato il trattamento della malattia aterosclerotica periferica, offrendo un’alternativa terapeutica meno invasiva rispetto alla chirurgia. Ad ogni modo, il successo del trattamento di lesioni severamente calcifiche è spesso compromesso da alcune complicanze vascolari, tra cui il recoil, le dissezioni e la necessità di reintervento sul vaso target. Ciò ha spinto lo sviluppo di diversi strumenti per la preparazione delle lesioni, con l’obiettivo di ottenere migliori risultati procedurali. Questa rassegna mira a riassumere le principali caratteristiche e l’evidenza attuale relativa ai dispositivi disponibili per la preparazione delle lesioni periferiche severamente calcifiche.

Parole chiave. Arteriopatia periferica; Aterectomia; Lesioni calcifiche; Litotrissia.

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