In questo numero

rassegne




L’infarto “complicato” è ancora un nemico che fa paura

Oggi i tassi di mortalità dell’infarto miocardico acuto, con l’avvento dell’angioplastica primaria o di salvataggio, si sono ridotti significativamente e molto spesso un paziente non riporta alcun danno dopo una tale drammatica esperienza. Eppure, nonostante l’avanzamento tecnico e tecnologico, ancora oggi abbiamo un certo numero di pazienti che sviluppano complicanze post-infartuali, quali la rottura della parete libera del ventricolo sinistro, lo pseudoaneurisma ventricolare, la rottura del muscolo papillare e la rottura del setto ventricolare, eventi che impattano in maniera drammatica sia sulla sopravvivenza che sulla qualità di vita di questi pazienti che necessitano prevalentemente di un intervento di natura chirurgica. Tuttavia, gli approcci percutanei (come l’iniezione di colla di pericardiofibrina per la rottura della parete libera del ventricolo sinistro, la riparazione transcatetere “edge-to-edge” della valvola mitrale per rottura del muscolo papillare e la chiusura del dispositivo per lo pseudoaneurisma ventricolare o la rottura del setto) sono stati proposti in pazienti selezionati ad alto rischio o non operabili, o in soggetti con caratteristiche ideali per la fattibilità, come alternative terapeutiche alla chirurgia aperta. L’obiettivo della presente rassegna, sviluppata dal gruppo SICCH Young, è quello di fornire una panoramica completa delle strategie percutanee per la gestione delle complicanze meccaniche post-acute dell’infarto miocardico. •




Il cateterismo arterioso polmonare in UTIC: quando e come usarlo

Dopo una parziale riduzione dell’utilizzo del cateterismo arterioso polmonare, la necessità di diagnosticare, monitorizzare e gestire adeguatamente quadri complessi quali le diverse forme di insufficienza cardiaca acuta e di shock cardiogeno ha rinnovato negli ultimi anni l’interesse e il ruolo centrale di questa preziosa metodica in ambito di terapia intensiva cardiologica. La completa rassegna di Luca Baldetti et al. analizza dettagliatamente e criticamente le varie condizioni cliniche in cui un monitoraggio emodinamico è essenziale, fornendo anche alcuni semplici ma esaurienti schemi per poter comprendere quando e quali parametri ricercare. Di particolare interesse è la guida pratica per l’interpretazione dei parametri emodinamici che il cateterismo arterioso polmonare è in grado di fornire, assieme alla spiegazione dei più comuni errori di lettura o interpretazione delle curve di pressione che rendono la rassegna uno strumento molto utile non solo al cardiologo intensivista ma anche al cardiologo clinico. •




Arresto cardiaco in età pediatrica: dramma evitabile?

In questa rassegna Elisabetta Mariucci et al. prendono in considerazione l’arresto cardiaco in età pediatrica, un evento raro ma potenzialmente evitabile. La rassegna si sviluppa attraverso la descrizione di casi clinici patognomonici che rappresentano le cause principali di questo drammatico evento in età pediatrica: canalopatie e cardiomiopatie, anomalie coronariche, preeccitazione ventricolare anche in chi è considerato a basso rischio, sindrome di Brugada, sindrome del QT lungo. Attraverso i casi clinici in modo deduttivo ed a volte induttivo vengono sottolineati gli aspetti attraverso i quali possono essere diagnosticate le cause potenzialmente causa di arresto cardiaco in età pediatrica. Il lettore viene preso per mano e condotto attraverso un iter clinico strumentale che mostra come le condizioni che possono potenzialmente causare un arresto cardiaco possono essere se non diagnosticate, almeno sospettate attraverso una valutazione cardiologica completa comprensiva di anamnesi, ECG ed ecocardiogramma transtoracico. •




Colesterolo basso: tra certezze e dubbi

Nella pratica clinica sta diventando sempre più frequente incontrare pazienti con livelli di colesterolo bassi. Sulla base della letteratura scientifica, Stefania Angela Di Fusco et al. nella loro rassegna discutono su quando considerare i livelli di colesterolo LDL bassi o molto bassi. Vengono confrontate le metodiche comunemente utilizzate per quantificare le concentrazioni plasmatiche di colesterolo LDL, evidenziandone i limiti in termini di accuratezza proprio nei soggetti con livelli più bassi. Partendo dall’osservazione che il colesterolo svolge funzioni biologiche cruciali, la rassegna analizza le conseguenze fisiopatologiche dell’ipocolesterolemia portando all’attenzione i meccanismi di regolazione della sintesi di colesterolo a livello cellulare e le evidenze in termini di impatto clinico fornite dalle forme di ipocolesterolemia geneticamente determinata, con un’analisi critica delle evidenze in merito agli eventi avversi comunemente temuti. Infine, vengono discusse le implicazioni pratiche nella gestione dei pazienti con colesterolo basso o molto basso puntualizzando i dimostrati benefici associati alla riduzione del rischio cardiovascolare secondario alla riduzione del colesterolo fino a livelli di colesterolo LDL molto bassi. •




L’ipertensione arteriosa secondaria

Nella maggioranza dei pazienti l’ipertensione arteriosa è “essenziale”, ossia non è possibile evidenziare con certezza una precisa malattia alla base dell’aumento dei valori pressori. Tuttavia, in una percentuale variabile di pazienti, che può arrivare ad oltre il 20%, l’ipertensione arteriosa può essere sostenuta da cause precise (ipertensione secondaria), che andrebbero riconosciute ed opportunamente trattate al fine di ridurre al massimo il rischio cardiovascolare del paziente. In una dettagliata rassegna su questo tema, Paolo Verdecchia et al. fanno notare che molti pazienti con ipertensione secondaria non vengono opportunamente diagnosticati e trattati. Gli autori elencano alcuni elementi clinici e laboratoristici che dovrebbero sempre indurre il medico a sospettare l’ipertensione secondaria. Vengono quindi illustrati i principali test diagnostici, spesso molto semplici, da eseguire. Ovviamente, la terapia dell’ipertensione secondaria varierà in base alla precisa causa eventualmente diagnosticata. In considerazione del numero elevato di pazienti ipertesi gestiti ogni giorno, il cardiologo dovrebbe porre molta attenzione all’ipertensione secondaria. •




Inquinamento dell’aria e cardiopatie

Un aspetto molto spesso trascurato, anche dai cardiologi, è quello relativo al ruolo dannoso dell’inquinamento dell’aria sul rischio di malattie cardiovascolari. Solo per l’anno 2019, si stima che l’inquinamento ambientale sia stata la causa diretta di ben 9 milioni di decessi globalmente, il 62% dei quali per malattie cardiovascolari. Stefania Angela Di Fusco et al. presentano un’approfondita rassegna sull’argomento, che analizza i diversi meccanismi fisiopatologici (attivazione di meccanismi infiammatori, stress ossidativo, aumento di trombogenicità, ecc.) attraverso i quali i fattori inquinanti possono interagire con l’apparato cardiovascolare, aumentando il rischio di sindromi coronariche acute, ictus cerebrale, scompenso cardiaco e aritmie. La rassegna analizza anche le possibili strategie individuali e di popolazione da implementare al fine di tentare di ridurre i danni cardiovascolari associati all’inquinamento. •

studio osservazionale




L’appropriatezza delle prestazioni cardiologiche ambulatoriali

La gestione delle liste di attesa per le prestazioni ambulatoriali specialistiche rappresenta una delle priorità ricorrenti nell’agenda del management sanitario nazionale e regionale. L’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali ha elaborato il manuale dei Raggruppamenti di Attesa Omogenei (RAO) al fine di proporre uno strumento per la standardizzazione delle classi di priorità per l’accesso alle prestazioni diagnostiche nei più comuni scenari clinici dei vari ambiti specialistici, fra cui quello cardiologico. Il RAO è stato redatto sulla base del consenso di esperti delle diverse specialità e rappresenta pertanto un modello cui il prescrittore può riferirsi per standardizzare l’accesso alle prestazioni diagnostiche cliniche e strumentali secondo un criterio condiviso di appropriatezza clinica sia in termini di tipologia della prestazione richiesta che di tempistica di erogazione. In questo numero del Giornale, Pietro Mazzarotto et al. presentano l’analisi dell’appropriatezza delle prestazioni ambulatoriali cliniche e strumentali cardiologiche richieste con priorità urgente/breve ed eseguite presso l’Azienda Socio Sanitaria Territoriale (ASST) di Lodi in un trimestre di osservazione, dimostrando, in riferimento al manuale RAO, un utilizzo ampiamente inappropriato delle risorse destinate alle prestazioni urgenti, con importanti implicazioni gestionali. •

caso clinico




Una vera rarità

Gabriella Bufano et al. illustrano un caso veramente peculiare di un uomo di 73 anni affetto da ipertensione arteriosa e severa cifoscoliosi giunto in Pronto Soccorso per scompenso cardiaco congestizio cui è stata riscontrata una massa omogenea ed iperecogena in corrispondenza dell’anulus tricuspidale. È stata inoltre fatta diagnosi di malattia restrittiva polmonare con ipertensione polmonare di grado lieve. Dopo aver escluso altre possibili cause, gli autori concludono che sia stata proprio la cifoscoliosi a favorire la patologia restrittiva polmonare e il progressivo invecchiamento dell’anulus tricuspidale fino allo sviluppo di una calcificazione gigante. •

imaging integrato
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Tachicardia ventricolare: la causa cui non pensi

Partendo dal sospetto clinico e dall’ECG, vengono utilizzate in modo sequenziale diverse metodiche di imaging cardiovascolare, evidenziando per ciascuna di esse i pro, i contro e il valore aggiunto nello specifico caso clinico, fino a giungere alla diagnosi corretta e al trattamento più appropriato. •