In questo numero

dall’editor




L’intelligenza artificiale in campo medico-scientifico: il futuro è già oggi

La tecnologia dirompente dell’intelligenza artificiale (IA) sta permeando numerosi ambiti compreso quello del publishing medico-scientifico. Gli Editor delle riviste scientifiche sono chiamati a esprimere una posizione sull’utilizzo dell’IA in questo specifico ambito. Giuseppe Di Pasquale, Editor del Giornale Italiano di Cardiologia, lo fa in questo editoriale nel quale vengono analizzate le opportunità offerte dall’IA a supporto della stesura di un articolo scientifico e del laborioso processo di peer-review. Oltre agli straordinari vantaggi vengono discusse le regole e anche i rischi derivanti da un utilizzo non governato dell’IA. L’avvento dell’IA è un processo inarrestabile anche nell’ambito della produzione scientifica e i benefici sono sicuramente superiori ai rischi. Piuttosto che contrastare l’utilizzo dell’IA è auspicabile una sua introduzione consapevole e un utilizzo etico e sicuro senza pregiudizi. •

dieci quesiti in tema di...




L’endocardite infettiva in 10 punti

L’endocardite infettiva interessa più frequentemente le valvole cardiache native, le protesi valvolari e i dispositivi cardiaci elettronici impiantabili. Come scrivono Federico Fortuni et al. in questa rassegna, nonostante gli sviluppi terapeutici e la possibilità di diagnosi precoce, l’endocardite infettiva rimane gravata da un alto tasso di mortalità. In 10 quesiti viene illustrata l’endocardite infettiva in termini di criteri diagnostici, prevalenza, cause, metodiche diagnostiche, tecniche di imaging, indicazioni alla chirurgia, terapia antibiotica, indicazioni alla profilassi antibiotica, criteri di estrazione di dispositivi intracardiaci e infine prognosi. Vengono discussi anche i fattori cardiaci ed extracardiaci predisponenti l’endocardite infettiva. •

rassegne




Impatto dell’immunoterapia sul rischio aterosclerotico

La risposta immunitaria rappresenta un importante target terapeutico in ambito oncologico. L’impiego di anticorpi monoclonali inibitori dei checkpoint immunitari, infatti, si è dimostrato un trattamento efficace nei confronti di differenti neoplasie consentendo, in alcuni casi, un controllo delle stesse nel lungo termine. Nella rassegna di Maria Laura Canale et al. viene sottolineato come, essendo la risposta immunitaria implicata anche nell’aterogenesi, tra gli eventi avversi associati all’immunoterapia vi siano gli eventi correlati alle lesioni aterosclerotiche. In effetti, i quattro principali target degli inibitori dei checkpoint immunitari utilizzati in oncologia intervengono in processi fisiopatologici che hanno un effetto protettivo nella progressione dell’aterosclerosi. Da qui la necessità di stratificare e monitorare il rischio aterosclerotico nei pazienti candidati a trattamento con inibitori dei checkpoint immunitari e di considerare l’implementazione di interventi finalizzati a ridurre il rischio di eventi correlati all’aterosclerosi, come le modifiche dello stile di vita e l’impiego di trattamenti farmacologici. •




Neoplasie ematologiche e rischio cardiovascolare

Negli ultimi anni abbiamo assistito ad enormi progressi nel trattamento delle neoplasie ematologiche, sia nel bambino che nell’adulto. Varie ragioni, legate in larga parte alla tossicità dei trattamenti impiegati e all’aumento della sopravvivenza dei pazienti trattati, possono spiegare l’aumento delle complicanze cardiovascolari (infarto miocardico, ictus cerebrale, scompenso cardiaco, trombosi venosa) nei pazienti sopravvissuti all’originaria malattia neoplastica ematologica. Vincenzo Toschi e Maddalena Lettino presentano un’interessante rassegna su questo tema. Gli autori analizzano tutti i possibili meccanismi patogenetici e sottolineano un punto centrale: le complicanze cardiovascolari nei soggetti con pregressa neoplasia ematologica sarebbero in buona parte legate a varie interazioni tra gli effetti sia dell’emopatia sia delle terapie utilizzate con i ben noti fattori di rischio cardiovascolare (fumo, ipertensione arteriosa, diabete, obesità, dislipidemia). È quindi molto importante seguire nel tempo questi pazienti utilizzando anche team multidisciplinari composti da cardiologi, ematologi ed altre figure specialistiche. •




Trattamento dell’attacco ischemico transitorio e dell’ictus aterotrombotico carotideo

In questa rassegna Maurizio Paciaroni illustra un tema con cui il cardiologo non sempre ha completa familiarità. Il trattamento dell’attacco ischemico transitorio e dell’ictus aterotrombotico carotideo spazia dalla terapia medica a quella chirurgica o endovascolare. Queste diverse strategie terapeutiche sono applicabili nella pratica clinica a seconda dei vari scenari e con un determinato timing rispetto all’evento ischemico cerebrale e alla sua gravità. Attualmente la terapia medica con migliori evidenze di efficacia e sicurezza è costituita dalla doppia antiaggregazione (aspirina più clopidogrel) per 21 giorni, seguita dal mantenimento di un solo antiaggregante. L’associazione aspirina-ticagrelor può essere presa in considerazione nei rari casi di resistenza al clopidogrel. La rivascolarizzazione carotidea viene effettuata nei pazienti eleggibili per questo tipo di trattamento in un tempo variabile medio compreso tra 48 h e 14 giorni dall’evento ischemico cerebrale a seconda del rapporto rischio-beneficio in termini di recidiva ischemica e sanguinamento. •




Quanto abbiamo progressivamente imparato...

La cardiomiopatia aritmogena è un’entità clinica di cui abbiamo imparato molto negli ultimi anni e stiamo continuando a imparare. Molte delle conoscenze sono anche grazie a brillanti gruppi di studio italiani che hanno arricchito la letteratura internazionali di importanti evidenze. Sicuramente una svolta è stato lo sviluppo delle tecniche di imaging cardiaco avanzato e in particolare della risonanza magnetica cardiaca. Passando dall’anatomia patologica allo studio in vivo grazie alla risonanza magnetica cardiaca abbiamo imparato molto e abbiamo iniziato a seguire e gestire meglio i nostri pazienti. In questo numero del Giornale Domenico Corrado et al. sviscerano l’evoluzione della conoscenza sulla diagnosi della cardiomiopatia aritmogena. Vengono analizzati i dati fisiopatologici, epidemiologici e soprattutto viene dato ampio risalto alla parte di imaging, oggi cruciale per una corretta definizione diagnostica. •

casi clinici




Mr. Invincible!

Non è raro trovarsi di fronte un paziente con una neoplasia metastatica grave, ma stabilizzato dalle terapia, il quale ha sintomi per un’altrettanto impegnativa cardiopatia. Decidere cosa fare è sempre molto difficile anche quando la prognosi oncologica è ragionevole perché terapie antitrombotiche e/o trattamenti chirurgici o percutanei possono porre rischi sostanziali in questi pazienti. Davide Bosi et al. affrontano il problema descrivendo il caso di un paziente con neoplasia metastatica, stabile, ed una malattia severa, sintomatica, coronarica e valvolare aortica risolto con un duplice intervento percutaneo. Mr. Invincible è dietro l’angolo! •




Elementi confondenti

I tumori cardiaci sono molto rari e nella maggiore parte dei casi benigni. L’angiosarcoma rimane il più temuto per malignità e rapida crescita aggressiva. Spesso viene diagnosticato in fase avanzata con conseguente prognosi infausta anche perché i sintomi, quali astenia, dispnea, sincope e/o aritmie non sono specifici, ma comuni ad altre patologie cardiache. Nel work-up diagnostico hanno un ruolo primario l’ecocardiogramma e la risonanza magnetica cardiaca. Marco Martinelli et al. raccontano il caso clinico di un giovane paziente ricoverato per sincope con fattori anamnestici fuorvianti per il sospetto e la diagnosi di angiosarcoma cardiaco. •

documento di consenso




Che confusione con questi target...

È capitato almeno una volta ad ogni cardiologo di dover intavolare una lunga discussione con il paziente per spiegare che quel valore di colesterolo sotto il range di “normalità” non era poi così “normale” per lui. Infatti, il paziente per semplicità, nello sfogliare le sue analisi, cerca sempre i famosi asterischi e confronta i suoi valori con i cosiddetti valori di riferimento normale che si trovano in tutti i referti. Purtroppo, questa banale azione nell’interpretazione dei valori di colesterolo LDL è foriera di guai ed errate interpretazioni. Sappiamo bene che non esiste un valore di colesterolo LDL normale (se non forse zero...) e che invece dipende tutto dal profilo di rischio del paziente stesso. In questo numero del Giornale Stefania Paolillo ha coordinato un gruppo di lavoro SIC e SIBioC per cercare di suggerire una standardizzazione della presentazione dei valori di colesterolo nei referti di laboratorio. Una standardizzazione potrebbe essere molto utile per continuare nella battaglia quotidiana contro la colesterolemia e la misinterpretazione del ruolo drammatico che ha nell’incidenza degli eventi cardiovascolari. •

imaging integrato
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Last thing on my mind: le metastasi cardiache

Partendo dal sospetto clinico e dall’ECG, vengono utilizzate in modo sequenziale diverse metodiche di imaging cardiovascolare, evidenziando per ciascuna di esse i pro, i contro e il valore aggiunto nello specifico caso clinico, fino a giungere alla diagnosi corretta e al trattamento più appropriato. •