CARENZA DI SPECIALISTI CARDIOLOGI E INTERAZIONE FRA OSPEDALI:
ALCUNE CONSIDERAZIONI

Negli ultimi anni il panorama della Cardiologia nazionale si è caratterizzato per la discrepanza tra il numero (elevato) di posizioni ospedaliere disponibili e quello (basso) degli specialisti in grado di ricoprirle1,2. Una delle inevitabili conseguenze di tale situazione è la saturazione delle posizioni più ambite, generalmente quelle nei grandi ospedali, variamente definiti come di secondo o terzo livello, Hub, polispecialistici, ecc., a scapito di quelle nei piccoli ospedali, cosiddetti di primo livello, Spoke, distrettuali, ecc., che restano così sguarniti. Questo anche perché i piccoli ospedali sono andati sempre più incontro a politiche di riorganizzazione che hanno determinato in molti casi l’abolizione delle unità di terapia intensiva cardiologica e l’inserimento della degenza cardiologica in piattaforme multidisciplinari omogenee per intensità di cura. Tale assetto, associato all’abituale assenza dei laboratori di Cardiologia Invasiva, ha reso i piccoli ospedali scarsamente attrattivi per gli specialisti cardiologi, specialmente se all’inizio della propria carriera, che non vi intravedono possibilità di soddisfazione e crescita professionale.

Nel tentativo di contrastare la scarsa attrattività dei piccoli ospedali, viene attualmente proposta, tanto da organi di governo delle Aziende Sanitarie quanto dalla stessa Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (ANMCO)1, una strategia di interazione fra ospedali grandi e piccoli che preveda il periodico interscambio di personale medico tra le due tipologie di presidio. Al di là del fatto che l’attività nel grande ospedale del cardiologo proveniente dal piccolo ospedale dovrebbe inizialmente essere svolta in affiancamento al cardiologo (esperto) del grande ospedale, e questo comporta uno sbilanciamento del rapporto 1:1 tra gli organici dei due presidi con conseguenti ulteriori criticità organizzative, è prevedibile che nel medio termine l’interazione fra grandi e piccoli ospedali possa esitare nella situazione descritta di seguito (Figura 1).




All’inizio il contesto è caratterizzato dalla presenza del cardiologo senior all’interno del grande ospedale e dalla mancanza del cardiologo nel piccolo ospedale (Figura 1A). Successivamente, il posto vacante nel piccolo ospedale viene ricoperto attraverso l’acquisizione di un cardiologo junior, attratto dalla progettualità di interscambio con il grande ospedale, e quindi dall’accesso ad attività professionali di livello e soddisfazione superiore (Figura 1B). Coerentemente con tale progettualità, il cardiologo senior del grande ospedale viene periodicamente distaccato nel piccolo ospedale, ove tuttavia non potrà che svolgere attività di primo livello, mentre il percorso inverso viene compiuto dal cardiologo junior (Figura 1C). Se il cardiologo junior troverà soddisfazione e crescita professionale con l’interscambio attuato, il cardiologo senior sarà invece sempre meno motivato e insoddisfatto nel dover svolgere attività non congrue alla sua professionalità, al punto da lasciare la sua posizione per una delle numerose alternative, tanto pubbliche quanto private sia nazionali che estere, che oggi sono disponibili (Figura 1D)1. Al termine di questo ciclo, il contesto che si realizza è caratterizzato come all’inizio dalla mancanza del cardiologo nel piccolo ospedale a fronte della presenza nel grande ospedale del cardiologo che ora però non è più senior ma junior (Figura 1D). Ne deriva un livellamento verso il basso della qualità della cura attraverso lo scadimento di questa nel grande ospedale, che invece dovrebbe essere di riferimento anche e soprattutto per le situazioni a maggiore complessità.

Pur riconoscendo che non può esistere una soluzione valida per tutti i contesti, diversi tra loro per assetti organizzativi, oltre che per storia e geografia dei singoli presidi ospedalieri, una strategia incentrata sull’interscambio di cardiologi fra grandi e piccoli ospedali appare di dubbia efficacia ed efficienza per tentare di ovviare alla scarsa attrattività di questi ultimi. Tale strategia si fonda inoltre sul presupposto di un’equivalenza professionale tra cardiologi (uno-vale-uno), concetto che in un ambito complesso e di elevata qualità come quello cardiologico risulta limitativo e non rispondente al vero, e che quindi non andrebbe avallato, anche e soprattutto dalle Società Scientifiche di settore1.

Andrea Rubboli*

U.O. Cardiologia, Ospedale S. Maria delle Croci, Ravenna

*e-mail: andrea.rubboli@auslromagna.it, andrearubboli@libero.it

BIBLIOGRAFIA

1. Zuin M, Di Fusco SA, Zilio F, et al. Position paper ANMCO – Stati Generali ANMCO 2023: La carenza del personale sanitario in ambito cardiologico. G Ital Cardiol 2024;25:115-20.

2. ANAAO-ASSOMED. Studio ANAAO-ASSOMED. La mappa delle carenze di medici specialisti regione per regione. https://www.anaao.it/public/aaa_2893564_studioanaao_carenzaregioni_20marzo2019.pdf [ultimo accesso 19 luglio 2024].