Infarto miocardico con sopraslivellamento del tratto ST da frattura di stent: caso clinico

Marta Mazzotta1,2, Roberta Rosati1,2, Ferdinando Cosentini1,2, Valentina Regazzoni1, Paolo Pedroni1, Alfredo Spotti1, Marco Loffi1, Gian Battista Danzi1

1Dipartimento di Cardiologia, Ospedale di Cremona, Cremona

2Università degli Studi, Brescia

Coronary stent fracture is an infrequent event, with an incidence ranging from 1% to 8%. In rare cases, this complication may result in acute occlusion of the affected coronary artery. We report the case of a patient who experienced acute coronary syndrome following a stent fracture implanted 3 years previously. Myocardial infarction was caused by thrombosis occluding the vessel and probably triggered by endothelial injury caused by the protruding metal strut of the fractured stent. Vessel tortuosity, hinge motion, overlapping stents, increased stent length, smaller stent diameter and high post-dilation pressure are risk factors for stent fracture. In conclusion, to ensure proper recognition of this often-misunderstood clinical entity, it is necessary to be aware of its occurrence.

Key words. Acute coronary syndrome; Stent fracture; Stent thrombosis.

INTRODUZIONE

La frattura di stent coronarico è un evento infrequente, con un’incidenza variabile tra 1% e 8%1. Tale evento, seppur raro, può determinare l’occlusione acuta della coronaria coinvolta.

CASO CLINICO

Riportiamo il caso di una donna di 63 anni, dislipidemica e fumatrice (10 sigarette/die) nota per pregresso infarto miocardico con sopraslivellamento del tratto ST (STEMI) a sede inferiore, trattato con angioplastica percutanea primaria e impianto di due stent medicati (DES) in “overlap” su coronaria destra: un DES 3.0 x 30 mm al tratto distale e un DES 3.5 x 30 mm al tratto medio (dimensioni dello strut 81 µm), e successiva post-dilatazione con pallone non compliante 4 x 15 mm ad alte atmosfere (22 atm).

Tre anni dopo l’evento ischemico, la paziente veniva ricoverata in neurochirurgia per intervento di stabilizzazione della colonna vertebrale. In seconda giornata postoperatoria, la paziente riferiva comparsa di dolore retrosternale con riscontro elettrocardiografico di sopraslivellamento del tratto ST a sede inferiore. Veniva pertanto sottoposta a coronarografia urgente con evidenza di occlusione trombotica intrastent della coronaria destra al tratto medio da rottura completa (tipo V, Tabella 1) della parte centrale dello stent più prossimale con netta separazione e disallineamento in due parti (Figura 1).







La paziente è stata sottoposta ad angioplastica coronarica e posizionamento di ulteriore DES 3.5 x 15 mm a livello della frattura con buon risultato angiografico finale. Visto il decorso privo di complicanze di rilievo, la paziente veniva dimessa in quinta giornata postoperatoria.

DISCUSSIONE

La frattura di stent rientra tra i possibili meccanismi di fallimento di un’angioplastica coronarica2. Tale evento è maggiormente descritto per stent rilasciati al di fuori del distretto coronarico, come arterie femorali superficiali e poplitee, oppure in stent (prevalentemente stent metallici) posizionati su bypass coronarici venosi3. L’incidenza di frattura di stent per gli stent coronarici varia tra 1% e 8% a seconda delle casistiche3. Studi autoptici, tuttavia, documentano che il tasso di rottura sarebbe decisamente più alto (fino al 29%), seppur raramente associato a eventi clinici e quindi ad outcome rilevanti4,5.

Tra i fattori favorenti la rottura dello stent si riconosce, anzitutto, il vaso coinvolto. L’arteria coronaria destra è il vaso più comunemente associato allo sviluppo di frattura di stent (in oltre il 50% dei casi)3. Questo dipende dalla conformazione anatomica del vaso, tendenzialmente più tortuoso, e dalla sollecitazione dell’arteria durante il ciclo cardiaco in aree di angolazione marcata; questi fattori concorrono alla generazione di forze di torsione che determinano la rottura delle maglie dello stent3. Il posizionamento di più stent impiantati con tratti di “overlap”, l’utilizzo di stent lunghi o l’impianto di stent sottodimensionati sottoposti a post-dilatazioni particolarmente aggressive, costituiscono alcuni dei fattori di rischio per la rottura. Inoltre, stent di terza generazione caratterizzati da maglie più sottili (dimensioni dello strut 60 µm) sembrano essere maggiormente suscettibili a rottura, anche perché spesso associati a minore forza radiale e quindi più soggetti a deformazioni in seguito a post-dilatazioni aggressive6 (Tabella 2).




La rottura di stent può verificarsi secondo tempistiche del tutto variabili3. Sono descritti eventi sia precoci, immediatamente dopo il posizionamento, sia tardivi riportati in seguito ad angiografie di controllo a mesi di distanza. Tale aspetto è cruciale perché la frattura precoce, con o senza separazione dello stent, influisce sulla distribuzione locale del farmaco antiproliferativo, con rilascio incompleto dello stesso, e potenziale crescita neo-intimale focale4. La presenza di maglie metalliche malapposte può, in aggiunta, provocare un trauma endoteliale del vaso coronarico coinvolto, con conseguente attivazione della cascata coagulativa e dell’aggregazione piastrinica, responsabile di trombosi intrastent. La maggior parte degli studi ha pertanto dimostrato che la frattura dello stent è associata a un’incidenza statisticamente aumentata di restenosi e trombosi di stent, con presentazione clinica che varia dall’angina cronica stabile alla sindrome coronarica acuta1,3.

In conclusione, nel nostro caso l’evento clinico associato alla rottura di stent è stato la complicanza trombotica con occlusione completa del vaso. Il caso descritto è in linea con la letteratura esistente. La paziente ha infatti avuto una frattura dello stent posizionato sulla coronaria destra in corrispondenza del suo tratto medio, ovvero all’altezza della curvatura anatomica del vaso, zona più facilmente sottoposta a forze di torsione, seppur in un punto ben distante dalla zona di “overlap” tra i due stent. Altri fattori favorenti sono stati l’utilizzo di stent lunghi e dilatazione post-impianto ad alte pressioni. In ultima analisi, al fine di garantire un adeguato riconoscimento di questa entità clinica, spesso misconosciuta, è necessario essere consapevoli della sua esistenza e della possibilità che si verifichi in determinate circostanze favorenti, quali quelle sopraelencate.

RIASSUNTO

La frattura di stent coronarico è un evento poco frequente, con un’incidenza che va dall’1% all’8%. In rari casi, questa complicanza potrebbe portare all’occlusione acuta dell’arteria coronaria interessata. Riportiamo il caso di una paziente che ha sperimentato una sindrome coronarica acuta in seguito alla frattura di uno stent impiantato 3 anni prima. L’infarto miocardico è stato causato da trombosi intrastent, probabilmente innescata dalla lesione endoteliale causata dalla maglia metallica sporgente dello stent rotto. La tortuosità del vaso malato, l’impianto di stent sovrapposti, la lunghezza dello stent, la post-dilatazione dello stent ad alte pressioni sono fattori di rischio per la rottura. Per garantire il corretto riconoscimento di questa entità clinica spesso misconosciuta, è necessario essere consapevoli della sua esistenza e della possibilità che si verifichi in circostanze favorenti.

Parole chiave. Frattura di stent; Sindrome coronarica acuta; Trombosi intrastent.

BIBLIOGRAFIA

1. Minardi G, Pino PG, Nazzaro MS, et al. An unusual case of ST-segment elevation myocardial infarction following a late bare-metal stent fracture in a native coronary artery: a case report. J Med Case Rep 2009;3:9296.

2. Wiktor DM, Waldo SW, Armstrong EJ. Coronary stent failure: fracture, compression, recoil, and prolapse. Interv Cardiol Clin 2016;5:405-14.

3. Canan T, Lee MS. Drug-eluting stent fracture: incidence, contributing factors, and clinical implications. Catheter Cardiovasc Interv 2010;75:237-45.

4. Nakazawa G, Finn AV, Vorpahl M, et al. Incidence and predictors of drug-eluting stent fracture in human coronary artery a pathologic analysis. J Am Coll Cardiol 2009;54:1924-31.

5. Aoki J, Nakazawa G, Tanabe K, et al. Incidence and clinical impact of coronary stent fracture after sirolimus-eluting stent implantation. Catheter Cardiovasc Interv 2007;69:380-6.

6. Aung SSM, Latt H, Kyaw K, Roongsritong C. An interesting case and literature review of a coronary stent fracture in a current generation platinum chromium everolimus-eluting stent. Case Rep Cardiol 2018;2018:4579184.