Antonio L’Abbate si è spento all’età di 84 anni, dopo una lunga battaglia contro un nemico invincibile che ha sconfitto alla fine il suo corpo ma non la sua mente. Quando la Medicina era prevalentemente empirismo, Antonio L’Abbate si unì ad un gruppo di maestri illuminati come Attilio Maseri, Giorgio Baroldi, Carlo Contini, guidati da Luigi Donato, e cercò di dare risposta alle domande inevase della clinica applicando il metodo sperimentale allo studio della fisiopatologia delle malattie cardiovascolari. Giovane medico e ricercatore ha operato presso la Clinica Medica di Gabriele Monasterio negli anni ’60 e, dal 1969 al 2009, presso l’Istituto di Fisiologia Clinica del Consiglio Nazionale delle Ricerche (IFC-CNR) a Pisa, fondato dal Prof. Donato. Nuova scienza per malattie antiche: nel suo ospedale il paziente era al centro di una geometria di medici, infermieri, psicologi, biologi, ingegneri e tecnici, con la mente e il cuore sempre rivolti alla cura e alla ricerca. Laureato nel 1964, è diventato Professore Associato di Fisiologia Clinica presso l’Università di Pisa (1982), Direttore della Ricerca CNR (1992) e quindi Professore Ordinario di Medicina Interna presso la Scuola Superiore Sant’Anna (2001). Dal 1980 è stato Direttore del Gruppo Coronarico dell’IFC-CNR fondato da Maseri, proseguendo le indagini sulla circolazione coronarica, la perfusione ed il metabolismo miocardici, sulla fisiopatologia dell’angina pectoris primaria e secondaria e dell’infarto del miocardio, fornendo un contributo fondamentale alla comprensione del ruolo del vasospasmo coronarico e della disfunzione microvascolare, nella patogenesi e nella stratificazione prognostica delle cardiomiopatie e della cardiopatia ischemica. Il suo lavoro ha contribuito notevolmente all’innovazione nella gestione diagnostica e terapeutica della malattia coronarica, delle cardiomiopatie e dell’insufficienza cardiaca. Ha poi coordinato una fruttuosa ricerca sull’impatto psicoemotivo della cardiopatia ischemica e sul controllo neuroendocrino del sistema cardiovascolare in salute e in malattia. È stato pioniere nell’uso della sanità digitale ideando un registro (IMAGE) per la valutazione della prognosi di tutti i pazienti sottoposti a coronarografia presso l’IFC-CNR. Nell’ultima parte della sua carriera si è dedicato anche allo studio della fisiopatologia dell’immersione e ha contribuito alla nascita del Master Universitario di Medicina Subacquea ed Iperbarica presso la Scuola Superiore Sant’Anna. Così lo ricorda Peter Schwartz: “A metà degli anni ’70, al rientro dagli Stati Uniti è stato per me importante trovare in Italia una delle poche persone con cui condividere esperienze a ponte tra la cardiologia sperimentale e quella clinica. Entrambi lavoravamo in laboratorio, ma con l’occhio rivolto alla realtà clinica e l’anello di congiunzione era rappresentato dal sistema nervoso autonomo”. Jorge Antonio Salerno Uriarte: “Ho apprezzato la ricchezza dell’uomo che abbiamo imparato ad ammirare tutti, senza eccezione, ai tempi dei Progetti Finalizzati del CNR quando mi capitava spesso di frequentare a Pisa la Fisiologia Clinica”. Federico Lombardi scrive di lui: “Ho imparato a conoscere non solo un attento ricercatore clinico ma soprattutto un uomo con un sottile umorismo e una grande carica umana quando con Alberto Malliani abbiamo iniziato una collaborazione scientifica con Antonio per lo studio dei meccanismi nervosi di controllo della funzione cardiovascolare”. Tra i ricercatori a lui vicini Claudia Kusmic: “Tra le qualità professionali e umane il suo approccio attento nell’ascoltare i giovani ricercatori e promuovere il loro sviluppo educativo, così come il suo impegno nel fornire loro opportunità per testare le proprie idee. Ha costantemente sottolineato la responsabilità che gli studiosi, sia giovani che esperti, hanno nel promuovere i principi di libertà, integrità e trasparenza nella gestione e nella costruzione metodologica dei dati”. Un testimone ideale Antonio L’Abbate ha passato a Serena L’Abbate, sua nipote, Ricercatrice oggi presso IFC-CNR: “Conoscere con passione, con ostinazione, per forza. Trovo la sua persona nella fibra stessa del rigore e della passione, in un maestro di fronte ai suoi studenti, nel manoscritto del ricercatore e nella cura del medico per il suo paziente”.
Antonio L’Abbate è stato fonte di ispirazione e modello di ricerca per molti cardiologi e ricercatori, con capacità di leadership unanimemente riconosciute nel motivare la ricerca basata sull’osser vazione clinica. Tutti coloro con cui ha condiviso il suo percorso di vita e professione conservano il ricordo di una persona di grande eleganza e generosità, di un medico che aveva a cuore la persona del paziente, di uno scienziato raffinato e di un didatta instancabile ed efficace, alla cui scuola molti hanno imparato il mestiere della ricerca.
Michele Emdin1,2, Claudio Passino1,2, Danilo Neglia2