IL CUORE CHE VISSE TRE VOLTE

di Maria Frigerio

Napoli: Giuseppe De Nicola Editore; 2024.




È un libro che si legge tutto d’un fiato ma che invita a rileggere molti brani che fanno riflettere: il medico sui valori della professione e il lettore laico sulle aspettative del malato.

Maria Frigerio che per oltre quarant’anni ha lavorato presso il Centro De Gasperis dell’Ospedale Niguarda di Milano prendendosi cura con competenza e passione dei pazienti con insufficienza cardiaca avanzata e trapiantati di cuore, ci racconta le storie non sempre a lieto fine dei suoi pazienti. Lo fa con una prosa leggera e avvincente nonostante la forte intensità delle storie raccontate nelle quali si fondono insieme vissuto professionale, voce dei pazienti, fiction e rigore scientifico.

L’autrice, da tutti conosciuta per le sue grandi qualità professionali, dimostra di essere una scrittrice di razza, qualità già in precedenza evidenziata nella pubblicazione di brevi storie che avevano vinto nel 2023 il premio letterario Cronin per la narrativa dedicato a medici scrittori.

La storia di maggiore intensità emotiva è quella di apertura del libro relativa a un cuore che transita in tre diverse persone: un raro caso di “re-gifting”. Il cuore non è quello di uno sconosciuto donatore ma quello dell’adorato fratello Alberto Frigerio colpito a 41 anni da un ictus devastante. Il suo cuore viene trapiantato in un giovane e sventurato ragazzo, che era in attesa dell’organo proprio presso il reparto dell’autrice, deceduto per emorragia cerebrale pochi giorni dopo l’intervento. Lo stesso cuore ha poi battuto per 20 anni nel petto del secondo più fortunato ricevente.

Maria Frigerio attraverso i suoi racconti di vita vissuta non si erge a maestra di insegnamenti, ma molti sono i passaggi che ci inducono a riflettere sul significato più profondo della professione medica che oggi, dopo l’esaltazione avvenuta durante la pandemia Covid, sta attraversando un momento di profonda crisi esistenziale. Anzitutto la differenza, non semplicemente semantica, tra fare il medico ed essere medico, un’identità che non si esaurisce nel momento in cui si riappende il camice. Ascolto, comunicazione ed empatia sono le iniziali dell’ace vincente nella relazione medico-paziente. Sapere comunicare con il paziente, in particolare quando la prognosi è sfavorevole, è più difficile rispetto all’esecuzione delle più complesse procedure diagnostiche e terapeutiche e non lo si impara sui testi di medicina. Ogni storia del libro ci ricorda che la comunicazione è tempo di cura. Maria Frigerio scrive che “più tempo si passa a scrivere e leggere guardando uno schermo e meno ne resta per guardare in faccia i pazienti”. È stato calcolato che il medico mediamente interrompe il paziente dopo meno di 30 secondi da quando ha iniziato a raccontare la sua storia. È necessario che la mancanza di tempo, che pure è una criticità oggi presente nel lavoro quotidiano del medico, non diventi un alibi per abdicare ai valori più veri di quello che è il lavoro più bello del mondo.

La lettura di questo libro è fortemente consigliata sia ai professionisti della sanità che ai nostri pazienti.

Giuseppe Di Pasquale

Editor, Giornale Italiano di Cardiologia