Stratificazione del rischio cardiovascolare: dagli algoritmi al fenotipo clinico

Furio Colivicchi, Stefania Angela Di Fusco

U.O.C. Cardiologia Clinica e Riabilitativa, Presidio Ospedaliero San Filippo Neri - ASL Roma 1, Roma

For an appropriate implementation of both primary and secondary cardiovascular prevention strategies, stratification of the individual cardiovascular risk is recommended. Given that atherosclerotic cardiovascular diseases have a multifactorial origin, risk stratification should take into consideration several risk factors, both non-modifiable ones such as age, and modifiable ones, such as cholesterol levels, diabetes, blood pressure levels, cigarette smoking, and body weight. For apparently healthy individuals, to define the risk of each subject of having a cardiovascular event within 10 years, the European Society of Cardiology (ESC) guidelines recommend the use of specific risk scores depending on patient’s age (SCORE2 between 40 and 69 years, SCORE2-OP ≥70 years). For diabetic patients without evidence of cardiovascular disease, the use of the SCORE2-Diabetes is recommended. In clinical practice, the use of the ESC CVD Risk Calculation application, by entering all the parameters required by the different scores, allows a rapid estimate of individual risk. Patients with known atherosclerotic cardiovascular disease have a very high cardiovascular risk.

Key words. Cardiovascular risk; Risk factors; Risk stratification.

INTRODUZIONE

Nonostante la progressiva riduzione della mortalità cardiovascolare osservata nel nostro Paese nell’arco degli ultimi 30 anni, le malattie cardiovascolari di natura aterosclerotica (atherosclerotic cardiovascular disease, ASCVD), quali la cardiopatia ischemica (CI), l’ictus ischemico e l’arteriopatia periferica, rimangono ancora oggi patologie molto frequenti e sono fra le principali cause di morte prematura e invalidità permanente nella popolazione italiana1. Le cause di queste malattie sono multifattoriali, alcune modificabili con gli interventi sullo stile di vita, come l’inattività fisica, il fumo e le cattive abitudini alimentari, altre, invece, richiedono un trattamento farmacologico specifico, come le dislipidemie, l’elevata pressione arteriosa (PA) e il diabete mellito (DM)1,2.

In generale, nella partica clinica, la prevenzione e la cura delle ASCVD deve sempre procedere sulla base delle caratteristiche individuali del singolo paziente. In particolar modo si deve tener conto dell’età, del sesso, dell’aspettativa di vita, del profilo dei singoli fattori di rischio, dell’etnia e dell’area geografica di origine. La stima del rischio di sviluppare ASCVD, ossia della probabilità individuale di andare incontro a un evento cardiovascolare maggiore (morte per cause cardiovascolari, infarto miocardico acuto (IMA) non fatale, ictus cerebri non fatale, rivascolarizzazione percutanea o chirurgica miocardica o periferica) costituisce pertanto un elemento centrale nella valutazione di ogni singolo paziente2. Questo vale per i soggetti apparentemente sani, ma anche per quelli di età avanzata, per i pazienti con ASCVD accertata o affetti da DM, e consente di ottenere informazioni utili per definire e porre in atto interventi personalizzati a livello individuale, adottando un approccio graduale per il raggiungimento degli obiettivi terapeutici raccomandati nelle linee guida2. Si deve poi sottolineare che la formulazione di percorsi terapeutici personalizzati, fondati sulla stima del rischio individuale di ASCVD, rispecchia meglio le differenze tra pazienti, che si osservano nella pratica clinica.

La valutazione del rischio cardiovascolare (RCV) può essere opportunistica, vale a dire eseguita in modo non programmato quando un paziente si presenta al medico per un qualsiasi motivo, oppure sistematica, vale a dire eseguita nella popolazione generale come parte di un programma di screening, con invito e richiamo, o in popolazioni specifiche, come i soggetti con DM di tipo 2. Lo screening sistematico può contribuire a migliorare il controllo dei fattori di rischio, ma non sembra aver effetti sull’outcome cardiovascolare3. Lo screening opportunistico individuale dei fattori di rischio per ASCVD, come, ad esempio, i valori pressori e lipidici, è invece efficace nell’aumentare la consapevolezza del singolo individuo e può tradursi in un beneficio clinico, anche a breve termine4. Si deve poi sottolineare che la valutazione del RCV non deve essere un avvenimento isolato, ma deve essere ripetuta, almeno con cadenza quinquennale nei soggetti apparentemente sani2. Nelle altre popolazioni con RCV elevato la valutazione deve invece avvenire con maggiore frequenza, almeno su base annuale o in occasione di ogni controllo clinico2.

FATTORI DI RISCHIO E CLASSIFICAZIONE DEL RISCHIO CARDIOVASCOLARE

I principali fattori di rischio modificabili in grado di favorire l’insorgenza e la progressione delle ASCVD comprendono le lipoproteine plasmatiche che contengono l’apolipoproteina B (ApoB) (tra cui le lipoproteine a bassa densità [LDL] sono le più numerose), gli elevati valori pressori, il fumo di sigaretta e il DM. Un altro importante fattore di rischio è rappresentato dall’obesità, che determina un aumento del RCV sia attraverso i fattori di rischio maggiori convenzionali sia attraverso altri meccanismi.

Colesterolemia

Il ruolo causale del colesterolo legato alle LDL (C-LDL) e di altre lipoproteine contenenti ApoB nello sviluppo dell’ASCVD è stato dimostrato oltre ogni ragionevole dubbio da studi genetici, osservazionali e trial di intervento5. In definitiva, appare evidente che:

1. La persistenza di ridotti livelli di C-LDL si associa ad un minor RCV e i risultati degli studi clinici indicano che una riduzione del C-LDL si accompagna ad una diminuzione del RCV.

2. La riduzione del RCV è direttamente proporzionale all’entità assoluta della variazione dei livelli di C-LDL, indipendentemente dai farmaci utilizzati per conseguire tale variazione.

3. Il beneficio assoluto della riduzione di C-LDL dipende dal RCV del paziente e dalla riduzione assoluta del C-LDL; anche una minima riduzione assoluta dei livelli di C-LDL può avere effetti benefici nel paziente ad alto rischio.

4. Il colesterolo non legato alle lipoproteine ad alta densità (C-non-HDL) comprende tutte le lipoproteine aterogene (contenenti ApoB) e viene calcolato secondo la formula: colesterolo totale – colesterolo HDL = C-non-HDL. La relazione tra C-non-HDL e RCV è altrettanto forte quanto quella con il C-LDL6. I livelli di C-non-HDL contengono, in definitiva, le stesse informazioni fornite dalla misurazione delle concentrazioni plasmatiche di ApoB6. Di fatto, il C-non­HDL è incluso negli algoritmi di stratificazione del RCV proposti dalla Società Europea di Cardiologia (ESC): SCORE2 (Systematic Coronary Risk Estimation 2) e SCORE2-OP (Systematic Coronary Risk Estimation 2-Older Persons)2.

Pressione arteriosa

Studi genetici, osservazionali e trial di intervento hanno dimostrato che elevati valori pressori rappresentano una delle principali cause di ASCVD2. In particolare, elevati valori di PA costituiscono un fattore di rischio per CI, scompenso cardiaco, malattia cerebrovascolare, arteriopatia degli arti inferiori, insufficienza renale cronica (IRC) e fibrillazione atriale. La mortalità cardiovascolare aumenta in modo lineare a partire da livelli di PA sistolica di 100 mmHg e di PA diastolica di 75 mmHg7. Il beneficio assoluto derivante da una riduzione della PA sistolica dipende dal RCV di base e dalla riduzione assoluta della PA sistolica, i cui limiti inferiori sono comunque determinati da considerazioni di tollerabilità e sicurezza.

Fumo

Il fumo è responsabile del 50% di tutti i decessi nei fumatori, di cui la metà è dovuta ad ASCVD. I fumatori hanno il 50% delle probabilità di morire a causa del fumo e mediamente vivono 10 anni in meno2. Il rischio di ASCVD nei fumatori al di sotto dei 50 anni è 5 volte superiore rispetto ai non fumatori e il fumo comporta maggiori rischi per le donne rispetto agli uomini.

Diabete mellito

Il DM di tipo 1 o di tipo 2 e il pre-diabete sono tutti fattori di rischio indipendenti per ASCVD che comportano un raddoppio del RCV rispetto ai soggetti non diabetici2. Inoltre, i pazienti con DM di tipo 2 presentano frequentemente multipli fattori di rischio per ASCVD (quali dislipidemie e ipertensione).

Peso corporeo

Negli ultimi decenni, l’indice di massa corporea (BMI) – calcolato dividendo il peso (in kg) per l’altezza (in m2) – è aumentato notevolmente nei bambini, negli adolescenti e negli adulti di tutto il mondo8. La mortalità per tutte le cause e più bassa in presenza di un BMI di 20-25 kg/m2 nei soggetti apparentemente sani, ma anche nei pazienti affetti da ASCVD e da DM2. Inoltre, tanto il BMI quanto la circonferenza vita correlano in maniera significativa e continua con il rischio di ASCVD e di insorgenza di DM di tipo 29.

Definizione del rischio cardiovascolare nella pratica clinica

L’identificazione dei pazienti che possono trarre maggiore vantaggio dal trattamento dei fattori di rischio è essenziale per prevenire l’insorgenza dell’ASCVD. In generale, più elevato è il RCV, maggiore sarà il beneficio derivante dal trattamento dei diversi fattori di rischio e minore sarà il numero di soggetti da trattare per prevenire un evento cardiovascolare nel corso di un determinato periodo di tempo2.

Il più potente determinante del rischio di ASCVD è rappresentato dall’età. Le donne sotto ai 50 anni e gli uomini sotto ai 40 anni presentano, quasi sempre, un RCV contenuto a 10 anni, ma possono avere fattori di rischio che possono incrementare in modo significativo il loro RCV a lungo termine. Gli uomini al di sopra dei 65 anni e le donne al di sopra dei 75 anni presentano invece quasi sempre un elevato RCV a 10 anni. Solamente nelle fasce di età 55-75 anni nelle donne e 40-65 anni negli uomini si rileva un RCV a 10 anni molto variabile nei singoli casi2.

Il RCV può essere valutato anche nei pazienti con DM o con ASCVD già accertata ricorrendo, come vedremo, a strumenti specifici.

STIMA DEL RISCHIO CARDIOVASCOLARE NEI SOGGETTI APPARENTEMENTE SANI

Per soggetto apparentemente sano si intende un individuo che non presenti ASCVD accertata, DM o altra grave comorbilità, come, ad esempio, l’IRC. In questo caso, le più recenti linee guida ESC prevedono l’impiego della nuova versione dell’algoritmo SCORE: lo SCORE2. Questo strumento consente di stimare il rischio di eventi cardiovascolari fatali e non fatali (infarto miocardico, ictus) a 10 anni in soggetti apparentemente sani di età compresa tra 40 e 69 anni che presentano fattori di rischio non ancora sottoposti a trattamento2. Per la stima del RCV nei soggetti apparentemente sani, ma con età ≥70 anni, occorre invece utilizzare l’algoritmo SCORE2-OP2. Entrambi gli algoritmi valutano la probabilità di eventi cardiovascolari a 10 anni integrando informazioni sui fattori di rischio convenzionali (età, fumo, PA sistolica, colesterolo totale, colesterolo HDL) (Figura 1).

I sistemi SCORE2 e SCORE2-OP sono stati distinti in quattro gruppi in base al RCV dei differenti paesi. Il RCV di ciascun paese è definito sulla base dei tassi di mortalità cardiovascolare pubblicati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità2. L’Italia è da considerare un paese con “rischio moderato”. Pertanto, nel definire il RCV di un soggetto residente in Italia si dovrà impiegare la relativa tabella. I sistemi SCORE2 e SCORE2-OP consentono inoltre di definire specifiche categorie di RCV in base all’età dei soggetti apparentemente sani. La categoria di RCV consente poi di definire l’eventuale necessità di avviare il trattamento dei singoli fattori di rischio (Tabella 1).

Nei pazienti apparentemente sani, dopo aver valutato il rischio di evento cardiovascolare fatale e non fatale a 10 anni e il beneficio dei trattamenti, le linee guida suggeriscono di tenere in considerazione anche la presenza di comorbilità e di fattori addizionali che modificano il rischio (Tabella 2)2.

STIMA DEL RISCHIO CARDIOVASCOLARE NEI PAZIENTI CON MALATTIA CARDIOVASCOLARE ATEROSCLEROTICA

Secondo le linee guida ESC tutti i pazienti con ASCVD clinicamente nota sono da considerare a RCV molto alto, con una probabilità di eventi per anno superiore al 2%2. In particolare, sono da considerare a RCV molto elevato i pazienti con ASCVD accertata clinicamente o documentata in maniera inequivocabile ai test di imaging. Nel dettaglio, per ASCVD clinicamente accertata si intende pregresso IMA o sindrome coronarica acuta (SCA), pregressa rivascolarizzazione coronarica chirurgica o percutanea, ovvero altro intervento di rivascolarizzazione arteriosa, pregresso ictus cerebri o attacco ischemico transitorio, evidenza di arteriopatia obliterante o aneurisma aortico. Per ASCVD accertata in maniera inequivocabile ai test di imaging si intende, invece, il riscontro di significative placche aterosclerotiche alla coronarografia o all’ecografia carotidea o alla tomografia computerizzata coronarica, mentre non comprende un qualsiasi aumento delle variabili continue all’imaging, quali lo spessore medio-intimale dell’arteria carotide.

I pazienti con recente IMA/SCA, così come i pazienti con DM e ASCVD presentano tutti, invece, un RCV particolarmente elevato, che può superare il 5% per anno. In altri pazienti con ASCVD accertata il RCV può essere più contenuto e può essere stimato sulla base di criteri clinici come l’età, i livelli dei fattori di rischio, oppure ricorrendo ad appositi algoritmi. In effetti, nel caso dei pazienti con ASCVD la probabilità di ulteriori eventi è principalmente determinata dal livello di controllo dei fattori di rischio (fumo, ipertensione, ipercolesterolemia, eccesso ponderale), dalla sede della malattia vascolare e dalla funzione renale. Gli strumenti per la stratificazione del RCV in ambito di prevenzione secondaria comprendono lo score di rischio SMART (Second Manifestations of Arterial Disease; disponibile nell’app ESC CVD Risk Calculation)10, che consente di stimare il rischio di eventi avversi a 10 anni nei pazienti con ASCVD stabile (malattia coronarica, arteriopatia obliterante o malattia cerebrovascolare), e l’algoritmo EUROASPIRE (European Action on Secondary and Primary Prevention by Intervention to Reduce Events), che consente di stimare il rischio di eventi cardiovascolari a 2 anni nei pazienti con malattia coronarica stabile2.

STIMA DEL RISCHIO CARDIOVASCOLARE NEI PAZIENTI CON DIABETE MELLITO

Le linee guida ESC 2023 sulla gestione delle malattie cardiovascolari nei pazienti affetti da DM11 introducono delle nuove modalità di valutazione e stratificazione del RCV nei pazienti con DM. Viene infatti raccomandata una valutazione clinica iniziale di tutti i pazienti diabetici senza storia accertata di ASCVD. Tale approccio ha due distinte finalità: rilevazione di sintomi riferibili alla presenza di ASCVD e ricerca di segni di “grave” danno d’organo. Il grave danno d’organo viene definito come la presenza di almeno una delle seguenti condizioni:

1. Filtrato glomerulare (eGFR), stimato mediante un’equazione sviluppata dalla Chronic Kidney Disease Epidemiology Collaboration, <45 ml/min/1.73 m2.

2. eGFR compreso tra 45 e 59 ml/min/1.73 m2 in presenza di microalbuminuria.

3. Proteinuria con rapporto tra le concentrazioni urinarie di albumina e creatinina >300 mg/g.

4. Presenza di malattia microvascolare in almeno tre distretti diversi (ad esempio, retinopatia, microalbuminuria e neuropatia periferica).

Nel dettaglio, i pazienti diabetici con evidenza clinica di ASCVD (ad esempio con pregresso IMA/SCA) o di grave danno d’organo sono da considerare a rischio cardiovascolare molto alto. Nei pazienti con DM senza evidenza di ASCVD e senza grave danno d’organo viene invece raccomandata una stima del RCV mediante un nuovo algoritmo: lo SCORE2-Diabetes11. Questo strumento consente la valutazione della probabilità di eventi cardiovascolari a 10 anni integrando informazioni sui fattori di rischio convenzionali (età, fumo, PA sistolica, colesterolo totale, colesterolo HDL) e fattori relativi alla malattia diabetica (età alla diagnosi di DM, valori di emoglobina glicata ed eGFR). In relazione all’esito della valutazione con lo SCORE2-Diabetes, i pazienti con DM possono essere distinti in soggetti a rischio cardiovascolare basso (probabilità di eventi <5%), moderato (5-10%), alto (10-20%) e molto alto (>20%). Anche questo strumento di valutazione del RCV è disponibile nell’app ESC CVD Risk Calculation10.

CONCLUSIONI

Le più recenti linee guida ESC di prevenzione cardiovascolare2 e di gestione delle malattie cardiovascolari nel DM11 precisano che la definizione personalizzata degli interventi farmacologici e non farmacologici volti alla prevenzione delle ASCVD deve necessariamente procedere dopo un’adeguata stratificazione individuale del RCV. Per la valutazione del RCV si deve pertanto procedere in relazione al profilo del singolo individuo:

1. Nei pazienti apparentemente sani il RCV può essere valutato mediante i nuovi algoritmi SCORE2 e SCORE2-OP2.

2. Nei pazienti diabetici il RCV può essere valutato mediante il nuovo algoritmo SCORE2-Diabetes11.

3. I pazienti con DM e ASCVD o con evidenza di grave danno d’organo devono essere considerati sempre a RCV molto alto (probabilità di eventi almeno >2% per anno)11.

4. I pazienti con ASCVD clinicamente accertata, ovvero documentata in maniera inequivocabile ai test di imaging, devono essere considerati sempre a RCV molto alto (probabilità di eventi almeno >2% per anno). I pazienti con recente evento cardiovascolare (IMA/SCA, ictus cerebri) presentano un rischio particolarmente elevato (probabilità di eventi almeno >5% per anno). La stima può essere ulteriormente precisata mediante lo score di rischio SMART (disponibile nell’app ESC CVD Risk Calculation)10, che consente di stimare il rischio di eventi avversi a 10 anni nei pazienti con ASCVD stabile (CI, arteriopatia periferica o malattia cerebrovascolare).

RIASSUNTO

Per un’appropriata implementazione delle strategie di prevenzione cardiovascolare sia primaria che secondaria è necessario definire il rischio cardiovascolare del singolo individuo. In considerazione del fatto che la malattia aterosclerotica cardiovascolare ha un’origine multifattoriale, la stratificazione del rischio deve prendere in considerazione i diversi fattori di rischio sia quelli non modificabili come l’età, che quelli modificabili, quali il colesterolo, il diabete, la pressione arteriosa, il fumo di sigaretta e il peso corporeo. Per la definizione del rischio del singolo individuo di avere un evento cardiovascolare entro 10 anni, le linee guida della Società Europea di Cardiologia (ESC), in caso di soggetto apparentemente sano, raccomandano l’utilizzo di specifici score di rischio a seconda della fascia di età del paziente (SCORE2 tra 40 e 69 anni, SCORE2-OP ≥70 anni). Per i pazienti diabetici senza evidenza di malattia cardiovascolare è raccomandato l’utilizzo dello SCORE2-Diabetes. Nella pratica clinica l’utilizzo dell’applicazione ESC CVD Risk Calculation, inserendo tutti i parametri richiesti dai differenti score, consente una rapida stima del rischio individuale. I pazienti con malattia cardiovascolare accertata hanno tutti un rischio cardiovascolare molto alto.

Parole chiave. Fattori di rischio; Rischio cardiovascolare; Stratificazione del rischio.

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