Farmacologia clinica delle terapie di associazione nella prevenzione e nel trattamento delle malattie cardiovascolari

Nicola Ferri1, Alberto Corsini2

1Dipartimento di Medicina, Università degli Studi, Padova

2Dipartimento di Scienze Farmacologiche e Biomolecolari “Rodolfo Paoletti”, Università degli Studi, Milano

Hypertension and hypercholesterolemia represent two causal factors of atherosclerotic cardiovascular disease and are modulated by different molecular mediators. These mediators represent the pharmacological targets on which oral therapies have been developed for the control of hypertension and hypercholesterolemia. Pharmacological therapy aimed at modulating cardiovascular risk factors has demonstrated clinical efficacy with the results of several phase 3 clinical trials. In particular, the HMG-CoA reductase inhibitors, including rosuvastatin, and the inhibitor of the cholesterol transporter NPC1L1 ezetimibe are effective drugs in reducing levels of low-density lipoprotein cholesterol. On the other side, antihypertensive drugs include renin-angiotensin-aldosterone system inhibitors, such as angiotensin-converting enzyme inhibitors, or angiotensin receptor blockers, calcium channel blockers, beta-blockers and thiazide diuretics. Combination therapy, therefore, represents the most effective and tolerated approach for controlling both risk factors. Based on this evidence, fixed combination therapies have been developed which are useful in simplifying the treatment of patients at high cardiovascular risk. An essential condition for the development of fixed formulations is represented by the complementarity of the pharmacological action of the two or three associated drugs, and similar pharmacokinetic profile allowing the same frequency of administration. Furthermore, the pharmacokinetic profile of the two drugs given in fixed combination must not differ significantly from that observed with the two drugs administered individually. In this review the following fixed combination therapies are examined: rosuvastatin/ezetimibe, ramipril/amlodipine, candesartan/amlodipine, ramipril/amlodipine/hydrochlorothiazide and amlodipine/rosuvastatin, describing their pharmacodynamic and pharmacokinetic characteristics and their bioequivalence with respect to single therapies. This analysis provides essential information for the evaluation of their clinical effectiveness in the control of hypertension and hypercholesterolemia in patients at high cardiovascular risk.

Key words. Amlodipine; Bioequivalence; Candesartan; Ezetimibe; Fixed combination; Hydrochlorothiazide; Ramipril; Rosuvastatin.

CONTROLLO FARMACOLOGICO DELL’IPERCOLESTEROLEMIA E DELL’IPERTENSIONE: DALL’IDENTIFICAZIONE DEI BERSAGLI MOLECOLARI AL RAZIONALE DELLE TERAPIE DI COMBINAZIONE

L’ipercolesterolemia e l’ipertensione rappresentano i due principali fattori di rischio modificabili associati alle patologie cardiovascolari. I livelli di colesterolo plasmatico sono regolati da numerosi mediatori e la loro identificazione ha permesso di sviluppare terapie di associazione per il controllo del rischio cardiovascolare. L’armamentario terapeutico per il trattamento dei pazienti dislipidemici offre numerose opzioni che permettono una personalizzazione della cura1. Tra le terapie orali ricordiamo le statine, ezetimibe ed acido bempedoico, ai quali si aggiungono gli inibitori di PCSK9 somministrati per via sottocutanea, quali gli anticorpi monoclonali evolocumab e alirocumab ed il siRNA inclisiran2. La terapia statinica rappresenta l’opzione terapeutica più consolidata da oltre 35 anni di esperienza per la cura dei pazienti dislipidemici, come confermato dai 29 studi clinici randomizzati che hanno documentato una riduzione significativa del colesterolo legato alle lipoproteine a bassa densità (C-LDL) e della morbilità e mortalità cardiovascolare sia in prevenzione primaria sia secondaria3. Tuttavia, la monoterapia statinica non consente, sia per problemi di tollerabilità sia di efficacia, di trattare in modo adeguato tutti i pazienti eleggibili ad un trattamento ipolipemizzante4. La combinazione con ezetimibe rappresenta, ad oggi, la prima linea di intervento farmacologico per il trattamento dell’ipercolesterolemia. Ezetimibe è un inibitore selettivo della proteina NPC1L1 (Niemann-Pick C1-Like 1) in grado di ridurre l’assorbimento intestinale del colesterolo5. La proteina NPC1L1 è, infatti, responsabile della captazione intestinale di colesterolo e fitosteroli. Quindi l’associazione fissa statina/ezetimibe consente di inibire sia la via endogena (sintesi epatica) sia quella esogena (assorbimento intestinale) del colesterolo, consentendo una riduzione dei livelli plasmatici di C-LDL di oltre il 50% (Figura 1).




Questo approccio è stato dimostrato essere molto valido nel prevenire gli eventi cardiovascolari in almeno tre grandi trial condotti con statine ed ezetimibe, quali lo SHARP, l’IMPROVE-IT e il RACING6-8.

L’ipertensione primaria può essere accompagnata da alterazioni del sistema renina-angiotensina-aldosterone (RAAS), regolazione autonomica cardiaca e vascolare centrale e periferica, sistema dell’endotelina e altri sistemi di controllo della funzionalità vascolare, compresi l’ossido nitrico e peptidi natriuretici9-13. Le conoscenze sui meccanismi coinvolti nel controllo dei livelli pressori hanno permesso l’identificazione di diversi bersagli al fine di ottimizzarne la modulazione farmacologica.

Nelle ultime linee guida della Società Europea di Cardiologia14 si ribadisce che le quattro principali classi di farmaci raccomandate per la prima linea di trattamento dell’ipertensione sono gli inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE), gli antagonisti del recettore dell’angiotensina (ARB), i calcio-antagonisti (CCB) e i diuretici tiazidici e tiazido-simili. A questi si aggiungono i beta-bloccanti che possono essere utilizzati preferenzialmente in pazienti con angina, insufficienza cardiaca, con precedente infarto miocardico, o per il controllo della frequenza cardiaca14. La terapia prevede l’utilizzo di un inibitore del RAAS (ACE-inibitore o ARB) o un beta-bloccante limitatamente alle condizioni cliniche citate in precedenza. A questi farmaci si può aggiungere un CCB diidropiridinico o un diuretico tiazidico. Prendendo in considerazione la triplice terapia di combinazione con ACE-inibitore o ARB, calcio-antagonisti e diuretici tiazidici, la loro azione combinata su diversi organi coinvolti nel controllo della pressione arteriosa determina un effetto additivo sulla pressione stessa (Figura 2).




La sinergia tra farmaci cardioprotettivi, peraltro, non riguarda soltanto l’implementazione del controllo di un determinato fattore di rischio ma ha anche importanti ricadute favorevoli in termini di protezione cardiovascolare. Nello studio ASCOT-LLA, condotto in pazienti a elevato rischio cardiovascolare, l’aggiunta di una statina a una terapia antipertensiva con ACE-inibitore/calcio-antagonista ha determinato un vantaggio incrementale in termini di riduzione degli eventi cardiovascolari del 53% rispetto alla sola terapia antipertensiva15. La ricaduta pratica di questa interazione favorevole tra trattamento ipolipemizzante e antipertensivo è evidente se si considera che l’ipercolesterolemia rappresenta il più importante amplificatore di rischio nel paziente iperteso in ragione dello spiccato sinergismo tra questi fattori di rischio nel determinare eventi cardio- e cerebrovascolari14. Quindi, la combinazione di diversi farmaci cardioprotettivi nella stessa compressa consente una gestione integrata del rischio cardiovascolare.

TERAPIE DI COMBINAZIONE PER LA RIDUZIONE DEI LIVELLI DI COLESTEROLO LDL: ROSUVASTATINA/EZETIMIBE

Profilo farmacocinetico

Le caratteristiche farmacocinetiche e farmacodinamiche di rosuvastatina ed ezetimibe sono riassunte in Tabella 1.




I risultati di studi di farmacocinetica hanno dimostrato una relazione lineare tra la dose di rosuvastatina (da 20 mg a 80 mg) e le sue concentrazioni plasmatiche massime (Cmax) così come la sua esposizione sistemica (AUC0-24)16,17. L’assorbimento risulta rapido (Tmax di 3-5 h) seguito da un lungo tempo di emivita di eliminazione (T1/2) pari a 20.8 h (Tabella 1). Come tutte le statine, il farmaco va incontro ad un’alta estrazione epatica.

Solo una quota minima di rosuvastatina (10%) viene metabolizzata dopo somministrazione orale. Rosuvastatina è substrato del CYP2C9, mentre il 2C19, il 3A4 e il 2D6 sono coinvolti in misura minore. Dopo somministrazione di 20 mg di rosuvastatina radiomarcata, circa il 90% della radioattività la si ritrova nelle feci ed il 10% nelle urine (Tabella 1). A conferma della scarsa metabolizzazione del farmaco, il 92% di quello recuperato nelle feci è in forma di rosuvastatina.

Dopo somministrazione orale, ezetimibe viene rapidamente assorbita e coniugata con acido glucuronico per formare il suo principale metabolita farmacologicamente attivo. Le concentrazioni plasmatiche medie al picco (Cmax) si raggiungono dopo 1-2 h dall’assunzione per via orale per ezetimibe-glucuronide ed entro le 4-12 h per ezetimibe (Tabella 1)18. Ezetimibe ed il suo coniugato glucuronide vengono lentamente eliminati dal plasma, con un T1/2 di 22 h, risultato di un ricircolo enteroepatico importante19. Dopo la somministrazione orale di ezetimibe radiomarcata (20 mg) circa il 93% del farmaco raggiunge la circolazione ed il 78% e l’11% della radioattività la si ritrova rispettivamente nelle feci e nelle urine18.

Il profilo farmacocinetico di rosuvastatina 10 mg e 20 mg ed ezetimibe 10 mg è stato messo a confronto con quello ottenuto dalla combinazione fissa dei due farmaci20,21. Questa combinazione è giustificata non solo dal meccanismo complementare di riduzione dei livelli di C-LDL ma anche dal loro profilo farmacocinetico simile, che ne permette una posologia del tutto sovrapponibile con una monosomministrazione giornaliera (Tabella 1).

Lo studio di farmacocinetica ha messo a confronto la biodisponibilità della combinazione fissa rosuvastatina 20 mg + ezetimibe 10 mg con la somministrazione di sola ezetimibe (10 mg) o sola rosuvastatina (20 mg)21. Il disegno dello studio ha previsto una randomizzazione in aperto con un cross­over a due vie condotto su volontari sani dopo una singola somministrazione orale dei farmaci a digiuno. I risultati del profilo farmacocinetico hanno chiaramente dimostrato l’assoluta bioequivalenza sia di ezetimibe sia di rosuvastatina, quando somministrati in monoterapia o in combinazione fissa. I rapporti tra Cmax e AUC dei due farmaci somministrati singolarmente o in combinazione rientravano negli intervalli di confidenza (IC) dell’80-125% (Figura 3).




Profilo farmacodinamico

Il meccanismo d’azione, comune a tutte le statine, si basa sull’inibizione competitiva dell’enzima HMG-CoA riduttasi, tappa limitante della sintesi del colesterolo a livello principalmente epatico22. Le statine, inibendo questo enzima, riducono la sintesi de novo del colesterolo, attivando così il fattore di trascrizione sterolo-dipendente SREBP-2 in grado di aumentare l’espressione del recettore delle LDL, che si traduce in una maggiore captazione epatica delle lipoproteine circolanti contenenti apolipoproteina B (ApoB)23.

Le statine riducono i livelli di C-LDL del 20-60% in modo dose-dipendente, con diversa potenza ed efficacia24,25. Questi farmaci determinano anche una riduzione modesta dei livelli di trigliceridi (10-30%) ed aumentano i livelli di colesterolo legato alle lipoproteine ad alta densità (HDL) (5-10%). Oltre a queste azioni, le statine riducono l’ApoB, il colesterolo non HDL, il colesterolo legato alle lipoproteine a densità molto bassa, ed aumentano l’ApoA-I 3. La rosuvastatina è il farmaco più efficace di questa classe poiché riduce il C-LDL di oltre il 50% (55-60% a 40 mg) ad una dose inferiore rispetto alle altre statine26.

In termini di protezione cardiovascolare l’efficacia della rosuvastatina è stata dimostrata nello studio JUPITER in pazienti con livelli di C-LDL <130 mg/dl e di proteina C-reattiva ad alta sensibilità (hs-CRP) ≥2.0 mg/l27. Rosuvastatina ha ridotto il rischio cardiovascolare del 44%26.

Ezetimibe è l’unico farmaco della sua classe che agisce inibendo la proteina NPC1L1 coinvolta nell’assorbimento intestinale di colesterolo28. Ezetimibe ha, quindi, come bersaglio farmacologico l’intestino tenue dove andrà ad inibire l’assorbimento di colesterolo ed il suo trasferimento al fegato. Il trattamento di 2 settimane con 10 mg di ezetimibe determina una riduzione del 54% dell’assorbimento di colesterolo29. La sola ezetimibe è in grado di ridurre i livelli di C-LDL e di colesterolo totale rispettivamente del 20% e 15%, mentre i marcatori di assorbimento come campesterolo e sitosterolo si riducono rispettivamente del 48% e 41%29.

Rosuvastatina ed ezetimibe esercitano, quindi, azioni complementari nella riduzione dei livelli di colesterolo, ovvero l’inibizione della sua biosintesi epatica e del suo assorbimento intestinale, che giustifica appieno il loro utilizzo in associazione. La co-somministrazione di ezetimibe porta, infatti, ad un’ulteriore riduzione del C-LDL del 18-20%, indipendentemente dalla dose e dal tipo di statina utilizzata (Tabella 2)30.




Questa combinazione ha anche dimostrato di ridurre in maniera significativa il rischio di eventi cardiovascolari in relazione alla riduzione del C-LDL sia nei pazienti nefropatici sia con sindrome coronarica acuta6,7.

Molto importanti sono i risultati dello studio RACING che ha valutato l’efficacia e la sicurezza del trattamento a lungo termine con statine a moderata intensità in combinazione con ezetimibe rispetto alla monoterapia con statine ad alta intensità in pazienti con patologia aterosclerotica cardiovascolare8. Nel follow-up di 3 anni si è potuto osservare come la combinazione di statine a moderata intensità con ezetimibe fosse non inferiore alla sola terapia statinica ad alta intensità in termini di protezione cardiovascolare a parità di riduzione del C-LDL. Di vantaggio la combinazione ha portato ad una percentuale più elevata di pazienti con concentrazioni di C-LDL <70 mg/dl ed una minor percentuale di interruzione del trattamento a causa di eventi avversi. Infatti, le statine, sebbene siano sicure e ben tollerate, possono determinare delle complicanze muscolari, aumento dell’insorgenza di diabete di tipo 2 e dei livelli di aminotransferasi epatiche31. La prevalenza di soggetti considerati intolleranti completi alle statine è spesso sovrastimata a causa di un importante effetto “nocebo” che precondiziona all’insorgenza di mialgie o dolori muscolari, come dimostrato dallo studio ASCOT-LLA32. Un’analisi di più di 4 milioni di pazienti ha riportato che la prevalenza complessiva dell’intolleranza alle statine è pari al 9.1% (IC 95% 8.0-10%)33.

Interazioni farmacologiche

La terapia statinica in combinazione con ezetimibe prevede un trattamento cronico prevalentemente in soggetti o pazienti anziani con multi-morbilità e politrattati. Circa la metà di tutti i farmaci attualmente disponibili nella pratica clinica sono metabolizzati dal CYP3A4, tra questi anche la simvastatina, la lovastatina e l’atorvastatina34. Pertanto, le statine sono suscettibili di interazioni farmacologiche quando co-somministrate con potenziali inibitori di questo enzima. Miositi e rabdomiolisi sono state riportate in seguito all’uso concomitante di simvastatina o lovastatina e ciclosporina A, antifungini azolici (ketoconazolo, itraconazolo), inibitori della proteasi (ritonavir), alcuni antibiotici macrolidi, tra cui eritromicina, azitromicina e claritromicina35. Tuttavia, rosuvastatina si distingue da queste andando incontro ad un modesto metabolismo epatico mediato principalmente dal CYP2C9. Questa sua scarsa metabolizzazione ne riduce la propensione alle interazioni farmacologiche con altri farmaci in grado di modulare l’attività del CYP3A436. Rosuvastatina, così come tutte le statine, è substrato sia del trasportatore epatico OATP1B1 sia della glicoproteina P (P-gp) e per questo motivo possono andare incontro ad interazioni farmacologiche con inibitori o induttori di questi trasportatori. Infine, l’eliminazione renale di rosuvastatina è mediata dall’interazione con il trasportatore OAT3 e prevede una secrezione tubulare attiva con una clearance pari a 226 ml/min36. Questa sua caratteristica ha portato alla controindicazione di 40 mg di rosuvastatina in pazienti con danno renale moderato, ed il suo non utilizzo in caso di grave danno renale. Inibitori potenti di OAT3, quali il probenecid, possono determinarne un’aumentata esposizione sistemica di rosuvastatina. In questo contesto, è importante sottolineare che la co-somministrazione di rosuvastatina con acido bempedoico, debole inibitore di OATP1B1/3 e dei trasportatori OAT2/3, non determina un aumento significativo della sua esposizione sistemica (+1.5 volte), permettendone la loro combinazione per un efficace controllo dei livelli plasmatici di colesterolo37.

Box 1. Terapia di associazione per il controllo dell’ipercolesterolemia

  • La terapia di combinazione con statine ed ezetimibe rappresenta la prima linea di intervento per raggiungere i target terapeutici di C-LDL in pazienti ad alto rischio cardiovascolare.
  • La co-somministrazione di due farmaci ipolipemizzanti con meccanismi d’azione complementari, quali rosuvastatina ed ezetimibe, permette di migliorare l’efficacia terapeutica con un ottimo profilo di sicurezza e tollerabilità.
  • Tra le diverse statine, rosuvastatina risulta la più efficace e con il minor rischio di interazioni farmacologiche.
  • La combinazione tra dosi moderate di statine con ezetimibe ha dimostrato un miglior profilo di tollerabilità e di aderenza rispetto al trattamento con solo statine ad alte dosi.

TERAPIE DI COMBINAZIONE PER IL CONTROLLO DELLA PRESSIONE ARTERIOSA: RAMIPRIL/AMLODIPINA, CANDESARTAN/AMLODIPINA E RAMIPRIL/AMLODIPINA/IDROCLOROTIAZIDE

Profilo farmacocinetico

Le caratteristiche farmacocinetiche e farmacodinamiche di ramipril/ramiprilato, candesartan cilexetil, amlodipina e idroclorotiazide sono riassunte in Tabella 3.




Ramipril è un profarmaco che viene rapidamente assorbito nel tratto gastrointestinale con un picco di Cmax osservabile entro 1 h dalla somministrazione orale38. Ramipril viene metabolizzato prevalentemente a livello epatico ad opera delle esterasi (75% del metabolismo totale) producendo il metabolita attivo ramiprilato. La biodisponibilità del metabolita attivo ramiprilato, dopo somministrazione orale di 2.5 mg e 5 mg di ramipril, è del 45% e non viene influenzata dalla presenza di cibo. Le Cmax di ramiprilato, unico metabolita attivo di ramipril, si raggiungono 2-4 h dopo l’assunzione del farmaco. Il legame di ramipril e ramiprilato con le proteine sieriche è rispettivamente pari a circa il 73% ed il 56%. Anche il rene contribuisce alla conversione di ramipril in ramiprilato. Altri metaboliti, l’estere della dichetopiperazina, l’acido della dichetopiperazina e i glucuronidi del ramipril e del ramiprilato, sono inattivi.

L’eliminazione dei metaboliti avviene principalmente per via renale. A causa del suo legame potente e saturabile all’ACE e della lenta dissociazione dall’enzima, il ramiprilato mostra una fase terminale di eliminazione prolungata con concentrazioni plasmatiche molto basse. L’emivita effettiva del ramiprilato è trifasica con una prima fase di eliminazione di 2-4 h, una seconda di circa 9-18 h ed una terminale di più di 50 h per le dosi da 2.5 a 10 mg (Tabella 3)39.

Candesartan cilexetil, a seguito di somministrazione orale, viene convertito nel suo principio attivo candesartan. La biodisponibilità assoluta di candesartan, dopo somministrazione orale di candesartan cilexetil, è stata stimata essere pari al 14%. I valori medi di Cmax vengono raggiunti in 3-4 h dall’assunzione. Le concentrazioni sieriche di candesartan aumentano in modo lineare con l’incremento delle dosi nel range terapeutico. L’esposizione sistemica non risulta influenzata dal cibo in maniera significativa. Candesartan è altamente legato alle proteine plasmatiche (più del 99%) ed il volume di distribuzione è pari a 0.1 l/kg (Tabella 3).

Candesartan viene eliminato quasi interamente immodificato per via renale e biliare e solo in misura minore attraverso il metabolismo epatico ad opera del CYP2C9; quindi, il farmaco risulta poco suscettibile di interazioni farmacologiche con inibitori o induttori farmacometabolici. L’escrezione renale avviene sia per filtrazione glomerulare sia per secrezione tubulare attiva. A seguito di dose orale di candesartan cilexetil radiomarcato 14C, circa il 26% della dose è escreta nelle urine come candesartan e il 7% come metabolita inattivo, mentre circa il 56% della dose la si ritrova nelle feci come candesartan e il 10% come metabolita inattivo.

L’amlodipina è assorbita in modo graduale con un picco plasmatico tra 6-12 h dopo la somministrazione orale. La biodisponibilità assoluta è stata stimata tra il 64% e l’80%. Il volume di distribuzione è di circa 21 l/kg ed il legame alle proteine plasmatiche è pari al 97.5%38. La biodisponibilità di amlodipina non è influenzata dall’assunzione di cibo.

Il tempo di emivita terminale di eliminazione plasmatica dell’amlodipina è di circa 35-50 h. L’amlodipina è ampiamente metabolizzata dal fegato in metaboliti inattivi e il 10% viene eliminato con le urine tal quale mentre il 60% in forma di metaboliti.

L’idroclorotiazide ha un assorbimento rapido con un picco a 2 h dopo la somministrazione orale38. La biodisponibilità assoluta è di circa il 70% e non è influenzata dalla presenza di cibo. L’idroclorotiazide si accumula negli eritrociti, raggiungendo, dopo 10 h, concentrazione pari a circa 3 volte quelle del plasma. Il legame alle proteine plasmatiche è di circa il 40-70% ed il volume di distribuzione di circa 4-8 l/kg. L’emivita è molto variabile e stimabile tra le 6 e le 25 h. L’idroclorotiazide viene eliminata quasi esclusivamente (>95%) dal plasma in forma immodificata con il 60-80% per via renale ed il 24% con le feci.

La combinazione di due o più farmaci rappresenta il “gold-standard” della terapia antipertensiva14. I farmaci che vengono assunti in combinazione devono possedere delle azioni farmacologiche complementari e proprietà farmacocinetiche compatibili. A tal fine sono stati eseguiti degli studi di biodisponibilità che hanno messo a confronto il profilo farmacocinetico dei farmaci somministrati in monoterapia vs combinazioni fisse. Questi confronti sono stati eseguiti con la combinazione amlodipina/candesartan (Figura 4)40.




Il profilo farmacocinetico è risultato del tutto sovrapponibile con rapporti tra Cmax e AUC dei due farmaci somministrati in combinazione o singolarmente che rientravano negli IC dell’80-125%40.

Questi risultati avvalorano l’approccio delle combinazioni fisse di farmaci in un’unica forma farmaceutica permettendone un profilo farmacocinetico, e quindi di efficacia, bioequivalenti a quello dei principi attivi dati singolarmente. Questo approccio semplifica l’assunzione delle terapie migliorando l’aderenza e la compliance dei pazienti.

Profilo farmacodinamico

Il ramiprilato, metabolita attivo del profarmaco ramipril, inibisce l’ACE41 a livello plasmatico e tessutale, determinando una riduzione nella conversione dell’angiotensina I in angiotensina II, e nella degradazione del vasodilatatore bradichinina. La riduzione del tono vasale ad opera di ramipril è quindi determinata sia dall’inibizione della sintesi di angiotensina II, sia dalla riduzione della degradazione della bradichinina; questo provoca un decremento delle resistenze periferiche e del postcarico. Tramite queste due azioni ramipril determina una vasodilatazione con conseguente effetto antipertensivo (Figura 2). Dopo somministrazione di una dose singola, il ramipril esercita la sua azione antipertensiva dopo 1 o 2 h dall’assunzione. L’effetto massimo si manifesta dopo 3-6 h e si protrae per almeno 24 h38. L’angiotensina II, a seguito dell’interazione con il suo recettore specifico AT1, stimola anche il rilascio di aldosterone, ed il ramipril ne riduce la secrezione esercitando un effetto inibitorio sull’azione sodio-ritentiva mediata dall’induzione della trascrizione genica del canale epiteliale apicale del sodio ENaC e la pompa baso-laterale Na+/K+ ATPasi42.

In maniera simile, il candesartan inibisce direttamente l’interazione dell’angiotensina II con il recettore AT1 sia a livello vascolare sia surrenalico, promuovendo una vasodilatazione ed una riduzione del rilascio di aldosterone. L’antagonismo recettoriale non competitivo, che caratterizza alcuni sartani (ad esempio candesartan e olmesartan), rende ragione di una inibizione prolungata e irreversibile del recettore, a differenza di quanto accade con losartan che, invece, induce una inibizione transitoria e prontamente reversibile. Si osserva, infatti, un effetto antipertensivo prolungato anche in concomitanza di assenza del farmaco nel circolo sistemico, fenomeno definito di isteresi farmacologica. Questa differenza farmacodinamica determina importanti ripercussioni sul piano clinico. Relativamente all’attività antipertensiva di tali farmaci, studi clinici di confronto confermano, infatti, che l’efficacia antipertensiva di losartan sia inferiore rispetto a quella del candesartan43,44.

Come altri farmaci antipertensivi, appartenenti alla classe delle diidropiridine, l’amlodipina blocca i canali del calcio di tipo L nelle cellule muscolari lisce dei vasi sanguigni, rilassandoli e abbassando così le resistenze periferiche e la pressione arteriosa (Figura 2). La somministrazione di una dose singola di amlodipina determina una riduzione significativa della pressione arteriosa che si prolunga fino a 24 h.

Infine, l’idroclorotiazide agisce riducendo il riassorbimento di sodio e cloro nel tubulo distale mediante l’inibizione del co-trasportatore Solute Carrier Family 12 Member 3 (SLC12A3)45,46. Questo effetto promuove il riassorbimento passivo di ioni Ca++. Inoltre, si osserva un aumento dell’escrezione di ioni Na+ e di acqua nel dotto collettore che porta ad un’aumentata secrezione di ioni K+ e H+ accompagnata da un aumento della produzione di urina. La diuresi indotta da idroclorotiazide si osserva dopo 2 h dalla somministrazione, con un effetto massimo a 4 h ed una durata di circa 6-12 h.

L’effetto antipertensivo di idroclorotiazide potrebbe, quindi, essere la risultante della perdita di sodio, della riduzione dell’acqua extracellulare e del volume plasmatico, della diminuzione delle resistenze vascolari renali e della risposta a noradrenalina e angiotensina II (Figura 2). Inoltre, la riduzione della concentrazione di sodio e l’attivazione del canale del K+ nelle pareti dei vasi sanguigni sarebbero alla base della riduzione delle resistenze periferiche in risposta a idroclorotiazide47,48. L’effetto antipertensivo iniziale è, quindi, principalmente dovuto alla diminuzione del volume plasmatico, mentre a lungo termine l’effetto diuretico diminuisce, il volume plasmatico ritorna ai livelli pretrattamento, mentre le resistenze vascolari diminuiscono.

Mettendo a confronto l’efficacia antipertensiva e la tollerabilità di idroclorotiazide, clortalidone, indapamide, bendroflumetiazide, ciclopentiazide e metolazone in pazienti con ipertensione essenziale si è concluso che l’effetto antipertensivo massimo è sovrapponibile tra i diuretici posti in analisi. Inoltre, si è evidenziata una riduzione sovrapponibile dei livelli ematici di K+ ed un incremento simile dei livelli sierici di acido urico, colesterolo totale e trigliceridi49.

Numerosi studi clinici hanno dimostrato la maggior efficacia nel ridurre la pressione arteriosa della combinazione triplice di un ACE-inibitore o ARB, con un CCB e idroclorotiazide, rispetto a varie combinazioni doppie, con un buon profilo di sicurezza/tollerabilità50-55. L’effetto antipertensivo dell’aggiunta di ramipril alla duplice terapia con amlodipina e idroclorotiazide è stato, inoltre, valutato in pazienti ipertesi con diabete di tipo 2 ed ipertrofia ventricolare sinistra56. L’aggiunta di ramipril ha prodotto una riduzione significativa nei valori di pressione arteriosa sistolica e diastolica pari, rispettivamente, a 13.4 mmHg e 10.4 mmHg56.

Interazioni farmacologiche

L’uso concomitante di amlodipina con inibitori potenti o moderati del CYP3A4 (inibitori della proteasi, antifungini azolici, macrolidi quali eritromicina o claritromicina, verapamil o diltiazem) può causare un aumento significativo dell’esposizione al farmaco con possibile insorgenza di effetti collaterali e ipotensivi. Il significato clinico di queste variazioni farmacocinetiche può essere più pronunciato negli anziani. Pertanto, può essere richiesto un monitoraggio clinico e un aggiustamento del dosaggio38.

Al momento della somministrazione concomitante di induttori noti del CYP3A4, la concentrazione plasmatica di amlodipina può variare. Pertanto, deve essere monitorata la pressione sanguigna e valutata un’eventuale interruzione del trattamento con farmaci concomitanti, in particolare con forti induttori del CYP3A4 (ad es. rifampicina, Hypericum perforatum).

Amlodipina è un debole inibitore del CYP3A4 e la co-somministrazione di dosi ripetute di 10 mg di amlodipina con simvastatina 80 mg ha determinato un aumento del 77% dell’esposizione alla simvastatina rispetto a simvastatina da sola. È consigliabile limitare la dose di simvastatina a 20 mg/die in pazienti in terapia con amlodipina. La combinazione amlodipina con atorvastatina o simvastatina ha portato alla pubblicazione di casi di rabdomiolisi57. Al contrario, non sono stati riportati casi di interazione tra amlodipina e rosuvastatina58.

Ramipril e idroclorotiazide non sono soggetti ad interazioni di tipo farmacocinetico non essendo substrati dei CYP450, a supporto ulteriore della validità della combinazione con amlodipina.

Per quanto riguarda il candesartan non sono state osservate interazioni farmacologiche rilevanti con nifedipina, glibenclamide (gliburide), digossina, etinilestradiolo levonorgestrel, warfarin o idroclorotiazide59. Anche la combinazione di candesartan con amlodipina e atorvastatina non ha evidenziato interazioni farmacologiche60. Come con gli ACE-inibitori, il candesartan cilexetil può provocare un aumento reversibile delle concentrazioni sieriche di litio. Infine, è stato riportato un caso di marcato effetto ipotensivo dopo assunzione di candesartan cilexetil in un paziente con ipertensione e insufficienza cardiaca portatore di un polimorfismo genetico a carico del CYP2C961. Il soggetto era un eterozigote metabolizzatore lento CYP2C9*1*3 con conseguente riduzione del 40% della clearance del farmaco. Questo aspetto è particolarmente rilevante considerando che il 4% dei giapponesi e il 10% dei caucasici sono portatori di questo polimorfismo61.

Box 2. Terapia di associazione per il controllo dell’ipertensione

  • La combinazione di due o più farmaci rappresenta il “gold-standard” della terapia antipertensiva. I farmaci che vengono assunti in combinazione devono possedere delle azioni farmacologiche complementari e proprietà farmacocinetiche compatibili.
  • La co-somministrazione di due farmaci antipertensivi con meccanismi d’azione complementari è richiesta nella maggior parte dei pazienti ipertesi.
  • La triplice associazione di CCB diidropiridinici con tiazidici ed inibitori del RAAS, quali ACE-inibitori o ARB, ha documentato efficacia e sicurezza della terapia a lungo termine rispetto alle monoterapie.
  • La terapia di associazione a dosi fisse in un’unica forma farmaceutica permette di ottenere un rapido controllo dei valori pressori e di migliorare l’adesione a lungo termine della terapia con potenziale impatto positivo nel controllo del rischio cardiovascolare dei pazienti ipertesi.

TERAPIA DI COMBINAZIONE PER LA RIDUZIONE DEI LIVELLI DI COLESTEROLO LDL E PER IL CONTROLLO DELLA PRESSIONE ARTERIOSA: AMLODIPINA/ROSUVASTATINA

Profilo farmacocinetico

Le caratteristiche farmacocinetiche di amlodipina e rosuvastatina sono state descritte in precedenza ed il loro profilo è stato studiato mettendo a confronto i due famaci somministrati in monoterapia e in combinazione fissa62. Un primo studio ha previsto la randomizzazione cross-over in aperto di 36 volontari sani. I valori di AUClast e Cmax sia di amlodipina sia di rosuvastatina sono rientrati negli IC certificandone la loro bioequivalenza (Figura 5)62.




Un secondo studio ha previsto il confronto del profilo farmacocinetico delle somministrazioni singole di rosuvastatina e amlodipina rispetto alla combinazione fissa amlodipina, losartan, ezetimibe e rosuvastatina63. I profili farmacocinetici sia di rosuvastatina sia di amlodipina si sono dimostrati del tutto sovrapponibili tra la somministrazione singola e quella in combinazione. I rapporti delle medie geometriche con IC 90% della Cmax e AUC rientravano nell’intervallo 0.8-1.2563.

Questi due studi dimostrano chiaramente che la combinazione amlodipina/rosuvastatina ha un profilo farmacocinetico del tutto sovrapponibile a quello dei due farmaci somministrati singolarmente. La bioequivalenza permette di concludere che l’efficacia e la sicurezza clinica delle due forme farmaceutiche siano simili e possono essere utilizzate indistintamente da un punto di vista terapeutico (ovvero con le stesse indicazioni terapeutiche).

Profilo farmacodinamico

L’efficacia della combinazione rosuvastatina/amlodipina nel controllare sia i valori pressori sia i livelli di C-LDL è stata confrontata con quella dei due farmaci somministrati singolarmente64. Questa combinazione ha mostrato una maggiore efficacia nel ridurre sia i valori della pressione arteriosa sia quelli lipidici rispetto ai due farmaci somministrati separatamente64. Kim et al.64 hanno dimostrato che i soggetti che hanno ricevuto la combinazione rosuvastatina/amlodipina hanno ottenuto una riduzione maggiore dei livelli di pressione arteriosa sistolica e diastolica e di C-LDL rispetto ai soggetti trattati solo con rosuvastatina o amlodipina. La percentuale di pazienti in cui i livelli di pressione arteriosa sistolica e diastolica sono diminuiti, rispettivamente, di ≥20 mmHg e ≥10 mmHg (circa il 74%) e nei quali sono stati raggiunti i target di C-LDL (circa il 92%) è stata più alta nel gruppo rosuvastatina/amlodipina64.

Inoltre, la monosomministrazione di rosuvastatina/amlodipina (10/5 mg) e rosuvastatina/amlodipina (20/5 mg) si è dimostrata più efficace della combinazione atorvastatina/amlodipina (20/5 mg) in termini di riduzione del C-LDL e del raggiungimento del target previsto65. Quindi, il miglioramento simultaneo della pressione arteriosa e del profilo lipidico aterosclerotico in risposta alla combinazione rosuvastatina/amlodipina può ridurre ulteriormente il rischio cardiovascolare.

Interazioni farmacologiche

Come indicato precedentemente, amlodipina è substrato ed un debole inibitore del CYP3A4 comportandone la possibile interazione con inibitori o induttori di questo enzima. Per rosuvastatina, invece, l’interazione è più a carico di una inibizione o induzione della P-gp e dei trasportatori OAT e APTP. La valutazione del profilo farmacocinetico dell’assunzione combinata di ezetimibe/rosuvastatina (10/20 mg) con la combinazione fissa telmisartan/amlodipina (80/5 mg), in volontari sani, non ha evidenziato interazioni farmacocinetiche clinicamente rilevanti66. Sulla base di queste premesse, esiste un forte razionale per la combinazione di rosuvastatina con amlodipina.

Box 3. Terapia di associazione per il controllo di differenti fattori di rischio cardiovascolare

  • L’uso di combinazioni precostituite di farmaci appartenenti a categorie diverse rappresenta un elemento da considerare prioritariamente tra le diverse strategie di intervento nel singolo paziente.
  • Il controllo di due fattori di rischio con un’unica combinazione precostituita di farmaci coniuga efficacemente la semplificazione terapeutica con una sinergia di efficacia protettiva, garantendo quella resa terapeutica ottimale che deve essere l’obiettivo finale di ogni strategia di intervento.
  • La combinazione rosuvastatina/amlodipina offre all’armamentario terapeutico un valore aggiunto grazie ad un profilo farmacologico di particolare rilevanza clinica che permette di associare in combinazione fissa due principi attivi in una compressa con elevata efficacia associata ad un ottimo profilo di sicurezza.

CONCLUSIONI

L’uso di combinazioni precostituite di farmaci rappresenta un approccio personalizzato in quanto coniuga efficacemente una semplificazione del trattamento con la sinergia di efficacia protettiva, garantendo quella resa terapeutica ottimale che deve essere l’obiettivo finale di ogni strategia di intervento14,67. Per il controllo dell’ipercolesterolemia, la terapia di combinazione con statine ed ezetimibe aiuta certamente a raggiungere i livelli target di C-LDL in un gran numero di pazienti a rischio cardiovascolare alto e molto alto, evitando alcuni problemi di sicurezza associati agli alti dosaggi della terapia con statine. Tra le diverse statine, rosuvastatina può rappresentare dei vantaggi essendo la più efficace e con il minor rischio di interazioni farmacologiche. Inoltre, la combinazione tra dosi moderate di statine con ezetimibe ha dimostrato un miglior profilo di tollerabilità e di aderenza rispetto al trattamento con solo statine ad alte dosi.

Per quel che riguarda la terapia antipertensiva, gli ACE-inibitori, gli ARB, i diuretici e i CCB costituiscono il fondamento del trattamento farmacologico combinato per il controllo dell’ipertensione. Ramipril, candesartan, idroclorotiazide e amlodipina soddisfano i criteri di scelta dei principali farmaci antipertensivi. Questi farmaci hanno azioni farmacologiche complementari e proprietà farmacocinetiche compatibili per lo sviluppo di terapie fisse di combinazione. Questa combinazione offre all’armamentario terapeutico un valore aggiunto grazie ad un profilo farmacologico di particolare rilevanza clinica che permette di associare in combinazione tre principi attivi in una compressa con attività complementare ed additiva associata ad un ottimo profilo di sicurezza.

Non solo esiste un forte razionale per lo sviluppo di triplici combinazioni per il controllo dell’ipertensione ma anche l’utilizzo di duplici terapie contenenti il CCB amlodipina in aggiunta ad un inibitore del RAAS, quali ramipril o candesartan, rappresenta un vantaggio in termini di aderenza terapeutica per il trattamento di pazienti ipertesi. Infine, l’utilizzo di combinazioni precostituite di farmaci di categorie diverse, quali amlodipina/rosuvastatina, è alla base delle diverse strategie di intervento per il controllo dei fattori di rischio nel singolo paziente in quanto coniuga efficacemente la semplificazione terapeutica con una sinergia di efficacia protettiva, garantendo un’ottimale resa terapeutica.

RIASSUNTO

L’ipertensione e l’ipercolesterolemia rappresentano due fattori causali della patologia cardiovascolare su base aterosclerotica e sono modulati da numerosi mediatori molecolari. Questi mediatori rappresentano i bersagli farmacologici su cui si sono sviluppate le terapie orali per il controllo dell’ipertensione e dell’ipercolesterolemia. La terapia farmacologica mirata a modulare i fattori di rischio cardiovascolare ha dimostrato efficacia clinica con i risultati di numerosi studi clinici di fase 3. In particolare, gli inibitori della HMG-CoA riduttasi, tra i quali la rosuvastatina, e del trasportatore del colesterolo NPC1L1 ezetimibe, sono farmaci efficaci nel ridurre i livelli di colesterolo associato alle lipoproteine a bassa densità. Sul secondo versante, i farmaci antipertensivi comprendono gli inibitori del sistema renina-angiotensina-aldosterone, quali gli inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina o gli antagonisti del recettore dell’angiotensina, i calcio-antagonisti, i beta-bloccanti e i diuretici tiazidici. La terapia di combinazione rappresenta, quindi, l’approccio più efficace e meglio tollerato per il controllo di entrambi i fattori di rischio. Sulla base di queste evidenze si sono sviluppate terapie di associazione fisse utili nella semplificazione del trattamento dei pazienti ad alto rischio cardiovascolare. Condizione necessaria per lo sviluppo di queste formulazioni è rappresentata dalla complementarità nell’azione farmacologica dei due o tre farmaci associati, e dalla sovrapponibilità del profilo farmacocinetico al fine di permetterne la stessa frequenza di somministrazione. Inoltre, il profilo farmacocinetico dei due farmaci dati in associazione fissa non deve differire in maniera significativa da quello osservato con i due farmaci somministrati singolarmente. In questa rassegna vengono esaminate le seguenti terapie di associazione fisse: rosuvastatina/ezetimibe, ramipril/amlodipina, candesartan/amlodipina, ramipril/amlodipina/idroclorotiazide e amlodipina/rosuvastatina, descrivendone le caratteristiche farmacodinamiche e farmacocinetiche e la loro bioequivalenza rispetto alle terapie singole. Questa analisi fornisce informazioni essenziali per la valutazione della loro efficacia clinica nel controllo dell’ipertensione e dell’ipercolesterolemia nei pazienti ad alto rischio cardiovascolare.

Parole chiave. Amlodipina; Bioequivalenza; Candesartan; Combinazioni fisse; Ezetimibe; Idroclorotiazide; Ramipril; Rosuvastatina.

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