La terapia di associazione nel trattamento dell’ipercolesterolemia: prevenzione primaria e secondaria

Stefania Angela Di Fusco, Furio Colivicchi

U.O.C. Cardiologia Clinica e Riabilitativa, Presidio Ospedaliero San Filippo Neri - ASL Roma 1, Roma

The reduction of low-density lipoprotein cholesterol (LDL-C) is the cornerstone of atherosclerotic cardiovascular diseases management, both in primary and secondary prevention. The use of more lipid-lowering agents represents an effective and safe option to reduce LDL-C with the advantage of a better adherence to treatment compared to the use of higher statin dosages as monotherapy. This review focuses on therapeutic targets as recommended in different clinical settings in primary and secondary prevention, and analyzes evidence on the statin/ezetimibe combination use in primary prevention. Furthermore, we discuss the impact of rosuvastain/ezetimibe combination in secondary prevention and report available data on LDL-C reduction and on the effects on atherosclerotic plaques and clinical events.

Key words. Cholesterol; Combination therapy; Ezetimibe; Prevention; Rosuvastatin.

INTRODUZIONE

La riduzione del colesterolo legato alle lipoproteine a bassa densità (C-LDL) rappresenta un intervento cruciale nella prevenzione delle malattie cardiovascolari aterosclerotiche (ASCVD). Numerosi studi hanno dimostrato una correlazione lineare tra la riduzione dei livelli di C-LDL e la riduzione del rischio di eventi, non solo con le statine ma anche con altri farmaci ipolipemizzanti. Ogni riduzione di 1 mmol/l (38 mg/dl) della concentrazione plasmatica di C-LDL è associata ad una riduzione del rischio relativo di eventi cardiovascolari avversi maggiori (MACE) del 23%1. Ampie metanalisi hanno dimostrato che il controllo dei livelli di C-LDL consente una riduzione del rischio cardiovascolare con un beneficio clinico netto anche nel contesto della prevenzione primaria2,3.

In considerazione della dimostrata efficacia e sicurezza del trattamento con statine, nella gestione dell’ipercolesterolemia le linee guida prevedono un approccio graduale e progressivamente intensivo con l’impiego delle statine come terapia di prima linea in associazione agli interventi sullo stile di vita4. Le stesse linee guida sottolineano anche che la scelta del trattamento deve essere il risultato di un processo decisionale condiviso tra clinico e paziente, che quindi deve prendere in considerazione anche le preferenze del paziente4. Nella pratica clinica una parte dei pazienti trattati con statine non hanno la risposta attesa per diversi motivi, da possibili cause genetiche all’intolleranza al trattamento o a causa della mancata aderenza alle prescrizioni. Inoltre, mentre il raddoppio del dosaggio della statina consente una riduzione incrementale del livello di C-LDL di circa il 6%5, la terapia di associazione di differenti classi di farmaci ipolipemizzanti permette di avere un effetto additivo in termini di riduzione di C-LDL. È stato stimato che l’impiego di una terapia di combinazione statina/ezetimibe in formulazioni di associazione precostituite (fixed dose combination, FDC) rispetto all’uso dei singoli componenti comporta una riduzione dei MACE (-6.4% vs -5.4%)6, riduzione stimata ipotizzando l’impiego della terapia di combinazione secondo le indicazioni delle linee guida del 2019 e confrontando i MACE attesi con tali associazioni rispetto al trattamento abituale pre-aggiornamento linee guida.

Negli ultimi anni esperti a livello internazionale7-9 enfatizzano la necessità di passare dal concetto di statina ad alta intensità a quello di terapia ipolipemizzante ad elevata intensità, soprattutto nei pazienti a più alto rischio cardiovascolare, focalizzando dunque l’attenzione sull’efficacia terapeutica e non sul tipo di farmaco utilizzato. In effetti un impiego precoce della terapia di combinazione può portare a un miglioramento della prognosi soprattutto nei pazienti a più alto rischio9-11. In questa rassegna, dopo aver puntualizzato i target terapeutici indicati dalle linee guida internazionali più recenti sulla base dello specifico contesto clinico, vengono esaminate le evidenze relative all’impiego della terapia di combinazione in prevenzione primaria e secondaria, con un focus sull’associazione rosuvastatina/ezetimibe (Figura 1).




TARGET TERAPEUTICI IN PREVENZIONE PRIMARIA E SECONDARIA ED EVIDENZE NEL MONDO REALE

In prevenzione primaria l’entità di riduzione dei livelli di C-LDL desiderata viene stabilita sulla base del beneficio atteso in termini di guadagno di anni privi di eventi cardiovascolari (infarto miocardico ed ictus)4. Tale beneficio viene stimato considerando il rischio cardiovascolare globale definito dai seguenti fattori: età, sesso, fumo di sigaretta, pressione arteriosa sistolica e livelli di colesterolo legato alle lipoproteine non ad alta densità (C-non-HDL)12. In prevenzione primaria, in individui di età <70 anni, apparentemente sani e con rischio cardiovascolare molto alto (SCORE2 >7.5% per età <50 anni; SCORE2 >10% per età 50-69 anni), in accordo con le linee guida4, i livelli target di C-LDL sono <55 mg/dl con una riduzione di almeno il 50%. In caso di alto rischio (rischio di ASCVD a 10 anni 2.5-7.5%) il target è <70 mg/dl sempre con una riduzione di almeno il 50% rispetto al basale (classe di raccomandazione IIa, livello di evidenza A). Inoltre, in prevenzione primaria la terapia ipolipemizzante dovrebbe essere considerata anche nei pazienti a più basso rischio di ASCVD (<5% a 10 anni) se sono presenti livelli di colesterolo elevati (>115 mg/dl) non controllati dalla sola dieta, mentre il trattamento farmacologico dovrebbe essere iniziato in contemporanea alle modifiche dello stile di vita se i livelli di C-LDL sono molto alti (>190 mg/dl) (classe di raccomandazione IIa, livello di evidenza C)13. In effetti, livelli di C-LDL >190 mg/dl configurano di per sé un rischio cardiovascolare alto e sono frequentemente espressione di ipercolesterolemia familiare. In prevenzione primaria nei soggetti giovani (età 40-49 anni) con elevate concentrazioni plasmatiche di C-non-HDL >160 mg/dl un inizio precoce ed intensivo del trattamento per il controllo del colesterolo è stato stimato determinare una significativa riduzione del rischio di eventi nel lungo termine (>30 anni)14. Per quanto riguarda gli individui più anziani (età >70-75 anni) con rischio alto o molto alto, in prevenzione primaria l’indicazione al trattamento ipolipemizzante è meno forte (classe di raccomandazione IIb, livello di evidenza C)4. I dati provenienti dallo studio osservazionale SANTORINI15 mostrano che la stragrande maggioranza dei pazienti senza storia di malattia cardiovascolare (età media 62.5 anni) ma a rischio alto o molto alto (73.9%) non ha i livelli di C-LDL a target e la percentuale dei pazienti non a target è ancora più alta (77%) se si fa riferimento alla popolazione a rischio molto alto. Sempre dai dati forniti dallo studio SANTORINI15, il trattamento ipolipemizzante risulta implementato nel 67% dei pazienti a rischio alto o molto alto ma senza malattia cardiovascolare. In questo gruppo di pazienti l’utilizzo della terapia di combinazione con statina ed ezetimibe è riportato nel 10.9% e, più in generale, una combinazione di trattamenti ipolipemizzanti nel 18.5% dei casi.

Per quanto riguarda la prevenzione secondaria, il rischio cardiovascolare è sempre molto alto e le linee guida europee raccomandano di raggiungere e mantenere livelli di C-LDL <55 mg/dl con una riduzione di almeno il 50% (classe di raccomandazione I, livello di evidenza A)4. In merito a quanto osservato nel mondo reale, solo il 73% dei pazienti con malattia cardiovascolare nota ha livelli di C-LDL a target, il 25.6% è trattato con una terapia di combinazione e, in particolare, il 17.5% con l’associazione statina/ezetimibe15.

Globalmente, i dati provenienti dal mondo reale stanno ad indicare che è necessario un maggiore impiego della terapia di combinazione per un’appropriata gestione del rischio cardiovascolare associato al C-LDL. Inoltre, le evidenze fornite dagli studi clinici mostrano che, quando la terapia di combinazione con statina ed ezetimibe è utilizzata con formulazioni precostituite a dose fissa combinata, la riduzione del C-LDL è anche maggiore rispetto all’impiego di associazioni estemporanee16, verosimilmente a causa della maggiore aderenza ai trattamenti prescritti17. In effetti, l’analisi dei dati amministrativi provenienti da alcune Aziende Sanitarie Locali italiane ha mostrato che l’utilizzo della FDC rosuvastatina/ezetimibe è associato ad una più alta proporzione di pazienti aderenti al trattamento rispetto all’utilizzo dei due principi attivi in formulazioni separate (75.2% vs 51.8%, p<0.001)18.

LA TERAPIA DI COMBINAZIONE IN PREVENZIONE PRIMARIA: EVIDENZE DAGLI STUDI CLINICI

Immessa in commercio nel 2002, l’ezetimibe in monoterapia o in combinazione con una statina riduce i livelli di C-LDL di circa il 15-25%13. Attualmente, in accordo con le linee guida internazionali, viene utilizzata con un approccio “stepwise” in aggiunta alla massima dose di statina tollerata quando il trattamento con la sola statina non consente di raggiungere i livelli di C-LDL raccomandati. In effetti, essendo stata sviluppata ed immessa in commercio oltre 20 anni dopo le statine, nella maggior parte degli studi randomizzati l’impiego di ezetimibe è stato testato in prevenzione secondaria, in aggiunta alla statina, e confrontata con la statina utilizzata alla stessa dose in entrambi i bracci di trattamento. I dati provenienti dalla letteratura relativi all’impiego della terapia di combinazione statina/ezetimibe in prevenzione primaria derivano prevalentemente da studi osservazionali, che nella maggior parte dei casi raggruppavano insieme i pazienti trattati con differenti statine ad uguale intensità di efficacia. In un recente studio clinico di coorte retrospettivo19, che ha incluso individui senza storia di malattia cardiovascolare, sia la statina a bassa intensità associata ad ezetimibe che la statina a moderata intensità associata ad ezetimibe sono risultate associate ad un’incidenza di MACE inferiore rispetto alla sola statina ad alta intensità (hazard ratio [HR] 0.80, intervallo di confidenza [IC] 95% 0.66-0.97, p=0.024; e HR 0.84, IC 95% 0.77-0.92, p<0.001, rispettivamente). In un ampio studio di popolazione svedese, nell’ambito della prevenzione primaria (36 283 pazienti), l’impiego dell’associazione statina/ezetimibe è stato riportato nello 0.3% dei casi20. Sempre in prevenzione primaria, tra i pazienti diabetici la percentuale di utilizzo della combinazione statina (a diversi dosaggi)/ezetimibe è riportata intorno al 2% dei casi21. Dall’analisi del database dell’assicurazione sanitaria nazionale coreana, si è osservato che in pazienti con diabete mellito l’aggiunta di ezetimibe ad una statina a moderata intensità in prevenzione primaria è associata ad una maggiore riduzione del C-LDL e una più bassa incidenza di MACE rispetto al trattamento con sola statina ad alta intensità22. In uno studio di coorte retrospettivo coreano (162 601 senza malattia coronarica nota né pregresso ictus, età media 48.9 ± 6.0 anni)23, la combinazione statina ezetimibe è risultata associata ad una incidenza dell’endpoint composito di MACE simile all’incidenza osservata nella popolazione trattata con sola statina. Dall’analisi dei singoli endpoint, al follow-up a 3 anni la mortalità per tutte le cause è risultata inferiore nel gruppo trattato con la terapia di combinazione (HR 0.595, IC 95% 0.460-0.769; p<0.001).

LA TERAPIA DI COMBINAZIONE IN PREVENZIONE SECONDARIA: ROSUVASTATINA/EZETIMIBE ED EVIDENZE DAGLI STUDI CLINICI

Nel contesto della prevenzione secondaria l’associazione di statina ed ezetimibe è stata studiata in numerosi studi clinici randomizzati. Prima ancora dello studio clinico IMPROVE-IT24, che ha dimostrato la superiorità della terapia di combinazione nei pazienti post-sindrome coronarica acuta in termini di miglioramento prognostico e ha portato ad indicare l’impiego di ezetimibe in associazione con una statina ad alta intensità come trattamento raccomandato nei pazienti con C-LDL non a target nonostante la massima dose tollerata di statina, sono stati condotti studi clinici che hanno testato l’efficacia sul controllo del C-LDL di ezetimibe in associazione con altre statine, tra cui la rosuvastatina, in pazienti con ASCVD.

Impatto sui livelli di colesterolo LDL

Lo studio EXPLORER è stato uno dei primi studi a testare su larga scala l’efficacia della terapia di combinazione ipolipemizzante che includeva rosuvastatina 40 mg ed ezetimibe 10 mg vs rosuvastatina 40 mg in monoterapia, in una popolazione di pazienti a rischio cardiovascolare molto alto (storia di cardiopatia ischemica o rischio a 10 anni >20%)25. In questo studio la terapia di combinazione rosuvastatina/ezetimibe ha consentito di raggiungere livelli di C-LDL significativamente più bassi rispetto alla monoterapia (-69.8% vs -57.1%, p<0.001) e ha portato una maggiore percentuale di pazienti a livelli di C-LDL <70 mg/dl, target opzionale per le linee guida di riferimento all’epoca dello studio (79.6% vs 35%, p<0.001). Nello studio multicentrico MRS-ROZE26, che ha incluso una popolazione di pazienti con ipercolesterolemia primaria, indicazione al trattamento ipolipemizzante e livelli di C-LDL <250 mg/dl, con oltre l’80% con anamnesi positiva per cardiopatia ischemica, rispetto alla sola rosuvastatina, la FDC ezetimibe 10 mg con differenti dosaggi di rosuvastatina (5, 10 e 20 mg) consentiva di ottenere una maggiore riduzione dei livelli di C-LDL. La riduzione indotta dalla terapia di combinazione era maggiore nei pazienti diabetici o con sindrome metabolica confrontati rispettivamente con i non diabetici e con i pazienti senza sindrome metabolica (riduzione del C-LDL indotta dalla FDC nei diabetici: -64.2% vs -50.2% con la sola statina, differenza: -14.0%, p<0.001; non diabetici: -57.7% vs -49.8%, differenza: -7.9%, p<0.001; riduzione nei pazienti con sindrome metabolica: -63.9% con la FDC vs -47.6% con la sola statina, differenza: -16.3%, p<0.001; nei pazienti senza sindrome metabolica: -57.6% vs -51.2%, differenza: -6.5%, p=0.001). Il trattamento con FDC è risultato ben tollerato con un’incidenza di eventi avversi simile a quella osservata nei gruppi in trattamento con sola rosuvastatina. In un altro studio clinico di fase III, I-ROSETTE27, la rosuvastatina/ezetimibe come FDC con dosaggi di rosuvastatina 5, 10 o 20 mg è risultata più efficace in termini di riduzione del C-LDL rispetto alla rosuvastatina in monoterapia allo stesso dosaggio. Nei pazienti trattati con la FDC la sicurezza e la tollerabilità del trattamento è risultata simile ai pazienti in monoterapia, con un’incidenza di eventi avversi a localizzazione muscolare pari a 0.5% e 2%, rispettivamente (p=0.372).

La terapia di combinazione rosuvastatina 10 mg/ezetimibe 10 mg è stata studiata anche in pazienti con recente evento ischemico cerebrale e confrontata con rosuvastatina 20 mg in monoterapia28. Dopo 90 giorni di trattamento la terapia di combinazione ha determinato una riduzione dei livelli di C-LDL >50% rispetto al basale, endpoint primario dello studio, in una maggiore percentuale di pazienti rispetto alla monoterapia (72.5% vs 57.6%; odds ratio 1.944; IC 95% 1.352-2.795; p=0.0003) e livelli di C-LDL <70 mg/dl erano stati raggiunti nell’80.2% dei pazienti trattati con la terapia di combinazione e nel 65.4% dei pazienti in monoterapia (p=0.0001).

La Tabella 1 riporta le variazioni dei livelli di C-LDL ottenute con il trattamento di combinazione con rosuvastatina a vari dosaggi ed ezetimibe 10 mg negli studi clinici randomizzati25-31.




Impatto sulla placca aterosclerotica

Per la valutazione dell’impatto della terapia di associazione sulla placca coronarica è stato condotto uno studio in aperto che ha incluso 51 pazienti sottoposti a rivascolarizzazione coronarica percutanea32. I pazienti sono stati randomizzati al trattamento con ezetimibe 10 mg/rosuvastatina 5 mg o sola rosuvastatina 5 mg. Le lesioni coronariche non trattate con rivascolarizzazione coronarica percutanea, valutate con ecografia intravascolare al momento della rivascolarizzazione e rivalutate dopo 6 mesi di trattamento, hanno presentato una riduzione percentuale del volume maggiore nel gruppo rosuvastatina/ezetimibe rispetto al gruppo rosuvastatina (-13.2% vs -3.1%, p=0.050). In un altro studio clinico randomizzato, che ha incluso pazienti con placche aterosclerotiche coronariche33, la combinazione rosuvastatina 10 mg/ezetimibe 10 mg, oltre a determinare una riduzione dei livelli di C-LDL maggiore rispetto alla sola rosuvastatina 10 mg, determinava anche una maggiore riduzione delle dimensioni e della componente necrotica delle placche aterosclerotiche valutata all’ecografia intravascolare, espressione di una regressione delle stesse.

Impatto sugli eventi cardiovascolari

Il primo studio clinico randomizzato controllato che ha valutato l’impatto prognostico nel lungo termine (>1 anno) della terapia di combinazione con statina a moderata intensità (rosuvastatina 10 mg) più ezetimibe vs la sola statina ad alta intensità (rosuvastatina 20 mg) è stato lo studio RACING34. Si tratta di uno studio di non inferiorità, multicentrico, condotto in aperto, in pazienti con malattia cardiovascolare nota. L’endpoint primario, un composito di morte cardiovascolare, MACE e ictus non fatale, ha avuto un’incidenza pari al 9.1% nel gruppo trattato con la terapia di combinazione e pari a 9.9% nel gruppo trattato con la sola statina ad alta intensità (differenza assoluta dell’incidenza -0.78; IC 90% da -2.39 a 0.83). Livelli di C-LDL <70 mg/dl sono stati raggiunti in una maggiore percentuale di pazienti nel gruppo in terapia di combinazione rispetto al gruppo in monoterapia, sia al controllo ad 1 anno che a 2 e 3 anni (tutte p<0.0001). L’interruzione del trattamento o una riduzione della dose a causa di intolleranza è stata riportata in una percentuale di pazienti inferiore nel gruppo in terapia di combinazione (4.8%) rispetto al gruppo in monoterapia con statina (8.2%; p<0.0001). Globalmente, dunque, la terapia di combinazione con rosuvastatina 10 mg ed ezetimibe 10 mg è risultata non inferiore alla sola rosuvastatina 20 mg in termini di eventi a 3 anni, associata ad una maggiore percentuale di pazienti che hanno ottenuto livelli di C-LDL <70 mg/dl e ad un minor rischio di interruzione del trattamento o riduzione della dose. L’analisi prespecificata dello stesso studio RACING, mirata a valutare l’impatto del sesso sull’efficacia del trattamento ipolipemizzante35, ha evidenziato che nonostante significative differenze nelle caratteristiche basali della popolazione di sesso femminile rispetto a quella maschile (età media più alta, storia di infarto miocardico o rivascolarizzazione meno frequente e concentrazioni medie di C-LDL più elevate) l’efficacia sia in termini di incidenza dell’endpoint clinico primario che in termini di proporzione di popolazione che raggiunge livelli di C-LDL <70 mg/dl è indipendente dal sesso, così come il profilo di sicurezza. Un’analisi post-hoc ha focalizzato l’attenzione sui pazienti a rischio cardiovascolare particolarmente alto, cioè con multipli eventi cardiovascolari o un evento in associazione con altre condizioni che incrementano il rischio come l’ipercolesterolemia familiare, il diabete o l’insufficienza renale36. La terapia di combinazione rosuvastatina 10 mg/ezetimibe 10 mg è risultata associata ad un’incidenza di MACE a 3 anni simile alla rosuvastatina 20 mg sia nei pazienti a rischio particolarmente elevato che nel resto della popolazione. Inoltre, la terapia di combinazione è associata ad una maggiore tolleranza al trattamento, una maggiore riduzione dei livelli di C-LDL e una maggiore percentuale di pazienti che raggiungono concentrazioni di C-LDL <70 mg/dl in entrambi i gruppi di rischio. I risultati dello studio RACING sono stati confermati da un ampio studio osservazionale che ha incluso i dati di 286 817 pazienti con sindrome coronarica acuta sottoposti a rivascolarizzazione coronarica percutanea37. In questo studio coreano, rispetto alla terapia con sola statina ad alta intensità, la terapia di combinazione ezetimibe/statina a moderata intensità è risultata associata ad una riduzione del rischio di MACE e ad una maggiore aderenza al trattamento farmacologico a 90 giorni dall’evento.

CONCLUSIONI

La terapia per il controllo del C-LDL rappresenta un trattamento in grado di intervenire sulla causa della malattia aterosclerotica. Un ampio numero di studi supporta l’impiego di una terapia ipolipemizzante di combinazione in diversi contesti clinici. La FDC rosuvatatina/ezetimibe può rappresentare un’opzione terapeutica efficace come strategia di prima linea per ridurre in maniera intensiva i livelli di C-LDL e il rischio di MACE (Figura 1), evitando l’impiego di elevati dosaggi di statina che sono associati ad un potenziale più alto rischio di effetti indesiderati e intolleranza soprattutto a livello muscolare. L’utilizzo delle due classi di farmaci in un’unica formulazione precostituita offre l’ulteriore vantaggio di favorire l’aderenza e quindi l’ottenimento dei benefici clinici.

RIASSUNTO

Il controllo dei livelli di colesterolo legato alle lipoproteine a bassa densità (C-LDL) è il cardine della gestione delle malattie cardiovascolari aterosclerotiche, sia in prevenzione primaria che in prevenzione secondaria. L’impiego di combinazioni di più agenti terapeutici ipolipemizzanti rappresenta un’opzione efficace e sicura per la riduzione dei livelli di C-LDL, con il vantaggio di una maggiore aderenza rispetto all’impiego di dosaggi più alti della statina in monoterapia. La rassegna focalizza l’attenzione sui target terapeutici raccomandati nei diversi contesti clinici in prevenzione primaria e secondaria. Vengono analizzate le evidenze fornite dagli studi clinici sull’impiego della combinazione statina/ezetimibe in prevenzione primaria. Infine, viene posta l’attenzione sull’impatto della combinazione rosuvastatina/ezetimibe in prevenzione secondaria riportando i dati disponibili in termini di riduzione dei livelli di C-LDL, e di effetto sulle placche aterosclerotiche e sugli eventi clinici.

Parole chiave. Colesterolo; Ezetimibe; Prevenzione; Rosuvastatina; Terapia di associazione.

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