Riflessioni sulla transizione del publishing scientifico

Giuseppe Di Pasquale

Editor, Giornale Italiano di Cardiologia

Servire come Editor del Giornale Italiano di Cardiologia è un grande privilegio ma è anche lo stimolo per analizzare con attenzione la transizione avvenuta nell’editoria scientifica a partire dall’inizio del nuovo secolo. Queste riflessioni non hanno l’ambizione di discutere tutti i punti di forza e soprattutto le criticità del publishing medico ma soltanto di focalizzare quelli più rilevanti. Per un’analisi più approfondita del tema è disponibile un’ampia letteratura, della quale mi limito a consigliare la lettura di un interessante capitolo di libro di una ricercatrice del Maryland esperta di informazione scientifica1 e l’ottima monografia di Luca De Fiore “Sul pubblicare in medicina2.

INFODEMIA

Negli anni recenti abbiamo assistito ad una vera esplosione del numero di riviste scientifiche e del numero di articoli pubblicati che sta provocando quella che è stata definita “infodemia”3. Dal 2018 al 2022 il numero di articoli scientifici pubblicati è aumentato del 20% ogni anno. Nel 2022 il numero di articoli indicizzati su Web of Science superava i 2.5 milioni, rispetto a 200 000 nel 1970 e 800 000 nel 2000. Ne deriva una criticità comune a tutti gli Editor, la disponibilità di revisori di qualità di gran lunga inferiore alla mole di manoscritti che ogni giorno vengono sottomessi alle riviste scientifiche nel mondo4.

Oggi è diventato più facile pubblicare grazie alle nuove tecnologie che tuttavia hanno anche favorito la pubblicazione di ricerca di bassa qualità. L’evoluzione esplosiva dell’intelligenza artificiale costituisce un supporto per il publishing scientifico insieme ad un rischio per l’integrità della ricerca5.

L’apoteosi è avvenuta durante la pandemia COVID-19 con il picco nel novembre 2020 con un articolo su COVID-19 pubblicato ogni 3 minuti. Alla fine del 2022 risultavano indicizzati in PubMed circa 330 000 articoli in tema COVID-19 e vaccinazione anti-COVID-19, molti di dubbia qualità scientifica e con numerose retraction, anche di articoli pubblicati in riviste di prestigio6,7. A questi si aggiungevano 33 000 preprint in medRxiv e circa 10 000 in bioRxiv.

Parallelamente all’aumento degli articoli pubblicati negli ultimi 10 anni c’è stato un aumento delle riviste estremamente prolifiche che in relazione all’elevato numero di articoli pubblicati sono state definite mega-journal (in primis PLoS One e Scientific Reports). Nel 2022 risultavano 26 riviste che pubblicavano oltre 3500 articoli l’anno. Nel 2015 solo il 6% della letteratura biomedica era pubblicato in una mega-rivista, mentre nel 2022 lo era un quarto degli articoli8.

Un’altra rivoluzione è stata l’avvento delle riviste open-access che hanno democratizzato la fruizione della cultura scientifica, consentendo un accesso gratuito agli articoli di una rivista da parte di qualsiasi utente. L’avvento delle riviste open-access è nato all’inizio degli anni ’90 con il lancio dei Giornali PLoS e ha ricevuto un impulso con il progetto Plan S avviato nel 2018 da cOAlition S, un consorzio internazionale di organizzazioni che finanziano e svolgono ricerca. Nello stesso anno la Commissione Europea ha emesso la raccomandazione che le ricerche cliniche finanziate con grant pubblici venissero pubblicate in riviste open-access a partire dal 20209. Si stima che le riviste open-access siano oltre 21 000, con una forte crescita negli ultimi 15 anni, e che oltre un terzo di esse, come il BMJ Open e l’European Heart Journal Open, prevedono un fee a carico degli autori o delle istituzioni di appartenenza che può arrivare anche a diverse migliaia di dollari/euro. Un’analisi che ha valutato gli articoli pubblicati nel 2017 in quattro riviste cardiovascolari maggiori ha evidenziato che il 43% degli articoli erano open-access e che il numero delle successive citazioni era maggiore per le pubblicazioni open-access rispetto a quelle con accesso a pagamento10.

Esistono poi le cosiddette riviste predatorie che dietro pagamento, di solito inferiore rispetto a quello delle riviste autorevoli open-access, pubblicano articoli di ogni genere, spesso di bassa qualità e dubbia integrità scientifica, che non vengono sottoposti ad una peer review trasparente11,12. Riconoscere le riviste predatorie non è sempre facile anche perché a volte le possiamo trovare incluse nelle banche dati Scopus o Medline/PubMed. È difficile stabilire il numero preciso delle riviste predatorie, tuttavia un report autorevole del 2021 ne stimava oltre 15 000 e una stima eseguita nel 2015 parlava di circa 400 000 articoli l’anno13. Un elenco aggiornato delle potenziali riviste predatorie può essere consultato in diversi siti14. Le riviste predatorie possono facilitare la disseminazione di informazioni medico-scientifiche non controllate o perfino fraudolente ed è stato calcolato che solo il 40% degli studi pubblicati in queste riviste aveva ricevuto approvazione da parte di un comitato etico. I ricercatori devono comprendere che pubblicare su riviste predatorie non è un comportamento etico13.

Ognuno di noi riceve ogni giorno mail di invito da parte di riviste di tutto il mondo, che spesso hanno un nome simile a quello di riviste molto note, a sottomettere manoscritti, assicurandone la pubblicazione in tempi brevi, oppure a fare da Guest Editor di numeri speciali della rivista. Si tratta spesso di riviste predatorie. Personalmente solo nel mese di gennaio ho ricevuto oltre 90 mail di questo tipo, spesso con il riferimento ad articoli da me pubblicati anche molti anni indietro, che a detta del mittente erano stati giudicati di grande interesse scientifico. La garanzia di pubblicazione può allettare soprattutto i ricercatori giovani meno esperti, in particolare quelli interessati alla carriera accademica dove il numero di pubblicazioni costituisce uno dei requisiti più importanti, anche se in alcune università/istituzioni di ricerca articoli pubblicati in riviste predatorie non sono considerati utili ai fini dei titoli di carriera.

AUTORI IPERPROLIFICI

La scrittura di un articolo costituisce sicuramente un valore importante non solo per il curriculum scientifico, ma anche per la formazione professionale, in particolare dei giovani, e meriterebbe un’adeguata incentivazione anche nel mondo ospedaliero. La valutazione dell’attività scientifica editoriale riveste particolare importanza nel mondo accademico dove esiste una forte pressione per il publishing scientifico anche se è attualmente in atto un ripensamento sulla pesatura delle pubblicazioni scientifiche. La qualità dovrebbe infatti contare più della quantità e a proposito di quantità è ben noto il fenomeno dei “salami papers” che consiste nella pratica di creare diverse pubblicazioni di materiale che potrebbe essere pubblicato in un singolo articolo o rassegna.

Da qualche tempo stiamo assistendo ad una sorta di frenesia e narcisismo editoriale con l’aumento esponenziale di autori superprolifici. Una ricerca pubblicata su Nature nel 2018 ha identificato oltre 9000 autori che in un anno compreso tra il 2000 e il 2016 hanno pubblicato più di 72 articoli, l’equivalente di un articolo ogni 5 giorni15. Il numero più alto di autori iperprolifici è stato riscontrato negli Stati Uniti, seguiti da Germania, Giappone, Malesia e Arabia Saudita, e i cardiologi compaiono tra gli specialisti più produttivi. Il numero di autori iperprolifici è cresciuto di 20 volte tra il 2001 e il 2014 e nello stesso periodo il numero di autori per articolo nella letteratura internazionale è cresciuto di 2.5 volte. Non è possibile affermare che si tratti di un comportamento inappropriato da parte di questi autori dal momento che alcuni di essi appartengono a grandi consorzi di ricerca. È tuttavia legittimo esprimere un certo scetticismo, soprattutto se consideriamo che i principi dell’authorship e accountability non sempre vengono soddisfatti, come è risultato anche da una survey condotta in un campione rappresentativo degli autori iperprolifici.

AUTHORSHIP E ACCOUNTABILITY

Nel 1988 l’International Committee of Medical Journal Editors (ICMJE) ha definito i requisiti necessari per l’authorship, denominati criteri di Vancouver. Questi includono: 1) contributo sostanziale all’ideazione del lavoro, oppure all’acquisizione, analisi e interpretazione dei dati; 2) stesura del draft del lavoro e sua revisione critica; 3) approvazione finale della versione da pubblicare. A questi criteri nel 2013 l’ICMJE ha ritenuto opportuno aggiungere un quarto criterio costituito dall’assunzione di responsabilità dei contenuti della pubblicazione16. Pertanto l’attribuzione dell’authorship è condizionata dalla responsibility, che implica il contributo individuale sostanziale alla stesura di un articolo, e dall’accountability che è il dovere di rispondere di un’eventuale condotta scientificamente scorretta (falsificazione dei dati, plagiarism, ecc.). L’ICMJE sottolinea che i quattro criteri devono essere soddisfatti da tutti gli autori di un manoscritto.

Nel 2019 l’Editors’ Network della Società Europea di Cardiologia (ESC) che riunisce gli Editor di tutte le riviste nazionali dei paesi affiliati all’ESC, ha prodotto un documento al quale anch’io ho collaborato, dedicato a credit e accountability17. Il documento esplicita i criteri per l’authorship e auspica che negli articoli con molti autori ognuno di essi dichiari il ruolo specifico svolto nel lavoro (partecipazione ideativa, analisi dei dati, scrittura del draft, stewardship, ecc). Gli autori che hanno contribuito in modo significativo al lavoro ma che non soddisfano i quattro criteri ICMJE per l’authorship dovrebbero essere soltanto citati nei ringraziamenti.

Le linee guida del Committee on Publication Ethics (COPE) prendono inoltre in considerazione il problema della guest, gift e ghost authorship che costituisce sicuramente un fenomeno dilagante.

Per guest authorship si intende l’inserimento tra gli autori di nomi di riconosciuta autorevolezza internazionale che possono facilitare l’accettazione di un articolo. Capita a volte che queste persone non siano neppure a conoscenza di essere stati inclusi tra gli autori di un lavoro. Nel campo della cardiologia è emblematico il caso di un autorevole ricercatore, Gregory Lip, uno dei massimi opinion leader internazionali sulla fibrillazione atriale, che risulta co-autore di 224 pubblicazioni nel 2023 e 318 nel 2024, spesso in riviste con alto impact factor.

La gift authorship consiste invece in uno scambio reciproco di favori con l’inclusione di autori indipendentemente dal loro effettivo contributo ai fini di aumentare l’H-index, l’impact factor e la visibilità dei ricercatori. Guest authorship e gift authorship spesso includono l’honorary authorship che talora sono i direttori di laboratori, dipartimenti o istituzioni che non sempre sono a conoscenza del lavoro che è stato sottomesso.

La ghost authorship riguarda infine il ghostwriting che consiste nella stesura di un manoscritto da parte di autori che non compaiono tra le firme del lavoro e che spesso non sono neppure citati nei ringraziamenti. Spesso il ghostwriting riguarda la preparazione di articoli finalizzati alla promozione di prodotti farmaceutici o elettromedicali e per il corresponding author che appare nell’articolo è stato coniato il termine allusivo di gold author che non sempre dichiara i conflitti di interesse con l’Industria sponsor18.

PLAGIO E RETRACTION

La crescente pressione a pubblicare, stimolata anche dal mantra accademico del publish or perish, e la facilità di accesso alle informazioni hanno portato ad un crescente aumento dei casi di plagiarism nelle riviste scientifiche. Esistono diverse forme di plagiarism e di queste le più frequenti sono il direct plagiarism che consiste nella trascrizione di una parte di un articolo altrui senza citarne l’attribuzione, e il self-plagiarism allorché gli autori riutilizzano un articolo precedentemente pubblicato in un nuovo manoscritto senza citarne la fonte. In alcuni casi il self-plagiarism consiste nella pubblicazione in una rivista italiana dello stesso articolo pubblicato in rivista di lingua inglese o viceversa. Anche nel Giornale Italiano di Cardiologia abbiamo avuto negli ultimi 5 anni alcuni casi (pochi) di plagiarism, prevalentemente di self-plagiarism, a volte in relazione all’inesperienza di giovani autori, che hanno portato ad una retraction del manoscritto prima dell’avvio del processo di revisione.

Le riviste scientifiche utilizzano software per la verifica del plagiarism, tra questi uno dei più utilizzati, iThenticate, e alcune di esse tollerano una minima parte (meno del 10-15%) di sovrapposizione del manoscritto sottomesso con precedenti lavori, ma sempre a condizione di un’appropriata citazione. Il plagiarism è considerato una frode scientifica grave e le conseguenze possono andare dalla retraction del lavoro pubblicato, con conseguente danno per la reputazione professionale dell’autore, fino a ripercussioni legali anche per la violazione del copyright o sanzioni accademiche che in alcuni casi hanno portato al licenziamento di ricercatori di importanti istituzioni accademiche anche in ambito cardiologico.

È disponibile in internet il Retraction Watch Database (RWD) che contiene un elenco aggiornato degli articoli sottoposti a retraction. Nature ha stimato che solo nell’anno 2023 i lavori con retraction sono stati oltre 10 00019 e che circa il 4% degli autori più citati ha almeno una retraction, con una maggiore prevalenza nei paesi in via di sviluppo20.

CONSIDERAZIONI FINALI

La conoscenza delle criticità del mondo dell’editoria scientifica è importante sia per il ricercatore desideroso di pubblicare presto e bene il proprio lavoro, che per il lettore che spesso è in difficoltà a navigare nel mare magnum della sterminata letteratura scientifica. I giovani sono quelli più esposti alle insidie dell’editoria scientifica e alle lusinghe e ai rischi della facile pubblicazione e il compito dei colleghi più esperti dovrebbe essere quello della mentorship, ispirando alla next generation i principi del rigore etico e scientifico del publishing scientifico.

BIBLIOGRAFIA

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