La diagnosi elettrocardiografica di infarto miocardico acuto nell'era dell'angioplastica primaria e delle reti hub and spoke
A più di 100 anni dalla sua invenzione, l’ECG standard sta vivendo un vero e proprio “rinascimento”. Per quanto riguarda la cardiopatia ischemica acuta, il fenomeno è dovuto, soprattutto, alla disponibilità di grandi database in cui le caratteristiche elettrocardiografiche di migliaia di pazienti sono raccolte in maniera ordinata e predefinita e sono affiancate, e quindi correlabili, alle caratteristiche cliniche e coronarografiche e ai dati di outcome. La presente rassegna analizza criticamente il ruolo diagnostico dell’ECG standard nelle sindromi coronariche acute con (STEMI) e senza (NSTEMI) sopraslivellamento del tratto ST, con particolare attenzione ai possibili trabocchetti interpretativi e a quelle caratteristiche del tracciato in grado di contribuire a orientare le decisioni terapeutiche.
Di fronte al paziente con presentazione clinica suggestiva per infarto miocardico acuto, l’ECG può aiutare a dare una risposta a molte domande. In caso di sospetto STEMI: siamo sicuri di poter escludere che sia in atto un infarto? (il problema dei falsi negativi); siamo sicuri che sia un vero infarto e non un falso positivo? Qual è la coronaria ostruita e a quale livello? Si è verificata riperfusione miocardica? In caso di sospetto NSTEMI: siamo sicuri che sia un vero infarto miocardico acuto (piuttosto che un’embolia polmonare o una dissezione aortica)? Siamo sicuri che sia in atto un NSTEMI piuttosto che uno STEMI dorsale “mascherato”? Quale substrato coronarico e quale grado di estensione dell’ischemia sono ipotizzabili in questo paziente? In particolare è presente un substrato a rischio molto alto, tale da suggerire un approccio invasivo in emergenza?