Preeccitazione ventricolare: è possibile una stratificazione del rischio?
La sindrome di Wolff-Parkinson-White resta ancora un quadro clinico con ampi spazi di dibattito. Sebbene siano stati chiariti il substrato anatomo-patologico, la complessa e polimorfa espressione elettrocardiografica, l’elettrogenesi delle aritmie connesse alla sua presenza e, non ultimo, il legame con la morte cardiaca improvvisa, resta ancora aperto e non completamente risolto il problema circa le strategie terapeutiche da adottare nei pazienti con preeccitazione ventricolare.
In era pre-ablazione, sono stati condotti numerosi studi tesi alla stratificazione prognostica dei pazienti portatori della sindrome in riferimento alla morte cardiaca improvvisa. Questa esigenza era dettata dalla disponibilità di terapie, quella farmacologica e quella chirurgica, che presentavano più ombre che luci.
L’avvento dell’ablazione transcatetere, oggi ampiamente affermata e praticata in molti centri, ha sostanzialmente modificato l’atteggiamento nei confronti di questi pazienti, nel senso che molti di essi vengono avviati ad una procedura di ablazione della via anomala, indipendentemente dal loro grado di rischio, spesso nemmeno preventivamente quantificato. Tuttavia, considerato che il rischio di morte cardiaca improvvisa non è uniforme, mentre il rischio di complicanze connesso allo studio elettrofisiologico ed alla procedura di ablazione è immediato e concreto, l’attuale dilemma è: ablare o stratificare? La presente rassegna affronta l’argomento alla luce delle più recenti acquisizioni.