Ultrafiltrazione ed emofiltrazione nel paziente cardiologico
Le metodiche di terapia sostitutiva della funzione renale si sono recentemente diffuse anche in ambito cardiologico, con indicazioni che vanno al di là di quelle più classicamente nefrologiche, quali l’insufficienza renale cronica in fase terminale, l’insufficienza renale acuta, le intossicazioni, ecc. Su queste basi è stato proposto l’impiego dell’ultrafiltrazione isolata (UFI) per il trattamento dell’insufficienza cardiaca e dell’emofiltrazione (HF) periprocedurale per la prevenzione della nefropatia da mezzo di contrasto iodato (RCIN).
Il sovraccarico di fluidi, con la congestione sistemica e polmonare che ne consegue, permane un problema cruciale nei pazienti con scompenso cardiaco, e la ritenzione di liquidi è una caratteristica non infrequente negli stadi più avanzati di questa sindrome. Allo stesso modo, la RCIN rappresenta sempre più una complicanza maggiore derivante dall’uso dei mezzi di contrasto iodati, responsabile di un significativo numero di episodi di danno renale acuto in pazienti ospedalizzati; inoltre, si ritiene che la RCIN sia associata a effetti avversi a breve e lungo termine sulla prognosi dei pazienti e sui costi.
Questa rassegna si propone di illustrare i principi generali della terapia sostitutiva della funzione renale, facendo riferimento alle metodiche utilizzate in ambito cardiologico. Saranno approfonditi i meccanismi di trasporto dei fluidi e dei soluti attraverso le membrane semipermeabili, definendo gli aspetti operativi, gestionali ed economici dei differenti trattamenti ed illustrando gli effetti emodinamici, renali e sul bilancio idrosalino. Saranno inoltre discusse le evidenze disponibili in letteratura sull’impiego dell’UFI nel trattamento dell’insufficienza cardiaca e sull’utilizzo dell’HF periprocedurale nella prevenzione della RCIN.
Il razionale, le indicazioni, il rapporto costo/beneficio dell’applicazione delle metodiche di sostituzione della funzione renale nel paziente cardiologico non risultano a tutt’oggi chiaramente definiti. Ciò è principalmente dovuto ad un’effettiva scarsità di forti evidenze scientifiche sull’argomento, a fronte di metodiche che, seppur entrate da tempo nell’uso comune in campo nefrologico, non risultano del tutto prive di complicanze, oltre ad avere un impatto logistico ed economico non trascurabile nel paziente cardiologico.
La principale indicazione per l’UFI è attualmente l’insufficienza cardiaca associata a congestione sistemica e/o polmonare di grado severo, con refrattarietà alla terapia diuretica attuata in maniera ottimale. A tale proposito, occorre sottolineare l’importanza di una visione integrata delle differenti principali opzioni terapeutiche disponibili per il controllo della ritenzione idrosalina (restrizione idrica e salina, diuretici, acquaretici, UFI), nell’ambito di una strategia complessiva di controllo della ritenzione di fluidi.
Nel caso della RCIN, l’utilizzazione dell’HF periprocedurale, così come di altre metodiche di terapia sostitutiva della funzione renale, non appare al momento consigliabile sulla base delle evidenze disponibili.