L'errore in cardiologia
Viene comunemente definito errore un evento che ha procurato un danno al paziente o avrebbe potuto farlo. Sebbene l’evoluzione della scienza medica sia stata caratterizzata negli ultimi anni da una imponente innovazione tecnologica e da notevoli progressi scientifici, la percentuale di errori diagnostici al tavolo autoptico è rimasta la stessa dagli anni ’40 ad oggi. In quest’ottica proponiamo una riflessione sull’ontogenesi dell’errore in cardiologia e una sua visione pratica nel tentativo di individuare alcuni momenti in cui è possibile intervenire in modo efficace. È infatti nostra convinzione che un sistema sanitario (indipendentemente dalle sue dimensioni, sia esso azienda oppure reparto clinico) è tanto più appropriato quanto più è in grado di individuare e riparare ai propri errori in modo dinamico e funzionale nel tempo.
Nella realtà clinica, possiamo distinguere un errore clinico vero e proprio (che può avere una genesi sia cognitiva che metodologica) e un errore di sistema (da mettere in relazione all’organizzazione del percorso assistenziale, sia esso intra-aziendale che inter-aziendale quale la “rete”).
La frequenza e soprattutto le conseguenze dell’errore in cardiologia rendono indispensabile che il cardiologo, sia come singolo professionista che come parte di un team, se ne occupi considerandolo come un determinante della qualità delle cure. Non sono eccessive né superflue le risorse (in termini di tempo) che vengono dedicate a questo aspetto e non è un problema solo degli organizzatori sanitari. L’errore rimane un prodotto, seppure negativo, delle cure mediche ed è il medico in primis chiamato ad affrontarlo. In una cardiologia sempre più dominata (e arricchita) dalle innovazioni tecnologiche, che rischia di vedere nella cura del malato un assemblato (spesso sconnesso) di procedure le più raffinate e tecnicamente complesse, iniziare (o tornare) a riflettere sull’analisi decisionale, sull’errore e quindi sull’appropriatezza è, per il cardiologo, un arricchimento necessario per riuscire a garantire cure mediche di qualità “centrate sul paziente”.