Ablazione della fibrillazione atriale nel paziente con cardiopatia strutturale: quando pensarci?
La fibrillazione atriale (FA) è la più frequente aritmia sopraventricolare ed è associata ad un’elevata morbilità e mortalità ma il suo trattamento terapeutico è ancora in discussione. Il limitato successo della terapia farmacologica ha dato il via allo sviluppo di tecniche interventistiche. Perciò diverse procedure ablative, sia chirurgiche che transcatetere, sono state proposte. L’ablazione transcatetere ha coinvolto soprattutto pazienti senza malattie strutturali. Nelle casistiche pubblicate fino ad oggi la percentuale di pazienti con malattie cardiache strutturali sottoposti ad ablazione transcatetere per FA si aggira intorno al 20%. Questi pazienti sono quelli che beneficerebbero di più del mantenimento del ritmo sinusale ma, d’altra parte, sono quelli che presentano una minore percentuale di successo. In pazienti con cardiopatie valvolari ed indicazione alla riparazione e/o sostituzione chirurgica, l’ablazione chirurgica è indicata nella maggior parte dei casi. L’ablazione transcatetere della FA in pazienti con insufficienza cardiaca dovrebbe essere considerata in quei pazienti in cui l’insorgenza della FA peggiora la prognosi e la classe funzionale e dove la terapia antiaritmica si è dimostrata inefficace. In pazienti con cardiomiopatia ipertrofica e FA, i dati attuali autorizzano un atteggiamento aggressivo proponendo l’ablazione transcatetere precocemente nel corso della malattia quando la FA è parossistica e il rimodellamento elettrico e strutturale non ne pregiudichi ancora l’efficacia. Comunque questi dati preliminari devono essere confermati in un follow-up a lungo termine per meglio definire il ruolo dell’ablazione transcatetere della FA in pazienti con cardiopatia strutturale.