Indicazioni alla chiusura percutanea del forame ovale pervio: una questione di buon senso
Il forame ovale pervio (PFO) è un residuo embrionale consistente in una comunicazione tra atrio destro e sinistro. Tale condizione è riscontrabile in circa il 25% della popolazione normale. Sulla base di evidenze epidemiologiche, negli ultimi anni una varietà di sindromi cliniche è stata associata o attribuita alla presenza di PFO. In particolare, è stato ipotizzato che il PFO possa svolgere un ruolo etiologico rilevante nella patogenesi dell’ictus criptogenetico (che costituisce il 40% di tutti gli ictus ischemici) e nella sindrome emicranica favorendo l’embolismo paradosso. Si ritiene inoltre che il PFO possa essere coinvolto nella patogenesi di sindromi cliniche minori (la malattia da decompressione nei subacquei, la sindrome platipnea-ortodeoxia, l’edema polmonare da alta quota). Analisi retrospettive hanno dimostrato che la prevalenza di PFO è 2-3 volte maggiore nei pazienti con ictus criptogenetico che nei soggetti di controllo o con ictus a patogenesi definita. Malgrado una terapia medica ottimale circa il 25% dei pazienti presenta ricorrenze cerebrovascolari a 4 anni. Analisi sistematiche di studi non randomizzati hanno suggerito che i pazienti con ictus criptogenetico sottoposti a chiusura transcatetere del PFO presentano una incidenza di eventi ad 1 anno significativamente ridotta rispetto ai pazienti trattati con terapia medica ottimale (antiaggregante o antitrombotica). Tuttavia, in assenza di dati definitivi derivanti da studi controllati, le società professionali di cardiologia e neurologia non raccomandano la chiusura transcatetere per la prevenzione delle ricorrenze cerebrovascolari, benché tale approccio possa essere considerato nei pazienti con persistenza di ricorrenze ischemiche malgrado la terapia medica ottimale. Inoltre, studi epidemiologici hanno dimostrata un’aumentata prevalenza di PFO nei pazienti emicranici. Studi non controllati indicano che circa l’80% dei pazienti emicranici sottoposti a chiusura percutanea per altri motivi presentano una risoluzione e/o miglioramento della sintomatologia emicranica. Tuttavia lo studio MIST, l’unico studio randomizzato attualmente pubblicato, non ha dimostrato alcuna differenza in termini di risoluzione e/o miglioramento dell’emicrania nei pazienti sottoposti a chiusura transcatetere rispetto ai pazienti in terapia medica. In assenza di evidenze definitive, l’indicazione alla chiusura percutanea deve essere stabilita individualmente dopo un’attenta valutazione dei singoli quadri clinici.