Come sono cambiate la sopravvivenza e la qualità di vita del paziente trapiantato?
Il trapianto di cuore è stato eseguito per la prima volta nel 1967, ma si è affermato solo negli anni ’80, grazie all’introduzione della ciclosporina e alla messa a punto della metodologia di sorveglianza del rigetto con biopsie miocardiche seriate.
La sopravvivenza post-trapianto è migliorata nel corso degli anni, per riduzione della mortalità precoce causata da infezioni o rigetto; la sopravvivenza attesa è attualmente intorno all’85% a 1 anno e al 70% a 5 anni. Contemporaneamente sono migliorate anche le cure per i pazienti con insufficienza cardiaca avanzata, il che ha determinato una restrizione dell’indicazione a trapianto ai pazienti con insufficienza cardiaca refrattaria. Di converso si sono allargati i criteri di accettazione dei donatori, per far fronte alla discrepanza tra candidati e organi disponibili. Va però ricordato che l’insufficienza renale e/o epatica conseguenti allo scompenso, l’ipertensione polmonare e l’età del donatore continuano a rappresentare fattori di rischio per insuccesso del trapianto.
Per mantenere e migliorare i risultati del trapianto è necessario mettere in atto tutte le strategie utili ad aumentare l’offerta di organi, e perfezionare la gestione delle complicanze di lungo termine post-trapianto. L’assistenza meccanica al circolo costituisce una soluzione chirurgica di ponte o alternativa al trapianto, la cui espansione è limitata dai costi, dall’impegno per le strutture e dalla difficoltà dei pazienti ad accettare la dipendenza costante dall’apparecchiatura.