Approccio terapeutico alla fibrillazione atriale: quando i farmaci e quando l'ablazione
La terapia della fibrillazione atriale è argomento di attualità grazie alla continua evoluzione delle possibilità terapeutiche. In ambito farmacologico, è recentemente stato proposto il dronedarone, derivato non iodato dell’amiodarone, che si è dimostrato sicuro e con una buona efficacia sulla prevenzione delle recidive aritmiche; il suo utilizzo appare particolarmente indicato nei pazienti con fibrillazione o flutter atriale associato ad età avanzata, ipertensione, diabete, pregresso evento ischemico cerebrale o dilatazione atriale sinistra per gli effetti favorevoli sulla sopravvivenza e l’ospedalizzazione, mentre non è consigliabile nei pazienti affetti da insufficienza cardiaca avanzata.
I progressi maggiori si rilevano indubbiamente nel campo del trattamento ablativo. Complessivamente, nonostante la grande variabilità delle tecniche di esecuzione e delle caratteristiche dei pazienti, si può affermare che l’ablazione è attualmente una procedura con una buona efficacia clinica e con un tasso di complicanze accettabile, a patto che la procedura sia eseguita da operatori esperti e su pazienti opportunamente selezionati. Attualmente il trattamento ablativo andrebbe quindi proposto come prima scelta nei pazienti giovani con fibrillazione atriale parossistica senza cardiopatia strutturale, e può essere indicato nei pazienti meno giovani o con cardiopatia strutturale modesta, dopo il fallimento di un tentativo di profilassi farmacologica, in particolare in presenza di frequenti recidive sintomatiche; nei pazienti con cardiopatia strutturale maggiore l’indicazione andrebbe considerata caso per caso.