La terapia con inotropi del paziente con insufficienza cardiaca: oltre i farmaci tradizionali
Le ospedalizzazioni per insufficienza cardiaca acuta sono correlate ad un’elevata mortalità. Il 10-20% dei pazienti hanno segni di bassa portata cardiaca e sovraccarico di fluidi. La somministrazione di agenti inotropi per correggere queste alterazioni emodinamiche è considerata indicata in questa categoria di pazienti. Tuttavia, il rapporto rischio-beneficio dei farmaci inotropi sembra essere troppo elevato e molte analisi retrospettive hanno evidenziato effetti negativi in termini di mortalità. Le limitazioni della terapia inotropa sembrano essere principalmente correlate al meccanismo d’azione basato, nel caso degli inotropi tradizionali, sull’aumento dell’AMP ciclico e del calcio intracellulare. La concomitante vasodilatazione periferica, come nel caso del levosimendan, è un altro importante limite, soprattutto quando i pazienti sono ipotesi o trattati con vasodilatatori e alte dosi di diuretico. Gli attivatori della miosina, l’istaroxime, gli attivatori dell’ATPasi del reticolo sarcoplasmatico e gli agenti metabolici sembrano promettenti dal momento che agiscono tramite meccanismi diversi rispetto agli inotropi tradizionali e, in molti casi, non sono associati a tachicardia o ipotensione. Tuttavia, ulteriori studi sono necessari al riguardo.