Antiaggreganti piastrinici nelle sindromi coronariche acute: stato attuale e prospettive future
La terapia antiaggregante piastrinica costituisce uno dei cardini terapeutici delle sindromi coronariche acute (SCA), essendo in grado di ridurre il rischio di eventi ischemici. Nonostante l’aspirina riduca del 50% la probabilità di morte o infarto dopo SCA, nel tempo le sono stati associati altri farmaci antiaggreganti per ottenere una più completa inibizione dell’aggregazione piastrinica. La ticlopidina, capostipite dei tienopiridinici, impiegata in associazione all’aspirina nei soggetti trattati con angioplastica con significativa riduzione della trombosi di stent, è stata rapidamente superata dal clopidogrel, che attualmente in aggiunta all’aspirina costituisce lo standard terapeutico per i pazienti con SCA, trattati sia in modo conservativo che interventistico, riducendo del 20% gli eventi cardiovascolari, rispetto alla sola aspirina. La resistenza farmacologica al clopidogrel, riscontrata nel 30% dei casi e dovuta a fattori genetici, clinici e di interazione farmacologica ha portato allo sviluppo di tienopiridine di terza generazione. Il prasugrel rispetto al clopidogrel comporta un’ulteriore riduzione del 20% degli eventi cardiovascolari ischemici nei pazienti con SCA sottoposti ad angioplastica, in associazione tuttavia ad un incremento di emorragie maggiori. Attualmente è raccomandato nei pazienti con SCA ad elevato rischio ischemico ed a rischio non elevato di sanguinamento. Il ticagrelor, antagonista reversibile del recettore piastrinico P2Y12, rispetto al clopidogrel comporta una riduzione del 16% di eventi ischemici, compresa una riduzione significativa della morte per cause vascolari, senza un aumento complessivo di emorragie maggiori. L’impiego del cangrelor, utilizzato per via endovenosa, nei pazienti con SCA finora ha dato risultati negativi. Un eccesso di sanguinamenti ha ridotto l’utilizzo degli inibitori delle glicoproteine IIb/IIIa (abciximab, eptifibatide e tirofiban), che oggi non sono più raccomandati come trattamento upstream nei pazienti con SCA avviati all’angioplastica, ma soltanto in fase periprocedurale. Nuovi farmaci, antagonisti selettivi del recettore 1 della trombina (PAR-1), in aggiunta alla terapia standard con doppia antiaggregazione, sono attualmente testati in pazienti con SCA ed in prevenzione secondaria. In conclusione, nella scelta dei farmaci antiaggreganti piastrinici attualmente disponibili per il trattamento dei pazienti con SCA, è necessaria un’accurata valutazione individuale del bilancio tra rischio ischemico ed emorragico. In futuro è possibile che nuovi inibitori piastrinici selettivi riescano ad associare ad un’elevata efficacia antischemica un miglior profilo di rischio emorragico.