La preparazione farmacologica all'angioplastica nelle sindromi coronariche acute e la gestione del rischio emorragico dei farmaci antitrombotici
La preparazione farmacologica all'angioplastica nelle sindromi coronariche acute e la gestione del rischio emorragico dei farmaci antitrombotici
Silvia Zagnoni, Gianni Casella, Anna Chiara Musuraca, Daniela Calabrese, Pier Camillo Pavesi, Giuseppe Di Pasquale
Riassunto. Le sindromi coronariche acute (SCA) costituiscono una delle manifestazioni più drammatiche dell’aterotrombosi e per questo ampi sono stati gli sforzi negli ultimi anni per migliorarne la prognosi. Grazie all’utilizzo di una terapia antitrombotica molto aggressiva, la quale prevede sempre la combinazione di un anticoagulante e più antiaggreganti, associata, nei pazienti a rischio medio-elevato, alla rivascolarizzazione percutanea, la morbilità e la mortalità delle SCA è oggi sensibilmente ridotta anche nel mondo reale. Diviene sempre più importante da parte del clinico individuare un momento di sintesi tra le combinazioni possibili di farmaci antitrombotici e antipiastrinici, il cui numero è fortunatamente sempre più ampio. La scelta e l’intensità di queste combinazioni sono in prima istanza condizionate dal profilo di rischio ischemico del paziente e dalla strategia terapeutica selezionata (invasiva precoce, invasiva tardiva o conservativa). L’utilizzo di una terapia antitrombotica così aggressiva e dell’angioplastica espongono però i pazienti ad un rischio emorragico non trascurabile. Purtroppo queste complicanze emorragiche hanno un significato prognostico sfavorevole e rendono quasi sempre necessaria la sospensione (o la riduzione) del trattamento antitrombotico stesso per controllarle.