La terapia farmacologica dell'obesità
L’obesità sta assumendo proporzioni epidemiche in tutto il mondo ed è correlata a varie comorbilità, tra cui molto rilevanti sono il diabete mellito, l’ipertensione arteriosa e le malattie cardiovascolari. La gestione dell’obesità e delle sue complicanze è una sfida moderna a causa del rapido evolversi in senso sfavorente degli stili di vita, purtroppo ancora perdente, per la mancanza di trattamenti estensibili alla maggior parte della popolazione sovrappeso ed obesa. L’attuale atteggiamento da parte del medico è infatti quello di trattare le complicazioni correlate all’obesità (ad esempio dislipidemia, ipertensione, diabete di tipo 2 e patologie cardiovascolari). Tuttavia, il potenziale del trattamento dell’obesità è enorme, tenendo a mente che una riduzione di peso corporeo di 10 kg è in grado di ridurre la pressione arteriosa di 10 mmHg, di indurre una riduzione del 10% del colesterolo totale, del 15% del colesterolo LDL, del 30% dei trigliceridi, del 50% della glicemia a digiuno, mentre provoca un incremento dell’8% del colesterolo HDL. La farmacologia dell’obesità è un campo in divenire, gravato dagli effetti collaterali molto gravi dei primi farmaci testati, ritirati dal commercio, e dal fatto che non esistono a tutt’oggi studi clinici controllati pubblicati sull'efficacia di un farmaco antiobesità nel prevenire gli eventi clinici in primis cardiovascolari. I farmaci antiobesità disponibili in Europa sono sibutramina, orlistat e rimonabant; studi di prevenzione cardiovascolare con endpoint clinici sono in corso per sibutramina e rimonabant. In loro attesa conviene valutare gli effetti dei farmaci citati sulla riduzione del peso corporeo e dei fattori di rischio cardiometabolico.
Sibutramina agisce a livello del sistema nervoso centrale inibendo la ricaptazione della serotonina e noradrenalina ed aumentando, di conseguenza, il senso di sazietà. A livello del tessuto adiposo bruno, sibutramina è in grado di facilitare il dispendio energetico per incremento della termogenesi. Gli studi di maggiore durata (in numero di 5) hanno documentato un differenziale medio significativo di 4.45 kg di sibutramina verso il placebo. L’abbandono della terapia, considerando i principali studi, è avvenuta nel 43% dei casi. È stato osservato che il farmaco non era solo in grado di indurre calo ponderale e di ridurre la circonferenza vita, ma era anche capace di ridurre i trigliceridi e l’acido urico, producendo un significativo aumento del colesterolo HDL; nei diabetici migliora anche l’emoglobina glicata.
Sibutramina ha prodotto effetti variabili sulla pressione arteriosa; infatti alcuni studi hanno documentato un minimo decremento della pressione indotto dal farmaco e altri invece che hanno segnalato un modesto incremento. Va segnalato che sibutramina induce un aumento della frequenza cardiaca, effetto rivelatosi consistente in tutti gli studi. Il farmaco non è indicato nei pazienti con ipertensione non controllata, o in caso di anamnesi di patologie cardio- e cerebrovascolari.
Orlistat è un farmaco che riduce l’assorbimento dei grassi legandosi alle lipasi pancreatiche e inibendo parzialmente l’idrolisi dei trigliceridi assorbibili con la dieta. Una recente metanalisi ha esaminato ben 22 studi di durata non inferiore ai 12 mesi in soggetti obesi con un indice di massa corporea medio di 36.7 kg/m2, in cui orlistat era associato a dieta ipocalorica o ad interventi comportamentali: l’effetto di perdita media dopo orlistat comparato al placebo è stato dimostrato essere di 2.89 kg (intervallo di confidenza 2.27-3.51 kg). L’abbandono della terapia, considerando i principali studi, è avvenuto nel 33-57% dei casi. Il trattamento con orlistat ha ridotto significativamente la circonferenza vita, la pressione arteriosa, il colesterolo totale e LDL, mentre non si sono evidenziate variazioni significative nel colesterolo HDL e nei trigliceridi. Il farmaco ha ridotto l’incidenza di diabete solo nei soggetti che presentavano un’iniziale ridotta tolleranza glucidica. Gli effetti indesiderati della terapia sono essenzialmente di tipo gastrointestinale (feci grasse e oleose, defecazione urgente, macchie oleose negli indumenti intimi, incontinenza fecale) e si attenuano col tempo. Il farmaco è controindicato nel malassorbimento cronico e nella colestasi.
Rimonabant è un antagonista selettivo dei recettori di tipo 1 dei cannabinoidi. L’azione di tale farmaco riduce l’iperattivazione del sistema degli endocannabinoidi che si associa all’obesità e si esplica a livello centrale con modalità di tipo anoressizzante, ma anche in vari distretti periferici coinvolti nel controllo del metabolismo quali fegato, tessuto adiposo, muscolo scheletrico, pancreas endocrino e tratto gastrointestinale influendo in una serie di processi metabolici ancora in parte sconosciuti. Un esteso programma sperimentale denominato RIO (Rimonabant In Obesity) ha coinvolto un numero molto ampio di pazienti obesi o sovrappeso (6600 soggetti) al fine di identificare l’efficacia di rimonabant sulla riduzione del peso corporeo e sul miglioramento delle note alterazioni metaboliche associate, al di là di una dieta ridotta di 600 kcal sia nei gruppi in trattamento attivo che in quelli placebo. Nei 4 studi RIO pubblicati (Rio-North America, RIO-Europe, RIO-Lipids, RIODiabetes) il trattamento con rimonabant 20 mg ha prodotto una riduzione significativa di peso corporeo rispetto al placebo (in tutti gli studi, p <0.001), di circa 6.3-6.9 kg nei non diabetici trattati vs non diabetici placebo (perdita di 1.5-1.8 kg), mentre nei soggetti del RIO-Diabetes la perdita dei trattati era di 5.3 kg vs quella di 1.4 kg nel gruppo placebo. Il 40-50% dei pazienti negli studi RIO ha interrotto il trattamento, considerando sia il trattamento attivo che il placebo, con percentuali simili a sibutramina e orlistat. In analogia alla perdita di peso, anche la circonferenza vita risultava significativamente diminuita in seguito a trattamento con rimonabant quando confrontata con il placebo. Per ciò che concerne i parametri metabolici va segnalato che il trattamento con rimonabant induceva un significativo aumento delle concentrazioni del colesterolo HDL e una significativa riduzione dei trigliceridi. Anche se non ci sono stati risultati consistenti sui livelli di colesterolo LDL, lo studio RIO-Lipids ha dimostrato nei trattati una significativa riduzione delle LDL piccole e dense, più aterogene. I pazienti non diabetici trattati con il farmaco miglioravano significativamente l’insulina basale e gli indici indiretti di insulino-resistenza mentre lo studio RIO-Diabetes, unico ad includere pazienti con diabete conclamato, ha mostrato un miglioramento dell’emoglobina glicata dello 0.7% nei pazienti trattati rispetto al placebo. Gli effetti su colesterolo HDL ed emoglobina glicata sembrano per una buona percentuale non essere legati alla riduzione del peso corporeo. Il farmaco non è raccomandato per pazienti con una storia di disturbi depressivi o ideazione suicidaria e con malattia psichiatrica non controllata ed è controindicato in pazienti con depressione maggiore in corso o con trattamento con antidepressivi in corso.
In conclusione, a fronte di un enorme avanzamento nella ricerca di base per comprendere i meccanismi patogenetici alla base dell’obesità, la ricerca farmacologica non ha ancora raggiunto in termini terapeutici ciò che si è invece riscontrato in altre patologie quali l’ipertensione arteriosa e la dislipidemia. Le poche molecole a disposizione della classe medica (sibutramina, orlistat e rimonabant), in ogni caso, hanno dimostrato che quando ben impiegate, possono contribuire a ridurre il peso corporeo ed a portare indubbi miglioramenti dei parametri cardiometabolici. Con questa premessa, secondo linee guida correnti e riflessioni farmaco-economiche, i pazienti che potrebbero trarre beneficio dalla terapia farmacologica dell’obesità sono quelli con indice di massa corporea ≥30 o 27-29.9 kg/m2 con associate comorbilità maggiori legate all’obesità come ipertensione, diabete, dislipidemia, apnee ostruttive notturne, sindrome metabolica.