Prevenzione del danno miocardico durante procedure di interventistica coronarica
Un danno miocardico durante rivascolarizzazione coronarica percutanea si verifica nel 10-40% dei casi ed è usualmente caratterizzato da un lieve rialzo dei marker di miocardionecrosi, in assenza di sintomi, modificazioni elettrocardiografiche o alterazioni della funzione cardiaca. Tuttavia, anche minimi incrementi postprocedurali dei livelli di creatinchinasi-MB sono espressione di una reale ed evidenziabile necrosi miocardica e si associano ad un’aumentata mortalità durante il follow-up; nella maggior parte dei casi minimi rialzi dei marker si verificano dopo procedure non complicate e caratterizzate da eccellenti risultati angiografici. È stato ipotizzato che il principale meccanismo alla base del danno miocardico in corso di procedure coronariche non complicate sia rappresentato da microembolizzazione distale di componenti di placca, da un aumentato stato infiammatorio o dovuto direttamente all’instabilità della placca. Differenti trattamenti sono stati proposti per prevenire tale danno miocardico procedurale, inclusi infusione di nitrati, betabloccanti intracoronarici, adenosina ed inibitori IIb/IIIa, ma nessuno di questi (a parte gli inibitori IIb/IIIa) è stato routinariamente introdotto nella pratica clinica. Precedenti studi osservazionali avevano suggerito il beneficio di un pretrattamento con statine in questo ambito; il trial ARMYDA (Atorvastatin for Reduction of Myocardial Damage During Angioplasty) rappresenta il primo studio prospettico, randomizzato, controllato, che ha valutato l’efficacia di una somministrazione di 7 giorni di atorvastatina alle dosi di 40 mg/die sul rilascio postprocedurale dei marker di danno miocardico in pazienti con angina cronica stabile sottoposti a procedure di rivascolarizzazione percutanea. In questo studio il trattamento con atorvastatina è stato associato ad una riduzione dell’80% del rischio di infarto miocardico periprocedurale e ad una significativa riduzione dei livelli postprocedurali di picco di tutti i marker miocardiospecifici. I meccanismi alla base di questi effetti benefici dell’atorvastatina possono essere rappresentati dall’azione antinfiammatoria che riduce la necrosi miocardica legata a fenomeni di microembolizzazione, da un miglioramento della funzione endoteliale sul microcircolo e da una protezione diretta sul miocardio.