Angina "persistente": l'approccio metabolico può essere una risposta adeguata?
Nonostante la disponibilità di numerose alternative terapeutiche sia farmacologiche che interventistiche, la mortalità e la morbidità per cardiopatia ischemica rimangono eccessivamente elevate, con conseguenze pesanti sui “costi” finanziari e socio-sanitari di questa patologia. Da questa consapevolezza scaturisce la necessità di identificare terapie più efficaci e risolutive.
Secondo le linee guida più recenti, il trattamento della cardiopatia ischemica cronica comprende il controllo dei fattori di rischio, l’educazione sanitaria e la terapia farmacologica propriamente detta. Questa si basa sui farmaci antianginosi classici, come betabloccanti, calcioantagonisti e nitrati e sui farmaci per la prevenzione secondaria come aspirina, clopidogrel e ticlopidina, statine ed inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina.
La personalizzazione della terapia sulle specifiche esigenze di ciascun paziente è resa particolarmente delicata dai cambiamenti che si sono registrati nel profilo clinico dei soggetti con cardiopatia ischemica cronica. Rispetto agli anni ’80, i pazienti attuali sono mediamente più anziani, hanno più spesso già subito procedure di rivascolarizzazione, e più frequentemente sono affetti anche da altre patologie, in particolare scompenso, diabete ed ipertensione.
Fortunatamente, negli ultimi anni ci sono stati notevoli progressi nella comprensione del ruolo del metabolismo energetico nello sviluppo dell’ischemia miocardica, che si sono tradotti in proposte terapeutiche innovative. L’ottimizzazione del metabolismo energetico miocardico si realizza attraverso l’inibizione parziale della beta-ossidazione lipidica e la stimolazione dell’ossidazione del glucosio. Questo shift metabolico ha come conseguenza terapeutica un effetto di cardioprotezione nei confronti del danno da ischemia-riperfusione. Una nuova classe di farmaci, denominati inibitori della 3-ketoacil coenzima A tiolasi e di cui il capostipite è la trimetazidina, si è già rivelata efficace e ben tollerata in diverse forme cliniche di cardiopatia ischemica cronica.