Terapia betabloccante e riduzione del rischio nella chirurgia non cardiaca
Le complicanze cardiovascolari rappresentano una delle più frequenti cause di mortalità nell’ambito della chirurgia non cardiaca. La consulenza cardiologica, intesa come scambio di opinioni tra il cardiologo, il chirurgo e l’anestesista, deve focalizzare il profilo di rischio del singolo paziente destinato ad un determinato intervento chirurgico con l’obiettivo di indicare la strategia migliore – dal punto di vista costo/efficacia – per ridurre il rischio di eventi perioperatori.
Nell’ambito delle diverse scelte immaginabili, l’utilizzo dei betabloccanti è supportato da evidenze incontestabili. In assenza di controindicazioni assolute questa terapia dovrebbe essere estesa a tutti i pazienti da sottoporre ad interventi chirurgici classificati a rischio intermedio ed alto. Studi recenti hanno permesso di chiarire anche gli aspetti pratici relativi alle differenti molecole ed ai tempi di somministrazione. Pur con i limiti legati al numero esiguo dei pazienti arruolati negli studi, la drastica riduzione di eventi dimostrata nei soggetti trattati può permettere, in determinate situazioni, di affidarsi con ragionevole sicurezza all’effetto protettivo di questi farmaci anziché ricorrere a test diagnostici che possono risultare inappropriati. Le indicazioni alla coronarografia, infatti, così come all’intervento di rivascolarizzazione, devono rimanere le stesse che in assenza di intervento non cardiaco programmato.