L'angioplastica coronarica in sottogruppi a rischio: gli operati di bypass
Nonostante gli straordinari progressi realizzati negli ultimi anni dalle metodiche di rivascolarizzazione percutanea, l’elevata affidabilità e sicurezza delle procedure e la prevedibilità del risultato, il trattamento dei pazienti con pregresso bypass aortocoronarico può tuttora comportare rischi elevati e scadenti risultati a distanza. Questo articolo prende in esame il profilo di rischio di questi pazienti analizzando due principali ordini di fattori: il primo riguarda la maggior gravità delle condizioni cliniche di base (età, funzione ventricolare sinistra, estensione della coronaropatia); il secondo, le caratteristiche negative della aterosclerosi nel graft venoso degenerato. La chiave interpretativa del lavoro è che la variabile combinazione di queste caratteristiche sfavorevoli definisce sottogruppi a rischio incrementale di complicanze periprocedurali e/o di recidive a distanza, che inficiano il risultato della rivascolarizzazione percutanea e rendono il risultato del trattamento in questi pazienti spesso insoddisfacente. In particolare, la composizione della lesione aterosclerotica nel graft venoso, l’embolizzazione distale, il danno miocardico periprocedurale e gli eventi avversi a breve e lungo termine, sembrano costituire una sequenza negativa che gli attuali presidi farmacologici e meccanici non sono ancora in grado di interrompere in modo affidabile e consistente. Vengono analizzati sottogruppi particolari il cui trattamento pone difficoltà aggiuntive, quali quelli costituiti dalle occlusioni croniche totali, dalla degenerazione diffusa del graft, e dall’infarto miocardico acuto, tutte condizioni nelle quali il risultato atteso è ancora ampiamente insoddisfacente. A ciò si aggiunge il dubbio margine di guadagno clinico costituito dall’impiego degli inibitori del recettore glicoproteico IIb/IIIa. Poiché sia l’interventistica coronarica sia la rivascolarizzazione chirurgica costituiscono campi in costante sviluppo, è verosimile che negli anni a venire lo scenario subisca significativi cambiamenti legati al progressivo utilizzo da parte dei chirurghi di graft arteriosi, alla diffusione degli stent medicati e allo sviluppo di nuove metodiche di rivascolarizzazione percutanea.