Significato prognostico dell'elevazione degli indici di danno miocardico dopo interventi di rivascolarizzazione coronarica percutanea
Negli ultimi 10 anni numerosi studi hanno dimostrato che elevazioni lievi o moderate di indici di danno miocardico sono frequentemente riscontrabili dopo procedure efficaci di rivascolarizzazione coronarica percutanea. Il significato clinico di tali osservazioni non è chiaro, ed il problema se esse abbiano una sufficiente rilevanza prognostica da essere considerate “complicanze” dell’intervento è tuttora dibattuto.
Molte esperienze pubblicate hanno riportato un’associazione tra rialzo postprocedurale degli enzimi miocardiospecifici e mortalità a lungo termine, con una relazione diretta tra livelli di creatinchinasi-MB e rischio di morte. Occlusioni di rami secondari e microembolizzazione nel circolo coronarico periferico rappresentano i fattori più frequentemente responsabili di danno miocardico dopo applicazione di stent. Meccanismi potenziali di prognosi avversa comprendono una maggiore suscettibilità ad aritmie ventricolari da microrientro, una compromissione della circolazione collaterale o una disfunzione del microcircolo coronarico.
Un rapporto di causa/effetto tra elevazione enzimatica e mortalità non è dimostrato: i pazienti che sviluppano un movimento enzimatico tendono ad essere più vecchi e ad avere una coronaropatia più diffusa; è pertanto difficile stabilire se questi infarti enzimatici sono causativi degli eventi futuri o se la loro relazione con la mortalità tardiva sia legata all’associazione con un rischio di base più elevato.
A causa di ciò non è chiaro se la prevenzione di questi piccoli infarti procedurali possa condizionare favorevolmente il destino futuro del paziente. Numerose altre problematiche sono tuttora non risolte e riguardano: 1) il marker biochimico di danno miocardico più adatto ad identificare i pazienti a rischio di eventi futuri; 2) la soglia alla quale la sua elevazione è clinicamente rilevante; 3) l’importanza del tipo di dispositivo percutaneo utilizzato.
Studi prospettici in corso, su popolazioni sufficientemente numerose, e con follow-up adeguati potranno portare ulteriori informazioni sul significato prognostico dell’elevazione degli indicatori di necrosi miocardica dopo interventi di rivascolarizzazione percutanea.