Utilità ed appropriatezza della stimolazione bicamerale nell'ultraottantenne con storia di fibrillazione atriale parossistica
Razionale. Sebbene vi sia concordanza sulle indicazioni alla stimolazione cardiaca bicamerale, permane una diversità di opinioni, per motivi di costo-beneficio, ad accettare un analogo iter decisionale e terapeutico nel paziente ultraottantenne.
Materiali e metodi. È stato esaminato retrospettivamente il follow-up di 135 pazienti consecutivi ultraottantenni, ai quali è stato applicato un pacemaker bicamerale per valutare: 1) la sopravvivenza e gli eventi in grado di modificarla, 2) la persistenza del ritmo sinusale, 3) l’identificazione delle condizioni predisponenti o di protezione della fibrillazione atriale permanente.
Risultati. Al momento dell’analisi (33.51 ± 27.10 mesi dopo l’impianto, range 4-148 mesi), in 96 (71%) pazienti (gruppo A) persisteva un’attività sinusale. Trentanove (29%, gruppo B) di essi avevano sviluppato una fibrillazione atriale permanente (28.56 ± 30.9 mesi dopo l’impianto, range 1-125 mesi). In entrambi i gruppi, i casi con disfunzione del nodo del seno e con blocco atrioventricolare erano statisticamente simili. Nel gruppo B, gli episodi di fibrillazione atriale parossistica pre-impianto sono stati più numerosi. All’impianto dell’elettrocatetere atriale, l’ampiezza del potenziale endocavitario in atrio destro è risultata inferiore nel gruppo B (2.6 ± 1.16 vs 3.27 ± 1.91 mV, p = NS). Durante il follow-up l’intervallo atrioventricolare di pacing e sensing programmato è risultato simile tra i due gruppi; la frequenza di stimolazione minima programmata nel gruppo B era più elevata (67.7 ± 5.72 vs 64.53 ± 7.7 b/min, p = 0.02).
Conclusioni. Gli ultraottantenni beneficiano della stimolazione cardiaca bicamerale per un periodo sufficientemente prolungato a giustificare tale scelta. La fibrillazione atriale permanente è la principale causa della perdita della stimolazione atriale ma l’aritmia non sembra diminuire l’aspettativa di vita, se messa a confronto con quanti mantengono invece l’attività sinusale. Episodi aritmici atriali pre-impianto sono stati più frequenti nei casi con recidiva di fibrillazione atriale, tranne la disfunzione del nodo del seno. Una frequenza minima di stimolazione più elevata, a lungo termine non ha preservato l’attività sinusale. È possibile che all’impianto dell’elettrocatetere atriale un segnale endocavitario atriale > 3 mV possa identificare un atrio elettricamente più stabile.