Sindrome del QT lungo e sindrome di Brugada: due aspetti della stessa malattia?
La cardiologia clinica si è giovata, recentemente, del contributo della genetica per spiegare i meccanismi fisiopatologici alla base dei casi di morte cardiaca improvvisa in individui giovani in assenza di anomalie strutturali cardiache. Si è compreso che mutazioni geniche a carico dei canali ionici cardiaci possono alterare l’equilibrio delle correnti del potenziale d’azione, innescando tachiaritmie ventricolari letali.
Il gene che codifica per il canale cardiaco del sodio, SCN5A, è coinvolto in due tra queste patologie aritmogene, la sindrome di Brugada e la variante LQT3 della sindrome del QT lungo. Era comunemente ritenuto che queste malattie fossero causate da difetti molecolari con effetti opposti: le mutazioni nella sindrome di Brugada provocano una diminuzione nella corrente del sodio, mentre le mutazioni descritte in LQT3 determinano un aumento di funzione del canale.
L’effetto dei farmaci antiaritmici di classe I è stato considerato un mezzo per distinguere ulteriormente queste patologie. La flecainide per via endovenosa è utilizzata come test provocativo diagnostico per evocare il fenotipo elettrocardiografico della sindrome di Brugada. Invece, sulla base di studi sperimentali e clinici, si è valutata la possibilità che gli stessi farmaci possano funzionare come terapia gene-specifica nella LQT3, in quanto contrastano l’effetto delle mutazioni sulla ripolarizzazione e possono accorciare l’intervallo QT.
Tuttavia dati recenti evidenziano come possa esserci una sovrapposizione nel fenotipo delle due malattie. È stata descritta una famiglia, portatrice di una mutazione su SCN5A, con un quadro elettrocardiografico misto: QT prolungato e sopraslivellamento del tratto ST. Inoltre noi abbiamo recentemente dimostrato che il test con flecainide può provocare sopraslivellamento del tratto ST in pazienti con LQT3.
L’esistenza di quadri clinici intermedi evidenzia l’eterogeneità della malattia, suggerendo che il quadro clinico dipenda dalla singola mutazione. Una più approfondita conoscenza degli effetti di ciascuna mutazione identificata sembra essere quindi il mezzo migliore, attualmente, per orientare nella gestione clinica e terapeutica di questi pazienti.