Qualche riflessione sull'uso dei dati della "evidence-based medicine"
Benché i concetti base della “evidence-based medicine” (EBM) siano oggi condivisi dalla maggior parte della comunità medica, alcune questioni restano aperte riguardo al suo statuto teorico ed a talune sue caratteristiche metodologiche e applicazioni pratiche. Tra le prime è la contestazione, da parte di pochi ma agguerriti critici, della natura “astratta” delle risultanze delle ricerche in ambito di EBM. Ciò deriverebbe soprattutto dalle procedure di selezione dei soggetti da studiare e dalle modalità di analisi dei risultati , esclusivamente esperite con metodi quantitativi. Questo ha guadagnato all’EBM, da parte dei suoi detrattori, la qualificazione di “metascienza”.
Tra le seconde è la concreta questione della traducibilità ed utilizzo dei dati costitutivi dell’EBM nella realtà quotidiana dell’agire medico. Ciò malgrado, l’EBM è accettata come il più accreditato modello su cui conformare metodi di studio e comportamenti medici (specie in ambito terapeutico). Da essa, infatti, derivano gli elementi su cui sono costruite le innumerevoli linee guida che da alcuni anni pervadono il mondo della medicina. Mentre non è contestabile il loro intendimento di aggiornamento rispetto al rapido evolvere quali-quantitativo del sapere medico, è tuttavia opportuno avere presenti taluni non irrilevanti effetti non positivi, che il loro eccessivo affollamento e la soverchia fiducia posta nella loro efficacia pratica, possono indurre sulla prassi medica.