La stimolazione spinale epidurale nel trattamento dell'angina pectoris refrattaria. Efficacia clinica, complicanze e mortalità a lungo termine. Studio retrospettivo multicentrico italiano
Razionale. La stimolazione spinale epidurale è una tecnica antalgica nota da tempo ed è attualmente impiegata anche nel trattamento dell’angina pectoris refrattaria. La sua attività antischemica è stata documentata in numerosi studi, ma sono ancora pochi i dati relativi ai risultati a lunga distanza in termini di efficacia, sicurezza e mortalità. Scopo dello studio è stato analizzare retrospettivamente la casistica proveniente da cinque centri partecipanti al Registro Italiano Multicentrico.
Materiali e metodi. Centotrenta pazienti (83 maschi, 47 femmine, età media 74.8 ± 9.8 anni) sono stati sottoposti ad impianto di stimolatore spinale epidurale per angina pectoris refrattaria nel periodo 1988-1995 e controllati in un follow-up medio di 31.4 ± 25.9 mesi. Nel 69.3% dei pazienti si era verificato un infarto miocardico, nel 67.6% era presente malattia trivasale, nel 34% una frazione di eiezione < 0.40, mentre era stato eseguito bypass aortocoronarico nel 49.6% o angioplastica nel 27%. Il 96.3% dei pazienti non era stato giudicato rivascolarizzabile all’atto dell’arruolamento.
Risultati. I dati completi disponibili si riferiscono a 116 pazienti (89.2%). La stimolazione spinale epidurale ha indotto una riduzione significativa della classe funzionale NYHA da 2.5 ± 1.2 pre-impianto a 1.5 ± 0.9 all’ultimo controllo (p < 0.01). Durante il follow-up 41 pazienti (35.3%) sono deceduti, il 14.2% ha presentato una recidiva di infarto miocardico, il 6.8% complicanze correlate alla stimolazione spinale epidurale. La mortalità totale media annua è stata del 6.5%, quella cardiaca del 5%. I pazienti deceduti, rispetto ai sopravvissuti, presentavano all’impianto maggior incidenza di frazione di eiezione < 0.40, infarto miocardico e bypass aortocoronarico pregressi.
Conclusioni. La stimolazione spinale epidurale si è dimostrata una tecnica efficace nella terapia dell’angina pectoris refrattaria, gravata da una bassa incidenza di complicanze e da una mortalità simile a quella riportata in letteratura per pazienti con analoga gravità di malattia coronarica.