Impiego clinico degli inibitori GP IIb/IIIa eptifibatide e tirofiban nel trattamento delle sindromi coronariche acute di tipo "non sopraslivellamento del tratto ST"
Le sindromi coronariche acute non associate a sopraslivellamento del tratto ST, quali l’angina instabile e l’infarto miocardico non-Q, rappresentano un gruppo eterogeneo di disordini clinici che condividono meccanismi patogenetici ed analoga gestione terapeutica. Un sollecito trattamento antischemico ed antitrombotico va associato ad una precoce stratificazione prognostica basata su parametri clinici e strumentali facilmente disponibili, onde identificare rapidamente quei soggetti a maggior rischio che potranno beneficiare di un trattamento più aggressivo. L’incidenza di morte o infarto nei primi 30 giorni resta consistente (9-15%) in pazienti con una presentazione clinica indicativa di rischio aumentato (III classe Braunwald, alterazioni elettrocardiografiche di esordio, segni di danno miocardico). La stabilizzazione della placca aterosclerotica responsabile della sindrome rappresenta un obiettivo terapeutico prioritario, al fine di prevenire le complicanze cliniche della trombosi coronarica Indipendentemente dagli agonisti coinvolti, nel processo di attivazione piastrinica la via finale comune è rappresentata dal recettore GP IIb/IIIa. Alla metanalisi dei vari trial che negli ultimi anni hanno valutato il beneficio terapeutico derivante dall’inibizione farmacologica del recettore GP IIb/IIIa, la riduzione dell’end-point cumulativo di morte o infarto non fatale ottenuta con inibitori GP IIb/IIIa è risultata significativa già a 48-96 ore (odds ratio-OR 0.81, intervallo di confidenza-IC 95% 0.71-0.92, p < 0.01), perdurando a 30 giorni (OR 0.88, IC 95% 0.81-0.97, p < 0.001) e a 6 mesi (OR 0.88, IC 95% 0.79-0.97, p < 0.001). In pazienti trattati con inibitori GP IIb/IIIa e sottoposti precocemente a procedure interventistiche, il beneficio terapeutico è risultato significativo già prima della procedura (-34% di riduzione relativa nell’end-point cumulativo, p < 0.001). L’avvio preprocedurale del trattamento con l’inibitore GP IIb/IIIa comporta oltretutto una significativa e consistente riduzione relativa (-41%, p < 0.001) di eventi periprocedurali, e in questi pazienti il beneficio terapeutico correla con la presenza preprocedura di abnormi valori di troponina.
È verosimile attendersi il beneficio maggiore dagli inibitori GP IIb/IIIa nei pazienti con indici clinico-strumentali sfavorevoli (angina precoce postinfarto; età più avanzata con storia di disfunzione ventricolare o di diabete; scompenso congestizio, sottoslivellamento del tratto ST, abnormi valori di troponina, di creatinchinasi-MB o di proteina C reattiva all’esordio), nei pazienti con ischemia recidivante, in quelli destinati a rivascolarizzazione urgente. Se la combinazione degli inibitori GP IIb/IIIa con dosi standard di eparina comporta un incremento del rischio di emorragie, tale rischio può essere ridotto o annullato adottando alcuni semplici provvedimenti tecnici.