I trial in corso e le prospettive future
La rosuvastatina è una nuova molecola del gruppo delle statine che ha dimostrato di possedere, oltre all’efficacia nel migliorare il profilo lipidico, alcune proprietà specifiche, come la capacità di legame con la 3- idrossi-3-metilglutaril coenzima A reduttasi, l’idrofilia relativa e la selettività epatica, che la caratterizzano rispetto alle altre statine. Inoltre, il metabolismo di questa statina avviene solo in quota minima attraverso il citocromo P450 ed essenzialmente attraverso l’enzima 2C9. Lo scarso coinvolgimento della subunità 3A4 rende ragione delle scarse interazioni tra la rosuvastatina ed altri farmaci e permette, quindi, un impiego ampio della molecola. A parità di dosaggio, e con lo stesso profilo di tollerabilità, questa statina ha dimostrato di essere più efficace, rispetto alle altre, nel ridurre i livelli di colesterolo LDL e nell’aumentare i livelli di colesterolo HDL. Viste le interessanti caratteristiche della molecola, sono stati programmati diversi studi, la gran parte dei quali volti a valutare l’efficacia del farmaco su endpoint di tipo fisiopatologico ma alcuni, mirati anche a valutare l’efficacia della rosuvastatina in termini di mortalità e morbidità cardiovascolare nei pazienti con cardiopatia ischemica. L’effetto della somministrazione di rosuvastatina sarà studiato anche su popolazioni selezionate di pazienti con patologie diverse come l’insufficienza renale o lo scompenso cardiaco, nelle quali l’azione di questa classe di farmaci non è attualmente definita. In particolare, due sono i programmi di trial clinici che si propongono sia di confermare evidenze già esistenti, sia di mettere in evidenza eventuali azioni che potrebbero avere notevole rilevanza clinica: il GALAXY Programme che si propone di valutare l’efficacia della rosuvastatina nella prevenzione della malattia aterosclerotica e della cardiopatia ischemica, ed il GISSIHF che si pone l’obiettivo di valutare l’efficacia di questo farmaco in termini di riduzione della morbilità e mortalità in pazienti con scompenso cardiaco, oltre che di comprendere attraverso quali meccanismi farmacologici essa sia in grado di intervenire nella fisiopatologia di questa sindrome.