La valutazione del respiro durante il sonno: curiosità o necessità clinica?
Lo studio del sonno, inizialmente volto a indagare i meccanismi neurofisiologici e delle funzioni cardiorespiratorie ad esso connessi, ha evidenziato la presenza di disturbi respiratori peculiari che il dato epidemiologico e l’impatto fisiopatologico e clinico indicano essere intimamente associati a maggiore morbidità e mortalità cadiovascolare e che si configurano in due quadri distinti per patogenesi, presentazione clinica e trattamento: la sindrome delle apnee ostruttive (OSAS) e la sindrome delle apnee centrali (CSAS).
La OSAS definisce una condizione caratterizzata da episodi ripetitivi di pause respiratorie dovute al collasso delle pareti del faringe con conseguente ostruzione al flusso d’aria a fronte di un importante ma inefficace sforzo inspiratorio toraco-addominale. Le variazioni emodinamiche legate all’esagerata pressione intratoracica negativa (generata dallo sforzo respiratorio vigoroso ma inefficace contro le vie aeree occluse), la progressiva ipossiemia ipercapnica e gli arousals che pongono termine all’apnea, sono le chiavi fisiopatologiche attraverso cui la OSAS può avere effetti sull’apparato cardiovascolare e contribuire a spiegare l’associazione tra OSAS ed aumentata morbidità e mortalità cardiovascolare emersa da studi retrospettivi.
La CSAS è invece un disturbo respiratorio caratterizzato da ricorrenti apnee o ipoventilazioni di tipo centrale, alternate ad iperventilazioni che, nel modello classico di Cheyne-Stokes, presentano un tipico pattern di crescendo-decrescendo del volume corrente. I dati epidemiologici ed i meccanismi patogenetici evidenziano che esiste una stretta associazione tra CSAS e insufficienza cardiaca alla cui gravità la CSAS appare correlata. Tuttavia, diversi sono i fattori che possono concorrere a determinare la presenza di tale modello respiratorio, a spiegare sia la variabile presenza in pazienti con diversa compromissione emodinamica, sia il dimostrato potere predittivo indipendente di prognosi sfavorevole della CSAS nell’insufficienza cardiaca.
Esistono quindi i presupposti per considerare lo screening dei disturbi respiratori come parte integrante della valutazione routinaria dei cardiopatici con anamnesi sospetta per OSAS e, a nostro avviso, di tutti i pazienti con insufficienza cardiaca, specie se refrattaria, nei quali la correzione del disturbo respiratorio eventualmente evidenziato potrebbe consentire di modificare la prognosi.