Mixoma dell'atrio sinistro. Aspetti clinici e chirurgici in 26 casi operati
Razionale. Il mixoma dell’atrio sinistro, anche se raro, rappresenta il più frequente tumore benigno cardiaco. Scopo dello studio è stato confrontare la nostra esperienza con i dati forniti dalla letteratura.
Materiali e metodi. Gli autori riportano la loro esperienza clinica e chirurgica in 26 casi (8 maschi, 18 femmine, età compresa tra 38 e 77 anni), operati dal maggio 1985 all’agosto 1999. La sintomatologia è stata quanto mai varia: dispnea da sforzo o parossistica notturna, cardioplamo, precordialgie, lipotimie od episodi sincopali. Il ritmo era sinusale in 22 casi, mentre 4 erano in fibrillazione atriale cronica. La diagnosi, spesso occasionale, è stata possibile in tutti grazie all’esame ecocardiografico transtoracico o transesofageo. In 4 casi vi era associata una coronaropatia. In 7 casi l’intervento è stato eseguito d’urgenza per l’instabilità emodinamica dovuta all’ostruzione mitralica da parte della massa tumorale. L’asportazione del tumore è stata eseguita in circolazione extracorporea attraverso la via atriale destra e transettale in 9, la via biatriale in 5, la via transettale obliqua in 11 e transettale verticale in 1. Il setto interatriale è stato ricostruito in 16 casi utilizzando un patch di pericardio autologo.
Risultati. Vi è stato un decesso postoperatorio in una paziente di 70 anni per fibrillazione ventricolare irreversibile e 3 decessi tardivi per cause extracardiache. Un paziente è stato rioperato con successo, a 4 anni dall’intervento, per recidiva del tumore omosede evidenziatosi dopo episodio embolico cerebrale. I 22 pazienti viventi sono tutti asintomatici, 20 in ritmo sinusale e 2 in fibrillazione cronica.
Conclusioni. Gli autori sottolineano come oggi il tumore, che spesso decorre in maniera asintomatica, sia facilmente diagnosticabile con l’impiego dell’ecocardiografia e che l’intervento vada eseguito in maniera tempestiva per prevenire i rischi di embolizzazione o fenomeni di occlusione o danno mitralico. L’intervento può essere considerato curativo e a basso rischio, ma data la possibilità anche se rara di recidiva è importante un costante follow-up clinico e strumentale degli operati.