Il cuore degli italiani.
Indagine demoscopica sulla percezione e valutazione del Servizio Sanitario Nazionale da parte dei cittadini italiani cardiopatici e non cardiopatici
(con specifico riferimento alla Cardiologia)

Filippo Ottani1,2, Luigi La Vecchia1,3, Ilvo Diamanti4, Andrea Pozzati1,5, Ludovico Gardani4,
Claudio Fresco
1,6, Maddalena Lettino1,7, Claudio Cuccia1,8, a nome del Gruppo di Studio “Aterosclerosi Trombosi & Biologia Vascolare” (ATBV) e Demos & Pi
1Gruppo di Studio “Aterosclerosi, Trombosi & Biologia Vascolare” (ATBV)
2U.O. Cardiologia, Ospedale Morgagni-Pierantoni, Forlì
3U.O. Cardiologia, Ospedale San Bortolo, Vicenza
4Demos & Pi (Istituto di Ricerca Sociale e Politica), Vicenza
5U.O. Cardiologia, Ospedale Don G. Dossetti, Bazzano (BO), AUSL di Bologna
6U.O. Cardiologia, A.O. Santa Maria della Misericordia, Udine
7U.O. Cardiologia, Istituto Clinico Humanitas, Rozzano (MI)
8U.O. Cardiologia, Fondazione Poliambulanza, Brescia
Background. The purpose of this study was to collect information to understand how citizens perceive the National Health System (NHS), and what is the degree of confidence they have in the NHS. 
Methods. We carried out an opinion poll with the Demos & Pi group on the perception of the NHS by Italian citizens, with particular reference to the activities related to cardiology, by interviewing 2311 people with a set of 33 questions, about the perception of their health status, lifestyles, the propensity to use public or private services, consideration of the level of the NHS, and the trust in the medical profession. The subjects included were also preliminarily stratified according to the presence or absence of heart disease. 
Results. Overall, Italian citizens express a high level of satisfaction for the NHS (on average, 65% of approval rating), including the whole professional staff, hoping that the NHS will be kept appropriately funded. The result is even better in the subset of interviewed citizens, who suffered from cardiovascular disease. People also consider the NHS an essential requirement to ensure equity in access to medical treatment and to keep costs competitive, even compared to private healthcare. The NHS major weakness remains the waiting lists, which are considered too long for diagnostic procedures and ordinary interventions.
Conclusions. There is a widespread positive feeling among Italian citizens concerning the role and functioning of the NHS. Such opinion, shared by the whole country, should be taken into account when the time will come to define strategies for health policy of the Italian society in the near future.
Key words. Cardiovascular disease; National Health System; Survey.

INTRODUZIONE
Qual è il rapporto tra il cittadino e il Servizio Sanitario Nazionale (SSN)? La domanda non è oziosa perché, negli ultimi anni, sono stati compiuti diversi passi verso una ridefinizione di questo rapporto, di solito da una prospettiva che aliena il cittadino da un ruolo attivo. Contemporaneamente, l’informazione sanitaria ha proceduto su un doppio binario che è divenuto fonte di confusione sul quadro generale di riferimento, che riguarda il giudizio e la percezione del SSN. Da un lato, infatti, i medici sono interessati a promuovere le conquiste della medicina per acquisire visibilità, dall’altro, larga parte dei giornalisti/opinionisti (il mondo “laico”) sono più interessati, in modo speculare, al “malfunzionamento” della sanità, ragione di “scoop” di successo. Al centro di questo “fuoco incrociato” si trovano i cittadini “utenti”, i cui umori sono in perenne conflitto tra bisogni reali e richieste diverse e contraddittorie. Il paziente-cliente costituisce oggi una figura centrale in una visione di mercato applicata alla sanità in cui il SSN svolge il ruolo di produttore delle prestazioni intese come beni da acquistare. Tuttavia, come rileva Carlo Alberto Perucci 1 in un recente editoriale pubblicato su questo Giornale, quello sanitario è un “mercato” in cui lo squilibrio tra domanda e offerta è estremo, dominato da un’asimmetria informativa, che, sebbene parzialmente irriducibile, non implica però l’impossibilità per i cittadini di esercitare scelte consapevoli.
È un diritto del cittadino ricevere un’adeguata e trasparente informazione e va compiuto ogni sforzo per realizzare strumenti che concorrano ad aumentare le capacità di giudizio e di scelte conseguenti. Perucci1 propone, attraverso il Programma Nazionale Valutazione Esiti (PNE)2, un “metodo di valutazione” che contenga informazioni basate sull’evidenza, raccolte mediante l’uso di indicatori documentati, consentendo una comparazione efficace tra i diversi fornitori di prestazioni sanitarie all’interno del SSN. Ciò dovrebbe permettere ai cittadini di esercitare scelte ragionate e consapevoli. Tuttavia, se vogliamo che approcci potenzialmente corretti ma complessi come il PNE possano incidere efficacemente sulle capacità di scelta dei cittadini, il retroterra imprescindibile da cui partire è costituito da quella cultura “dell’ascolto” che fino ad oggi è sempre stata scarsamente esercitata, sia da parte degli amministratori che della classe medica del SSN. Proprio per capire come i cittadini percepiscono il sistema salute e quale sia il grado di fiducia riposto nel SSN, il Gruppo di Studio “Aterosclerosi, Trombosi & Biologia Vascolare” (ATBV) ha commissionato a Demos & Pi (Istituto di Ricerca Sociale e Politica, diretto dal Professor Ilvo Diamanti) un’indagine demoscopica a ciò mirata, con particolare riferimento alla Cardiologia.
MATERIALI E METODI
L’indagine demoscopica dal titolo “Il cuore degli italiani” è stata condotta nel periodo compreso dal 06/10/2013 al 15/10/2013, sottoponendo agli intervistati uno specifico questionario di 33 domande. Demos & Pi-Demetra ha eseguito le interviste secondo il metodo CATI (computer assisted telephone interviewing) e CAWI (computer assisted web interviewing) (vedi Appendice)3,4. La popolazione di riferimento è stata quella residente in Italia di età >15 anni. Prima di rispondere a qualsiasi domanda, gli intervistati sono stati stratificati in due categorie, ovvero cardiopatici e non cardiopatici. Gli intervistati cardiopatici sono stati definiti tali in base alla presenza dei seguenti requisiti: a) avere avuto un ricovero in ambiente ospedaliero, b) avere ricevuto un intervento di rivascolarizzazione miocardica (bypass aortocoronarico o procedura di angioplastica) o altro tipo di intervento cardiochirurgico (es. sostituzione valvolare), c) avere ricevuto l’impianto di un dispositivo antiaritmico (pacemaker, defibrillatore impiantabile, resincronizzazione cardiaca), d) avere subito una procedura percutanea di ablazione ­trans­catetere o, più in generale, e) assumere regolarmente una terapia medica cardioattiva (es. i pazienti ipertesi). I due campioni, una volta uniti, sono stati ponderati in base ai caratteri socio-demografici e titolo di studio (dati ISTAT). Il campione globale così ottenuto è rappresentativo della realtà nazionale con un margine massimo di errore (al livello fiduciario del 95%) pari al 2.45%. Differenze >3% nel tasso di risposte alle singole domande rappresentano una variazione significativa.
I risultati sono anche stati analizzati secondo una suddivisione per classi di età (15-17, 18-29, 30-44, 45-54, 55-64 e ≥65 anni), per genere (maschile e femminile) e per titolo di studio (scuola media non conclusa/scuola media inferiore, diploma di scuola superiore, laurea).
RISULTATI
L’insieme degli intervistati (via telefono o via web) ha fornito una base dati di 2311 interviste. La domanda “Rispetto alle malattie del cuore, lei o un suo familiare (compagni, genitori o figli) è stato ricoverato e/o ha subito un intervento oppure assume farmaci per il cuore e/o per la pressione” ha permesso di selezionare 570 cardiopatici pari al 25% del campione totale, formando un sottogruppo statisticamente affidabile per valutare l’opinione degli italiani cardiopatici sullo stato della propria salute e sulla percezione del SSN.
La soddisfazione della sanità pubblica
Alla domanda “chiave” del sondaggio, cioè “Quanto è soddisfatto della sanità pubblica?”, in 2 casi su 3 gli intervistati hanno risposto “molto o abbastanza soddisfatto” (Figura 1) e il tasso di risposte positive è stato ancora più elevato nel sottogruppo dei cardiopatici. Nel dato disaggregato per aree geografiche, l’unica differenza rilevante è la diminuzione della soddisfazione nell’area meridionale del Paese, anche se il tasso di apprezzamento del SSN rimane comunque superiore al 50% (Tabella 1). Tra coloro che si dichiarano “soddisfatti”, la ragione principale è costituita dalla percezione di un’elevata competenza del personale sanitario (58% della popolazione generale, 61% dei cardiopatici). In modo concorde, è ampia la fiducia nella medicina (>80% degli intervistati) e nelle singole figure professionali del mondo medico (ospedalieri, medici di famiglia) e infermieristico (3 cittadini su 4 hanno “molta/abbastanza” fiducia nella figura professionale dell’infermiere). Gli unici dati negativi sono rappresentati dalla lunghezza delle liste di attesa ( vide infra) e dal consenso informato, percepito dai più (55% degli intervistati) come un meccanismo di autoprotezione della classe medica.



La sanità tra pubblico e privato
L’opinione prevalente (55% degli intervistati) è che la sanità pubblica debba restare “una cosa a parte perché è un diritto di tutti”, mentre il 22% dei cittadini ritiene corretta un’integrazione con la sanità privata e solo il rimanente 20% considera, invece, giusta una vera e propria competizione tra le due forme di sanità. Tale atteggiamento non presenta scostamenti rilevanti in base all’età, sesso e aree geografiche rispetto a quanto osservato a livello nazionale.
Sanità pubblica e privata: punti di forza e debolezza
Per quanto riguarda il grado di accessibilità alle cure e competitività dei costi delle prestazioni, oltre la metà degli intervistati (rispettivamente il 53% e il 54%) indica la sanità pubblica come dotata di tali prerogative, che, invece, si ritrovano nella sanità privata solo per il 12% e 17% degli intervistati. In generale, gli intervistati (cardiopatici inclusi) ritengono che non vi siano rilevanti differenze tra sanità pubblica e privata né per quanto riguarda il grado di competenza dei medici, né per quanto riguarda la completezza dei servizi offerti, così che il motivo largamente prevalente (57% degli intervistati) per cui i cittadini scelgono la sanità privata è legato all’assenza di liste di attesa. Infine, è il medico di famiglia che indirizza il cittadino verso la sanità pubblica o privata (>60% degli intervistati) mentre la scelta è autonoma in un paziente su 4.
Il concetto di salute, la paura delle malattie e la ricerca clinica
Alla domanda “Lei come definirebbe la salute?”, un italiano su due (54%) risponde, in piena sintonia con la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che la salute è “uno stato di benessere psichico, fisico e sociale”, con la conseguenza che più dell’80% dei cittadini italiani ritiene, senza differenze per sesso o classi di età, che la “tutela della salute” riguardi tutta la società.
Quali sono, però, le malattie che oggi fanno più paura ai cittadini italiani (Figura 2)? La maggioranza risponde: il cancro, sorprendentemente seguito dalle malattie neurodegenerative e/o psichiatriche (Alzheimer, demenza senile, Parkinson, depressione). Al contrario e inaspettatamente, la paura dell’infarto riguarda solo una quota modesta degli intervistati (6%) con un lieve incremento del valore tra gli italiani cardiopatici (9%).
In tema di ricerca, invece, più del 90% dei cittadini italiani risponde di essere d’accordo sul fatto che lo Stato debba destinare più fondi alla ricerca medica per renderla indipendente dagli interessi delle aziende farmaceutiche e/o di elettromedicali.
Per quanto attiene invece all’informazione medica, essa si svolge principalmente attraverso la figura del medico di famiglia (Figura 3), anche se più del 25% degli intervistati fa del web lo strumento principale per il reperimento di informazioni mediche e il suo utilizzo aumenta significativamente tanto più è giovane l’età dell’intervistato e/o più elevato è il titolo di studio (Tabella 2).



La salute e la Cardiologia
Oggi, il 75% della popolazione generale (72% tra i cardiopatici) ritiene che, dopo un infarto, si possa riprendere una vita assolutamente normale, confermando il ridotto timore nei confronti di questa patologia.
Procedendo negli aspetti più tecnici, oltre il 50% della popolazione italiana sembra avere imparato che il numero dell’emergenza corrisponde al 118, anche se ancora un cittadino su 4 indica altri numeri (113, 115) o non lo sa affatto (21%). La conoscenza di alcuni aspetti tecnici della Cardiologia fornisce interessanti risultati; infatti, se il pacemaker, presente ormai da 50 anni, e il defibrillatore (che ha ricevuto molta pubblicità dalle fiction televisive) sono descritti correttamente da più del 70% degli intervistati, la conoscenza dello stent coronarico si riduce drasticamente al 27% (solo lievemente meglio tra i cardiopatici: 38%).
Sempre in tema di trattamento dell’infarto miocardico, l’ultimo decennio ha visto i cardiologi impegnati a creare le “reti ospedaliere” per il trattamento dell’infarto, per consentire a tutti pazienti l’accesso ai laboratori di emodinamica in grado di erogare h24 per 7/7 giorni il trattamento di angioplastica primaria. Nonostante ciò, la conoscenza del concetto di “rete per l’infarto” e/o della sua reale esistenza nell’area di residenza è rara (13% della popolazione), anche se il 75% degli intervistati accetterebbe l’idea di essere trasferito in un ospedale specializzato nella cura dell’infarto acuto, con rilevanti differenze, però, tra le diverse aree geografiche, poiché il dato è più elevato di 10 punti percentuali nelle regioni meridionali rispetto alla media nazionale. Infine, esiste una rilevante richiesta di graduatorie pubbliche certificanti l’efficienza degli ospedali, gradite ai tre quarti della popolazione (79%), con poche posizioni critiche (16%).
DISCUSSIONE
I risultati della presente indagine demoscopica commissionata da ATBV e condotta da Demos & Pi permettono di formulare alcune importanti considerazioni su:
a) grado di fiducia e soddisfazione del SSN pubblico;
b) tipo di competizione/integrazione/interazione che il SSN deve avere con la sanità privata;
c) conoscenza della Cardiologia, espressa come percezione/paura verso le malattie cardiovascolari rispetto ad altri tipi di patologie, percezione delle recenti modifiche clinico-organizzative che hanno coinvolto le unità operative di cardiologia (es. la rete dell’emergenza, la rete Hub & Spoke per il trattamento dell’infarto acuto), la percezione dell’importanza della ricerca clinica e delle sue ricadute economiche.
Il sistema sanitario pubblico
Soddisfazione e fiducia sono due parole desuete nella società italiana contemporanea, dove i sentimenti dominanti sembrano essere rassegnazione, diffidenza e insoddisfazione. È, quindi, importante, prima di ogni possibile interpretazione, porre l’accento su un dato preliminare, cioè la maggioranza dei cittadini italiani è soddisfatta del SSN e ha fiducia nel personale medico e infermieristico che vi opera.
Il dato suddetto è sicuramente inatteso e di non univoca interpretazione, ma, al contempo, rende ragione di quanto sia stata opportuna la presente indagine, anche perché esso si colloca in controtendenza netta rispetto al grave e generale declino di fiducia degli italiani nelle istituzioni, sia nazionali che sovranazionali, regionali o comunali, con particolare accentuazione del fenomeno proprio negli ultimi anni caratterizzati da una severa crisi economica (Diamanti I., comunicazione personale, 8° Congresso Nazionale ATBV, atti multimediali, www.atbv.org/ slideppt/atticongressuali).
Occorre, inoltre, sottolineare che la condizione di cardiopatico amplifica invece di ridimensionare l’apprezzamento del SSN; dato, quest’ultimo, di sostanziale importanza, poiché se la fiducia può essere accordata su base anche solo teorica, magari condizionata dall’eventuale credo ideologico, di solito, l’esperienza diretta (che può far toccare con mano eventuali criticità logistico-organizzative) tende a ridurre il grado di soddisfazione.
Poiché l’importanza attribuita al modello sanitario pubblico emerge da tutti i dati esposti, come conseguenza del fatto che la tutela della salute è un compito che riguarda l’intera società italiana, si delinea perciò un continuum fra visione collettiva del bene “salute”, ruolo attuale del SSN e la richiesta di un suo adeguato sostegno finanziario, perché il SSN si fa carico di un bene ritenuto di valore collettivo. Tuttavia, questo concetto appare in controtendenza a ciò che è stato messo in pratica dagli ultimi Governi. Infatti, nell’undicesima edizione del Rapporto Osservasalute 20135 gli indicatori economici esaminati documentano che siamo entrati in un periodo di reale contrazione delle risorse impegnate nel SSN. In particolare, dal 2010 si è registrata una riduzione della spesa, con una tendenza che si è andata rafforzando nel 2012 (-1.8% rispetto al 2011). Altro segnale di riduzione della spesa pubblica arriva dall’aumento di spesa a carico delle famiglie per sostenere il pagamento della quota di compartecipazione e dei ticket per il consumo di farmaci (quest’ultima spesa più che raddoppiata in meno di 10 anni; dal 5.2% nel 2003 al 12.2% nel 2012). Altro parametro in severa contrazione è rappresentato dalla progressiva riduzione di personale nelle strutture pubbliche, come documenta il turnover degli organici sceso sotto al 78%. Difficile stabilire, conclude il Rapporto, se oggi ciò sia frutto di interventi finalizzati al recupero di efficienza, mediante riduzione degli sprechi, oppure se siano le allarmanti avvisaglie di ridimensionamento dell’intervento pubblico nel settore sanitario.
Sulla stessa linea è anche il rapporto OASI-Cergas 2014 dell’Università Bocconi6, che documenta una sostanziale tenuta finanziaria della sanità pubblica nel medio periodo, con un disavanzo notevolmente diminuito negli ultimi anni e pari, oggi, allo 0.9% dell’attuale spesa sanitaria. Tuttavia, lo stesso rapporto solleva serie preoccupazioni riguardo alla progressiva contrazione degli investimenti tecnologici e infrastrutturali che, pur avendo concorso al controllo della spesa, sono un’ipoteca sul futuro e un implicito debito sommerso, che diverrà evidente via via che emergerà l’obsolescenza delle strutture e delle tecnologie del SSN 6.
Rapporto tra sanità privata e Servizio Sanitario Nazionale
L’indagine documenta in modo chiaro che il cittadino medio considera la sanità pubblica “un bene in sé” e ritiene che essa non sia da porre in competizione con la sanità privata. La spiegazione di ciò risiede nella combinazione di due diversi fattori e cioè l’accessibilità universale al SSN e i costi, contenuti e competitivi rispetto alla sanità privata. Per il cittadino italiano, il vero tallone d’Achille del SSN rimane l’eccessiva lunghezza delle liste di attesa, la cui assenza rappresenta il principale punto di forza e motivo di attrazione della sanità privata.
Il rapporto OASI-Cergas 2014 rende ragione dei nostri dati, poiché anch’esso assegna alla sanità privata solo un ruolo integrativo e non competitivo o sostitutivo del SSN6. La riduzione della spesa pubblica, infatti, non è compensata da un aumento di quella a favore della sanità privata, che segue, invece, il ciclo economico e il reddito disponibile dei consumatori, pur a fronte di una variabilità regionale molto forte6. Infatti, la spesa media a livello nazionale per la sanità privata è di 463 euro pro capite, ma oscilla dai 707 euro del Trentino Alto Adige ai 239 euro della Campania, dimostrando che nelle regioni più ricche e con la migliore sanità pubblica si spende di più anche per quella privata, con il rischio concreto di “undertreatment” nelle regioni più povere, come già dimostra l’inadempienza di alcune di esse rispetto ai livelli essenziali di assistenza 6.
La salute e la Cardiologia
Sorprendentemente, il cittadino italiano medio non teme più l’infarto, né, in generale, le malattie cardiovascolari (la combinazione dell’infarto miocardico con l’ictus cerebrale assomma al 20% delle risposte). Il cittadino, oggi, ha molta più paura del cancro, di cui, ancora, attende una cura realmente efficace, e delle malattie neurologiche degenerative o psichiatriche, che sono le “nuove paure” emergenti. Il dato non è di facile interpretazione, ma si può ipotizzare che la “copertura mediatica” delle conquiste mediche in tema di cura dell’infarto unitamente alla prova tangibile di una sopravvivenza nettamente migliorata nel corso degli anni abbia condotto a ciò, pur in assenza di una controprova documentale rispetto al recente passato, poiché la nostra è la prima inchiesta condotta su un tema simile. Tuttavia, sebbene le malattie cardiovascolari rappresentino ancora la principale causa di morte nel mondo occidentale, il riscontro, in Italia, di un ridotto timore nei loro confronti è sostenuto dai dati del Rapporto Osservasalute 2013 5 che riporta una rilevante diminuzione della mortalità per cause cardiovascolari e un aumento della mortalità dovuta a disturbi psichici e comportamentali e malattie del sistema nervoso nella popolazione italiana. Dati simili sono emersi anche da un recente studio retrospettivo della Mayo Clinic, sulle cause di morte a lungo termine in un ampio database di pazienti coronaropatici sottoposti ad angioplastica coronarica e/o impianto di stent7. Nei tre lustri di tempo presi in considerazione (1991-1996, 1997-2002 e infine 2003-2008), gli autori hanno riscontrato un progressivo mutamento delle modalità di decesso dei pazienti, che è passato da cause di origine prevalentemente cardiaca (e coronarica, in particolare) a cause prevalentemente non cardiache nell’ultimo lustro. Un’altra importante chiave di lettura del ridotto timore delle malattie cardiovascolari potrebbe essere costituita anche dall’aumento dei “media” disponibili da cui trarre informazioni mediche e, quindi, il ruolo che essi giocano nella formazione dell’opinione pubblica. A tal proposito, l’indagine demoscopica ci restituisce dati molto interessanti, documentando che una quota rilevante di cittadini (25%) utilizza correntemente il web per formarsi un’opinione medica, con un tasso molto più elevato in caso di età <40 anni (43%) o in caso di titolo di studio di scuola superiore o universitario (50%). La televisione invece svolge un ruolo marginale, addirittura inferiore al “passaparola” tra amici e conoscenti. Questi dati hanno rilevanti implicazioni sociali e dovrebbero essere materia di riflessione per le società scientifiche mediche rispetto alla pianificazione di campagne di sensibilizzazione e/o informazione o di raccolta fondi per la ricerca.
Infine, questa indagine demoscopica ci ha permesso di documentare che i cittadini italiani dimostrano un’accettabile conoscenza dei problemi connessi con il mondo della salute; tuttavia questa conoscenza è a “macchia di leopardo”, ovvero, sufficientemente adeguata sui temi generali riguardanti gli aspetti etici e di organizzazione complessiva del sistema, ma piuttosto confusa sugli aspetti più squisitamente tecnico-organizzativi. Se può essere scontato e ininfluente che la cittadinanza ignori cosa sia uno stent coronarico, così come, in altre indagini ha dimostrato di ignorare cosa sia la fibrillazione atriale 8, dovrebbe fare riflettere il fatto che i cittadini dichiarino di conoscere il significato del numero 118, ma, contemporaneamente, vi ricorrano in modo largamente deficitario. D’altronde, sostanziali modifiche degli assetti logistico-terapeutici avvenute negli ultimi 10 anni, come la creazione delle “reti inter-ospedaliere” per il trattamento dell’infarto acuto, sono praticamente ignote ai cittadini. Ne consegue che proprio su tali temi logistico-organizzativi, la programmazione di adeguate campagne informative potrebbe tornare utile per superare, ad esempio, la diffidenza verso la chiusura dei piccoli ospedali, generata da sterili campanilismi, o per migliorare il ricorso a risorse disponibili, come il trasporto “protetto” garantito dal 118 in caso di emergenza medica.
Limiti dello studio
Rappresentando la prima esperienza condotta su vasta scala, nella popolazione italiana, la presente indagine non è confrontabile con esperienze precedenti. Anche a livello europeo non vi sono esperienze comparabili, fatta eccezione per un sondaggio condotto, nel 2009, in 5 paesi (Italia inclusa, 400 intervistati per paese) tra persone interessate a coperture assicurative nel settore della salute. Pur con l’importante “bias” di selezione evidenziato e l’esiguità del campione, il grado di soddisfazione rilevato nei confronti dei vari sistemi sanitari è stato, in generale, modesto nei diversi paesi (<50% degli intervistati) e molto basso soprattutto in Italia e in Germania (<10% in entrambi i paesi) 9. Infine, proprio perché le interpretazioni dei dati potrebbero modificarsi in base all’evoluzione nel tempo dei dati stessi, sarebbe utile che questa esperienza pilota potesse essere ripetuta, divenendo un osservatorio stabile di monitoraggio delle linee di tendenza rispetto alla conoscenza e percezione del mondo della sanità da parte della cittadinanza italiana.
Un altro limite del presente studio riguarda la definizione di sanità privata, adottata nella sua accezione più vasta e la cui interpretazione è stata lasciata agli intervistati, senza specificare loro se si trattasse di sanità privata a totale carico economico dell’utente o di sanità privata accreditata o “non-profit”. Tuttavia, tale scelta è stata perseguita volutamente perché l’introduzione di distinzioni tecniche eccessivamente complicate per l’intervistato avrebbe reso troppo lunghi e quindi improponibili i tempi dell’intervista. D’altro canto, anche nell’indagine OASI-Cergas 2014 dell’Università Bocconi, le analisi riguardanti la sanità privata sono riportate senza praticare distinzioni di tipologia. Indagini più specificamente mirate a valutare il problema in dettaglio potrebbero essere utilmente condotte in un prossimo futuro.
Conclusione
La nostra indagine documenta che il cittadino italiano è discretamente informato sui principali temi riguardanti la salute; apprezza il SSN ritenendolo un elemento altamente qualificante per il proprio Paese e, come tale, da preservare, mantenendolo slegato dalla competizione con la sanità privata. Unico neo, tuttavia, il decremento di consenso da Nord a Sud, in accordo con le difficoltà che il cittadino spesso si trova ad affrontare in tema di organizzazione e qualità dei servizi della sanità pubblica in questa parte del Paese. Infine, la conoscenza della Cardiologia e dei suoi aspetti tecnici presenta, invece, luci e ombre, ma è in netta evoluzione verso una sempre maggiore presa di coscienza (soprattutto attraverso l’uso dei nuovi media) da parte dei cittadini, come testimoniato anche dal ridotto timore dimostrato verso la patologia cardiologica per eccellenza, cioè l’infarto acuto. Alla luce di ciò, sarebbe auspicabile che da parte di tutti, professionisti medici, amministratori, politici e “stakeholders” (i cittadini) fosse condotta una riflessione approfondita sui risultati illustrati, i quali, ora e in futuro, possono fornire la base adeguata per un dialogo tra le figure sopra indicate, dialogo di cui non si potrà non tener conto nel momento in cui si dovranno disegnare le linee di indirizzo tese a definire le strategie di politica sanitaria della società italiana del futuro. E il momento di queste scelte è dietro l’angolo.
RIASSUNTO
Razionale. Scopo del presente studio è stato quello di raccogliere informazioni per comprendere come i cittadini percepiscano il sistema salute e quale sia il grado di fiducia che essi ripongono nel Servizio Sanitario Nazionale (SSN), con particolare riferimento alla Cardiologia.
Materiali e metodi. L’indagine demoscopica è stata realizzata con Demos & Pi e condotta mediante 33 domande sottoposte ad un campione di 2311 intervistati, rappresentativi dell’intera realtà nazionale e stratificati in base alla presenza o meno di cardiopatia.
Risultati. I cittadini italiani esprimono un elevato grado di soddisfazione nei confronti del SSN (65% di gradimento medio) e delle figure professionali che vi operano. Il SSN è da essi considerato un patrimonio irrinunciabile per garantire equità di accesso e costi di gestione competitivi, anche rispetto alla sanità privata e auspicano che il SSN venga finanziato e sostenuto in modo adeguato. La principale debolezza del SSN risiede nei tempi di attesa, eccessivamente lunghi rispetto alla sanità privata. I risultati sono simili o addirittura migliori nel sottogruppo di intervistati cardiopatici.
Conclusioni. In base ai risultati della nostra indagine, il mondo della sanità suscita un sentimento diffuso di attaccamento ai valori espressi dalla sanità pubblica. Di questo convincimento, che riguarda tutto il Paese, nonostante la presenza di un gradiente regionale “Nord-Sud”, si dovrebbe tenere conto nel prossimo futuro quando si dovranno disegnare le linee di indirizzo e definire le strategie di politica sanitaria della società italiana.
Parole chiave. Indagine demoscopica; Malattie cardiovascolari; Servizio Sanitario Nazionale.
APPENDICE
Metodologia di conduzione delle rilevazioni telefoniche (metodo CATI e CAWI)
Il termine CATI (computer assisted telephone interviewing) indica una modalità di rilevazione diretta di unità statistiche realizzata attraverso interviste telefoniche, dove l’intervistatore legge le domande all’intervistato e registra le risposte su un computer, tramite un apposito software.
Produrre interviste avvalendosi di questo sistema permette una documentazione precisa dei dati elementari ed esclude ogni possibile errore sistematico durante il rilevamento dei dati, in quanto il questionario statistico è contenuto nel computer per cui le domande vengono poste esattamente come compaiono sul video e le risposte sono registrate direttamente su un dispositivo di memorizzazione. Il software utilizzato inoltre procede ad alcuni controlli di qualità sui dati automaticamente all’immissione degli stessi, cosicché i tempi dell’indagine sono notevolmente accorciati. Oltre a questi numerosi vantaggi pratici, la tecnica CATI presenta però anche varie difficoltà, soprattutto se realizzata in paesi dove la copertura telefonica non è sufficientemente diffusa. In termini statistici, l’errore dovuto a questa mancanza, viene denominato errore di copertura.
Per la demoscopica, la popolazione di riferimento è stata quella residente in Italia di età >15 anni, in possesso di telefonia fissa. L’estensione del sondaggio ha riguardato l’intero territorio nazionale. È stato selezionato un campione proporzionale (non probabilistico) della popolazione di riferimento per genere, classe di età e provincia di residenza, tenendo conto della suddivisione fra comune capoluogo e non capoluogo. Il campione nazionale intervistato telefonicamente è stato tratto dall’elenco abbonati alla telefonia fissa (n=1605, rifiuti/sostituzioni: 8075) ed è rappresentativo della popolazione italiana con età >15 anni per i caratteri socio-demografici e la zona geopolitica di residenza.
Il termine CAWI sta per computer assisted web interviewing. Le indagini e i sondaggi CAWI appaiono con la diffusione del web. Oggi che la penetrazione del web è vicina all’80%, le indagini ed i sondaggi CAWI sono diventati una metodologia di rilevazione utilizzata anche per indagini su popolazioni generiche quali la popolazione italiana o i clienti di un’azienda. Il software si occupa dell’invio delle email e di classificare come “Ha risposto” l’unità dopo che ha completato il questionario e il rispondente, invitato via email, clicca su un link e compila il questionario. Il campione intervistato via web, nella presente indagine demoscopica, è stato tratto da un panel nazionale (n=1020).
bibliografia
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