Nuovi anticoagulanti orali:
considerazioni di farmacologia clinica

Nicola Ferri1,2, Alberto Corsini1,2
1Dipartimento di Scienze Farmacologiche e Biomolecolari, Università degli Studi, Milano
2Multimedica, IRCCS, Milano
Oral anticoagulant therapy is widely used to prevent and treat thromboembolic events. Traditionally, warfarin has been the drug of choice providing a significant reduction in stroke risk in patients with atrial fibrillation. However, warfarin has several drawbacks, such as a delayed onset of anticoagulant action, a narrow therapeutic index, an unpredictable and variable response. The new oral anticoagulants (NOACs), dabigatran (a reversible direct thrombin inhibitor) and the direct factor Xa inhibitors rivaroxaban, apixaban and edoxaban offer fixed dosing, more predictable pharmacokinetics and fewer interactions with drugs and food. Moreover, these drugs seem to provide an improved benefit-risk ratio with respect to thromboembolic events and bleeding complications in a broad patient population. However, significant differences between the four NOACs in terms of pharmacokinetic and safety profile are observed and must be considered to personalize the therapy based on the pathophysiological conditions of the patient. In the present review the pharmacological characteristics of NOACs in relationship to their safety and efficacy profiles will be discussed.
Key words. Apixaban; Coagulation; Dabigatran; Edoxaban; New oral anticoagulants; Rivaroxaban; Warfarin.


INTRODUZIONE
Gli anticoagulanti orali sono utilizzati per il trattamento della prevenzione del tromboembolismo arterioso e venoso a lungo termine. Fino a pochi anni fa, gli antagonisti della vitamina K, quali il warfarin, erano gli unici anticoagulanti orali disponibili in clinica1. Tuttavia, la terapia con warfarin è associata a numerose limitazioni: a) ritardata insorgenza d’azione, b) ristretta finestra terapeutica, c) numerose interazioni farmacologiche con altri farmaci o alimenti, d) risposta variabile e non prevedibile, e) influenza del polimorfismo genetico di CYP2C9 e VKORC1, f) attività e necessità del frequente monitoraggio della coagulazione. Questi problemi hanno portato allo sviluppo di nuovi anticoagulanti orali (NAO)2-6.
FARMACOLOGIA CLINICA DEI NUOVI ANTICOAGULANTI ORALI
Proprietà fisico-chimiche
La struttura chimica dei NAO attualmente approvati a livello internazionale è illustrata in Figura 1. Dabigatran beta-alanina N-[[2-[[[4-(amminoiminometil)fenil]ammino]metil]-1-metil-1H-benzimidazol-5-il]carbonil]-N-2-piridinil), data l’elevata idrofilia, è somministrato come profarmaco in forma etexilata, a diversità degli altri NAO, rivaroxaban (5-cloro-N-(((5S)-2-osso-3-(4-(3-ossomorfolin-4-il)fenyil)-1,3-ossazolidin-5-il)metil)tiofene-2-carbossamide), apixaban (1-(4-metossifenil)-7-osso-6-(4-(2-ossopiperidin-1-il)fenil)-4,5,6,7-tetraidro-1H-pirazolo[3,4-c]piridine-3-carbossamide) ed edoxaban (N’-(5-cloropiridin-2-il)-N-[(1S,2R,4S)-4-(dimetilcarbamoil)-2-[(5-metil-6,7-diidro-4H-[1,3]tiazolo[5,4-c]piridina-2-carbonil)ammino]cicloesil]ossamide), che sono somministrati come farmaci attivi. Per via orale, dabigatran etexilato è rapidamente e completamente metabolizzato, via due intermedi, a dabigatran per opera di carbossil­esterasi epatiche ed intestinali ed esterasi plasmatiche presenti nel sangue portale.
Meccanismo d’azione
Il meccanismo d’azione di warfarin prevede l’effetto antagonista della modificazione post-traduzionale, vitamina K-dipendente, dei fattori II, VII, IX e X nel fegato (Figura 1, Tabella 1). Diversamente, i NAO inibiscono direttamente l’attività biologica del fattore Xa (fXa) o della trombina, ovvero proteasi chiave nella cascata coagulativa. In particolare, apixaban, rivaroxaban ed edoxaban inibiscono in modo reversibile il fXa mentre dabigatran inibisce la trombina sempre in modo reversibile e selettivo 7 (Figure 1 e 2). L’inibizione del fXa ad opera di apixaban risulta essere la più potente tra gli inibitori del fXa. Apixaban inibisce il fXa con una affinità di legame (Ki) di 0.08 nM in maniera molto selettiva, con costanti di inibizione di circa 10 000 volte superiori per trombina, kallicreina plasmatica e chimotripsina (Ki ~3 µM)8. Rivaroxaban inibisce il fXa in maniera concentrazione-dipendente (Ki di 0.4 nM)9,10. In maniera simile a rivaroxaban ed apixaban, edoxaban lega il sito catalitico del fXa e presenta un Ki di 0.56 nM. Apixaban, rivaroxaban ed edoxaban sembrano inibire non solo il fXa libero ma anche quello presente nel coagulo.
Considerando che il fXa è il punto di convergenza tra la via estrinseca ed intrinseca della coagulazione (Figura 2), rivaroxaban, apixaban ed edoxaban sono in grado di inibire la formazione di trombina da entrambe le vie, portando ad una completa ed efficace azione anticoagulante11. Diversamente da questi, dabigatran agisce ad un livello più basso della cascata coagulativa, ovvero inibendo l’attività della trombina con una Ki di 4.5 nM.
Da queste considerazioni, risulta evidente come i NAO abbiano delle caratteristiche intrinseche profondamente distinte, non solo dai classici inibitori della vitamina K, ma anche tra di loro. Quindi, al fine di poter utilizzare al meglio questi nuovi agenti farmacologici è importante conoscerne e comprenderne le proprietà farmacologiche.






FARMACOCINETICA DEI NUOVI ANTICOAGULANTI ORALI
Assorbimento
La farmacocinetica dei NAO è riassunta in Tabella 2. Dabigatran si differenzia dagli altri NAO per la bassa biodisponibilità (6.5%) che comporta un’importante variabilità nella quota assorbita12. Al fine di ottenere un assorbimento orale, dabigatran è somministrato come profarmaco (dabigatran etexilato), che una volta raggiunto il circolo sistemico, viene idrolizzato da esterasi epatiche e sieriche ed attivato a dabigatran. Il suo assorbimento aumenta in ambiente acido e per questo motivo il farmaco è formulato in presenza di acido tartarico. Studi a dosi crescenti di dabigatran dimostrano che la bassa biodisponibilità orale non è causata da un processo di primo-passaggio saturabile, considerato che le concentrazioni plasmatiche aumentano in maniera lineare secondo una cinetica di primo ordine, dose-indipendente 13,14.
Le capsule sono ideate per il suo rilascio nello stomaco e la molecola è assorbita nell’intestino tenue distale. Il farmaco non assorbito attraversa il tratto gastrointestinale dove viene per lo più convertito a dabigatran ed eliminato con le feci. Come atteso, la co-somministrazione con antagonisti H2 e inibitori di pompa protonica, che determinano un aumento del pH intestinale, porta ad una minor solubilizzazione di dabigatran e ad una diminuzione del suo assorbimento, rispettivamente del 12% e 30%, senza tuttavia modificarne l’efficacia clinica 15. La somministrazione con il cibo ritarda significativamente il tempo di assorbimento del farmaco, senza tuttavia influenzare in modo rilevante la sua biodisponibilità. Si raccomanda quindi che il farmaco venga preso sempre in presenza o in assenza di cibo (Figura 3)12.
Rivaroxaban è assorbito principalmente a livello dell’intestino tenue prossimale, con una biodisponibilità che risulta dose-dipendente. Come mostrato in Figura 3, la biodisponibilità non è lineare con la dose somministrata. Alla dose di 10 mg, la biodisponibilità stimata è dell’80-100%, rispetto al 66% della dose di 20 mg (Tabella 2), quando somministrato a digiuno16. La presenza di cibo, probabilmente aumentandone la sua solubilizzazione e dissoluzione, aumenta in modo significativo la biodisponibilità di rivaroxaban 20 mg, riducendo anche la variabilità interindividuale delle sue concentrazioni plasmatiche16. È importante, come evidenziato in Figura 3, ricordare che l’assunzione di cibo implica un pasto di almeno 1300 Cal con un 30-40% di contenuto di grassi. Per questo motivo è fondamentale assumere rivaroxaban dopo i pasti (Figura 3).
Apixaban è assorbito prevalentemente nel tratto distale dell’intestino tenue e nel colon ascendente, raggiunge il picco massimo di concentrazione (Cmax) dopo 2-3h dall’assunzione per via orale. La sua biodisponibilità è di circa il 50% ed approssimativamente il 35% della quota non assorbita viene eliminata con le feci (Tabella 2). Diversamente da rivaroxaban, l’assorbimento intestinale di apixaban non risente della presenza di cibo (Figura 3)17,18. Analoghe considerazioni possono essere fatte per quanto riguarda l’assorbimento di edoxaban, che raggiunge la Cmax dopo 2h e che non è influenzato dalla presenza di cibo (Figura 3)12,19.
È importante osservare che tutti i NAO sono riconosciuti dai trasportatori proteici20, proteine che svolgono un ruolo nel modulare sia la disposizione dei farmaci dall’assorbimento alla loro eliminazione (Tabella 2, Figura 4)14 sia nell’interazione con altre classi di farmaci21.






Le interazioni più critiche che interessano tutti i NAO si verificano anche a livello dell’assorbimento intestinale e sono da attribuirsi a potenti inibitori della P-glicoproteina (P-gp) quali antifungini, macrolidi, antiretrovirali inibitori delle proteasi. Tra i farmaci cardiovascolari vanno annoverati verapamil e amiodarone. Induttori farmacometabolici della P-gp, quali rifampicina ed ipperico, non vanno somministrati in associazione ai NAO14.
A tale proposito, si è osservato che i livelli di tutti i NAO aumentano in caso di co-somministrazione con potenti inibitori della P-gp a livello intestinale, quali il fluconazolo e il ketoconazolo. Lo stesso amiodarone, inibitore della P-gp, determina un aumento rispettivamente del 60% e 40% dell’esposizione sistemica di dabigatran ed edoxaban22,23. Non sono disponibili dati sulla variazione delle concentrazioni plasmatiche di apixaban e rivaroxaban in presenza di amiodarone; tuttavia è importante ricordare che l’analisi dei sottogruppi degli studi ARISTOTLE e ROCKET AF, condotti rispettivamente con apixaban e rivaroxaban, evidenziano l’assenza di effetti di amiodarone sull’efficacia e sicurezza di apixaban mentre amiodarone riduce l’efficacia di rivaroxaban e ne aumenta il rischio di sanguinamento per gli endpoint relativi al sanguinamento maggiore e al sanguinamento maggiore o non clinicamente rilevante 24. La rilevanza dell’interazione a carico dei trasportatori, a livello dell’assorbimento, è ben evidenziato dagli aumentati livelli plasmatici di dabigatran, quando verapamil è somministrato 1h prima di dabigatran o in co-somministrazione22. Non si osserva, invece, un’interazione significativa quando verapamil è somministrato 2h dopo l’assunzione di dabigatran (aumento della Cmax di circa il 10% e aumento dell’area sotto la curva di circa il 20%)22. Ciò è spiegato dall’assorbimento completo di dabigatran dopo 2h con inibitori della P-gp.
Per quanto riguarda edoxaban, la co-somministrazione con amiodarone determina un aumento del 40% delle concentrazioni plasmatiche dell’anticoagulante. A questo riguardo è interessante notare che l’analisi di un sottogruppo dello studio ENGAGE AF-TIMI 48, dimostra che, in pazienti che al reclutamento assumevano amiodarone, il regime terapeutico con basse dosi di edoxaban riduce significativamente gli eventi ischemici rispetto a pazienti non in trattamento con amiodarone25. Al contrario, a dosi più elevate di edoxaban, amiodarone non ha portato ad un effetto significativo di efficacia e sicurezza25. Insieme al dato clinico sono riportati i livelli plasmatici dell’associazione amiodarone-edoxaban che documentano per entrambi i dosaggi un aumento di circa il 30% delle concentrazioni plasmatiche25. Come discusso dagli autori, un aumento delle concentrazioni plasmatiche causato da amiodarone nei pazienti a basse dosi si verifica al punto di flesso della curva concentrazione plasmatica–efficacia, che determina una significativa riduzione degli eventi ischemici25. Al contrario, l’aumento delle concentrazioni di edoxaban, nei pazienti che ricevono amiodarone, si verifica nella parte piatta della curva dose–efficacia, impedendo di osservare ulteriori riduzioni degli eventi ischemici25. I livelli plasmatici di tutti i NAO diminuiscono in presenza di induttori della P-gp, quale la rifampicina, con la quale si consiglia di evitare la co-somministrazione (Tabella 3)20.



Distribuzione
Come mostrato in Tabella 2, i NAO sono caratterizzati sia da diversi volumi di distribuzione sia da un diverso legame alle proteine plasmatiche. Il volume di distribuzione di apixaban risulta piccolo, suggerendo una distribuzione principalmente nel circolo sistemico, con una localizzazione extravascolare limitata. Al contrario, dabigatran è caratterizzato da un’alta idrofilia, uno scarso legame alle proteine plasmatiche ed una clearance essenzialmente renale, caratteristiche che rendono questo farmaco l’unico NAO emodializzabile. A questo proposito, va comunque sottolineato che la dialisi risulta efficace se fatta nelle primissime ore dalla somministrazione, altrimenti il volume di distribuzione del farmaco (60 litri), a distribuzione completata, impedisce la rimozione dialitica che risulta di circa 12 litri.
Eliminazione
Un’importante caratteristica farmacocinetica che distingue i NAO è la via di eliminazione che risulta essenzialmente renale per dabigatran, mentre è sia epatica sia renale per rivaroxaban, apixaban ed edoxaban (Tabella 2). Questo comporta delle variazioni posologiche e di scelta del NAO sulla base delle caratteristiche fisiopatologiche e demografiche del paziente14.
Per esempio, dabigatran è controindicato in pazienti con una clearance di creatinina <30 ml/min, rivaroxaban e apixaban possono essere utilizzati con cautela, sempre riducendone la dose e monitorando la funzionalità renale del paziente. In pazienti con una moderata insufficienza renale (clearance creatinina tra 30 e 50 ml/min), dabigatran e rivaroxaban possono essere utilizzati a dosi ridotte, mentre apixaban, eliminato in misura minore per via renale, può essere utilizzato a dosi normali, almeno in pazienti con età ≤80 anni e del peso corporeo >60 kg (Tabella 4) 14.
Tutti i NAO sono, invece, controindicati in pazienti con grave insufficienza epatica, mentre si consiglia una riduzione di dosaggio per apixaban, rivaroxaban ed edoxaban in caso di co-somministrazione con potenti inibitori del CYP3A4 (Tabella 4), diversamente da dabigatran che non è metabolizzato dai citocromi.



Tra le caratteristiche dei NAO, merita una considerazione l’emivita di eliminazione di circa 12h14 (Tabella 2), caratteristica che suggerisce una posologia con la duplice somministrazione giornaliera. Il rapporto tra la concentrazione massima e minima allo stato stazionario nella monosomministrazione giornaliera è di 4.5 per dabigatran26, di 10 per rivaroxaban27, di 10 per apixaban18 e di 10-30 per edoxaban28. Più alto è il rapporto e maggiore è la fluttuazione dei livelli plasmatici nelle 24h. Le conseguenze cliniche di queste fluttuazioni possono ovviamente portare a sanguinamenti nel caso del picco o ad eventi tromboembolici al minimo delle concentrazioni. Risulta quindi plausibile cercare di ridurre al minimo tali variazioni optando per la somministrazione bid e a forme a rilascio prolungato/controllato. Questa opzione è anche giustificata dal fatto che una somministrazione bid dovrebbe beneficiare di un mantenimento più costante della concentrazione plasmatica dei NAO, quindi della loro azione, anche in caso di un’esposizione variabile del farmaco a causa di un’aderenza al trattamento non ottimale 29. Tuttavia, per rivaroxaban si è preferito optare per la monosomministrazione, modalità che comporta un profilo farmacocinetico con concentrazioni al picco (Cmax) molto elevate rispetto a dabigatran ed apixaban (Figure 5 e 6)14,30. Gli elevati livelli della Cmax con rivaroxaban, unitamente ad una cinetica che risulta non lineare a dosaggi >10 mg, che necessita assunzione con cibo, comporta una significativa variabilità delle concentrazioni al picco (Figura 6)30. A questo riguardo, è stato condotto uno studio cross-over che ha confrontato negli stessi pazienti il profilo farmacocinetico e farmacodinamico di apixaban 2.5 mg bid e rivaroxaban 10 mg/die30. Come mostrato in Figura 6, si può osservare una variabilità del valore medio di Cmax del 46% e 23% rispettivamente con rivaroxaban ed apixaban30. Questa estrema variabilità di rivaroxaban potrebbe associarsi all’aumentato rischio di sanguinamento gastrointestinale, rispetto a warfarin, osservato nello studio clinico ROCKET AF.






Per quanto riguarda edoxaban, caratterizzato da un profilo cinetico lineare e da un’emivita di 12h, si è osservato un maggior sanguinamento con la duplice somministrazione giornaliera rispetto alla monosomministrazione8,31. È interessante osservare che l’aumentato sanguinamento correla con le più alte concentrazioni minime che si riscontrano con la posologia bid. Tuttavia, questo effetto è riportato esclusivamente con edoxaban: nel confronto della duplice somministrazione giornaliera vs la monosomministrazione di rivaroxaban e apixaban non sono state rilevate differenze nella frequenza di sanguinamenti16,18,21,32,33.
FARMACODINAMICA DEI NUOVI ANTICOAGULANTI ORALI: CONSIDERAZIONI DI EFFICACIA E SICUREZZA
Da un punto di vista farmacodinamico, come riportato in Figura 7, i NAO hanno un effetto diretto che risulta massimale a distanza di 2-3h dalla loro somministrazione in accordo con il tempo alla concentrazione di picco (Tmax) (Tabella 2) e con la diretta correlazione tra concentrazioni plasmatiche ed effetto anticoagulante14,34. Queste caratteristiche li distinguono da warfarin, che attraverso l’inibizione dell’attivazione di diversi fattori della coagulazione, richiede 3-5 giorni per manifestare la sua azione anticoagulante (Figura 7). Questa differenza comporta che l’inizio del trattamento con NAO non richieda un periodo di pre-trattamento con eparina (“bridging”)34.
Analogo ragionamento per quanto riguarda la reversibilità dell’effetto, che risulta molto più rapido per i NAO, sia per la breve emivita sia per la reversibilità del loro meccanismo d’azione, rispetto a warfarin (Figura 7)34.
Infine, è importante ricordare che tutti i NAO, in pazienti con fibrillazione atriale non valvolare, sono stati confrontati in studi “testa a testa” con warfarin per valutare sia gli effetti su ictus ed embolia ischemica, sia sui parametri di sicurezza34-38. Sebbene simili in alcuni aspetti, gli studi clinici condotti con i NAO comunque differiscono in base al disegno e alla popolazione studiata, quindi non direttamente confrontabili. Tuttavia, si possono raggiungere importanti conclusioni sulla loro efficacia e sicurezza. Come mostrato in Figura 8, quando confrontati a warfarin, tutti i NAO evidenziano un profilo di sicurezza ed efficacia favorevole38,39. Tuttavia la superiorità statistica non è stata dimostrata da tutti i NAO e per tutti gli endpoint di efficacia e sicurezza38,39.
L’analisi dettagliata dei sanguinamenti osservati nei diversi distretti evidenzia differenze importanti sia tra i diversi NAO sia rispetto a warfarin (Tabella 5)40. Dabigatran 150 mg bid (ma non 110 mg bid) ha avuto un’incidenza simile a warfarin nei casi di sanguinamenti maggiori (RE-LY). Nello studio ROCKET AF si è osservata una incidenza di sanguinamenti maggiori confrontabile tra rivaroxaban e warfarin37. Il rischio di sanguinamento è risultato, invece, essere significativamente inferiore sia per apixaban (ARISTOTLE) sia per edoxaban (ENGAGE) rispetto a warfarin38. È importante evidenziare che tutti i NAO hanno dimostrato una superiorità rispetto a warfarin nelle emorragie intracraniche (Tabella 5). Per quanto riguarda i sanguinamenti gastrointestinali, si sono osservate delle differenze tra i vari NAO rispetto a warfarin. Come mostrato in Tabella 6, la somministrazione di dabigatran 150 mg bid è associata ad una più alta e significativa incidenza di sanguinamenti gastrointestinali rispetto a warfarin. In particolare, i sanguinamenti nei pazienti trattati con dabigatran erano per lo più riferiti alla parte bassa dell’intestino tenue (53%) rispetto a quelli osservati con warfarin (25%), in accordo con l’attivazione di dabigatran da profarmaco a farmaco che si verifica durante il tragitto gastrointestinale 38.









Rivaroxaban causa un aumento dei sanguinamenti gastrointestinali significativamente superiore a warfarin, probabilmente da attribuirsi alla posologia che prevede la monosomministrazione con concentrazioni al picco molto elevate e caratterizzate da un’estrema variabilità (Tabella 6). In accordo con la sua sede di assorbimento, i sanguinamenti si verificano principalmente nella parte prossimale dell’intestino tenue. Al contrario di dabigatran e rivaroxaban, apixaban non è significativamente diverso nel rischio di sanguinamenti gastrointestinali rispetto a warfarin sia in termini di incidenza sia di sede di sanguinamenti 38.
Per quanto riguarda edoxaban, i risultati dello studio ENGAGE AF-TIMI 48 mostrano che il rischio di sanguinamenti gastrointestinali è significativamente superiore alle alte dosi (60 mg/die) e inferiori alle basse (30 mg/die)25. In accordo con il suo profilo cinetico, non si osservano differenze rispetto a warfarin nelle sedi di sanguinamento gastrointestinale.
Recentemente i NAO sono stati autorizzati anche nel trattamento e nella prevenzione del tromboembolismo venoso – trombosi venosa profonda (TVP) ed embolia polmonare (EP). Nel trattamento di TVP ed EP, tutti i NAO approvati per queste indicazioni sono stati confrontati con la terapia convenzionale enoxaparina/warfarin39,41-44 mentre, in accordo con le autorità regolatorie, nella prevenzione di TVP ed EP, tutti i NAO sono stati confrontati vs placebo. Dabigatran è stato confrontato anche con warfarin. La valutazione dell’efficacia indica che, nel trattamento in acuto di TVP ed EP, tutti i NAO sono sovrapponibili alla terapia convenzionale nel ridurre le recidive e la morte correlata. In prevenzione, come peraltro atteso, i NAO risultano superiori al placebo nel prevenire le recidive e la mortalità correlata (Tabella 7).
Quindi, possiamo concludere che per efficacia, i NAO sembrano fornire un dato omogeneo rispetto al controllo. Invece, la valutazione dei dati di sicurezza ci forniscono riscontri non propriamente omogenei che, con tutta probabilità, rispecchiano maggiormente le differenze farmacologiche delle singole molecole e le differenti scelte delle modalità di somministrazione. La sintesi dei relativi studi è riportata nella Tabella 7.
I dati relativi a tutte le indicazioni dei NAO per il trattamento della fibrillazione atriale non valvolare e per il trattamento e la prevenzione del tromboembolismo venoso sembrano indicare un miglior profilo di sicurezza di apixaban rispetto a rivaroxaban e a dabigatran.
Nella pratica clinica, i risultati di una recente analisi della Food and Drug Administration riportano e confermano un rischio maggiore di sanguinamenti gastrointestinali per rivaroxaban e dabigatran, in accordo con gli studi clinici (Tabella 8)45,46. Gli autori di questo studio di farmacovigilanza concludono che apixaban, tra i NAO, risulta il farmaco che, a parità di efficacia, è caratterizzato da un miglior profilo di sicurezza in termini sia di sanguinamenti maggiori sia di sanguinamenti gastrointestinali46. È importante osservare come i dati di farmacovigilanza confermino quelli riportati negli studi registrativi35-37.



ADERENZA AL TRATTAMENTO: STUDI DI POST-MARKETING
Un’altra indagine post-marketing riguarda l’aderenza al trattamento della terapia con i NAO rispetto a warfarin. Come mostrato in Figura 9, dal confronto emerge come apixaban risulti il farmaco con migliore aderenza al trattamento47. Warfarin, per le note ragioni, dabigatran per la sua formulazione in capsula, che comporta dispepsie tipiche di questa forma farmaceutica34, potrebbero spiegare la minore aderenza al trattamento.
Va comunque sottolineato che la somministrazione bid o monogiornaliera dei NAO rimane ancora in discussione a causa della possibile ridotta aderenza alla terapia per il regime bid. In una revisione di 76 studi, la compliance con la monosomministrazione e con la duplice somministrazione giornaliera era rispettivamente del 79 ± 14% e 69 ± 15%, quindi non significativamente differenti48.



SVILUPPO DI NUOVI ANTIDOTI PER BLOCCARE L’AZIONE DEI NUOVI ANTICOAGULANTI ORALI
Per quanto concerne la possibilità di utilizzare antidoti per l’azione anticoagulante dei NAO va sottolineato che la vitamina K, utilizzata in associazione ai fattori della coagulazione attivati per contrastare l’azione di warfarin, non è efficace. L’emodialisi rappresenta un possibile approccio non farmacologico per ridurre le concentrazioni plasmatiche dei NAO caratterizzati da un’eliminazione renale e da un ridotto legame proteico come dabigatran (Tabella 2). Per quanto riguarda edoxaban, caratterizzato da un basso legame alle proteine ed un’eliminazione in parte renale, potrebbe essere dializzabile, anche se l’elevato volume di distribuzione ne rappresenta un limite (Tabella 2). Rivaroxaban e apixaban, pur avendo un limitato volume di distribuzione, hanno un alto legame con le proteine plasmatiche ed una clearance che prevede un’importante eliminazione epatica, rendendoli difficilmente dializzabili. Altro possibile approccio di tipo tradizionale prevede, solo dopo pochi minuti dall’assunzione del farmaco, l’utilizzo di carbone attivo per limitare l’assorbimento di tutti i NAO.
Al fine di ovviare a questa problematica, sono in via di sviluppo antidoti più selettivi per i diversi NAO49. Tra questi il fXa ricombinante privo di attività catalitica (andexanet alfa), in grado di agire come “decoy” e di sequestrare gli inibitori del fXa, quali rivaroxaban, apixaban ed edoxaban50. I dati di studi di fase 2 indicano che sono richieste dosi diverse di andexanet alfa per bloccare l’attività di apixaban e rivaroxaban, rispettivamente 400 mg per il primo ed 800 mg per il secondo50. Recentemente sono stati presentati i risultati della seconda parte dello studio ANNEXA-A di fase 351. Andexanet alfa ha raggiunto gli obiettivi primari e secondari, mostrando un rapido annullamento degli effetti anticoagulanti di apixaban, misurati in base all’attività del fXa. La somministrazione di andexanet alfa ha previsto un bolo iniziale seguito da infusione continua per 120 min. I risultati mostrano che l’effetto di andexanet alfa perdura durante tutto il periodo dell’infusione, consentendo il rapido inizio della terapia anticoagulante subito dopo l’interruzione della sua somministrazione 51.
Per dabigatran è già stato approvato dalla Food and Drug Administration (FDA) ed è in corso di approvazione in Europa un frammento Fab di un anticorpo monoclonale (idarucizumab) in grado di interagire direttamente con il farmaco inibendone la sua azione anticoagulante52. L’interazione dabigatran e idarucizumab è circa 350 volte superiore rispetto all’interazione con la trombina53. La somministrazione per infusione di 5 g di idarucizumab, in pazienti in trattamento con dabigatran con sanguinamenti maggiori o che necessitavano di un intervento d’urgenza, ha dimostrato di bloccare efficacemente l’effetto anticoagulante di dabigatran in pochi minuti52. Sebbene questo approccio sembra essere molto valido, il breve tempo di emivita di idarucizumab (45 min) ha sollevato la possibilità che possa riapparire l’effetto anticoagulante quando dabigatran è ridistribuito dal compartimento extravascolare nello spazio intravasale. Tuttavia, è stato osservato che dopo minuti dalla somministrazione di idarucizumab la concentrazione intravasale totale di dabigatran aumenta rapidamente (questo comprende sia quello legato alle proteine, sia quello legato a idarucizumab sia quello libero) 50. Quindi, tutto il dabigatran presente nel circolo sistemico viene neutralizzato da idarucizumab, mantenendo un alto gradiente di diffusione fino a quando tutto il dabigatran viene inattivato. Il complesso idarucizumab-dabigatran viene poi eliminato per via renale. Mediante questo meccanismo la somministrazione di idarucizumab determina una rapida eliminazione di dabigatran, bloccandone l’azione anticoagulante50.
Infine, è importante ricordare che la breve emivita dei NAO (12h) rispetto a warfarin (40h) correlata con l’effetto farmacodinamico è probabilmente il miglior antidoto di tutti i NAO (Figura 7).
CONCENTRAZIONI PLASMATICHE ED EFFETTO CLINICO DEI NUOVI ANTICOAGULANTI ORALI
La correlazione tra farmacocinetica e farmacodinamica dei NAO non prevede il monitoraggio dell’effetto anticoagulante come per gli antagonisti della vitamina K. Tuttavia la possibilità di misurare la loro efficacia potrebbe essere utile in particolari condizioni cliniche sia per la valutazione dell’aderenza al trattamento sia per l’identificazione di pazienti a rischio di una risposta inattesa al trattamento (rischio di sanguinamento o di complicanze trombotiche)14. La sensibilità e la precisione dei diversi reattivi e degli strumenti utilizzati per questi saggi della coagulazione devono essere ancora determinate e ben standardizzate. Inoltre, la validazione di questi saggi per la misurazione della risposta anticoagulante ai NAO è richiesta nella normale pratica clinica. Per di più, è evidente che la variabilità nell’esposizione sistemica ai NAO ha certamente un effetto importante nell’attività anticoagulante considerando una relazione diretta tra farmacocinetica e farmacodinamica e l’associazione con l’outcome clinico. Quindi, la determinazione della concentrazione plasmatica dei NAO rappresenta probabilmente il modo più affidabile per determinare la risposta anticoagulante e il rischio di sanguinamento. È importante ricordare che di solito esiste una correlazione tra le concentrazioni plasmatiche dei NAO e il loro effetto anticoagulante concentrazione-dipendente 14.
La rilevanza clinica della determinazione delle concentrazioni plasmatiche di dabigatran è stata dimostrata negli oltre 9000 pazienti dello studio RE-LY, nel quale le concentrazioni inferiori di farmaco erano associate al rischio di ictus/embolia sistemica. Pazienti con le più basse concentrazioni inferiori avevano una maggiore probabilità di andare incontro ad ictus ischemico/embolia sistemica (<50 ng/ml) (Figura 10)54. In maniera simile, si è osservata un’associazione tra l’aumento delle concentrazioni minime di dabigatran e il rischio di sanguinamenti. L’esposizione media a dabigatran, in pazienti con sanguinamenti maggiori o minori, era rispettivamente 50% e 20% superiore rispetto a quelli senza. Il rischio di sanguinamento era anche dipendente dall’età, dall’ictus ischemico e dall’insufficienza renale, probabilmente a causa della variazione del suo profilo farmacocinetico. Come mostrato in Figura 10, i valori plasmatici di dabigatran sono caratterizzati da un’estrema variabilità intorno al valore medio (>80%) ad entrambi i dosaggi di 110 mg bid e 150 mg bid, in accordo con la bassa biodisponibilità che comporta un’importante variabilità nella quota assorbita e dall’unica via di eliminazione renale che determina, rispetto agli altri NAO, una variabilità maggiore nelle concentrazioni sistemiche 55. Tuttavia, grazie al profilo farmacocinetico di dabigatran caratterizzato da una cinetica di ordine primo, lineare e dose-indipendente, le correlazioni tra le concentrazioni plasmatiche e il suo effetto, sia di efficacia sia di sanguinamenti, permetterà per la prima volta, per questa classe di farmaci, di considerare una potenziale finestra terapeutica che rappresenterebbe un importante valore aggiunto per l’ottimizzazione della terapia con i NAO.
Considerazioni diverse emergono dallo studio ENGAGE AF-TIMI 48 con edoxaban25 nell’analisi condotta con l’obiettivo di correlare le sue concentrazioni plasmatiche (valutate in 6780 dei 14 069 pazienti) con l’attività anti-fXa (misurata in 2865 dei 3351 previsti) e i parametri di efficacia e sicurezza rispetto a warfarin56. Dall’analisi di correlazione si evidenzia un diverso andamento tra le concentrazioni del farmaco e i dati di efficacia e sicurezza (Figura 10). In particolare, si osserva una significativa pendenza che correla le concentrazioni di edoxaban con il rischio emorragico mentre la pendenza risulta inversamente meno significativa con il rischio di eventi tromboembolici. In accordo con il profilo cinetico di edoxaban, è interessante osservare una minore variabilità delle concentrazioni plasmatiche rispetto a dabigatran (Figura 10A vs 10B).



Un’analisi ha valutato l’effetto della riduzione della dose di edoxaban, in caso di insufficienza renale, ridotto peso corporeo e l’utilizzo di inibitori della P-gp, su efficacia e sicurezza del farmaco56. La riduzione della dose ha preservato l’efficacia di edoxaban rispetto a warfarin e un miglior profilo di sicurezza56. Questo dato suggerisce che la variazione posologica della dose di edoxaban, in base ai parametri clinici, sia sufficiente senza doverne misurare le concentrazioni plasmatiche. Questa correlazione è meno significativa per quanto riguarda i dati sui sanguinamenti. Infine, è interessante osservare un rischio di sanguinamenti intracranici molto basso e con una correlazione molto meno ripida rispetto a quanto osservato con warfarin in studi precedenti57.
Non sono al momento disponibili analisi farmacocinetiche di una numerosità importante di pazienti dagli studi Aristotle e ROCKET AF, sia per apixaban sia per rivaroxaban, che ci permettano di arrivare a delle conclusioni importanti sulla correlazione farmacocinetica/farmacodinamica.
Riassumendo, gli studi condotti con l’obiettivo di correlare la farmacocinetica con la farmacodinamica hanno documentato risultati non sempre univoci tra i vari NAO, ad evidenziare la complessità della relazione tra posologia e concentrazioni plasmatiche dei NAO. Ulteriori studi ci consentiranno di ottenere maggiori informazioni a tale proposito.
CONCLUSIONI
I NAO posseggono delle differenze significative da un punto di vista farmacologico che si traducono in un diverso effetto clinico sia in termini di efficacia sia soprattutto di sicurezza. I NAO, sulla base del loro profilo farmacologico e dai dati emersi negli studi clinici di confronto con warfarin, rappresentano un’importante evoluzione ed un armamentario terapeutico di estremo valore per il trattamento dei pazienti a rischio di complicanze tromboemboliche.
RIASSUNTO
La terapia anticoagulante orale è ampiamente utilizzata per prevenire e trattare gli eventi tromboembolici. Tradizionalmente il warfarin è stato il farmaco di prima scelta per il trattamento di ictus in pazienti con fibrillazione atriale. Tuttavia la terapia con warfarin presenta molti svantaggi, quali un’attivazione ritardata dell’azione anticoagulante, un ristretto indice terapeutico ed una risposta variabile ed imprevedibile. I nuovi anticoagulanti orali (NAO) dabigatran (inibitore diretto e reversibile della trombina) e gli inibitori diretti del fattore Xa, rivaroxaban, apixaban ed edoxaban, offrono un dosaggio fisso, una farmacocinetica più prevedibile e minori interazioni con farmaci ed alimenti. Inoltre, questi farmaci offrono un miglior rapporto rischio-beneficio sugli eventi tromboembolici e le complicanze di sanguinamento in un’ampia popolazione di pazienti. Tuttavia, i quattro NAO mostrano differenze significative per quanto riguarda il profilo farmacocinetico e la sicurezza, caratteristiche che devono essere considerate per personalizzare la terapia in base alle condizioni fisiopatologiche del paziente. Nella presente rassegna verranno discusse le caratteristiche farmacologiche dei NAO in relazione al loro profilo di efficacia e sicurezza.
Parole chiave. Apixaban; Coagulazione; Dabigatran; Edoxaban; Nuovi anticoagulanti orali; Rivaroxaban; Warfarin.
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