Stent bioriassorbibili: scienza e realtà

Giulia Masiero, Giuseppe Tarantini

Dipartimento di Scienze Cardiologiche, Toraciche e Vascolari, Università degli Studi, Padova

A 40 anni dall’avvento dell’angioplastica semplice con pallone, si è assistito alla consolidazione del ruolo dell’angioplastica coronarica percutanea (PCI) come metodica di riferimento per il trattamento della patologia aterotrombotica coronarica1,2. L’iniziale introduzione degli stent metallici è stata successivamente soppiantata dall’utilizzo di stent medicati a rilascio di farmaco antiproliferativo (DES) che grazie alle progressive innovazioni tecnologiche, accompagnate al miglioramento delle tecniche d’impianto e della farmacoterapia, hanno condotto ad eccellenti risultati in termini di efficacia e sicurezza a breve e medio termine. Resta d’altra parte da considerare il costante tasso di eventi avversi osservato a distanza dall’impianto di piattaforme metalliche, legato prevalentemente al fenomeno di neoaterosclerosi. Se gli stent metallici di ultima generazione presentano una persistente, seppur modesta, incidenza di trombosi tardiva pari a 0.5-0.6% per anno di follow-up, i recenti risultati a 10 anni di follow-up dall’impianto di piattaforme medicate di prima generazione hanno rivelato un costante tasso annuale di eventi cardiaci maggiori avversi (MACE) e trombosi, certa o probabile, rispettivamente pari a 2.6% e 1.3% dopo il primo anno d’impianto3,4.

Gli stent bioriassorbibili (BRS) rappresentano il tentativo di oltrepassare i limiti legati alla presenza di una struttura metallica permanente, con la promessa della restitutio ad integrum di coronarie sottoposte ad angioplastica percutanea con dispositivi in grado di essere riassorbiti completamente a 3-4 anni dall’impianto5. Dalla progressiva dissoluzione di tali piattaforme deriverebbero potenziali vantaggi di natura meccanica (permettere il ripristino della fisiologica vasomotricità lasciando il vaso “uncaged” e tutte le sue diramazioni “unjailed”) e clinica (eliminare substrati trombogenici, evitare di compromettere futuri interventi di rivascolarizzazione, contribuire all’effetto di regressione di placca in sinergia con la terapia farmacologica con statine)5, dimostrabili analizzando i dati di follow-up a lungo termine. I trial randomizzati ad oggi disponibili hanno dimostrato la non-inferiorità in termini di tasso cumulativo di MACE nel medio termine tra gli stent metallici di ultima generazione Xience DES e lo scaffold a rilascio di everolimus Absorb BVS (Abbott Vascular), primo BRS ad aver conseguito il marchio CE nel 2012 (Tabella 1). Nella recente metanalisi di Stone et al.6 è emerso inoltre un trend a sfavore dei BRS in termini di tasso di trombosi certa o probabile, registrata anche a distanza dall’impianto. Da un lato, l’interpretazione di questo risultato deve tenere conto che la numerosità della popolazione di tali trial non è sufficiente a garantire con adeguata potenza e significatività statistica il riconoscimento di differenze tra due gruppi di studio per eventi a bassa incidenza. D’altra parte, l’incidenza di tale evento ischemico non diverge in modo cospicuo dalla performance del “best-in-class” Xience DES, diversamente da quanto registrato con gli altri DES studiati nella metanalisi di Palmerini et al.7 (Figura 1). Recentemente, il trial ABSORB II ha tuttavia fallito nel dimostrare la superiorità della piattaforma riassorbibile rispetto agli stent metallici in termini di proprietà vasomotorie della coronaria trattata e perdita tardiva del lume, sollevando ulteriori perplessità8. Resta da considerare che i dati presentati riguardano le iniziali esperienze con BRS di prima generazione. Gli studi di Puricel et al.9 e di Tanaka et al.10 hanno aiutato infatti a comprendere come un protocollo d’impianto dedicato (il cosiddetto BRS specific protocol) possa migliorare efficacemente le performance degli scaffold riassorbibili a medio termine, già com’era stato dimostrato in passato con gli stent metallici di prima generazione9,10. Gruppi di operatori esperti hanno pertanto elaborato direttive su scala nazionale ed internazionale per guidare la strategia di utilizzo dei BRS prevedendo un’adeguata selezione del paziente, un meticoloso impianto del dispositivo e un esteso utilizzo dell’imaging intracoronarico11,12.




Il documento della Regione Emilia-Romagna sui BRS redatto nel novembre 2013 rappresenta un’iniziale tentativo da parte degli organi regolatori di gestire l’introduzione di tale nuovo dispositivo nella pratica clinica, in assenza di cospicue casistiche e di consensus degli esperti. Per quanto riguarda gli scenari clinici ed anatomici è stato favorito l’uso in pazienti giovani (senza riconoscere un preciso limite d’età) ed in caso di patologia diffusa o coinvolgente il tratto medio-distale delle coronarie. A differenza di quanto descritto nel documento emiliano, le più recenti evidenze scientifiche hanno prodotto dati sfavorevoli all’impianto nei vasi di piccolo calibro e nelle lesioni ostiali portando, nel primo caso, alla raccomandazione al non utilizzo da parte del produttore13,14. Ulteriori studi hanno inoltre confermato la sicurezza dell’impiego dei BRS in lesioni trombotiche e nella rivascolarizzazione a carico di pazienti diabetici, evidenziando un’attraente prospettiva terapeutica proprio nell’ambito delle sindromi coronariche acute e delle patologie coronariche complesse15,16. Sono ancora limitate, invece, le esperienze cliniche in altri contesti specifici quali le occlusioni totali croniche, le biforcazioni, le restenosi intrastent, le lesioni calcifiche, le dissezioni coronariche e i bypass aortocoronarici. L’esperienza clinica a livello regionale presentata da Menozzi et al.17 suggerisce, dopo un’iniziale diffidenza, una progressiva espansione nell’utilizzo dei dispositivi riassorbibili assestandosi su tassi paragonabili a quelli nazionali (2.9% rispetto al totale degli stent impiantati secondo i più recenti dati di attività 2015 dei centri di emodinamica GISE).

I dispositivi Absorb BVS rappresentano, in conclusione, un’efficace innovazione nel trattamento della patologia aterotrombotica coronarica, non inferiori in termini di MACE agli stent medicati di ultima generazione. Dagli iniziali risultati dei trial randomizzati attualmente in corso, è emerso un trend a sfavore dei BRS in termini di tasso di trombosi di stent, in parte riconducibile ad un impianto non ottimale. Resta tuttavia ancora oggetto di dibattito se l’implementazione della strategia d’impianto possa impattare in modo efficace sulla riduzione degli eventi avversi a lungo termine o se le attuali caratteristiche strutturali del polimero e dello specifico processo di riassorbimento possano rappresentare un limite, eventualmente valicabile dal miglioramento della tecnologia o dalle raccomandazioni sulla durata della terapia antiaggregante18. L’attenta revisione dei risultati a lungo termine dei grandi trial ABSORB III/IV ancora in corso (disponibili non prima del 2022) sarà la chiave per confermare il potenziale racchiuso in questo dispositivo rivoluzionario.

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