Procedura combinata di chiusura percutanea
di auricola sinistra e ablazione di fibrillazione atriale:
esperienza di un singolo centro

Elisa Pelissero1, Marco Giuggia1, Maria Chiara Todaro2,3, Giuseppe Trapani1, Benedetta Giordano1,
Gaetano Senatore1

1Dipartimento di Cardiologia, Ospedale Civile di Ciriè, Ciriè (TO)

2Dipartimento di Cardiologia, Ospedale Civile di Ivrea, Ivrea (TO)

3Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università degli Studi, Messina

Background. We evaluated long-term safety and efficacy of concomitant left atrial appendage (LAA) closure and atrial fibrillation (AF) ablation.

Methods. From February 2013 to June 2017, all patients referred for AF ablation and LAA closure (group 1) were enrolled in the study and compared with a matched control group undergoing AF ablation only (group 2). Pulmonary vein isolation was achieved in all cases with radiofrequency or cryoballoon. LAA was occluded with Watchman or Amplatzer Cardiac Plug or Amulet (ACP) devices. All patients were treated with oral anticoagulation therapy for at least 3 months after the procedure (“blanking period”), and then switched to dual antiplatelet therapy with aspirin and clopidogrel for other 3 months, and then to single antiplatelet therapy with aspirin in case of LAA closure, while group 2 was treated with long-term oral anticoagulation therapy according to CHA2DS2-VASc score. Follow-up was performed with transesophageal echocardiography and clinical visit at 3, 6 and 12 months after the procedure. AF burden was evaluated by loop recorder or pacemaker interrogation in all patients.

Results. Overall, 42 patients were enrolled, 21 in each group. Mean age was 66.86 ± 10.35 years in group 1 vs 68.42 ± 10.61 in group 2 (p=NS); mean CHA2DS2-VASc score was 2.8 ± 1.22 in group 1 vs 2.01 ± 0.93 in group 2 (p=NS), mean HAS-BLED score was 3.2 ± 0.83 in group 1 vs 3.1 ± 0.95 in group 2 (p=NS). Persistent AF was present in 80% of patients in group 1 and in 85% in group 2. LAA closure was successful in all cases (14 Watchman, 7 ACP devices). Procedural and fluoroscopy times were shorter in group 2 (68 ± 17 vs 52 ± 15 min, p <0.05; 23 ± 5 vs 18 ± 3 min, p <0.05, respectively). No procedural complications were observed in group 2, while in group 1 one case of self-terminating pericardial effusion and one arteriovenous fistula were observed. At a mean follow-up of 14.93 ± 10.05 months, complete seal of LAA was documented in all patients, with neither dislocations nor thromboembolic events. Similarly, no long-term complications were observed in group 2. Maintenance of sinus rhythm was overlapping, with an AF relapse rate of 36% in group 1 vs 38% in group 2 (p=NS).

Conclusions. Combined LAA percutaneous closure and AF ablation appears to be feasible in high-risk patients.

Key words. Atrial fibrillation; Left atrial appendage percutaneous closure; Thromboembolic events; Trans-catheter ablation.

INTRODUZIONE

La fibrillazione atriale (FA) è la più comune aritmia sostenuta, caratterizzata da un’incidenza crescente con l’invecchiamento della popolazione, fino a raggiungere il 10% tra i pazienti con più di 80 anni1. È associata a diverse complicanze, quale un incremento di 5 volte del rischio di ictus ed embolia periferica, scompenso cardiaco, deterioramento cognitivo e morte2,3.

La terapia anticoagulante orale con antagonisti della vitamina K o con anticoagulanti ad azione diretta rappresenta il metodo più efficace per ridurre il tasso di tali complicanze, ed è indicata in tutti i pazienti ad alto rischio tromboembolico, anche se associata ad un aumentato rischio emorragico4.

Nei pazienti con FA non valvolare, la sede in cui sono localizzati i trombi nel 90% dei casi è l’auricola sinistra (AuS), a causa della stasi che deriva dalla perdita della contrazione atriale e dell’auricola stessa. Sulla base di ciò, la chiusura percutanea dell’AuS è emersa come strategia terapeutica alternativa per i pazienti con controindicazione alla terapia anticoagulante orale a lungo termine e si è dimostrata essere non inferiore al warfarin nel prevenire il tromboembolismo, con una incidenza più bassa di sanguinamenti al follow-up5.

L’ablazione della FA al contrario rappresenta una strategia terapeutica ben consolidata per ridurre le recidive di FA ed i sintomi ad essa associati ed è indicata come terapia efficace per il controllo del ritmo per pazienti sintomatici e refrattari alla terapia medica4. Il suo ruolo nella prevenzione dell’ictus rimane ancora controverso, anche se diverse evidenze della letteratura hanno suggerito una riduzione del rischio tromboembolico nei pazienti sottoposti ad ablazione efficace di FA.

La procedura combinata di ablazione di FA e chiusura percutanea dell’AuS potrebbe essere considerata una strategia terapeutica completa ed efficace soprattutto per i pazienti fragili, al fine di ridurre i sintomi correlati all’aritmia e il rischio tromboembolico ed emorragico a lungo termine; tuttavia ad oggi è stata valutata soltanto in piccoli studi clinici. Lo scopo del nostro studio è stato quello di valutare la fattibilità e la sicurezza di questa strategia terapeutica combinata, paragonandola alla sola procedura di ablazione eseguita in un gruppo di pazienti controllo.

MATERIALI E METODI

Selezione dei pazienti

Sono stati arruolati tutti i pazienti afferenti al nostro Centro con indicazione ad ablazione per FA parossistica/persistente sintomatica nonostante terapia medica, con alto rischio tromboembolico definito da un CHA2DS2-VASc score ≥2, un alto rischio emorragico definito da un HAS-BLED score ≥3 e con controindicazioni alla terapia anticoagulante a lungo termine (gruppo 1).

Tutti i pazienti avevano un’età >18 anni, e sono stati considerati criteri di esclusione: la necessità di terapia anticoagulante per comorbilità (es. embolia polmonare, neoplasie, trombofilia congenita), cardiopatie congenite, FA valvolare definita secondo le attuali linee guida e gravidanza.

Un gruppo controllo è stato identificato tra i pazienti riferiti solo per ablazione di FA, senza indicazione a chiusura dell’AuS, per assenza di controindicazioni alla terapia anticoagulante a lungo termine (gruppo 2).

I due gruppi sono stati confrontati per caratteristiche cliniche: il rischio tromboembolico e quello emorragico, definiti rispettivamente dagli score CHA2DS2-VASc e HAS-BLED, sono risultati sovrapponibili.

Aspetti procedurali

Prima della procedura, in tutti i pazienti è stata eseguita un’ecocardiografia transesofagea (ETE) al fine di documentare l’assenza di trombi in AuS, valutare le dimensioni e la morfologia dell’AuS e definire il tipo e le dimensioni del dispositivo più adeguato da utilizzare.

La terapia con anticoagulanti ad azione diretta è stata sospesa il giorno prima della procedura, mentre un international normalized ratio (INR) pari a 2 veniva considerato il target da raggiungere nei pazienti in terapia con warfarin.

La chiusura dell’AuS è stata eseguita in ogni caso come prima procedura, in sedazione e sotto guida fluoroscopica ed ETE; dopo la puntura transettale, veniva somministrata eparina non frazionata (ENF) per mantenere un tempo di attivazione piastrinica (ACT) >300 ms, e veniva posizionato il dispositivo di chiusura auricolare (Watchman [Boston Scientific, Maple Grove, MN, USA], Amplatzer Cardiac Plug o Amulet [ACP, St. Jude Medical, Minneapolis, MN, USA]), in base alle dimensioni e alla morfologia dell’AuS.

In sintesi, il catetere utilizzato per la puntura transettale veniva sostituito da un catetere di 9-14 Fr in vena femorale destra e un catetere pigtail veniva posizionato in AuS. Veniva successivamente eseguita un’angiografia dell’AuS per rivalutarne forma e dimensioni e scegliere il tipo e le dimensioni del dispositivo più appropriato. Il catetere veniva avanzato sul pigtail fino a che il marker prossimale, corrispondente alle dimensioni del dispositivo, raggiungeva l’ostio dell’AuS (nel caso del dispositivo Watchman) o almeno 15 mm all’interno dell’AuS (nel caso di ACP). Il pigtail veniva rimosso, il catetere per il rilascio del dispositivo e il dispositivo stesso venivano avanzati nell’AuS e il dispositivo veniva rilasciato mediante una retrazione del catetere e una lieve spinta in avanti nel caso del dispositivo ACP.

Prima del rilascio definitivo del dispositivo, veniva eseguito un “tug test” per verificare la stabilità e la posizione appropriata del dispositivo in AuS e valutare leak residui. La sede di rilascio del dispositivo veniva riconfermata mediante controllo angiografico ed ETE. La procedura veniva considerata riuscita all’ottenimento di uno stabile posizionamento del dispositivo e un leak ≤5 mm.

La procedura di ablazione della FA è stata eseguita mediante approccio transettale, con la guida di una ricostruzione tridimensionale dell’atrio sinistro e degli osti delle vene polmonari mediante un sistema di mappaggio elettroanatomico (CARTO, Biosense Webster, Johnson and Johnson Medical, Diamond Bar, CA, USA; o NavX, St. Jude Medical Inc., Sylmar, CA, USA).

La FA parossistica è stata ablata con l’isolamento circonferenziale o antrale delle vene polmonari, mediante radiofrequenza o crioenergia. Il successo procedurale veniva confermato dalla scomparsa dei potenziali dalle vene polmonari o da un blocco in uscita sul catetere di mappaggio. La FA persistente è stata trattata con cateteri a rediofrequenza, inoltre venivano eseguite delle lesioni addizionali in corrispondenza del tetto dell’atrio sinistro a connettere le vene polmonari superiori e la vena polmonare inferiore sinistra all’anello mitralico ed eventualmente venivano ablati elettrogrammi atriali complessi. Durante la procedura venivano somministrati boli di ENF per mantenere un ACT costantemente >300 ms, dopo la puntura transettale. Al termine della procedura venivano somministrate eparina a basso peso molecolare o ENF embricate con anticoagulanti antagonisti della vitamina K e sospese al raggiungimento dell’INR target >2. Nel caso di pazienti trattati con anticoagulanti orali diretti, questi venivano iniziati poche ore dopo la procedura senza necessità di bridging con eparina.

Impianto di loop recorder

A tutti i pazienti veniva proposta la possibilità di posizionare in regione parasternale sinistra un dispositivo di monitoraggio cardiaco impiantabile (Reveal XT ICM, Medtronic, Minneapolis, MN, USA) durante la procedura, al fine di valutare la percentuale di recidiva di FA. Per guidare il corretto posizionamento del dispositivo, si ricercava una onda R di ampiezza >4 mV, misurata con “vector check”. Il dispositivo ICM classifica continuamente il ritmo cardiaco del paziente analizzando la variabilità battito-battito nel ciclo cardiaco su una registrazione ECG di 2 min e definisce la presenza di FA sulla base dell’irregolarità degli intervalli RR. La sensibilità e la specificità, il valore predittivo positivo e negativo di questo algoritmo sono rispettivamente del 96%, 85%, 79% e 97%, con un’accuratezza globale nell’identificare la FA >98%. Il dispositivo registra la durata e il numero degli episodi di FA in ore al giorno o il numero di ore di FA nel periodo completo di follow-up.

Il trend giornaliero di recidiva di FA viene mostrato all’interrogazione del dispositivo, attraverso il “Cardiac Compass Report”, uno specifico software che riassume tutti i dati memorizzati durante il periodo di follow-up. Il monitoraggio remoto di questi dispositivi può avvenire dal domicilio del paziente mediante trasmissioni periodiche dei dati memorizzati al Centro di riferimento (Medtronic CareLink Network).

Gestione della terapia anticoagulante e antiaggregante

Il regime terapeutico a lungo termine per i pazienti sottoposti ad una procedura combinata di chiusura dell’AuS e ablazione di FA è stato eseguito in base alle attuali linee guida europee sulla FA, il trial PROTECT-AF e le istruzioni specifiche per singoli dispositivi impiegati per la chiusura dell’AuS: un’anticoagulazione con warfarin o inibitori diretti della trombina o del fattore Xa è stata continuata in tutti i pazienti per almeno 3 mesi dopo l’ablazione di FA, successivamente è stata sostituita con la doppia antiaggregazione piastrinica a base di aspirina e clopidogrel per altri 3 mesi e successivamente con aspirina 100 mg/die a lungo termine. I pazienti sottoposti solo ad ablazione di FA, in accordo con le attuali linee guida, hanno proseguito la terapia anticoagulante orale a lungo termine prevista per i pazienti ad alto rischio tromboembolico, in base al CHA2DS2-VASc score.

Follow-up e outcome

Il follow-up consisteva di visite cliniche ed un’ETE a 3, 6 e 12 mesi dalla procedura combinata (gruppo 1). In caso di insorgenza di nuovi sintomi o complicanze ischemiche venivano eseguiti controlli clinico-strumentali al di fuori delle normali visite programmate nel follow-up. L’ETE veniva eseguita per verificare la corretta chiusura dell’AuS, la formazione di trombi, la posizione del dispositivo ed eventuali flussi residui intorno ad esso (leak). Se venivano riscontrati tutti i criteri ecocardiografici di corretta chiusura dell’AuS (completa occlusione dell’AuS o shunt residuo <5 mm, in assenza di trombi sulla superficie del dispositivo), veniva rispettato il regime terapeutico sopra descritto. I pazienti nei quali era stata eseguita la sola ablazione di FA (gruppo 2) venivano sottoposti a periodiche visite cliniche e ai controlli del loop recorder come previsto per il gruppo 1, senza ETE. Gli outcome a breve e lungo termine dell’attuale studio includevano complicanze procedurali ed eventi avversi maggiori nel follow-up. Sono state considerate complicanze maggiori: morte, sanguinamenti maggiori o eventi ischemici sia durante l’ospedalizzazione che nel follow-up. Veniva definito invece evento emorragico maggiore ogni complicanza vascolare che richiedesse un intervento percutaneo/chirurgico o trasfusioni di sangue o versamento pericardico che richiedesse drenaggio o riparazione per via percutanea o chirurgica. Le complicanze tromboemboliche includevano: l’ictus ischemico o embolico ed eventi ischemici transitori. Il burden di FA è stato valutato mediante le trasmissioni remote mensili (CareLink) e periodicamente in ospedale con i controlli del dispositivo ICM durante le visite programmate. Trasmissioni remote o controlli non programmati del dispositivo ICM erano previste in caso di sintomi di nuova insorgenza o complicanze ischemiche o emorragiche. Nel caso in cui il paziente avesse rifiutato l’impianto del dispositivo per il monitoraggio cardiaco, il follow-up veniva eseguito mediante ECG e Holter ECG delle 24h in occasione di ogni visita.

Analisi statistica

Le variabili categoriche sono riportate sotto forma di percentuali. Le correlazioni tra variabili categoriche sono state testate mediante test del χ2 o test esatto di Fisher, come appropriato. Le variabili continue, che soddisfacevano la distribuzione normale in accordo con il test W di Shapiro-Wilks, sono riportate come medie e deviazioni standard e correlate mediante test t di Student. L’analisi dei dati è stata effettuata utilizzando il software statistico SAS, versione 9.2 (SAS Institute Inc., Cary, NC, USA).

RISULTATI

Da febbraio 2013 a giugno 2017 sono stati arruolati 42 pazienti, 21 trattati con procedura combinata di ablazione di FA e chiusura dell’AuS (gruppo 1) e 21 trattati con sola ablazione della FA (gruppo 2). I due gruppi non presentavano significative differenze di età e rischio tromboembolico o emorragico, come evidenziato in Tabella 1.

Il CHA2DS2-VASc score medio era di 2.8 ± 1.22 e 2.01 ± 0.93 rispettivamente nel gruppo 1 e 2, ed una storia di pregresso ictus/attacco ischemico transitorio in corso di terapia anticoagulante era presente in 2 pazienti del gruppo 1.

L’HAS-BLED score medio era di 3.2 ± 0.83 e 3.1 ± 0.95 rispettivamente nel gruppo 1 e 2, e la principale controindicazione alla terapia anticoagulante era la labilità dell’INR, dato che lo studio è stato iniziato prima della disponibilità dei nuovi anticoagulanti orali.

Prima della procedura, i pazienti del gruppo 1 sono stati trattati prevalentemente con warfarin, mentre i pazienti del gruppo 2 prevalentemente con i nuovi anticoagulanti orali.

Una FA persistente era presente nell’80% dei pazienti nel gruppo 1 e nell’83% dei pazienti nel gruppo 2.

Tutti i pazienti sono stati trattati con successo, mediante completo isolamento delle vene polmonari e lesioni lineari. In 2 casi nel gruppo 1 e 2 è stata eseguita anche l’ablazione degli elettrogrammi frazionati complessi atriali. Nessuna terapia antiaritmica è stata prescritta alla dimissione in entrambi i gruppi.

Tutti i pazienti del gruppo 1 sono stati trattati con successo, mediante impianto di un dispositivo Watchman in 14 casi e di un dispositivo ACP in 7 casi. In tutti i casi il dispositivo è stato rilasciato con successo ottenendo una completa chiusura auricolare, senza leak residui. Sia il tempo di procedura che di fluoroscopia sono risultati significativamente inferiori nel gruppo 2, come evidenziato in Tabella 2.

Le complicanze sono state lievemente più frequenti nel gruppo 1 (1 caso di versamento pericardico che non ha richiesto pericardiocentesi e 1 caso di fistola artero-venosa autorisoltasi senza indicazione chirurgica); al contrario nessuna complicanza procedurale si è verificata nel gruppo 2. Dopo un periodo di follow-up medio di 14.93 ± 10.05 mesi (range interquartile 6-49 mesi) è stata osservata una completa chiusura dell’AuS in tutti i pazienti del gruppo 1, senza evidenza di disclocazioni o trombosi sulla superficie del dispositivo, né eventi tromboembolici. Nei pazienti del gruppo 1 la terapia anticoagulante è stata sospesa dopo 3 mesi e successivamente è stata iniziata la duplice terapia antiaggregante con aspirina e clopidogrel per i successivi 3 mesi, e poi sostituita con sola aspirina. Al contrario i pazienti del gruppo 2 hanno continuato la terapia anticoagulante orale secondo le attuali linee guida. Durante il follow-up non sono stati osservati eventi emorragici o tromboembolici in entrambi i gruppi (Tabella 3). La tendenza al mantenimento del ritmo sinusale è risultata sovrapponibile nei due gruppi, con una percentuale di ricorrenza di circa il 36% e 38% nel gruppo 1 e 2 rispettivamente. Il burden di recidiva di FA era del 39.3 ± 15% nel gruppo 1 vs 38.5 ± 12% nel gruppo 2, considerando solo i pazienti con dispositivo ICM (p=NS).










DISCUSSIONE

Ad oggi soltanto pochi studi di piccole dimensioni hanno valutato la fattibilità e la sicurezza di un approccio combinato di ablazione della FA e chiusura dell’AuS. Questa strategia terapeutica potrebbe rivelarsi estremamente utile per i pazienti sintomatici con FA refrattaria alla terapia medica e un rischio significativo di eventi tromboembolici, definiti da un CHA2DS2-VASc score > 2 e una concomitante controindicazione assoluta o relativa alla terapia anticoagulante a lungo termine. Inoltre la chiusura percutanea dell’AuS si è dimostrata non inferiore al warfarin nel prevenire gli eventi tromboembolici nei pazienti ad alto rischio; anche il dispositivo ACP, pur in assenza di trial clinici randomizzati come per il dispositivo Watchman, ha dimostrato di garantire una protezione dagli eventi tromboembolici con un tasso di eventi ischemici cerebrali nei pazienti trattati nettamente inferiore rispetto a quello previsto in base al CHADS2 score5. Al contrario l’ablazione della FA è una strategia terapeutica ben consolidata per ridurre i sintomi correlati all’aritmia, con una buona percentuale di mantenimento del ritmo sinusale al follow-up, fino alll’80% tra a pazienti con FA parossistica4. Un approccio terapeutico combinato consentirebbe di raggiungere diversi obiettivi: primo, ridurre in fase procedurale i rischi associati ad accessi periferici, puntura transettale e terapia anticoagulante; secondo, eliminare i sintomi associati all’aritmia; terzo, proteggere dal rischio tromboembolico con un’efficacia sovrapponibile al warfarin, ma con un rischio emorragico molto più basso.

Swaans et al.6 hanno riportato i risultati di questo approccio combinato in 30 pazienti, sottoposti ad impianto di Watchman e ad ablazione della FA. La chiusura dell’AuS è stata ottenuta in tutti i pazienti, e dopo 12 mesi di follow-up non si sono verificati eventi tromboembolici, con una percentuale di ricorrenza di FA del 30%. Calvo et al.7 hanno descritto la loro esperienza di procedura combinata su 35 pazienti: la chiusura efficace dell’AuS è stata ottenuta nel 97% dei pazienti, nella maggior parte dei casi con il dispositivo Watchman. Si sono verificati 3 casi di versamento pericardico subito dopo la procedura, senza complicanze tromboemboliche/emorragiche e con il 78% dei pazienti in ritmo sinusale al follow-up di 13 mesi. Questi studi presentano delle limitazioni: in primo luogo rappresentano esperienze di singoli centri con pochi pazienti, inoltre è stato utilizzato il dispositivo Watchman nella maggior parte dei casi. Romanov et al.8 hanno paragonato la sola procedura di ablazione di FA con la procedura combinata di ablazione della FA e chiusura dell’AuS in 89 pazienti: sono stati evidenziati risultati sovrapponibili in termini di efficacia dell’ablazione di FA, fatta eccezione per il periodo di “blanking”, in cui il gruppo di pazienti trattati con procedura combinata presentava una percentuale più alta di FA, mentre al contrario non sono state evidenziate differenze statisticamente significative al follow-up medio di 24 mesi. Più recentemente sono stati resi noti i risultati tratti dai registri “real world” EWOLUTION e WASP, che hanno mostrato come tra 139 pazienti trattati per ablazione della FA e concomitante chiusura dell’AuS con dispositivo Watchman in 10 diversi Centri, sia stato raggiunto un buon risultato di sicurezza a distanza di 30 giorni dalla procedura, con un’incidenza di eventi avversi seri correlati al dispositivo dell’1.4%.9 Nella nostra coorte di pazienti abbiamo valutato i risultati dell’approccio combinato utilizzando due tipi di dispositivi (ACP e Watchman), e paragonandoli ad un gruppo di controllo sottoposto soltanto ad ablazione di FA. Dal punto di vista dell’endpoint di sicurezza, si sono verificati soltanto due complicanze minori rappresentate da un versamento pericardico di lieve entità secondario al danno provocato dalla radiofrequenza sulle pareti atriali che non ha richiesto pericardiocentesi, e una piccola fistola artero-venosa autorisoltasi. In nessuno dei due gruppi si sono verificate complicanze correlate alla puntura transettale, complicanze tromboemboliche periprocedurali o eventi emorragici maggiori. D’altra parte, l’approccio combinato ha determinato un allungamento dei tempi medi procedurali e di fluoroscopia (tempo totale di procedura: 68 ± 17 vs 52 ± 15 min, p<0.05; tempo di scopia: 23 ± 5 vs 18 ± 3 min, p<0.05). Per quanto concerne il follow-up a lungo termine, i pazienti trattati con chiusura dell’AuS presentavano un rischio emorragico più basso se paragonato ai pazienti in terapia con warfarin, a fronte di una protezione sovrapponibile dagli eventi tromboembolici: infatti l’evidenza di recidive asintomatiche di FA dopo l’ablazione rafforza l’indicazione a continuare la terapia anticoagulante a lungo termine in base al rischio tromboembolico individuale definito dal CHA2DS2-VASc score. Nella nostra coorte di pazienti non sono stati osservati eventi emorragici nel follow-up. Inoltre nessun paziente è andato incontro ad eventi tromboembolici, pur in presenza di un rischio tromboembolico annuale di 2.2% in base al CHA2DS2-VASc score medio. Questo dato può essere dovuto al numero limitato di pazienti arruolati nello studio, che ha contribuito a sottostimare la percentuale di complicanze; inoltre deve essere sottolineato che lo studio è iniziato prima della disponibilità dei nuovi anticoagulanti orali, il che ha comportato la presenza di un numero di pazienti in terapia con warfarin, gravato da maggiore rischio emorragico rispetto ai nuovi anticoagulanti orali, maggiore rispetto alla pratica clinica odierna e ciò giustifica il fatto che la controindicazione relativa più frequente alla terapia anticoagulante fosse la labilità dell’INR. Per quanto riguarda l’endpoint di efficacia, l’AuS è stata occlusa con successo in tutti i pazienti e il risultato è stato mantenuto anche nel follow-up, senza evidenza di trombi o dislocazione del dispositivo. Durante il follow-up il 36% e il 38% dei pazienti rispettivamente nel gruppo 1 e 2 hanno presentato recidive di FA con un burden del 39.3 ± 15% e 38.5 ± 12% tra i pazienti che avevano accettato l’impianto del loop recorder, in assenza di terapia antiaritmica. Il burden aritmico non è stato significativamente diverso tra i due gruppi; ciò dimostra che le due procedure possono essere eseguite insieme senza inficiare l’efficacia dell’ablazione. Tuttavia, la percentuale complessiva di ricorrenza di FA è stata abbastanza elevata, probabilmente perché la maggior parte dei pazienti selezionati presentavano una FA persistente da lungo tempo, atri dilatati e comorbilità quali ipertensione e CHA2DS2-VASc score elevato, note per aumentare il rischio di recidiva dell’aritmia.

Limitazioni

Questo studio ha alcune limitazioni: rappresenta l’esperienza di un singolo centro, ha arruolato un numero limitato di pazienti, con conseguente riduzione della significatività statistica, e inoltre il periodo di follow-up è stato relativamente breve. D’altra parte lo studio analizza una strategia interventistica percutanea combinata, prendendo in considerazione due diversi dispositivi di chiusura auricolare, ha un gruppo controllo sottoposto soltanto ad ablazione della FA, e in un numero rilevante di pazienti la possibilità di valutare le recidive asintomatiche di FA è stata garantita dal monitoraggio continuo eseguito dal loop recorder.

Conclusione

La procedura combinata di chiusura percutanea dell’AuS e di ablazione della FA è una strategia terapeutica interessante, caratterizzata da potenziali complicanze ma che in atto sembra essere fattibile in pazienti selezionati, con elevato rischio tromboembolico ed emorragico, controindicazioni alla terapia anticoagulante a lungo termine e sintomi nonostante una terapia medica appropriata. Sebbene il nostro studio non consenta di trarre conclusioni definitive, sicuramente potrà rappresentare uno stimolo ad intensificare la ricerca in questo campo e a promuovere trial clinici multicentrici volti a valutare l’efficacia e la sicurezza di questa procedura combinata nella pratica clinica.

RIASSUNTO

Razionale. Abbiamo valutato la sicurezza e l’efficacia a lungo termine della procedura combinata di chiusura dell’auricola sinistra (AuS) e di ablazione della fibrillazione atriale (FA).

Materiali e metodi. Da febbraio 2013 a giugno 2017 sono stati arruolati tutti i pazienti afferenti al nostro Centro per procedura combinata di ablazione transcatetere di FA e chiusura dell’AuS (gruppo 1), confrontati con un gruppo di controllo di pazienti sottoposti a sola ablazione della FA (gruppo 2). In tutti i casi è stato ottenuto l’isolamento delle vene polmonari con radiofrequenza o crioablazione. L’AuS è stata occlusa con i seguenti dispositivi: Watchman, Amplatzer Cardiac Plug o Amulet (ACP). La terapia anticoagulante orale con warfarin o inibitori diretti della trombina o del fattore Xa è stata continuata in tutti i pazienti per almeno 3 mesi dopo l’ablazione di FA (“blanking period”), successivamente è stata sostituita con la doppia antiaggregazione piastrinica a base di aspirina e clopidogrel per altri 3 mesi e successivamente con aspirina 100 mg/die a lungo termine nei pazienti sottoposti a chiusura di AuS. I pazienti sottoposti a sola ablazione della FA, invece, in accordo con le attuali linee guida, hanno continuato la terapia anticoagulante a lungo termine in base al CHA2DS2-VASc score. Il follow-up è stato eseguito con ecocardiografia transesofagea e visita clinica a 3, 6 e 12 mesi dalla procedura. La percentuale di recidiva di FA è stata valutata mediante interrogazione di loop recorder o pacemaker.

Risultati. Complessivamente, sono stati arruolati 42 pazienti, 21 per ciascun gruppo. L’età media era di 66.86 ± 10.35 anni nel gruppo 1 vs 68.42 ± 10.61 nel gruppo 2 (p=NS); il punteggio medio del CHA2DS2-VASc score era 2.8 ± 1.22 nel gruppo 1 vs 2.01 ± 0.93 nel gruppo 2 (p=NS), il punteggio HAS-BLED era 3.2 ± 0.83 nel gruppo 1 vs 3.1 ± 0.95 nel gruppo 2 (p=NS). Una FA persistente è stata riscontrata nell’80% dei pazienti nel gruppo 1 e nell’85% dei pazienti nel gruppo 2. La procedura di chiusura dell’AuS è avvenuta con successo in tutti i pazienti (con dispositivo Watchman in 14, ACP in 7). I tempi procedurali e di fluoroscopia sono stati più brevi nel gruppo 2 (rispettivamente, 68 ± 17 vs 52 ± 15 min, p<0.05; 23 ± 5 vs 18 ± 3 min, p<0.05). Non è avvenuta alcuna complicanza procedurale nel gruppo 2, mentre nel gruppo 1 si è verificato un caso di versamento pericardico lieve a risoluzione spontanea senza necessità di pericardiocentesi e un caso di fistola artero-venosa anch’essa a risoluzione spontanea. Ad un follow-up medio di 14.93 ± 10.05 mesi, è stata documentata una completa chiusura dell’AuS in tutti i pazienti e non si sono verificati casi di dislocazione o eventi tromboembolici. Allo stesso modo non si sono verificate complicanze a lungo termine nel gruppo 2. La tendenza al mantenimento del ritmo sinusale è risultata sovrapponibile nei due gruppi, con una percentuale di recidiva di FA pari al 36% nel gruppo 1 vs 38% nel gruppo 2 (p=NS).

Conclusioni. La procedura combinata di chiusura dell’AuS e ablazione percutanea di FA appare fattibile e sicura in pazienti ad alto rischio tromboembolico ed emorragico.

Parole chiave. Ablazione transcatetere; Chiusura percutanea di auricola sinistra; Fibrillazione atriale; Tromboembolia.

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