Il nuovo position paper sull’organizzazione delle unità di terapia intensiva cardiologica dell’Acute Cardiovascular Care Association (ACCA) della Società Europea di Cardiologia

Un nuovo position paper sull’organizzazione delle unità di terapia intensiva cardiologica (UTIC) è stato pubblicato dall’Acute Cardiovascular Care Association (ACCA) in occasione del congresso della Società Europea di Cardiologia del 20171. Ma perché scrivere un nuovo documento 12 anni dopo la pubblicazione del lavoro di Hasin et al.2, che affrontava lo stesso tema e forniva indicazioni anche molto pratiche per la gestione delle UTIC? Non è ancora spento il ricordo di quanto successo ha avuto il precedente lavoro, in modo particolare in Italia, dove ha stimolato studi clinici3, un’ampia discussione sul futuro delle UTIC3 e le competenze dei cardiologi che vi lavorano4. In fin dei conti il documento precedente disegnava in modo preciso le caratteristiche delle UTIC e dal punto di vista tecnico una buona parte di esso è ancora attuale. In realtà in quest’ultimo decennio molte cose sono cambiate. Prima di tutto la popolazione dei pazienti con malattie cardiovascolari acute, ora più anziani e più complessi per le molteplici comorbilità. Sono cambiate le UTIC stesse (UTIC o, meglio ancora, ICCU, secondo l’acronimo europeo di intensive cardiac care unit) per l’evoluzione tecnologica, la maggiore accuratezza diagnostica delle malattie cardiache acute, lo sviluppo delle reti per l’infarto e l’applicazione sempre più estesa di modelli organizzativi per intensità di cura. Sono cambiati i cardiologi, la cui attività professionale è spesso frammentata in molteplici sotto-specialità – l’interventista, l’elettrofisiologico, l’ecografista, lo specialista dello scompenso, il cardiologo clinico, il cardiologo intensivista, ecc. In realtà è cambiata l’essenza stessa dell’acute cardiac care, ora diventata una branca complessa, ma ben identificata, della medicina cardiovascolare, caratterizzata da diverse intensità dei livelli di assistenza e da una forte multidisciplinarietà5.

La riedizione di questo documento sulle ICCU1 coglie perfettamente questo cambiamento e cerca di governarlo seguendo la missione di ACCA ovvero “migliorare la qualità delle cure e la prognosi dei pazienti con malattie cardiovascolari acute”. Certamente un obiettivo ambizioso se consideriamo l’estrema eterogeneità di risorse tecniche e umane, di competenze cliniche e di modelli organizzativi che l’ACCA White Book6 ha in qualche modo cercato di descrivere. I pazienti ricoverati nelle ICCU di tutta Europa sono affetti da una gamma di patologie più ampia che in passato, hanno spesso condizioni critiche con compromissione multiorgano, e possono richiedere, oltre al tradizionale monitoraggio intensivo, anche una ventilazione non invasiva, una terapia sostitutiva renale, fino ad arrivare all’assistenza meccanica di circolo (Figura 1).




La grande sfida odierna diventa pertanto coniugare la complessità dell’acute cardiac care con l’eterogeneità delle ICCU, tenendo conto delle diverse organizzazioni sanitarie e delle risorse disponibili nei paesi che si riconoscono nelle linee guida europee. Per cercare di risolvere questo dilemma, gli autori hanno per prima cosa identificato il profilo di rischio e di complessità del paziente con cardiopatia acuta e di conseguenza individuato il livello di assistenza che ogni singola patologia cardiaca acuta (o condizione precipitante/aggravante) richiede. Ne segue che un paziente con queste particolari caratteristiche cliniche dovrà essere gestito dove può trovare competenze, tecnologie e personale adatto a soddisfarle. Questo modello, pur senza avere l’ambizione di essere il migliore, deve essere funzionale all’erogazione dei trattamenti supportati dalle evidenze scientifiche e applicabile nei contesti organizzativi più vari. Il paziente è quindi in primo piano. Sono stati poi costruiti tre diversi livelli di gravità o complessità clinica. Partendo da questi è stata definita l’organizzazione funzionale delle ICCU. Questa suddivisione è apparentemente banale, ma consente per qualsiasi malattia cardiovascolare acuta di contestualizzare con precisione i bisogni (competenze, personale sanitario, risorse tecnologiche/ambientali e logistica) necessari a trattarla adeguatamente e a migliorarne la prognosi. Tutto ciò è essenziale per rendere il trattamento di una particolare cardiopatia acuta non solo efficace, ma soprattutto efficiente, grazie all’adeguato utilizzo delle risorse e alla sua sostenibilità economica. Una corretta definizione dei bisogni di cura e dei requisiti necessari a soddisfarli permette poi di collocare le varie ICCU all’interno di una rete ospedaliera, essenziale per gestire l’intera popolazione di un distretto, di una provincia o di una regione e per stabilire a livello governativo dove assegnare le risorse. Una rete adeguata deve rendere possibile il passaggio di pazienti da un centro all’altro secondo l’intensità delle cure richieste e fare in modo che tutti possano accedere al livello indicato dalla gravità della propria patologia all’interno di un determinato territorio geografico. In questo modo ospedali periferici e universitari, o centri terziari e centri di primo livello possono collaborare in modo proporzionale alle proprie risorse. Così viene anche salvaguardato uno dei pilastri ideologici fondamentali del servizio sanitario, quello di favorire e garantire l’equità delle cure, intesa come la risposta migliore ai bisogni di salute di ogni singolo cittadino, indipendentemente da dove si trovi e da quali siano le risorse a disposizione del territorio in cui l’evento cardiovascolare si manifesta. Per fare questo è stato importante creare un gruppo di esperti provenienti da diverse realtà europee, da quelle più evolute a quelle meno favorite come i paesi dell’Europa orientale. Lo scopo di un documento europeo di consenso è infatti quello di promuovere la qualità delle cure in ogni contesto della comunità europea, con l’ambizione di portare il meglio dell’evidenza scientifica nella pratica clinica quotidiana di ogni realtà nazionale.

Ai tre livelli di gravità della patologia cardiovascolare acuta sono stati assegnati tre diversi livelli di ICCU. Le ICCU di I Livello si fanno carico della gestione e del trattamento delle cardiopatie acute con complessità clinica di Livello 1 (Tabella 1). Nella maggior parte dei casi queste ICCU sono dedicate al trattamento dei pazienti con sindrome coronarica acuta, scompenso cardiaco, ma senza shock cardiogeno (o comunque con un quadro di bassa portata, ma in rapido miglioramento dopo il trattamento iniziale), o con aritmie complesse, ma non ad alto rischio di deterioramento emodinamico e di mortalità. Queste ICCU possono anche garantire il monitoraggio dei pazienti dopo particolari procedure interventistiche strutturali o endovascolari, nel caso siano strettamente correlate a un’ICCU di livello più avanzato. Le ICCU di II Livello seguono i pazienti con patologie cardiovascolari acute di Livello 1 e 2. Queste ICCU dovrebbero garantire la gestione dei pazienti con patologie di Livello 1 o con scompenso cardiaco acuto severo, ad alto rischio e con condizioni di bassa portata complicanti altre patologie cardiache acute o croniche. Un’ICCU di II Livello deve avere immediato accesso ad un laboratorio di emodinamica con interventistica coronarica (h24/7). Le ICCU di II Livello sono di solito l’hub di un network dell’infarto miocardico con sopraslivellamento del tratto ST. Le ICCU di III Livello infine sono collocate in ospedali dotati di cardiochirurgia e hanno il compito di assistere i pazienti con patologie cardiovascolari acute con Livello 3 di complessità. Si tratta pertanto di pazienti che hanno condizioni tali da richiedere (o avere alta probabilità di) una ventilazione invasiva, la terapia sostitutiva renale, l’assistenza circolatoria extracorporea o la cardiochirurgia in emergenza. Un’ICCU di III Livello deve essere parte di un ospedale di riferimento e/o universitario in grado di provvedere a tutti i supporti tecnici e clinici indicati per la gestione dei pazienti con patologie cardiovascolari che richiedono il massimo livello di intensità di cura.




Per ognuno di questi livelli, il documento identifica gli obiettivi dell’ICCU stessa, l’organizzazione strutturale e il numero ottimale delle figure professionali necessarie. Si sottolinea inoltre la necessità che il personale medico ed infermieristico sia dedicato ed abbia uno specifico addestramento in acute cardiac care e che l’unità operativa sappia gestire la propria interazione con altri reparti dell’ospedale o con altre ICCU della regione.

Non dimentichiamo comunque, e questo il documento ACCA lo ribadisce con forza, che indipendentemente dal modello organizzativo applicato, l’ICCU rimane un’unità fisica e amministrativa ben identificata all’interno di un ospedale per acuti. Questo richiede a chi vi lavora professionalità, flessibilità, dinamismo, multidisciplinarietà e attitudine al lavoro di squadra. I pazienti con cardiopatia acuta possono facilmente passare da un livello di criticità all’altro, variando il livello di intensità delle cure loro necessario molto rapidamente.

Il position paper ACCA pone un’enfasi particolare sulla necessità che personale che vi lavora riceva una specifica formazione professionale. Per i cardiologi il profilo formativo adatto può essere tarato sul core curriculum di acute cardiac care7. È altrettanto enfatizzata la necessità di un addestramento specifico per gli infermieri, come parte importante dell’eccellenza dell’ICCU. Inoltre le competenze dell’ICCU richiedono capacità di coordinamento con diversi specialisti di altre patologie o con sub-specialisti cardiologi per gestire in modo ottimale l’ampia gamma di cardiopatie acute.

In conclusione, seguendo l’evoluzione che l’acute cardiac care ha attraversato in questi anni, il position paper ACCA sulle ICCU vuole riportare queste strutture funzionali, nate tanti anni fa per la gestione dell’infarto, al centro della scena come sede principale del trattamento di pazienti con cardiopatie acute e motore della rete clinica che modella l’intensità delle cure sulle diverse gravità dei soggetti trattati. Un registro osservazionale promosso dalla stessa ACCA è già in programma. Questo registro valuterà l’applicabilità del modello organizzativo proposto nel mondo reale e verificherà la capacità delle ICCU esistenti di adeguarsi all’evoluzione della casistica e all’avanzata sempre più rapida di tecnologie e trattamenti innovativi.

Gianni Casella1, Maddalena Lettino2

1U.O. Cardiologia, Ospedale Maggiore, Bologna

e-mail: gianni.casella@ausl.bologna.it

2Dipartimento Cardiovascolare

Humanitas Research Hospital, Rozzano (MI)

BIBLIOGRAFIA

1. Bonnefoy-Cudraz E, Bueno H, Casella G, et al. Acute Cardiovascular Care Association. Position paper on Intensive Cardiovascular Care Units. An update on their definition, structure, organization and function. Eur Heart J Acute Cardiovasc Care 2018;7:80-95.

2. Hasin Y, Danchin N, Filippatos GS, et al.; Working Group on Acute Cardiac Care of the European Society of Cardiology. Recommendations for the structure, organization, and operation of intensive cardiac care units. Eur Heart J 2005;26:1676-82.

3. Casella G, Cassin M, Chiarella F, et al.; BLITZ-3 Investigators. Epidemiology and patterns of care of patients admitted to Italian Intensive Cardiac Care units: the BLITZ-3 registry. J Cardiovasc Med 2010;11:450-61.

4. Casella G, Di Pasquale G. Competenza clinica del cardiologo dell’unità di terapia intensiva cardiologica. G Ital Cardiol 2007;8 (5 Suppl 1):16S-24S.

5. Lettino M, Vrints C. Acute cardiovascular care IV. Eur Heart J 2013;34:2717-8.

6. Acute Cardiovascular Care Association - European Society of Cardiology. ACCA White Book 2016: first edition. https://www.escardio.org/static_file/Escardio/Subspecialty/ACCA/Documents/ACCA WB prefinal ED DC Final.pdf [accessed February 15, 2018].

7. Acute Cardiovascular Care Association. ACCA cerification for individuals. certification exam organised by the Acute Cardiovascular Care Association. http://www.escardio.org/Education/Career-Development/Certification/Acute-cardiac-care [accessed February 15, 2018].