Roadmap strategica della Società Italiana
di Cardiologia Interventistica (SICI-GISE):
garantire ai pazienti le terapie appropriate

Giuseppe Tarantini1, Giuseppe Musumeci2, Giovanni Esposito3, Ciro Mauro4, Alessio Gaetano La Manna5,
Ugo Limbruno6, Fabio Felice Tarantino7, Battistina Castiglioni8, Stefano Rigattieri9, Matteo Longoni10,
Alfredo Marchese11, Giulia Masiero1, Alessio Mattesini12, Sergio Berti13, Francesco Saia14

1A.O. Policlinico Universitario di Padova, Centro Gallucci, Padova

2A.O.S. Croce e Carle, Cuneo

3A.O. Universitaria Federico II, Napoli

4A.O.R.N.A. Cardarelli, Napoli

5P.O. Policlinico Gaspare Rodolico, Catania

6Ospedale della Misericordia, Grosseto

7U.O.S. Emodinamica Provinciale, Forlì-Cesena

8Ospedale di Circolo e Fondazione Macchi, Varese

9Ospedale S. Andrea, Roma

10IRCCS Ospedale Universitario San Raffaele, Milano

11Anthea Hospital GVM Care & Research, Bari

12A.O.U. Careggi, Firenze

13Ospedale del Cuore, Fondazione CNR Toscana G. Monasterio, Massa

14A.O. Universitaria di Bologna, Policlinico S. Orsola-Malpighi, Bologna

In comparison with the international scenario, in Italy the penetration of several important scientific and technological innovations in the field of cardiovascular intervention appears to be inadequate both in terms of number of patients treated with respect to the actual need, and inhomogeneity between the different geographical areas of the country. One of the main institutional objectives of the Italian Society of Interventional Cardiology (SICI-GISE) is to develop a roadmap to guarantee homogeneous access throughout the whole national territory to treatments that are recommended by the major international guidelines. The present document focuses on four main areas of cardiovascular intervention: (i) transcatheter treatment of aortic valve stenosis, (ii) percutaneous mitral valve repair, (iii) prevention of cardioembolic stroke through percutaneous left atrial appendage occlusion in patients with non-valvular atrial fibrillation, (iv) optimization of coronary revascularization with the aid of the functional study of coronary lesions. The purpose of this document is to describe the clinical profile and the economic impact of the aforementioned methods, the current clinical, organizational and management barriers to treatment access in the national territory and the possible solutions for overcoming the aforementioned barriers.

Key words. Fractional flow reserve; Percutaneous left atrial appendage occlusion; Percutaneous mitral valve repair; Transcatheter aortic valve implantation.

INTRODUZIONE

I progressi scientifici e tecnologici nel campo dell’interventistica cardiovascolare possono contribuire sensibilmente al miglioramento e al mantenimento dello stato di salute della popolazione. Tuttavia, numerosi ostacoli clinici, logistici, economici od organizzativi possono frapporsi al raggiungimento di questi obiettivi. È pertanto necessario che una leadership dedicata definisca una strategia per garantire un sicuro, effettivo e tempestivo utilizzo dei presidi diagnostico-terapeutici in grado di migliorare la sopravvivenza e la qualità di vita dei pazienti.

Il principale scopo di questo documento, redatto dalla Società Italiana di Cardiologia Interventistica (SICI-GISE), è quello di presentare un piano di azione (roadmap) concreto per garantire l’accesso agli standard di cura in cardiologia interventistica su tutto il territorio nazionale.

GISE rappresenta 271 centri di Emodinamica italiani e 1520 Soci, fra medici e personale tecnico/infermieristico, impegnati nello studio e sviluppo culturale ed operativo dell’Emodinamica e della Cardiologia Interventistica. La stesura di questa roadmap strategica rientra fra gli obiettivi istituzionali di GISE, che sono:

• mettere a disposizione delle Istituzioni i dati di attività raccolti presso i laboratori di Emodinamica italiani al fine di identificare, con i decisori sanitari, eventuali azioni correttive per garantire a tutti i cittadini l’accesso equo e appropriato alle terapie che rappresentano lo “standard di cura”;

• supportare la diffusione delle linee guida ministeriali sulla codifica delle procedure alla luce della ripartenza del Progetto It.DRG da parte dell’Istituto Superiore di Sanità;

• rafforzare la posizione di GISE a livello istituzionale (es. Programma Nazionale Health Technology Assessment, Piano Nazionale Esiti, Commissione Nazionale per l’Aggiornamento dei Livelli Essenziali di Assistenza) e la sua presenza ai tavoli decisionali regionali e nazionali (es. linee guida, gestione del paziente);

• contribuire ad una corretta diffusione a tutti gli interlocutori (decisori e pazienti) delle informazioni sull’impatto clinico, sociale ed economico delle patologie coronariche e strutturali cardiache.

Dal punto di vista pratico, tali obiettivi sono perseguiti nell’ambito del GISE Think Heart, un’iniziativa lanciata alcuni anni fa per promuovere il confronto tra GISE e le istituzioni sanitarie nazionali e regionali su tematiche di politica e gestione sanitaria. L’obiettivo ultimo del progetto è quello di offrire ai cittadini servizi diagnostico-terapeutici efficaci ed appropriati in un sistema sanitario sostenibile. Nel corso dell’ultimo evento GISE Think Heart che si è tenuto il 4 maggio 2018, si ci è focalizzati sui seguenti ambiti di cura:

• il trattamento transcatetere della stenosi valvolare aortica;

• la riparazione percutanea della valvola mitrale;

• la prevenzione dell’ictus cardioembolico nei pazienti con fibrillazione atriale (FA) non valvolare;

• l’ottimizzazione della rivascolarizzazione coronarica.

Per ciascuno degli ambiti sono stati affrontati i seguenti aspetti:

• il profilo clinico e l’impatto economico della patologia;

• le possibili strategie di trattamento;

• le attuali barriere cliniche, organizzative e gestionali per l’accesso alle cure sul territorio nazionale;

• le possibili soluzioni per il superamento di suddette barriere.

Dal confronto con il panorama internazionale, la penetrazione di tali procedure interventistiche in Italia risulta inadeguata sia in termini di numero di pazienti trattati rispetto al reale fabbisogno, sia di disomogeneità tra le aree geografiche del Paese.

Per queste ragioni, GISE propone la definizione di un processo chiaro e con tempistiche definite che garantisca a tutti i pazienti l’accesso a cure ormai ritenute standard secondo le raccomandazioni delle principali linee guida internazionali. L’impegno di GISE è quello di confrontarsi con i soggetti istituzionali interessati per definire il modo in cui tali attività o proposte potranno essere implementate in maniera fattiva e articolata, con l’intento di consentire un reale avanzamento in Italia nel modo di diagnosticare e curare patologie rilevanti, come quelle valvolari, lo scompenso cardiaco o la FA. Una roadmap strategica permetterà di introdurre processi e metodologie trasparenti, fornendo un quadro concettuale per lo sviluppo e l’utilizzo delle tecnologie, e al contempo faciliterà la comunicazione e collaborazione tra – ed all’interno di – referenti istituzionali, società scientifiche e professionali, associazioni di pazienti, partner nazionali e internazionali e altri stakeholders. Obiettivi chiari e governance, forte capacità di gestione del cambiamento e leadership devono essere messi in campo per permettere una certa ed effettiva realizzazione di questo piano d’azione. Concretamente, l’obiettivo di GISE per il prossimo biennio è di portare a compimento, in modo sistematico, le strategie della roadmap di seguito esposte.

TRATTAMENTO TRANSCATETERE DELLA STENOSI AORTICA

Stenosi aortica: inquadramento della patologia e terapie disponibili

La stenosi valvolare aortica è una delle malattie più comuni delle valvole cardiache, solitamente di origine degenerativa ed è causata dalla calcificazione dei tessuti con l’invecchiamento1. In Europa, recenti stime indicano che il 12.4% della popolazione con età >75 anni è affetto da stenosi valvolare aortica e che nel 3.4% dei casi la patologia è classificabile come severa2. La prevalenza della valvulopatia è fortemente correlata all’invecchiamento della popolazione; per questo motivo è plausibile aspettarsi che diventerà un problema di salute pubblica sempre più rilevante3.

La storia naturale della malattia consiste in un lungo periodo di latenza, in cui i sintomi e la mortalità non costituiscono una criticità rilevante. L’insorgenza di sintomi quali angina, dispnea e sincope identifica un’evoluzione critica nella storia naturale della patologia. Una volta che la malattia diventa sintomatica, se non viene trattata in maniera adeguata ed in tempi ragionevoli, è possibile osservare un rapido crollo della sopravvivenza. Infatti, senza trattamento, circa la metà dei pazienti con stenosi valvolare aortica severa sintomatica muore entro 2 anni dalla diagnosi4.

Storicamente, le opzioni terapeutiche disponibili erano la terapia medica, la procedura di valvuloplastica e la procedura di sostituzione chirurgica della valvola aortica (surgical aortic valve replacement, SAVR). Con le tecniche attuali, quest’ultima può essere eseguita sfruttando la tecnica convenzionale (sternotomia) o un approccio di tipo mini-invasivo, con valvole chirurgiche tradizionali, o le più recenti valvole sutureless (“senza suture”), o rapid deployment (“a posizionamento rapido”). In realtà, solamente la SAVR si è dimostrata efficace e duratura nel tempo. Infatti, la terapia farmacologica non è in grado di agire sulla progressione della malattia e sulla sopravvivenza dei pazienti e la valvuloplastica, seppur efficace a breve termine nel ridurre i sintomi, non è in grado di garantire buoni risultati nel medio-lungo periodo e non apporta benefici in termini di sopravvivenza5. Nei pazienti sottoposti a SAVR, invece, è stata rilevata una maggiore sopravvivenza a 5 anni rispetto ai pazienti in trattamento medico6.

Con l’avvento nel 2007 delle tecnologie impiantabili per via transcatetere (transcatheter aortic valve implantation, TAVI) si è assistito ad un graduale cambio di paradigma, che ha visto la procedura di TAVI passare da approccio alternativo alla chirurgia convenzionale (nei casi clinici ad elevato, se non proibitivo, rischio chirurgico) a standard di cura per il trattamento della stenosi valvolare aortica in pazienti a rischio chirurgico aumentato.

La procedura di TAVI prevede l’inserimento di una valvola biologica, realizzata con materiale derivante da pericardio bovino o porcino, per via transcatetere, senza la necessità di ricorrere ad intervento chirurgico tradizionale, circolazione extracorporea e senza la rimozione della valvola nativa. In particolare, l’intervento può avvenire attraverso diverse modalità attraverso: (1) l’introduzione di un catetere nell’arteria femorale, di solito per via percutanea (TAVI transfemorale); (2) l’incisione mini-invasiva del torace a livello del quinto-sesto spazio intercostale con accesso diretto al ventricolo (TAVI transapicale); (3) l’incisione mini-invasiva del torace in mini-sternotomia o in mini-toracotomia con accesso tramite aorta (transaortico); (4) l’accesso chirurgico o percutaneo tramite arteria succlavia (transucclavia); (5) altri accessi (carotide, tronco anonimo, transcavale).

Con questo approccio si possono trattare sia valvole native sia valvole biologiche precedentemente impiantate per via chirurgica e disfunzionanti (valve-in-valve).

I dispositivi medici oggi disponibili per eseguire questa procedura si distinguono principalmente per la modalità di rilascio della valvola da impiantare. Le protesi più comunemente utilizzate sono le protesi espandibili con pallone (balloon-expandable) e le protesi autoespandibili (self-expandable).

Indicazioni all’impianto transcatetere di valvola aortica

Inizialmente, l’indicazione alla TAVI riguardava solo i pazienti con stenosi valvolare aortica severa che, dopo la valutazione da parte di un gruppo clinico multidisciplinare, denominato “Heart Team”, erano classificati ad alto rischio operatorio o inoperabili. È importante sottolineare che la decisione di indirizzare un paziente alla TAVI da parte dell’Heart Team prende in considerazione non solo gli score di rischio operatorio ma molteplici altri fattori come l’età, le comorbilità e specifiche caratteristiche anatomiche e procedurali.

Da alcuni anni l’indicazione al trattamento percutaneo della stenosi valvolare aortica è stata estesa a pazienti classificati a rischio operatorio intermedio, sulla scorta dei risultati favorevoli di trial clinici dedicati e secondo le più recenti linee guida internazionali della Società Europea di Cardiologia/Associazione Europea di Chirurgia Cardio-Toracica (ESC/EACTS), pubblicate nell’autunno 20177. La possibilità di estendere l’approccio transcatetere a questa popolazione di pazienti permette di offrire, da un lato, un trattamento terapeutico sicuro ad una categoria di pazienti che aveva come unica alternativa la procedura di SAVR (eseguita in anestesia generale, sotto circolazione extracorporea, di lunga durata e con un lungo percorso riabilitativo) e, dall’altro, di ridurre i tempi di degenza ospedaliera e il rischio di complicanze procedurali come i sanguinamenti maggiori, la FA e l’insufficienza renale acuta. I tempi di recupero funzionale e sintomatologico sono, in genere, più rapidi ed i pazienti riferiscono un miglioramento della qualità di vita maggiore rispetto ai soggetti sottoposti all’intervento chirurgico tradizionale.

Con riferimento alle nuove linee guida europee, la scelta tra TAVI e SAVR deve basarsi sulla valutazione del rischio individuale del paziente e sui benefici conseguenti all’intervento, sul livello di esperienza degli operatori e sugli outcome attesi. L’intervento chirurgico è raccomandato nei pazienti a basso rischio chirurgico (STS [Society of Thoracic Surgeons] risk score o EuroSCORE II <4% o EuroSCORE I logistico <10% e l’assenza di altri fattori di rischio come la fragilità del paziente, l’aorta a porcellana, ecc.), con classe di raccomandazione I e livello di evidenza B. L’intervento transcatetere è raccomandato nei pazienti non operabili secondo la valutazione dell’Heart Team (classe di raccomandazione I, livello di evidenza A). Nei pazienti a rischio chirurgico “aumentato” (inclusi sia i pazienti a rischio intermedio sia i pazienti ad alto rischio, ovvero i pazienti con STS risk score, EuroSCORE II ≥4% o EuroSCORE I logistico ≥10% o altri fattori di rischio non inclusi in questi score come la fragilità del paziente, l’aorta a porcellana, ecc.) la scelta tra SAVR e TAVI viene demandata all’Heart Team e deve considerare le caratteristiche del singolo paziente, favorendo la tecnica transcatetere nei pazienti anziani che possano essere sottoposti alla procedura transfemorale. È opportuno segnalare che sono stati appena presentati, e pubblicati simultaneamente, i risultati degli studi PARTNER 38 ed Evolut Low Risk9 che hanno confrontato TAVI e SAVR in pazienti a basso rischio operatorio. Entrambi gli studi hanno documentato la non inferiorità della TAVI rispetto alla SAVR e il PARTNER 3 addirittura la superiorità a 12 mesi della TAVI in termini di riduzione dell’endpoint combinato di morte, ictus e riospedalizzazione. È quindi verosimile che nel prossimo futuro le indicazioni alla TAVI saranno estese anche a questo sottogruppo di pazienti, numericamente consistente. Qualsiasi stima attuale del fabbisogno di TAVI sarà probabilmente sottodimensionata rispetto alle esigenze reali nel futuro prossimo.

La diffusione della procedura di impianto transcatetere di valvola aortica nella pratica clinica italiana

In base al modello epidemiologico pubblicato da Osnabrugge et al.10 (Figura 1) condiviso dalla comunità scientifica, applicato alla popolazione italiana (ISTAT 2016), è possibile stimare che in Italia circa il 3.4% della popolazione ultra 75enne è affetto da stenosi aortica severa, e di questi il 75.6% risulta sintomatica. Stratificando la popolazione in base al livello di rischio (in accordo con l’STS risk score) è possibile stimare un bacino potenziale di pazienti candidabili a TAVI di circa 34 000 individui classificati come inoperabili o ad alto rischio, e circa 16 500 pazienti a rischio intermedio. Anche altre stime più recenti11, applicando criteri diversi e con risultati numericamente differenti, giungono comunque al medesimo risultato che indica uno scollamento netto tra fabbisogno (circa >15 000) e numero di procedure di TAVI attualmente eseguite (5528 nel 2017).

I dati di attività della Cardiologia Interventistica italiana12, raccolti e messi in comunicazione da GISE, consentono di analizzare il trend di diffusione che la TAVI ha avuto e sta avendo nel nostro Paese (Figura 2). Dai primi impianti eseguiti a cavallo degli anni 2007 e 2008, la diffusione di questa tecnologia nel nostro Paese ha subito una crescita lineare, con andamento sempre più pronunciato soprattutto a partire dal 2015. Dalle analisi emerge come in Italia l’approccio transcatetere abbia una diffusione molto eterogenea tra le Regioni, con una maggiore penetrazione soprattutto nelle regioni del Nord (Figura 3). Inoltre, se confrontiamo il trend di diffusione del trattamento dall’anno della sua introduzione ad oggi (2007-2017) con il bacino potenziale di pazienti che potrebbero beneficiare della terapia, si osserva un tasso di adozione di circa il 50%. Tale sottoutilizzo della procedura è evidente anche dal confronto con la media delle procedure eseguite in altri paesi europei (Figura 4).







Le barriere di accesso alla procedura di impianto transcatetere di valvola aortica in Italia e le soluzioni proposte da GISE

Numerosi ostacoli di natura finanziaria, organizzativa e clinica si oppongono ad una diffusione appropriata della TAVI in Italia (Tabella 1). Per arginare queste problematiche, le proposte che GISE intende mettere in pratica a tutela dei pazienti e del loro stato di salute e per garantire loro le cure più appropriate, sono cinque. Alcune di queste riguardano un ambito specifico (finanziario, organizzativo o clinico), altre sono di interesse per più aree e sono riassunte nella Tabella 2.




RIPARAZIONE PERCUTANEA DELLA VALVOLA MITRALE

L’insufficienza mitralica e il suo trattamento

L’insufficienza mitralica (IM) è la più frequente patologia valvolare nel mondo occidentale3. La complessità dell’apparato valvolare mitralico, la cui corretta funzione dipende dall’insieme di lembi, anello e apparato sottovalvolare, fa sì che l’insufficienza valvolare possa essere primaria (ovvero svilupparsi in presenza di un’alterazione organica a carico della valvola) oppure secondaria (ovvero conseguente a malattia del ventricolo sinistro con disfunzione valvolare definita funzionale, cioè in assenza di un’alterazione primitiva della valvola). L’IM funzionale è pertanto estremamente frequente nei pazienti con scompenso cardiaco e questo rende ragione del suo enorme impatto epidemiologico e clinico. Oggi in Italia si stima che 600 000 pazienti siano affetti da IM moderata/severa12-14, mentre solo l’1.5% dei pazienti riceve un trattamento mirato.

L’IM è una patologia che può avere un forte impatto sulla vita del paziente riducendo la capacità di svolgere compiti semplici e quotidiani (come alzarsi dal letto o fare le scale), oltre a creare disagi fisici, emotivi e sociali che incidono sulla qualità di vita e sulla vita sociale e familiare del paziente15.

Tra le opzioni terapeutiche disponibili, l’approccio chirurgico, sotto forma di riparazione o sostituzione della valvola mitrale, è il “gold standard” per il trattamento dell’IM severa e sintomatica16. Molti pazienti sintomatici con IM però, soprattutto funzionale, non vengono sottoposti a chirurgia riparativa o sostitutiva a causa degli elevati rischi procedurali (Figura 5)17,18. Nei pazienti ad alto rischio operatorio in cui la terapia medica tradizionale non è più sufficiente al controllo dei sintomi, la riparazione transcatetere si è affermata come una valida alternativa terapeutica. Questo approccio è mini-invasivo e prevede l’avanzamento di una clip fino alla valvola mitrale attraverso un sistema introdotto dalla vena femorale. La clip aggancia ed unisce i lembi valvolari, creando una valvola con doppio orifizio e riducendo così l’IM.




Riparazione transcatetere della valvola mitrale: perché oggi può essere definita “standard of care”

La MitraClip è stato il primo dispositivo per la riparazione transcatetere della valvola mitrale introdotto sul mercato. Dotato di marchio CE e approvazione negli Stati Uniti da parte della Food and Drug Administration, il suo utilizzo è previsto dalle linee guida societarie (ESC, ESC/EACTS, American College of Cardiology/American Heart Association [ACC/AHA])7,19,20 e da un documento di consenso italiano per il trattamento dell’IM sia primaria che secondaria21.

Diversi studi hanno dimostrato che la riparazione valvolare mitralica con sistema MitraClip riduce i sintomi22-24, migliorando la qualità di vita dei pazienti25: a 5 anni dalla procedura, il 90% dei pazienti risulta essere in classe funzionale NYHA I/II22.

Le prove di efficacia e sicurezza della MitraClip derivano da più di 1000 pubblicazioni con un follow-up sino a 5 anni. Nello studio TRAMI, il successo procedurale con MitraClip è stato ottenuto nel 97% dei casi26. In uno studio retrospettivo su pazienti con IM funzionale condotto da Giannini et al.27, la sopravvivenza a 3 anni nei pazienti trattati con MitraClip è risultata superiore a un gruppo di controllo di pazienti simili trattati solo con terapia medica. L’80% dei pazienti sottoposti a MitraClip ha riportato una significativa riduzione in acuto dell’IM e un tasso di mortalità post-procedurale di solo il 3%28.

Di recente sono stati pubblicati due importanti trial randomizzati sull’impiego della MitraClip nell’IM funzionale: MITRA-FR29 e COAPT30. I risultati apparentemente conflittuali di questi trial, il primo negativo (effetto neutro della MitraClip) e il secondo fortemente positivo (riduzione mortalità e nuove ospedalizzazioni per scompenso cardiaco in pazienti trattati con MitraClip) offrono in realtà tutti gli elementi utili per selezionare al meglio i pazienti da avviare a riparazione mitralica percutanea e coloro nei quali questa terapia sarà verosimilmente futile. Il COAPT fissa inoltre degli standard qualitativi in termini di risultati procedurali ai quali operatori e centri devono tendere per ottenere i risultati clinici sperati. I tassi di incidenza più favorevoli in termini di recidiva di scompenso cardiaco e mortalità a 2 anni nel gruppo trattato con MitraClip dello studio COAPT potrebbero infatti essere correlati ai diversi criteri di inclusione (rispetto al trial MITRA-FR, è stata analizzata una popolazione con IM più severa, area dell’orifizio rigurgitante effettiva media maggiore e minore dilatazione ventricolare sinistra), all’esecuzione di una rigorosa selezione clinica e strumentale dei pazienti arruolati, all’avvenuta verifica della titolazione massimale della terapia medica all’arruolamento e durante lo studio, al coinvolgimento di centri a maggior volume operatorio ed esperienza con una minore percentuale di recidiva di IM moderato-severa al follow-up. I dati del trial COAPT dimostrano che30:

• il trattamento con MitraClip, associato alla terapia medica, riduce del 47% il tasso di ospedalizzazione per insufficienza cardiaca a 2 anni rispetto alla sola terapia medica (tasso annualizzato del 67.9% vs 35.8%);

• il trattamento con MitraClip riduce del 38% la mortalità per tutte le cause a 2 anni (dal 46.1% dei pazienti nel gruppo di controllo al 29.1% nel gruppo di pazienti trattati con MitraClip);

• a 1 anno, il tasso di complicanze correlate al dispositivo era <5%;

• la MitraClip si associa ad una significativa riduzione della severità dell’IM e della classe NYHA (72% dei pazienti in classe NYHA II a 12 mesi);

• il trattamento con MitraClip fornisce un sostanziale miglioramento nella percezione dello stato di salute da parte dei pazienti, misurato dal punteggio di qualità della vita del Kansas City Cardiomyopathy Questionnaire e dalla capacità funzionale a 1 anno.

Da un punto di vista di impatto economico, la MitraClip presenta un profilo costo-efficace. Secondo diversi studi, questa tecnologia rappresenta una soluzione efficace ed efficiente dell’utilizzo delle risorse sanitarie: i costi iniziali associati alla procedura sono compensati da sostanziali benefici a lungo termine. I pazienti trattati con MitraClip presentano una durata di degenza media inferiore (2.6 giorni) se confrontata a quella per la procedura chirurgica (7.5 giorni)22. Dopo l’impianto della clip inoltre si registra una percentuale inferiore di ospedalizzazioni per scompenso cardiaco, sia che si tratti di IM prevalentemente organica (70%)23 o IM funzionale28 che di IM funzionale in pazienti con scompenso cardiaco in fase terminale31. Secondo uno studio “real-world” italiano, la MitraClip combinata alla terapia medica è risultata costo- efficace rispetto alla sola terapia medica32. Altro elemento importante emerso dagli studi è legato alla riduzione dei costi post-intervento poiché la maggior parte dei pazienti può rientrare a casa senza necessità di ulteriore riabilitazione fisica33,34.

Riparazione transcatetere della valvola mitrale: diffusione nella pratica clinica italiana

Nel 2017 l’Italia, rispetto al resto dell’Europa, ha visto una stabilità in termini di numero di impianti della clip rispetto al 2016 (Figura 6). In particolare, secondo i dati GISE, sono state eseguite 879 procedure di riparazione transcatetere della valvola mitrale (Figura 7). Un’ulteriore analisi dei dati permette di notare la disomogeneità tra le regioni (Figura 8). Nel corso del 2017, la Toscana ha quasi raddoppiato gli interventi con la clip (+86%) e anche l’Emilia Romagna ha registrato un incremento dell’attività (+17%). Anche per il 2017, la Lombardia si conferma la regione con il maggior numero di procedure eseguite per milione di abitanti, seguita dalla Campania. Tali numeri evidenziano il sottoutilizzo (nel 2017 14.5 MitraClip/1 milione di abitanti contro ad esempio 43.0 in Svizzera e 77.3 in Germania – dati Abbott) e la disomogeneità di accesso alla procedura. Le disparità di impiego che ad oggi osserviamo non dovrebbero essere così marcate come effettivamente si presentano, soprattutto in presenza di linee guida specifiche7,19,20.







Barriere e soluzioni proposte da GISE

Affinché si intervenga in maniera determinante sul sotto-trattamento della patologia e si riducano le disparità regionali di accesso alla terapia percutanea di riparazione della valvola mitrale, GISE ha individuato i principali ostacoli finanziari, organizzativi e clinici cui il nostro sistema sanitario dovrebbe fare fronte (Tabella 3). Le soluzioni operative che GISE propone in questo specifico ambito sono riassunte nella Tabella 4. L’impegno di GISE, al fine di diffondere e garantire un sicuro, effettivo e tempestivo utilizzo di questa terapia, è iniziato nel 2016 con l’istituzione del Registro GIOTTO35. Questo Registro ha l’obiettivo di creare evidenze cliniche grazie alla raccolta di dati “real-world” coinvolgendo 22 centri nazionali. L’arruolamento dei pazienti è ancora attivo ma, già ad oggi, risultano arruolati 1177 pazienti in 32 mesi. I dati raccolti forniranno un quadro preciso su caratteristiche cliniche e procedurali e sui risultati clinici a breve e lungo termine (fino a 5 anni) suddivisi per eziologia ed incluso il tasso di riospedalizzazione. I primi risultati estratti sono stati presentati nel 2018 e sono relativi a pazienti di età media 75 anni, EuroSCORE II medio pari a 7% ed affetti nel 68% dei casi da IM funzionale e funzione sistolica ventricolare sinistra <35%. Il successo procedurale (definito come grado di IM residuo <2) è stato conseguito nel 96% dei pazienti in seguito all’impianto di due dispositivi in media, mentre nel 3.6% dei pazienti sono state registrate complicanze quali tamponamento cardiaco, aritmie maggiori, shock cardiogeno, complicanze vascolari fino alla conversione alla chirurgia. La mortalità registrata a 30 giorni è stata pari al 3% riconducibile in minima parte a complicanze procedurali ed in maggior percentuale al quadro avanzato di cardiopatia e alle numerose comorbilità35.







Nel 2017 GISE, grazie a due pubblicazioni, ha continuato il percorso di sensibilizzazione sulla terapia approfondendo gli aspetti legati all’accesso alla terapia, all’impatto economico36 e alle indicazioni, queste ultime condivise con altre Società Scientifiche del Sud Europa37.

Nel corso del 2018, GISE ha predisposto una survey (somministrata a tutti gli associati nel periodo aprile-maggio 2018) che aveva come obiettivo quello di capire se esista una rete GISE sulla gestione dei pazienti con IM con particolare riferimento alla riparazione percutanea della valvola mitrale, evidenziare “i canali” di invio ai centri di riferimento e quali possano essere gli ostacoli che impediscono ai pazienti candidabili alla procedura di essere indirizzati ai centri di riferimento. I risultati, presentati durante il Congresso GISE 2018, hanno mostrato come, pur conoscendo le potenzialità e le caratteristiche della procedura, i centri referral indirizzino alla riparazione percutanea solo il 75% dei pazienti (il 53% 2-3 pazienti annui). I motivi principali dichiarati per il mancato invio sono stati “pazienti ritenuti non idonei alla riparazione” (35%) e “scarsa fiducia nella terapia” (20%). Per quanto riguarda invece i centri che svolgono la procedura (n = 144), il 44% ha dichiarato di svolgere tra le 11 e le 20 procedure annue e il 60% di aver attivato il centro da più di 3 anni. Grazie ai risultati della survey è emerso quanto sia importante e necessario, al fine di garantire il miglior trattamento ai pazienti, che GISE faciliti la creazione di una rete tra professionisti: un network che permetta un confronto costante e una formazione continua. La “rete GISE” dovrebbe essere gestita tramite strumenti condivisi (es. una scheda di screening che il centro referral invia al centro di riferimento per la valutazione del paziente), avere una struttura organizzativa chiara in termini di attività da poter svolgere (requisiti organizzativi e ruolo) e poter operare con sistemi informativi che garantiscano flussi di informazioni accessibili all’interno del network (Tabella 4).

LA PREVENZIONE DELL’ICTUS CARDIOEMBOLICO NEI PAZIENTI CON FIBRILLAZIONE ATRIALE NON VALVOLARE

Fibrillazione atriale e rischio di ictus

La FA è la forma più comune di aritmia e colpisce circa 33 milioni di persone nel mondo, pari all’1-2% della popolazione38. In Italia, le persone affette da FA sono circa 850 000. Si prevede che tale incidenza raddoppierà nei prossimi 50 anni a causa del progressivo invecchiamento della popolazione. La FA è un importante fattore di rischio e comporta un aumento delle probabilità di ictus di 5 volte rispetto alla popolazione generale39. Si stima che la FA sia responsabile di circa il 15% di ictus e del 20% di ictus ischemici. L’ictus genera costi considerevoli: è stato stimato infatti che il Sistema Sanitario italiano sostiene una spesa per paziente pari a circa 20 000/anno a cui aggiungere i costi sociali a carico della famiglia e della collettività pari a circa 30 000/anno40.

Il 90% dei coaguli che danno origine ad un ictus nei pazienti affetti da FA si formano nell’auricola sinistra41. Il rischio di formazione di coaguli può essere tenuto sotto controllo tramite la somministrazione a lungo termine di anticoagulanti. Tuttavia, una parte rilevante dei pazienti con FA presenta controindicazioni assolute o relative agli anticoagulanti e anche nei trial con i nuovi anticoagulanti orali circa il 20% dei pazienti interrompeva la terapia durante il follow-up42.

Chiusura percutanea dell’auricola sinistra

Una nuova opzione per pazienti che non hanno alternativa terapeutica

La chiusura percutanea dell’auricola sinistra (left atrial appendage occlusion, LAAO) rappresenta un’alternativa alla terapia farmacologica nei pazienti affetti da FA e con controindicazioni agli anticoagulanti. Si tratta di una metodica percutanea minimamente invasiva con numerose evidenze di sicurezza ed efficacia. Ad oggi sono stati sviluppati diversi dispositivi per la chiusura dell’auricola sinistra, tutti basati su tecniche di cateterismo per via percutanea. La procedura prevede la puntura del setto interatriale per raggiungere l’atrio sinistro e l’auricola dalla vena femorale e l’impianto di un dispositivo che occlude completamente l’auricola. L’intervento viene eseguito in anestesia generale o sedazione profonda e richiede almeno un giorno di ricovero.

Tale procedura è prevista dalle linee guida europee in pazienti con rischio tromboembolico alto che non possano essere sottoposti a terapia anticoagulante orale a lungo termine (classe di raccomandazione IIb, livello di evidenza B)43. Le linee guida americane raccomandano la procedura LAAO nei pazienti con FA non valvolare che siano ad alto rischio di ictus, con controindicazione alla terapia farmacologica con warfarin o che siano alla ricerca di un’alternativa alla terapia con warfarin a lungo termine. Nel 2016 il Centro per i Servizi Medicaid/Medicare americano (CMS) ha stabilito il rimborso a livello nazionale per la procedura LAAO44. Inoltre, il CMS, al fine di garantire un uso sicuro ed efficace del dispositivo, richiede agli operatori di seguire il periodo di formazione come indicato dal produttore, prima di eseguire la procedura e di effettuare, nell’arco di 2 anni, almeno 25 procedure cardiache interventistiche (12 delle quali dovrebbero essere LAAO) che comportino la puntura transettale attraverso un setto intatto.

In Italia, nel 2016, è stato pubblicato un documento di consenso ANMCO/AIAC/SICI-GISE/SIC/SICCH sulla LAAO in pazienti con FA non valvolare. Tale documento riporta che “negli ultimi anni il dispositivo di chiusura percutanea ha mostrato la sua non inferiorità rispetto alla terapia anticoagulante nella prevenzione di eventi tromboembolici, con in più il vantaggio del minore tasso di eventi emorragici”45. Secondo le linee guida cliniche nazionali e internazionali, il rischio di ictus e le controindicazioni al trattamento farmacologico sono i due fattori più comuni di eleggibilità per la procedura LAAO (Tabella 5)43-51. Oltre a queste raccomandazioni di carattere clinico, si segnalano i report di Health Technology Assessment elaborati dal NICE (National Institute of Health and Clinical Excellence, Department of Health UK)49 e dal CADTH (Canadian Agency for Drugs and Technologies in Health)52. In essi si afferma la validità clinica della procedura e se ne suggerisce l’impiego in prevenzione primaria per il trattamento di pazienti affetti da FA non valvolare ad alto rischio di ictus e sanguinamenti maggiori, per i quali sia controindicata l’assunzione della terapia anticoagulante orale. Nel 2016, la Francia ha pubblicato le linee guida nazionali per il rimborso della procedura LAAO nei pazienti con punteggio CHA2DS2-VASc ≥4 e con controindicazione permanente alla terapia anticoagulante orale50.




Sotto il profilo economico sono stati effettuati diversi studi confrontando, in termini di costo-efficacia, la procedura LAAO con il dispositivo WATCHMANTM, la terapia con warfarin e la terapia con i nuovi anticoagulanti orali, per la riduzione del rischio di ictus nei pazienti con FA non valvolare in diversi paesi e in diversi contesti socio-sanitari. Dai risultati è emerso che la procedura comporta benefici sia clinici sia economici nel lungo periodo. Ad esempio, Reddy et al.53 hanno dimostrato che la procedura è costo-efficace rispetto a dabigatran a 5 anni e rispetto ad apixaban a 6 anni, mentre dopo 10 anni la LAAO risulta più efficace e meno costosa rispetto alle 4 opzioni di trattamento farmacologico: warfarin, dabigatran 150 mg, apixaban e rivaroxaban. In ambito italiano, Jommi et al.54 hanno condotto uno studio con l’obiettivo di valutare l’impatto economico a 5 anni della procedura LAAO nei pazienti affetti da FA non valvolare. I risultati dimostrano che la terapia anticoagulante ha un costo cumulativo per paziente più elevato rispetto al dispositivo ( 18 692 vs 11 871) e suggeriscono che il costo della procedura (più elevato rispetto ad 1 anno di terapia anticoagulante) viene ammortizzato nel tempo.

Analisi comparativa Italia ed Europa

Secondo i dati GISE, in Italia nel 2017 sono state eseguite 746 procedure LAAO (12 per milione di abitanti), il che corrisponde ad un volume procedurale 5.2 volte inferiore rispetto alla Germania, 4 volte inferiore rispetto alla Svizzera e 2.4 volte inferiore rispetto alla Danimarca (Figura 9)12,45 (per Italia e Belgio – dati 2017, per Svizzera – dati 2015, per tutti gli altri paesi – dati 2016. Fonti: GISE [Italia], Destatis [Germania], ATIH [Francia], Warsaw Course on Cardiovascular Intervention annual presentation [Polonia], BCIS – dati di controllo nazionali [UK], BSC analisi interne [Danimarca, Belgio, Norvegia, Paesi Bassi, Russia], EHRA White Book [tutti gli altri paesi]; World Bank [dati sulla popolazione per paese]). Questo “bisogno insoddisfatto” si traduce in eventi avversi e in costi evitabili. Analizzando il solo contesto italiano, è chiaro come sia rilevante anche la disparità di accesso alla procedura LAAO tra le varie regioni italiane (Figura 10).

Ostacoli ad una diffusione appropriata e le soluzioni proposte da GISE

I principali ostacoli (Tabella 6) da superare per un appropriato ricorso alla LAAO riguardano certamente il corretto indirizzamento dei pazienti, innanzitutto dal territorio all’ospedale e poi, all’interno dell’ospedale, tra i vari reparti specialistici. Esiste poi la necessità di educare pazienti ed operatori sanitari al concetto di “trattamento del rischio” – e non solo del sintomo – particolarmente difficile in condizioni cliniche quali la FA. Un’altra ragione della scarsa diffusione della procedura LAAO è il rimborso insufficiente. Il rimborso per il codice DRG generalmente utilizzato per questa procedura è molto basso e copre solo il costo della procedura. In 10 regioni d’Italia è prevista una tariffa più alta rispetto alla tariffa ministeriale di 3962, ma soltanto in una regione (Emilia Romagna) l’extra-DRG garantisce un rimborso sufficiente55.

Perché venga assicurato ai pazienti un accesso equo a una terapia sicura ed efficace, l’intervento che GISE propone di implementare si snoda attraverso tre chiari obiettivi operativi in tema di rimborso, percorso del paziente e indicazioni cliniche (Tabella 7). Per quanto riguarda il piano delle azioni specifiche, sono state definite o/e intraprese le seguenti attività:

• è stata avviata una interlocuzione GISE-Regione Lombardia con l’obiettivo di ottenere un adeguato rimborso della procedura LAAO;

• nel corso del 2019 si terranno 10 workshop per un appropriato indirizzamento dei pazienti a LAAO, con focus su referrals – specialità cliniche locali.










OTTIMIZZAZIONE DELLA RIVASCOLARIZZAZIONE CORONARICA

Patologia coronarica e tecnica diagnostica FFR: perché oggi può essere definita “standard of care”

Oggi il 40% della mortalità nel nostro Paese è correlata a patologie cardiovascolari, e la più comune causa di morte tra le malattie cardiovascolari è la cardiopatia ischemica. Nonostante l’impatto socio-economico di questa patologia, la gestione terapeutica dei pazienti resta, ad oggi, molto eterogenea non garantendo, quindi, un’ottimizzazione del percorso diagnostico-terapeutico del paziente ma aumentando il rischio di trattamenti inappropriati con un impatto sia sulla qualità di vita del paziente, sia dal punto di vista economico per il sistema sanitario e, più in generale, per la società.

Oggi, al fine di ridurre al minimo la possibilità di eventi avversi (trombosi di stent, restenosi, ecc.), sono disponibili tecniche che consentono di incrementare il livello di “precisione” con il quale selezionare i pazienti candidabili ad angioplastica coronarica e di conseguenza la sua appropriatezza. Una di queste è l’uso della guida coronarica per la misurazione della riserva frazionale di flusso (fractional flow reserve, FFR) ovvero un dispositivo che permette la misurazione dell’indice funzionale, ben validato e basato sull’evidenza, in grado di valutare la severità funzionale di una stenosi di un vaso coronarico epicardico. Grazie ai comprovati benefici clinici, derivanti da numerosi studi56-58, la misurazione della FFR è inserita nelle linee guida ESC/EACTS con il massimo livello di raccomandazione ed evidenza (IA) e in quelle statunitensi con livello di raccomandazione IIa59,60. Insieme ai benefici in termini di outcome clinici, l’utilizzo di queste tecniche di misurazione porta ad una riduzione dei costi guidata da una migliore appropriatezza del trattamento di lesioni coronariche grazie ad una riduzione del numero di rivascolarizzazioni non necessarie61-63.

La tecnica FFR e la sua diffusione nella pratica clinica italiana

L’Italia risulta uno dei paesi con il minore utilizzo della FFR nella pratica clinica se confrontata con gli altri paesi europei. Nel 2017 in Italia si è registrata la più bassa percentuale di utilizzo della FFR tra i 16 paesi europei considerati (Figura 11). Sempre nel 2017, in Italia la FFR è stata usata nell’8% dei casi di angioplastica coronarica, il che corrisponde a 4.5 volte in meno rispetto ai paesi con il più alto tasso di utilizzo (Danimarca e Paesi Bassi) e 2 volte in meno rispetto alla mediana del 14%. In Italia, secondo i dati GISE, nel 2017 la FFR è stata utilizzata per la valutazione di 11 850 pazienti, con un incremento di circa l’8% rispetto all’anno precedente (Figura 12). Sempre analizzando i dati raccolti nei centri GISE, è possibile notare come esistano differenze cliniche e organizzative da regione a regione, da ospedale a ospedale e quindi da paziente a paziente come si evince dalla Figura 13.

A livello nazionale, la FFR viene utilizzata nel 7.6% delle procedure di angioplastica coronarica. Nel 2017 il Friuli Venezia Giulia è stata la regione con la maggior diffusione della FFR nella pratica clinica (16.6%), mentre la Calabria è stata quella che ha eseguito meno procedure di angioplastica coronarica con il supporto della FFR (3.1%), in linea con la media nazionale, Molise (8%), Sardegna (7.6%), Piemonte (6.9%) e Sicilia (6.5%). Tuttavia la disparità di impiego che ad oggi osserviamo non dovrebbe essere così marcata soprattutto in presenza di linee guida specifiche59.

Barriere e soluzioni proposte da GISE

Nonostante la misurazione della FFR rientri nelle linee guida con massima evidenza e sia già introdotta nella pratica clinica, si è di fronte a un’inadeguatezza nella diffusione in termini sia di numero di casi trattati rispetto al reale fabbisogno, sia di significative disparità tra le varie aree geografiche del Paese.

Recentemente è stato pubblicato lo studio ERIS secondo il quale per la maggior parte degli operatori (39.3%) le informazioni cliniche e angiografiche sono sufficienti per valutare la severità della stenosi64. Oltre a queste barriere di tipo tecnico-culturale, per la FFR si sono individuati altri ostacoli – principalmente di matrice finanziaria/amministrativa – che ridurrebbero una diffusione appropriata della metodica (Tabella 8). Perché venga assicurato ai pazienti un accesso equo a una terapia sicura ed efficace, l’intervento che GISE si propone di implementare si snoda attraverso tre chiari obiettivi operativi in tema di rimborso, percorso del paziente e indicazioni cliniche (Tabella 9).

Attualmente GISE, a livello nazionale, ha già intrapreso delle attività “istituzionali” attivando il dialogo GISE-Agenas allo scopo di procedere all’inserimento della FFR tra gli indicatori del Programma Nazionale Esiti e ottenere un codice procedurale al fine di tracciarne l’utilizzo tramite le schede di dimissione ospedaliera.













RIASSUNTO

Dal confronto con il panorama internazionale appare evidente come in Italia la penetrazione di alcune importanti innovazioni scientifiche e tecnologiche nel campo dell’interventistica cardiovascolare risulti inadeguata sia in termini di numero di pazienti trattati rispetto al fabbisogno, sia di disomogeneità tra le varie aree geografiche del Paese. Uno dei principali obiettivi istituzionali dalla Società Italiana di Cardiologia Interventistica (SICI-GISE) è quello di presentare un piano d’azione (roadmap) concreto per garantire l’accesso su tutto il territorio nazionale a cure ormai ritenute standard secondo le raccomandazioni delle principali linee guida internazionali. Questo documento è incentrato su quattro principali ambiti di cura dell’interventistica cardiovascolare: (1) il trattamento transcatetere della stenosi valvolare aortica, (2) la riparazione percutanea della valvola mitrale, (3) la prevenzione dell’ictus cardioembolico mediante chiusura percutanea dell’auricola sinistra nei pazienti con fibrillazione atriale non valvolare, e (4) l’ottimizzazione della rivascolarizzazione coronarica con ausilio dello studio funzionale delle lesioni coronariche. Lo scopo del documento è quello di descrivere il profilo clinico e l’impatto economico delle suddette metodiche, le attuali barriere cliniche, organizzative e gestionali per l’accesso alle cure sul territorio nazionale e le possibili soluzioni per il superamento di tali barriere.

Parole chiave. Chiusura percutanea dell’auricola sinistra; Impianto transcatetere di valvola aortica; Riparazione percutanea della valvola mitrale; Riserva frazionale di flusso.

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