Uso dell’ecografia intravascolare
nella valutazione e nel trattamento percutaneo
della malattia del tronco comune

Rocco Vergallo1, Giovanni Luigi De Maria2, Gianmarco Annibali3, Domenico D’Amario1,
Mattia Galli1, Italo Porto4

1Dipartimento di Scienze Cardiovascolari e Toraciche, Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS, Roma

2Oxford Heart Centre, Oxford University Hospitals, NHS Trust, Oxford, UK

3Dipartimento di Cardiologia, Policlinico Casilino, Roma

4Unità di Cardiologia, Dipartimento di Medicina Interna, IRCCS, AOU San Martino IST, Università degli Studi, Genova

Left main coronary artery (LMCA) disease is a pathological condition of great clinical relevance due to its significant impact on both morbidity and mortality of patients with ischemic heart disease. Due to its bidimensional nature, angiography does not enable an accurate evaluation of the extension, distribution and morphology of LMCA disease. Intravascular ultrasound (IVUS) is the invasive imaging modality of choice for the evaluation of LMCA disease, due to its ability to accurately characterize atherosclerotic disease in all the segments of LMCA bifurcation (including LMCA ostium). IVUS is therefore useful in each step of LMCA procedures: (i) to assess stenosis severity and to evaluate the need for revascularization; (ii) to select the appropriate treatment strategy of LMCA bifurcation (e.g. single vs two stents); (iii) to guide all steps of percutaneous coronary intervention (PCI) (e.g. lesion preparation, decision of the landing zone, stent sizing, proximal optimization, side branch rewiring, kissing balloon); (iv) to optimize stent result (e.g. expansion, apposition, geographical miss, major dissections). Although data obtained from randomized clinical trials are limited, several meta-analyses and registry studies suggest the superiority of IVUS-guided LMCA PCI as compared with LMCA PCI guided by angiography alone in terms of mortality, non-fatal myocardial infarction, stent thrombosis, restenosis, and target lesion revascularization.

Key words. Intravascular ultrasound; Left main coronary artery; Percutaneous coronary intervention.

INTRODUZIONE

La stenosi del tronco comune (TC) è una condizione patologica di particolare rilevanza per il cardiologo interventista in quanto, sebbene relativamente meno frequente rispetto alla malattia aterosclerotica stenosante dei restanti segmenti coronarici (es. ~4% delle coronarografie diagnostiche), ha un importante impatto sulla morbilità e mortalità dei pazienti con cardiopatia ischemica1. La prognosi di una stenosi significativa del TC è generalmente considerata sfavorevole, in considerazione del fatto che il TC rappresenta il segmento coronarico che sottende, in assoluto, alla maggior quota di miocardio ventricolare sinistro (es. ~80% in pazienti con dominanza destra)2. I recenti risultati del follow-up a 5 anni del trial EXCEL hanno confermato il beneficio a medio termine del trattamento percutaneo del TC in termini di eventi cardiaci avversi maggiori, risultando non inferiore all’intervento di bypass aortocoronarico3. Tuttavia, l’angioplastica coronarica percutanea (PCI) del TC risulta relativamente più complessa rispetto alle procedure di rivascolarizzazione percutanea di altri segmenti coronarici per vari motivi: 1) la valutazione angiografica della malattia del TC è particolarmente complessa a causa della possibile mancanza di un adeguato riferimento prossimale (es. stenosi del TC ostiale) e della frequente estensione della malattia aterosclerotica alla biforcazione (~85-90% dei casi); 2) la malattia aterosclerotica del TC è spesso caratterizzata da un elevato burden calcifico, che rende la stenosi complessa e richiede un’attenta preparazione della lesione durante la PCI; 3) potenziali complicanze durante una PCI del TC possono rapidamente evolvere verso l’instabilità emodinamica del paziente per i motivi sovracitati4. In linea con queste considerazioni, le attuali linee guida della Società Europea di Cardiologia sulla rivascolarizzazione coronarica percutanea raccomandano l’uso dell’ecografia intravascolare (IVUS) nella diagnosi e nella guida alla PCI nei pazienti con malattia del TC (classe IIa, livello di evidenza B)5.

La presente rassegna si pone l’obiettivo di analizzare il ruolo dell’imaging intracoronarico mediante IVUS nella definizione della malattia del TC e nella guida e nell’ottimizzazione del risultato della PCI sul TC, nonché l’impatto clinico e prognostico che l’uso dell’IVUS può avere in questi pazienti.

ANATOMIA DEL TRONCO COMUNE E DISTRIBUZIONE DELLA MALATTIA ATEROSCLEROTICA

L’angiografia coronarica, a causa della sua natura bidimensionale, non riesce a fornire una precisa valutazione riguardo l’estensione della malattia del TC, specialmente in caso di lesioni eccentriche o di anatomia complessa dell’albero coronarico con segmenti tortuosi che si sovrappongono, né informazioni riguardo le caratteristiche della parete vasale (Figura 1)6,7. In caso di coinvolgimento del TC ostiale, per esempio, l’operatore si affida a segni indiretti di malattia ostiale quali il “damping” pressorio durante intubazione o la mancanza di “sbuffo” di mezzo di contrasto durante iniezione selettiva. L’IVUS, invece, è una tecnica accurata per la valutazione delle caratteristiche sia del lume che della parete vasale8. A differenza della tomografia a coerenza ottica (OCT), l’IVUS permette una migliore valutazione del TC e del suo ostio grazie al maggior potere di penetrazione degli ultrasuoni rispetto alla luce infrarossa e grazie alla possibilità di eseguire un pullback manuale senza la necessità di “flushing” del lume con mezzo di contrasto. Perciò, nonostante il potenziale valore dell’OCT nella valutazione del TC distale, l’IVUS va considerata il metodo di imaging di prima linea per la valutazione delle lesioni del TC, in particolare nelle lesioni coinvolgenti l’ostio9-11. Il calibro del TC e della sua biforcazione con l’arteria interventricolare anteriore (IVA) e con l’arteria circonflessa (Cx) è ottenibile usando la geometria frattale e la legge di Murray12. Le dimensioni IVUS del TC e quelle sottese dall’IVA e dalla Cx sono significativamente corrispondenti13-15, come confermato dai dati del trial PROSPECT16. In un elegante studio di Maehara et al.17 è stato osservato come TC corti tendono a sviluppare stenosi ostiali, mentre TC più lunghi tendono a sviluppare stenosi distali coinvolgenti la biforcazione. La malattia del TC infatti è raramente focale e coinvolge nella maggior parte dei casi la biforcazione con IVA e Cx. Un’osservazione rilevante è che, indipendentemente dalla classificazione di Medina18, la carena ed entrambi i lati del “flow divider” sono relativamente liberi da malattia nella maggioranza dei casi di stenosi del TC. Una stenosi del TC coinvolge il tratto prossimale dell’IVA nel 90% dei casi, il tratto prossimale della Cx nel 66% dei casi ed entrambi i vasi nel 62% dei casi19. Stenosi isolate degli osti di IVA o Cx senza coinvolgimento del TC distale sono meno frequenti (9% e 17% dei casi, rispettivamente)20.

USO DELL’ECOGRAFIA INTRAVASCOLARE NELLA DEFINIZIONE DELLA MALATTIA DEL TRONCO COMUNE

Nell’era precedente all’utilizzo della valutazione funzionale per la caratterizzazione delle stenosi angiograficamente intermedie, l’IVUS era l’unico strumento utilizzato per definire la significatività di una lesione del TC, e l’area luminale minima (MLA) rappresentava il parametro chiave per decidere quando poter differire in sicurezza un intervento sul TC, e quando invece trattarlo. Dopo un iniziale cut-off di MLA ≤9.0 mm2 21, diversi studi hanno progressivamente validato soglie inferiori di MLA per differire l’intervento, fino al valore attualmente utilizzato di 6 mm2, validato rispetto alla riserva frazionale di flusso (FFR) da Jasti et al.22 e nello studio LITRO23. In particolare, nello studio di Jasti et al. valori misurati mediante IVUS di MLA <5.9 mm2 e di diametro luminale minimo <2.8 mm erano predittori di valori di FFR <0.7522. Nello studio LITRO, che includeva 354 pazienti con malattia del TC, il 91% dei pazienti con MLA <6 mm2 era stato trattato con PCI e il 96% dei pazienti con MLA ≥6 mm2 era stato differito. Al follow-up a 2 anni, l’incidenza di morte cardiaca risultava sovrapponibile tra i due gruppi (97.7% vs 94.5%, p=0.5)23. Valori di MLA più bassi misurati mediante IVUS (4.8 e 4.5 mm2) sono stati recentemente proposti e validati contro FFR da altri gruppi; tuttavia tali valori sono stati ottenuti esclusivamente in popolazioni asiatiche e non dovrebbero essere quindi applicati a pazienti di etnia differente24,25. Sulla base di questi studi, lo European Bifurcation Club raccomanda l’utilizzo di un cut-off di MLA di 6 mm2 del TC per decidere se rivascolarizzare o meno in pazienti europei10. In un documento di consenso più recente viene suggerita una valutazione integrata con FFR nei casi in cui l’MLA del TC all’IVUS sia compresa tra 4.5 e 6 mm2 26. Il valore della valutazione mediante FFR delle lesioni angiograficamente intermedie del TC è riconosciuto, sebbene studi sperimentali e in vivo suggeriscano la possibilità che l’FFR sottostimi la severità della malattia del TC in caso di concomitante malattia dei segmenti prossimali di IVA o Cx27,28. Quando la valutazione angiografica non è dirimente, il pullback IVUS dovrebbe essere eseguito su entrambi i rami della biforcazione del TC (Figura 2), o almeno sul ramo con malattia angiografica meno severa, in modo tale da ottenere informazioni sia sulla malattia dell’ostio del TC sia sulla biforcazione, e capire se anche il ramo apparentemente meno coinvolto abbia malattia significativa e meriti di essere trattato con stent (strategia a doppio stent)19.










Durante lo studio della severità di una lesione del TC, bisogna tenere conto di alcune considerazioni tecniche: 1) quando si valuta una lesione ostiale del TC è importante mantenere la coassialità tra il catetere IVUS e l’ostio del TC e disingaggiare il catetere per evitare che lo stesso venga interpretato come una lesione dell’ostio; 2) non è affidabile l’uso di un imaging con IVUS di IVA o Cx per dedurre lo stato dell’altro vaso tangenzialmente durante il pullback, in quanto si potrebbero ottenere informazioni non accurate riguardo le dimensioni del lume e il burden di placca23. L’IVUS dovrebbe essere dunque eseguita a partire sia da IVA che da Cx fino al TC per: 1) definire l’MLA del TC, e 2) valutare accuratamente la malattia degli osti dei rami della biforcazione (una MLA >4.0 mm2 e un “plaque burden” <50% all’ostio di Cx sono raramente associati a valori di FFR <0.80 dopo un singolo stent impiantato in “crossover” su TC-IVA) 2. Al contrario, una MLA <4 mm2 e/o un “plaque burden” >70% suggeriscono la presenza di malattia critica dei due rami della biforcazione. Inoltre, un’accurata valutazione della distribuzione della placca alla biforcazione è molto importante per decidere tra una strategia di “provisional” stenting ed una a due stent “by intention”11. In questo caso, una MLA <3.7 mm2 o un burden di placca >56% all’ostio della Cx in caso di malattia significativa del TC sono risultati predittori di impianto in “bail-out” del secondo stent in caso di PCI del TC con approccio “provisional”29. Oltre a fornire informazioni sull’MLA e sul burden di placca, l’IVUS consente un’ottima valutazione dell’estensione del calcio, che appare come una formazione “ecoriflettente” seguita da un’“ombra acustica” del segnale30-32. Un arco calcifico >180° è un forte indicatore di utilizzo dell’aterectomia rotazionale, in particolare quando il calcio è profondo e il rischio di perforazione coronarica associato alla dilatazione con palloni non complianti è più elevato. Una valutazione pre-stenting mediante IVUS può quindi aiutare a differenziare i casi necessitanti di aterectomia rotazionale rispetto a quelli dove può essere sufficiente l’utilizzo di palloni non complianti o la litotrissia intracoronarica33,34. Calcificazioni severe, che limitano l’espansione dello stent, si associano ad eventi avversi. Maggiore è l’arco e la lunghezza del calcio riscontrato all’IVUS nella lesione, maggiore è la probabilità di ipoespansioni. La presenza di depositi di calcio o il passaggio da placca calcifica a non calcifica (o al vaso sano), sono frequenti sedi di dissezioni associate ad angioplastica35. Dissezioni più estese possono coinvolgere segmenti di vasi severamente calcifici, e l’impianto di stent in lesioni particolarmente calcifiche è più frequentemente associato a frattura di stent36.

USO DELL’ECOGRAFIA INTRAVASCOLARE NELLA GUIDA E NELL’OTTIMIZZAZIONE DEL TRATTAMENTO PERCUTANEO DEL TRONCO COMUNE

L’IVUS rappresenta un importante strumento a disposizione dell’operatore durante la PCI del TC, sia nella fase di pianificazione che nella guida e nell’ottimizzazione della procedura10 (Figura 3), consentendo di valutare:

1. Il rischio di compromissione del ramo collaterale (SB): valutare la presenza di malattia ostiale del SB, o di malattia nel segmento prossimale o distale del vaso principale può essere utile nel prevedere (e cercare di prevenire) la compromissione del SB dopo il posizionamento dello stent nel vaso principale a causa di uno shift di placca o di carena. L’evidenza di una carena “vulnerabile”, ad esempio la presenza dell’“eyebrow sign” (cioè una carena di forma “appuntita” sull’asse longitudinale del pullback IVUS), o di elevato burden calcifico all’IVUS rappresentano predittori di placca/carena shift verso la Cx in caso di stenting in crossover su TC-IVA37-40.

2. La lunghezza dello stent: l’IVUS consente una definizione precisa dei riferimenti prossimale e distale nonché una miglior identificazione della zona di atterraggio in segmenti liberi da malattia, riducendo al minimo il rischio di stenosi residua dopo il posizionamento dello stent (“geographical miss”) e consentendo di risparmiare la giunzione aorto-
ostiale in caso di assenza di malattia, in particolare in caso di TC lungo.

3. Il diametro degli stent: una volta chiarito il burden di placca, la distribuzione e la composizione della placca, l’IVUS può essere d’aiuto nella scelta del sizing degli stent. A causa del grande calibro del TC e del mismatch tra il diametro del TC e quello di IVA e Cx, la scelta del diametro dello stent può essere, infatti, complessa basandosi solo su un esame bidimensionale come quello dell’angiografia7.
L’IVUS permette una definizione accurata non solo dell’area luminale, ma anche del burden di placca e del rimodellamento della placca, nonché della distanza “media-to-media” e dei riferimenti prossimale e distale, garantendo un dimensionamento accurato degli stent10. La capacità dell’IVUS di visualizzare il vero calibro del vaso permette di pianificare e poi ottimizzare al meglio le dimensioni finali dello stent; il vero diametro del vaso è spesso maggiore rispetto alle dimensioni luminali a causa del rimodellamento positivo. La zona ottimale di atterraggio dello stent è quella con il maggiore calibro e il minore burden di placca, idealmente <50%. Allo stesso modo, lesioni della giunzione aorto-ostiale dovrebbero essere coperte dallo stent se il burden di placca è >50%. Al contrario, una strategia aggressiva di stenting e post-dilatazioni dovrebbe essere evitata in quelle lesioni con riscontro IVUS di significativo rimodellamento negativo a causa dell’aumentato rischio di perforazione11.

4. Scelta del pallone per la tecnica di ottimizzazione prossimale dello stent (POT): le misure di riferimento di diametro e lunghezza del vaso, nonché la morfologia di placca e la geometria della biforcazione possono essere utili nella scelta del pallone della POT, incluso il diametro, la lunghezza o il tipo di pallone (semi-compliante, non compliante).

5. Controllo del rewiring del SB: in alcuni casi, l’IVUS può essere utile per escludere un accidentale rewiring abluminale, verificare la posizione della guida e valutare eventuali complicanze del rewiring (es. dissezioni).

6. Identificazione del meccanismo di compromissione del SB dopo stenting del vaso principale: l’IVUS può essere utile a capire se lo stenting del SB può essere evitato in una strategia “provisional” o, in caso contrario, aiutare nella definizione del tipo di approccio di doppio stenting da utilizzare. Ad esempio, in caso di riscontro di “carena shift” e di un SB non significativamente malato, il “kissing balloon” potrebbe essere sufficiente per rimodellare la carena e ristabilire una normale anatomia della biforcazione e un normale flusso distale sul SB. Al contrario, in caso di “plaque shift” e/o malattia del SB, l’operatore potrebbe decidere di passare da una strategia a singolo stent ad una a doppio stent. Uno studio di Kang et al.41 in 23 pazienti con stenosi del TC e una Cx con diametro della stenosi angiografico pre-procedura <50% all’ostio, ha valutato mediante IVUS pre- e post-stenting eseguito sia su IVA che Cx i fattori alla base della compromissione di Cx dopo stenting in crossover su TC-IVA. La MLA dell’ostio della Cx si riduceva da 5.4 mm2 pre-stenting a 4.0 mm2 post-stenting (p<0.001), con una significativa riduzione nell’area vasale e un aumento dell’eccentricità del vaso, ma senza variazioni del burden di placca indicando che il principale meccanismo della perdita di MLA all’ostio della Cx era lo shift di carena dopo lo stenting in cross-over41. In un altro studio dello stesso gruppo, una MLA <3.7 mm2 su Cx ostiale prima della procedura o un burden di placca >56% erano predittori di FFR <0.80 dopo stenting in cross-over su TC-IVA29. In un altro studio di Sato et al.39, un arco di calcio >60° su TC-IVA misurato mediante IVUS è risultato predittore indipendente di compromissione dell’ostio di Cx (definita come un diametro della stenosi >50%) dopo stenting in cross-over su TC-IVA.

7. Ottimizzazione dello stenting: ipoespansione e malapposizione dello stent, “geographical miss” e dissezioni ampie non coperte al margine dello stent, sono tutte possibili complicanze stent-relate individuabili mediante IVUS10. L’ipoespansione dello stent è il principale predittore di “stent failure” e, come riportato da Nerlekar et al.42, una PCI IVUS-guidata del TC si associa a un incidenza minore di rivascolarizzazione della lesione target e trombosi di stent rispetto ad una PCI del TC guidata dalla sola angiografia. Kang et al.41 hanno proposto un’area minima intrastent che dovrebbe essere raggiunta per ogni segmento della biforcazione del TC: >8 mm2 per il TC, >6 mm2 per l’ostio di IVA, >5 mm2 per l’ostio di Cx e >7 mm2 a livello del poligono di confluenza (Figura 2). In caso di stent ipoespanso, l’IVUS può essere d’aiuto nella selezione del pallone per la post-dilatazione. La decisione di procedere con un’ottimizzazione in caso di evidenza all’IVUS di malapposizione dello stent o di dissezione al margine è più complessa e meno codificata.

IMPATTO PROGNOSTICO DELL’USO DELL’ECOGRAFIA INTRAVASCOLARE NEI PAZIENTI CON MALATTIA DEL TRONCO COMUNE

Le attuali linee guida della Società Europea di Cardiologia sulla rivascolarizzazione coronarica percutanea raccomandano l’uso dell’IVUS nella diagnosi e nella guida alla PCI nei pazienti con malattia del TC (classe IIa, livello di evidenza B)5 e lo European Bifurcation Club suggerisce l’utilizzo dell’IVUS nei casi di PCI elettiva del TC, in particolare in caso di complicanze procedurali10. Sebbene i dati ottenuti da trial randomizzati siano limitati, varie metanalisi e studi di registro suggeriscono una superiorità della PCI del TC IVUS-guidata rispetto alla PCI del TC guidata dalla sola angiografia43,44. Una metanalisi di Ye et al.43 che include 10 studi (un trial randomizzato e 9 registri) ha dimostrato una riduzione del 40% della mortalità per tutte le cause e una riduzione di oltre il 50% della morte cardiaca nei pazienti trattati con PCI del TC IVUS-guidata rispetto a quelli trattati con PCI del TC guidata dalla sola angiografia. Inoltre, l’utilizzo dell’IVUS riduceva l’incidenza della rivascolarizzazione della lesione target e della trombosi di stent definita o probabile43. In un’altra metanalisi di Fan et al.44 che include 4 studi è stato confermato l’impatto prognostico favorevole dell’uso dell’IVUS come guida alla PCI del TC, mostrando una significativa riduzione dell’incidenza di mortalità per tutte le cause, infarto miocardico non fatale e trombosi di stent rispetto alla sola guida angiografica. Uno studio di registro con un follow-up a 5 anni ha dimostrato un beneficio a lungo termine dell’uso dell’IVUS nella PCI del TC, come documentato da una significativa riduzione dell’incidenza del composito di morte per tutte le cause, trombosi di stent e restenosi45. Anche nella specifica sottopopolazione di pazienti con malattia del TC distale inclusa nello studio propensity-score matched IVUS-TRONCO-ICP, la PCI IVUS-guidata riduceva l’incidenza dell’endpoint combinato di morte, infarto miocardico non fatale e rivascolarizzazione della lesione target rispetto alla PCI guidata dall’angiografia (19% vs 11%, p=0.03)38.

CONCLUSIONI

La malattia del TC è una condizione patologica di particolare rilevanza per il cardiologo interventista in quanto ha un significativo impatto sulla morbilità e mortalità dei pazienti con cardiopatia ischemica. A causa della sua natura bidimensionale, l’angiografia non riesce a fornire una precisa valutazione riguardo l’estensione, la distribuzione e la morfologia della malattia del TC. L’IVUS è la metodica di prima scelta nella valutazione morfologica invasiva della malattia del TC, in quanto consente di caratterizzare in maniera accurata la malattia aterosclerotica in tutti i segmenti della biforcazione (incluso l’ostio del TC). Pertanto, l’IVUS risulta utile in ogni step delle procedure sul TC: 1) nella decisione sulla severità della stenosi del TC e sulla necessità di rivascolarizzazione; 2) nella scelta della strategia di trattamento della biforcazione (es. singolo o doppio stent); 3) nella guida alla PCI in tutte le sue fasi (es. preparazione della lesione, scelta della zona di atterraggio, sizing dello stent, POT, rewiring del SB, kissing balloon); 4) nell’ottimizzazione del risultato dello stenting (es. espansione, apposizione, “geographical miss”, dissezioni maggiori). Sebbene i dati ottenuti da trial randomizzati siano limitati, varie metanalisi e studi di registro suggeriscono una superiorità della PCI del TC IVUS-guidata rispetto alla PCI del TC guidata dalla sola angiografia in termini di mortalità, infarto, trombosi di stent, restenosi e rivascolarizzazione della lesione target. Pertanto, come raccomandato dalle attuali linee guida, l’utilizzo dell’IVUS dovrebbe essere sempre preso in considerazione, quando disponibile, per la diagnosi e la guida alla PCI nei pazienti con malattia del TC.

RIASSUNTO

La malattia del tronco comune (TC) è una condizione patologica di particolare rilevanza clinica in quanto ha un significativo impatto sulla morbilità e mortalità dei pazienti con cardiopatia ischemica. A causa della sua natura bidimensionale, l’angiografia non riesce a fornire una precisa valutazione riguardo l’estensione, la distribuzione e la morfologia della malattia del TC. L’ecografia intravascolare (IVUS) è la metodica di prima scelta nella valutazione morfologica invasiva della malattia del TC, in quanto consente di caratterizzare in maniera accurata la malattia aterosclerotica in tutti i segmenti della biforcazione (incluso l’ostio del TC). L’IVUS risulta pertanto utile in ogni step delle procedure sul TC: 1) nella decisione sulla severità della stenosi e sulla necessità di rivascolarizzazione; 2) nella scelta della strategia di trattamento della biforcazione (es. singolo o doppio stent); 3) nella guida all’angioplastica in tutte le sue fasi (es. preparazione della lesione, scelta della zona di atterraggio, sizing dello stent, ottimizzazione prossimale, rewiring del ramo collaterale, kissing balloon); 4) nell’ottimizzazione del risultato dello stenting (es. espansione, apposizione, “geographical miss”, dissezioni maggiori). Sebbene i dati ottenuti da trial randomizzati siano limitati, varie metanalisi e studi di registro suggeriscono una superiorità del trattamento percutaneo IVUS-guidato del TC rispetto a quello guidato dalla sola angiografia in termini di mortalità, infarto non fatale, trombosi di stent, restenosi e rivascolarizzazione della lesione target.

Parole chiave. Angioplastica coronarica; Ecografia intravascolare; Tronco comune.

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