Ogni anno in tutto il mondo vengono eseguiti 5 miliardi di test di immagine e circa la metà sono esami cardiovascolari. Le recenti Direttive della Commissione Europea sull’Imaging Medico del 2001 e le linee guida nazionali di riferimento dell’Agenzia per i Servizi Sanitari Regionali e dell’Istituto Superiore di Sanità pubblicate nel 2004 hanno come scopo primario la riduzione degli esami di immagine inappropriatamente richiesti ed eseguiti (oggi dal 30% al 50% di tutti gli esami). Questi esami “comportano spreco di risorse, allungamento dei tempi di attesa e, se eseguiti con radiazioni ionizzanti, una indebita irradiazione del paziente, con un aumento della dose collettiva della popolazione” e quindi dei rischi a lungo termine. Comuni esami cardiologici come la scintigrafia cardiaca con sestamibi, l’angio-tomografia coronarica e la coronarografia con stent coronarico corrispondono a un equivalente di dose – rispettivamente – di circa 500, 750 e 1000 radiografie del torace. Sebbene non sia possibile una valutazione diretta dell’incidenza di cancro nei singoli pazienti sottoposti a queste procedure, il rischio stimato, ad esempio di un’angio-tomografia coronarica, per un uomo di 50 anni è di circa 1 cancro su 750 pazienti. Questo rischio aumenta di oltre il 35% nella donna adulta (1 cancro su 500), si dimezza nell’ottantenne (1 su 1500) e aumenta di 4 volte nel bambino di età <1 anno (1 su 100 nella bambina, 1 su 200 nel bambino). Un tale rischio è accettabile per un gruppo di soggetti opportunamente selezionati per esami appropriati e mirati, ma diventa meno accettabile quando quella stessa procedura viene proposta come esame a tappeto senza valutare il rischio assieme al beneficio.