La sindrome di Brugada è una malattia aritmogena geneticamente trasmessa, caratterizzata da alterazioni dei canali del sodio in assenza di anomalie strutturali miocardiche; esse causano instabilità elettrica ventricolare, che determina episodi aritmici e predispone alla morte cardiaca improvvisa. Si riscontrano, inoltre, alterazioni del quadro elettrocardiografico, basali o dopo stimolazione. Fattori prognostici fondamentali sono la sintomaticità e l’evidenza elettrocardiografica delle tipiche alterazioni della ripolarizzazione. Unica terapia efficace è l’impianto di defibrillatore automatico, che riduce nettamente, fino ad azzerarla, la mortalità aritmica; vi si ricorre solo nel caso di pazienti sintomatici per morte cardiaca improvvisa abortiva o per sincope con ECG tipico, mentre per le altre tipologie di pazienti, essenzialmente, ci si limita ad un attento follow-up.
Il presente contributo è incentrato sulla valutazione medico-legale dei pazienti affetti da sindrome di Brugada, negli ambiti della patologia forense, della medicina assicurativa, della responsabilità professionale medica e delle valutazioni di idoneità lavorativa. Vengono analizzati innanzitutto i casi in cui si può riscontrare responsabilità professionale, essenzialmente in seguito a collocamento del paziente in una fascia di rischio errata. Viene quindi considerato l’inquadramento medico-legale della patologia in ambito INPS e nell’invalidità civile, in relazione al quadro clinico e in particolare alla frequenza degli episodi aritmici. Per quanto concerne le assicurazioni private, ci si sofferma sull’assicurabilità degli individui affetti nei diversi tipi di contratti, sulla risarcibilità delle spese mediche e sulla valutazione della patologia nelle polizze invalidità permanente da malattia. Infine, viene analizzato il problema dell’idoneità lavorativa dei soggetti affetti, in particolare per quanto riguarda le forze armate e le forze di polizia, le cui commissioni non contemplano una valutazione specifica per la sindrome di Brugada, ma usano equiparare il defibrillatore automatico al pacemaker, nel mancato rispetto delle evidenti differenze cliniche.